Rivista Anarchica Online


società

La menzogna al potere

di Andrea Papi

La paura degli immigrati, descritti come orde barbariche, viene quotidianamente agitata e stimolata dal governo e da molti mass-media con il duplice fine di giustificare politiche securitarie e di spostare - come sempre - l'attenzione della gente da ben altri problemi e soprattutto dalle responsabilità della politica e del potere.


Furiose battaglie sempre più irruente, ormai guerra permanente. Non mitra, obici, bombardamenti e quant'altro l'artiglieria contemporanea possa offrire, ma parole destabilizzanti, taglienti, offensive. Violenti conflitti, verbali e scritti, non tanto all'“ultimo sangue”, che non possono essere fisicamente cruenti, bensì agli “ultimi nervi” che, di fronte a tali tenzoni, con gran fatica riescono a stare saldi. Ebbene sì! L'arte dell'uso mediatico, odierno elemento principe di divulgazione, richiede abilità specifiche di sopravvivenza neuro-vegetativa, per non esser sopraffatti dal progressivo imbarbarimento e riuscire a trionfare nel mare di “followers” in trepida attesa, ansiosi di “godere”, di volta in volta, della capacità dei loro idoli di annichilire gli avversari.
Un modo di fare politica sempre più in auge. Non vengono messe in campo né competenza, né capacità di argomentare, né intelligenza strategica, nemmeno il “tradizionale” armamentario che distingueva la demagogia del politicantismo di maniera cui ci avevano abituato i “cavalli di razza”, ormai estinti, della politica all'italiana. No! Oggi bisogna “picchiare duro”. Bisogna riuscire a tutti i costi ad emergere nelle abbondanti acque limacciose del cosiddetto populismo trionfante.
Ogni arbitrio è lecito, purché funzioni e riesca ad allettare i famelici navigatori del web, in cerca di fascinazioni, soprattutto se giocato all'insegna di un becero “cattivismo” di facciata che, più efficace di una mitragliatrice antiaerea, si abbatte senza pietà sulle vittime di turno. In ogni situazione, in ogni avvenimento, in ogni accadimento. Qualsiasi banalità diventa straordinariamente “iper”... in realtà del nulla.
È un sistematico bersagliamento mediatico, una programmata trasfigurazione della realtà, coi significati volutamente stravolti. Esaurito il potere delle parole, trasformate in mere armi da guerra, trionfa il potere sulle parole attraverso le parole stesse, ormai non più, neanche lontanamente, affascinanti mezzi di narrazione del reale per come lo si vive. Le situazioni capaci d'investire l'insieme delle problematiche sociali vengono così scelte, cinicamente, come occasioni per costruire narrazioni irreali, per giustificare assunti ideologico-aprioristici funzionali ad imporre egemonie cultural-politiche.
Qui m'interessa soffermarmi in particolare sulla parola “invasione”, proposta continuamente dagli imbonitori politicanti come elemento discriminante. Dal tardo latino invasio -onis, derivato a sua volta da invad re, che significa assalire, andare contro con impeto, investire, prendere, occupare, indica originariamente «Ingresso nel territorio di uno stato da parte delle forze armate di uno stato belligerante, per compiervi operazioni belliche, con o senza l'intenzione di occuparlo stabilmente» (Treccani online), cioè un vero e proprio atto di guerra. In relazione ai significati estensivi e figurativi assunti nel tempo, è inerente a qualsiasi cosa che irrompa in un luogo occupandolo o che vi si diffonda in enormi quantità incontrollabili al punto da modificarne gli equilibri, come un'invasione di cavallette o di topi, o la tracimazione delle acque, o la diffusione di morbi e di epidemie. In qualsiasi caso si tratta di una diffusione incontrastata e dannosa, di una occupazione arbitraria, di una penetrazione violenta e diffusa dentro un territorio altrui.

Le varie amministrazioni cittadine, non i Lanzichenecchi

Non può essere usata alla leggera, come fosse un sorbetto ingurgitato per alleggerire un pasto pesante, perché evoca pulsioni irrazionali che provengono dalla “notte dei tempi”, come le “orde barbariche”, o la calata degli Unni e quella dei Lanzichenecchi. Ciò che esprime è qualcosa di molto serio e andrebbe meditato prima di servirsene in modo spropositato. L'attuale uso sistematico che se ne fa mostra con particolare evidenza il trasformismo lessicale in atto, finalizzato a diffondere una subdola alterazione della realtà in funzione di spinte egemoniche supponenti.
Le destre politiche nel loro insieme, la signora Meloni e l'attuale ministro Salvini in testa, stanno spingendo l'acceleratore sull'impatto emotivo che questa parola evoca contro l'immigrazione e gli immigrati, tratteggiando paesaggi socio-politici artefatti, capaci di suscitare panorami di paure e bisogni adulterati di difese da... nemici inesistenti continuamente invocati. Invocare con forza la necessità di difendersi da “aggressioni” di masse che, secondo una narrazione meramente propagandistica, premerebbero ai nostri confini per violarli, induce a rafforzare spiriti nazionalistici esasperati, richieste di “sovranismi” incontrastati, ferrei controlli politici e polizieschi dall'alto, leggi speciali e tutto il corredo lessicale e legislativo tipico di ogni autoritarismo dispotico. Questa è la loro politica, la loro visione del mondo e della nazione di appartenenza.
Poco conta che quest'invasione di fatto non ci sia, come finora hanno documentato tutti i dati ufficiali. Ciò che conta è il livello e la qualità della percezione che la propaganda è in grado di suscitare. La realtà emotiva della percezione elevata ad unica realtà di riferimento. Purtroppo sono in ballo vite umane, disgraziati trascinati a forza in avventure esistenziali terrificanti. Asserviti, schiavizzati, torturati, le donne stuprate e costrette a prostituirsi. Un vero e proprio massacro dei sentimenti umani e di ogni pietà. Un abominevole trionfo del maschilismo più becero, della voglia di guerra, del sadismo dei potentati di turno. Mentre questi poveri reietti assoggettati chiedono protezione e comprensione, li si dipinge come fossero peggio delle orde barbariche, dimenticandosi, per esempio, che l'odierno “sacco di Roma” lo stanno facendo da decenni le varie amministrazioni capitoline, non certo i Lanzichenecchi come nel 1527.
L'atteggiamento della destra parla solo di espulsioni e respingimenti, quale unica risposta al problema epocale delle ondate migratorie dovute a fame, cambiamenti climatici, guerre. Sintomatica in proposito la risposta data al conduttore Floris nella trasmissione “Dimartedì” del 16 aprile. Di fronte alla prospettiva che l'attuale situazione belligerante in Libia stia generando una quantità elevata di persone costrette a fuggire per non essere sopraffatte, il “ministro tuttofare” Salvini con gran disinvoltura ha affermato che in Libia non c'è ancora guerra, solo scaramucce non preoccupanti. Si doveva schermire dalla eventualità concreta che con la guerra alle porte i rifugiati non siano più considerabili migranti clandestini, ma secondo le leggi internazionali profughi bisognosi di aiuto che devono essere accolti. Già solo pensarlo è una crudeltà, ma diventa addirittura criminale prospettare una simile menzogna per continuare a respingere dei diseredati nelle braccia della morte.

Politica scellerata degli stati guerrafondai

E di menzogna si tratta. Un ministro non può ignorare dei dati di fatto documentati. Per la terza volta dal 2011 il 4 aprile scorso la Libia è piombata nuovamente nella guerra civile, quando il generale Khalifa Haftar, alla guida dell'autoproclamato Esercito nazionale libico, ha dato avvio alla marcia in armi su Tripoli per contrastare Fayez al-Sarraj, il cui governo è l'unico in Libia riconosciuto dall'ONU. Al 17 aprile, secondo le stime dell'Assocazione medici di origine straniera in Italia, dall'inizio degli scontri le vittime erano già 190, di cui 60 minorenni, e 850 feriti, mentre si stimavano almeno 22mila sfollati di cui 8mila minorenni.
Bisognerebbe riuscire a porre fine alla politica scellerata degli stati guerrafondai in primis, ma anche di questo governo la cui azione li alimenta. È impensabile affrontare congiunture di portata mondiale, come le attuali migrazioni, con tanto cinismo e ottusità. Non dimentichiamoci che in questa situazione, che si vorrebbe risolvere semplicemente respingendo senza fra l'altro riuscirci, ci sono anche responsabilità italiane oltre a quelle di tutto l'occidente colonizzatore del secolo scorso. Chiudersi nelle proprie mancanze rifiutando aiuti a carattere umanitario a chi ne ha bisogno non è soltanto criminale, denota anche grande cecità. Ogni svolta rinnovatrice, ogni risorgimento, di cui l'Europa intera avrebbe veramente tanto bisogno, non può che essere all'insegna dell'apertura, dell'accoglienza, della contaminazione culturale e dei saperi, del meticciato a qualsiasi livello. Non ci si emancipa chiusi all'interno delle proprie cinta murarie. Per riuscirci i muri bisogna abbatterli, non costruirli.

Andrea Papi
www.libertandreapapi.it