manicomio chimico
Mettete psichedelici nei vostri cervelli
di Piero Cipriano
È l'appello che il nostro collaboratore Piero Cipriano, psichiatra riluttante, rivolge a tanti politici. E ricostruisce la storia del movimento psichedelico.
I fascisti sono ignoranti, d'accordo.
Ma non sono solo ignoranti. Sono anche spaventati. Se no perché
diventare fascisti, e poi razzisti, e poi intolleranti? Per
spavento. Paura. Da ciò deriva quel loro bisogno di tradizione,
di conservazione, di repressione del nuovo del diverso del radicale
del progressista del rivoltoso. E la rabbia. Hanno sempre tutta
questa rabbia. Per cui, come i cani rabbiosi, che spaventati
ringhiano, loro pure ringhiano, ascoltate Giorgia Meloni mentre
arringa, a me viene sempre l'immagine di un piccolo cane, di
quelli impauriti, che ti ringhiano da dietro la ringhiera.
Ora la più alta autorità fascista che abbiamo
in Italia (Italia popolo pavido che, disse il poeta triestino
Umberto Saba, non ha mai fatto una rivoluzione, perciò
è un popolo, da sempre, visceralmente fascista), il ministro
degli internamenti e della proibizione, l'ex comunista padano
Matteo Salvini se la prende, dopo aver respinto (si dice
respingere quando non soccorri e le persone annegano) compiaciuto
in mare un po' di invasori africani, se la prende con la cannabis.
Ma ignorante che non è altro, non se la prende con la
cannabis illegale che sempre più spesso è modificata,
ibridata, potenziata con un eccesso di tetraidrocannabinolo
(thc) che (lo dico da psichiatra) ad alcuni davvero fa male
e dunque non la consiglierei soprattutto a un adolescente.
Se la prende con la cannabis legale che si vende nei cannabis
shop, che è un po' come la birra analcolica, come se
un nemico dell'alcol lanciasse il suo anatema alla birra analcolica
(perché non te la prendi con l'alcol che lui sì
che miete vittime, che ti fai i selfie col boccale di
birra?).
La cannabis legale che ha solo cannabidiolo (cbd), ovvero l'altro
maggiore principio attivo, quello non psicoattivo, diciamo quello
calmante, se vogliamo metterla semplice.
Che poi, lo so che stiamo assistendo a un darwinismo sociale
e politico inverso (i più ignoranti, spiegatemi come
è possibile, sono lì al potere, a fare i ministri,
un Di Maio che non sa infilare un congiuntivo, un Salvini che
parla per slogan, un prestanome primo ministro, come è
potuto accadere ancora mi domando) ma uno che vuol guidare un
popolo, una nazione, ha il dovere (un po') di informarsi, prima
di proferire stupidaggini.
Andarsi a leggere qualcosa sul sistema degli endocannabinoidi,
per esempio, prima di decretare il cannabinoide il male assoluto,
e gridare al popolo adorante: stiamo combattendo la droga (intanto
si ingozza di nutella e beve birra).
Gli può essere utile sapere, per esempio, che è
vero che il thc se alto venti volte di più ha effetti
psicoattivi e può essere rischioso, ma assumere cannabis
con cannabidiolo e thc in rapporto 1:1 non comporta rischi di
effetti psicoattivi tali da imporre la proibizione. A parte
che esistono decine se non centinaia di altri principi attivi
della cannabis che non conosciamo. Ma è sempre più
assodato che la cannabis sia una pianta davvero terapeutica,
per epilessie, tumori, sclerosi, ansia, eccetera.
Insomma oggi primo giugno che scrivo questo pezzo, oggi proprio,
leggo che la Cassazione, quasi interpretando il volere dell'uomo
forte che ha appena vinto le elezioni europee, stabilisce che
i derivati della cannabis light (foglie, fiori, olio,
resina) non possono essere commercializzate. Chi li vende commette
un reato. Mille negozi, duemila aziende agricole, quindicimila
lavoratori nel settore cannabis light diventano illegali,
e il mercato nero ringrazia.
Negli USA, intanto...
Il ministro degli internamenti e dei respingimenti e della proibizione ribadisce: “Siamo contro qualsiasi tipo di droga, e a favore del divertimento sano”.
Ora detto da uno che si ingozza di birra e nutella (ci sono le prove, milioni di selfie), e non si rende conto che pure questo suo divertimento che lui reputa sano è droga, fa sorridere.
Per fortuna fuori dall'Italia c'è un mondo, e nel mondo da qualche parte c'è sale in zucca, infatti mentre il nostro ministro sproloquia (con questa e con altre strategie di distrazione di massa del suo popolo fascista) contro i cannabis shop, Denver (città che dal 2006 ha già legalizzato la cannabis) con un referendum ha legalizzato nientemeno che i temibili funghetti psichedelici.
Sento la notizia e penso: gli farebbe un gran bene, a Salvini e ai suoi impauriti e rabbiosi elettori, una curetta con funghi psilocibinici.
In effetti da qualche mese, confesso, questo è la mia nuova ricerca. Mi sto occupando di psichedelici. Il mio prossimo libro sarà su questo argomento. Mi sa che lo spedirò a Salvini (sempre che sia rimasto sulla cresta dell'onda, e non sia stato rimpiazzato da qualche altro uomo della provvidenza), perché si faccia un'idea.
Tutto il mondo è un manicomio chimico
Ma torno da capo. Chi sono io? Nel 1994, ventiseienne, mettevo piede nella terza clinica psichiatrica dell'università di Roma, la Sapienza. La dirigeva Paolo Pancheri. A quel tempo era lo psichiatra psicofarmacologo più in auge in Italia (la rivalità era con Pisa, con la scuola di Giovanni Battista Cassano). Tutti noialtri cosiddetti pancheriani, di riflesso, ci consideravamo le promesse della psicofarmacologia italiana.
Io venivo da un paese democristiano d'Irpinia, figlio di proletari, famiglia del PCI, mi ero presto smarcato professandomi anarchico e non potevo certo tollerare di mettermi sdraiato su un lettino di un freudiano e sganciargli i soldi che mi passava quel working class hero (direbbe Alberto Prunetti) pulitore di strade che era mio padre, non ce la potevo fare, regalare il mio tempo, il mio danaro, e soprattutto, la mia anima, a uno psicanalista borghese che dietro di me prendeva appunti e taceva.
Pensai che i farmaci, conoscendoli bene, potessero dare risposte più pronte, un proletario aveva bisogno di farcela in due mesi, non in vent'anni di psicanalisi. Ricusai la psicanalisi e mi gettai nella psicofarmacologia.
Dopo vent'anni dal mio ingresso nella psicofarmacologia, capito il trucco (dare psicofarmaci come fossero antifebbrili per febbri psichiche, con la differenza che il paracetamolo passata la febbre non lo dai più, gli psicofarmaci continui a prescriverli per tutta la vita), ho pubblicato Il manicomio chimico, dove racconto di questo immenso manicomio molecolare a cielo aperto.
Foucault disse: “Tutto il mondo è un manicomio”. Ora tutto il mondo è un manicomio chimico. Gli psicofarmaci, le molecole attualmente sul mercato e prescrivibili, non sono la soluzione per l'ansia (le benzodiazepine determinano dipendenze feroci), non per la depressione (gli antidepressivi, come gli antibiotici, dopo qualche anno non funzionano più), non per le psicosi (gli antipsicotici sono come sabbia messa negli ingranaggi mentali, rallentano, paralizzano, creano neurolepsia, ovvero paralisi del sistema nervoso).
Insomma, se la psicanalisi ti fa passare il tempo, qualche lustro, allettato (dà semmai una dipendenza diversa, una dipendenza dall'analista) la psicofarmacologia ti rende dipendente per tutta la vita dal farmacista.
Quale potrebbe essere la soluzione allora? O meglio, se la soluzione terapeutica deve essere una sostanza, o una molecola, quale potrebbe essere?
Premetto che, a causa della mia ipocondria minor, non sono mai stato uno psiconauta, in vita mia di drogastico (a parte il sesso) ho sperimentato solo alcol, caffè, mate e ginseng. Poi leggo l'estate scorsa un libro di una chimica, Agnese Codignola, LSD, ed è una folgorazione. Da allora, sto leggendo tutto quanto è stato scritto sull'argomento psichedelico, da Hofmann a Huxley, da Leary a Grof, da Castaneda a Pollan.
Storia del movimento psichedelico
Com'è andata la storia del movimento psichedelico? Per
serendipity, come sovente accadono le scoperte. Nell'aprile
del 1943 il chimico svizzero Albert Hofmann ci ripensa e torna
su una sostanza che ha sintetizzato nel 1938, l'Lsd-25 (la venticinquesima
provetta di dietilammide di acido lisergico).
L'ha sintetizzata studiando la Claviceps purpurea (o
ergot), un fungo che provoca una malattia dei cereali.
Insomma, sintetizza la sostanza e si espone ai suoi effetti
allucinogeni (che pure sono noti da secoli, perciò lui
non è del tutto impreparato) e decide di assumerne 250
microgrammi, sperimentandolo su di sé.
Subito capisce di aver sintetizzato una sostanza di straordinaria
potenza, e però di gestione molto difficile (Lsd.
Il mio bambino difficile, è il titolo del libro in
cui riassume la vicenda).
A questo punto diversi personaggi si occuperanno di Lsd e molecole
simili. Humphry Osmond, in Canada, a partire dal 1953, usa l'Lsd
per trattare gli alcolisti. Ricordo che siamo negli anni 50,
quando inizia l'era psicofarmacologica, col neurolettico cloropromazina,
con l'antidepressivo imipramina, con la benzodiazepina clordiazepossido.
E l'Lsd è solo una delle centinaia di molecole in gioco
che devono guadagnarsi il titolo di psicofarmaco. Ronald Sandison,
in quegli anni, mette a punto la terapia psicolitica
(piccole somministrazioni ripetute a dosi crescenti di Lsd).
Una sola a dose alta, invece, costituisce la terapia psichedelica
di Osmond. Entrambi si propongono di ottenere la Ego dissolution,
uno stato di coscienza modificato, dai risvolti terapeutici.
Perfino Aldous Huxley che nel 1932, nel romanzo distopico (e
profetico) Il mondo nuovo aveva immaginato una società
in cui tutti assumono una molecola (il Soma) e ne denunciava
il pericolo, si lascia convincere da Hofmann e si fa somministrare
da Osmond il farmaco psichedelico (termine coniato da
Osmond proprio), prima la mescalina e poi l'Lsd.
Dopo aver sperimentato i due psichedelici, il giudizio di Huxley
cambia. Lo scrive in Le porte della percezione, Paradiso
e inferno, L'isola. Al punto che, quando sta per
morire, si fa accompagnare da un'iniezione di Lsd somministrata
da sua moglie.
Poi guadagna la scena lo psicologo di Harvard Timothy Leary,
che dopo aver assunto i funghi magici messicani intuisce la
potenzialità degli psichedelici: dove non riescono le
varie forme di psicoterapia, inclusa la psicanalisi, possono
gli psichedelici.
Nel 1961 inizia a sperimentare il principio attivo dei funghi
magici (la psilocibina, nel frattempo sintetizzata da Hofmann
stesso) con l'intento di mettere a punto una instant psychoanalysis
capace di destrutturare i circoli viziosi psichici e sostituirli
con processi mentali più efficaci.
Lsd come strumento della psichiatria
Purtroppo le sperimentazioni di Timothy Leary e del suo socio Richard Alpert (sperimentano perfino sui detenuti, con risultati clamorosi: fuori dalla prigione, chi aveva assunto psilocibina sembrava meno propenso a delinquere) si rivelarono metodologicamente deboli se non selvagge (gli stessi sperimentatori, nel corso delle sperimentazioni, assumevano le sostanze; e questa è una pratica che di solito fanno gli sciamani, o i curanderi, non gli psicologi). Espulsi dall'università, intraprendono una deriva mistica, il discorso di Leary si impregna di metafore mistico-ufologico-cosmogoniche. Finché viene arrestato per possesso di marijuana e definito da Nixon “l'uomo più pericoloso d'America”.
Malgrado i buoni propositi, Leary non sa gestire queste sostanze potenti che si ritrova a maneggiare, e getta cattiva luce su Lsd e simili.
Altri sperimentatori, in quegli anni, sono più prudenti. In Messico Salvador Roquet dalla fine degli anni 50 studia gli effetti della mescalina (il principio attivo dei cactus Peyote e San Pedro). Ma, a differenza degli altri che in quegli anni si occupano di Lsd, lui è un etnobotanico, e proviene dalla stessa cultura indigena messicana che da secoli ha consuetudine con funghi magici e cactus psichedelici. Inizia a sperimentare Lsd e ketamina, psilocibina e Salvia divinorum, Peyote e ayahuasca.
Contrariamente a Leary, Roquet e collaboratori non assumono gli psichedelici nel corso delle sperimentazioni. Il suo schema è: 10-12 sedute in un anno, ogni seduta dalle 8 alle 20 ore. L'esperienza di ogni seduta la si può schematicamente suddividere in quattro fasi. Nella prima accadono le distorsioni sensoriali, nella seconda le visioni mistiche, nella terza emerge l'ansia associata a ricordi infantili, dunque angoscia per la catarsi dovuta alla dissoluzione della vecchia personalità con ricostituzione di un nuovo sé, nella quarta fase si organizza un nuovo modo di pensare e di essere.
Stanislav Grof, che a quel tempo assiste alle sedute di Roquet, crede fermamente nelle potenzialità dell'Lsd (“usato responsabilmente e con la dovuta cautela”, sostiene, “potrebbe essere per la psichiatria ciò che il microscopio è stato per la medicina e il telescopio per l'astronomia”).
Riprende le quattro fasi descritte da Roquet, e le suddivide in: una fase estetica (visioni coloratissime, senza valenza terapeutica), una fase psicodinamica (ricordi del passato, traumi), una fase perinatale (sensazione analoga al parto, come si rinascesse, si assumono posture neonatali) e una fase transpersonale (quella della ego dissolution, dove la coscienza personale si fonde col cosmo, con esperienze potenti di telepatia, bilocazione, viaggi nel tempo, incontri con divinità, defunti). Quando l'Lsd viene reso illegale, e posto nella tabella 1 degli stupefacenti, Grof ripiega su metodi alternativi per procurare l'ego dissolution, e inizia a lavorare sul respiro (il cosiddetto metodo della respirazione olotropica).
A questo punto l'Lsd inizia la parabola che lo porta a non essere più un farmaco. Comincia, dal 1966, una campagna mediatica che demonizza la molecola di Hofmann.
Il New York Times racconta di una bambina resa selvaggia da (forse) una zolletta di zucchero all'Lsd. Il Time titola: Epidemia di menti acide. Gli allucinogeni, dopo le sperimentazioni selvagge di Leary, vengono usati in massa nei campus. Facile immaginare che l'assunzione non sia oculata (voglio dire: né per dosaggio né per utilizzo di prodotto puro), ma selvaggia e spesso in poliassunzione con altre sostanze. Nessuna attenzione al setting di utilizzo (che è decisivo, nell'assunzione degli psichedelici, perché il setting condiziona fortemente gli effetti). Da lì nasce l'enfasi mediatica sui bad trip e su quel tipo di permanenza di allucinazione a lungo termine, possibile ma molto rara, che oggi viene definita HPPD, hallucinogen persisiting perception disorder (disturbo persistente della percezione da allucinogeni).
Ricapitolo. Fino al 1967 l'Lsd è ancora legale. Ma per questa escalation di demonizzazione mediatica, nel 1966 negli USA viene inserito nella lista dei narcotici, e nel 1968 ne viene vietato l'utilizzo per ricerca. Inizia una reazione a catena. L'ECOSOC (Economic and Social Council delle Nazioni Unite) ne chiede la limitazione ai soli ambiti di ricerca e terapia. Nel 1971 i rappresentanti dei paesi dell'ONU, riuniti a Vienna, stipulano la Convenzione sulle sostanze psicotrope, che dà una sterzata alquanto proibizionista.
Vengono formulati quattro elenchi di sostanze. Nella prima tabella, vi sono i principi attivi più pericolosi (attualmente sono 62), dove insieme a anfetamine, cannabis e ecstasy vengono inseriti Lsd e psilocibina. Nella seconda tabella (oggi) vi sono 17 sostanze, prodotte per lo più da aziende farmaceutiche, tra queste la morfina. Nella terza tabella sono 9 i principi attivi, tra cui i barbiturici. Nella quarta abbiamo 62 sostanze, tra cui le benzodiazepine. Ecco che gli psichedelici vengono a essere ritenuti più pericolosi della morfina e dei barbiturici.
Così nel 1971 Lsd e simili, da farmaci a dir poco promettenti, diventano droghe le più temibili.
Da droghe a farmaci
Però, dagli anni 70 a oggi, in modo carsico, queste molecole tornano a essere considerate promettentissimi farmaci.
Ancora una volta si ricomincia dalla Svizzera, dove con Hofmann tutto ha avuto inizio. A Soletta uno psichiatra, Peter Gasser, è il primo al mondo, da quando l'Lsd da farmaco è stato declassato a droga, a poter di nuovo utilizzare (e studiare) questo psichedelico.
Nel 1985 fonda l'Associazione medica svizzera per la terapia psicolitica. Nel 1988 l'ufficio federale di sanità pubblica lo autorizza (con altri quattro psichiatri) a sperimentale Lsd e MDMA (ecstasy). L'Lsd torna, per quattro anni e mezzo, a essere un farmaco. Poi il governo cambia e l'Lsd viene di nuovo vietato. Ma intanto, per “sessanta mesi felici”, cinque specialisti hanno potuto somministrarlo a 171 pazienti. I risultati? Nel novanta per cento dei pazienti si verifica un cambiamento esistenziale profondo. E senza effetti avversi.
Gasser, nel 2007, ottiene di nuovo di poter somministrare, in modalità compassionevole, Lsd a malati terminali. Ancora con risultati molto buoni.
Intanto anche in altri paesi inizia la rinascita della ricerca psichedelica. Dal 2010 negli USA Charles Grob, psichiatra dell'università di Baltimora, sperimenta la psilocibina a dosi molto basse (20-30 mg), con risultati soddisfacenti. Stephen Ross, psichiatra di New York, somministra psilocibina a malati terminali. Anche in questo caso le persone stanno meglio. E così via. Altri sperimentatori. Altri studi. Altre ricerche.
Nel Regno Unito importante è l'attività del neurofarmacologo David Nutt, che dal 2009 dirige la cattedra di neuropsicofarmacologia dell'Imperial College. Nel 2007 su “The Lancet” pubblica un articolo dove domanda quale sia il criterio per definire se una sostanza è pericolosa o no.
Sul “Journal of Psycopharmacology” pubblica il caso di una ragazza affetta da un danno cerebrale da equasy (una sindrome mai sentita prima). Racconta di centinaia di persone che, ogni anno, conseguono una cerebropatia da equasy, bisognerebbe inserirlo in tabella 1, l'equasy, insieme a Lsd e psilocibina. Invece (la faccio breve) equasy sta per equine addiction syndrome, quella voglia compulsiva di andare a cavallo. Si sa che da cavallo a volte si cade, e se cadi da cavallo facile che ti rompi la testa. Solo negli USA, ogni anno, più di diecimila persone riportano traumi cerebrali da caduta da cavallo.
Lo stesso si potrebbe dire per boxe, rugby, sci, free climbing, andare in moto, fare ciclismo, e così via. Per cui, prosegue Nutt, nel demonizzare certe sostanze grande è stato il ruolo dell'informazione, appena accade un incidente da ecstasy o Lsd giù i titoloni, delle centinaia di decessi da paracetamolo, o da benzodiazepine, niente. Sono troppi, non fa notizia.
La reale pericolosità delle sostanze
Nel 2010 David Nutt pubblica su “The Lancet” una sorprendente analisi sulla reale pericolosità delle sostanze. La più pericolosa è l'alcol, subito dopo l'eroina, poi il crack, poi la metanfetamina, poi la cocaina, poi il tabacco, quindi anfetamine e cannabis. In fondo alla classifica l'Lsd e la psilocibina dei funghi magici.
Ma queste provocazioni di Nutt sono controproducenti, nel 2016 viene approvata la nuova legge inglese sulle sostanze psicoattive, lo Psychoactive Substances Act. Dove, per non sbagliare, si proibisce “qualunque sostanza per uso umano capace di produrre effetti psicoattivi”. Tutte. Salvo le sostanze già legali quali alcol, tabacco, nicotina, caffeina, alimenti vari. Tutto vietato, a eccezione della più pericolosa delle droghe: l'alcol.
Per fortuna nello stesso anno, a neutralizzare questo provvedimento che azzera qualunque prospettiva di ricerca sulle sostanze psicoattive nel Regno Unito, inizia una serie di rigorose pubblicazioni da parte di un allievo di Nutt, Robin Carhart-Harris.
Non è un medico, ma uno psicologo, ha letto Stanislav Grof, Realms of the human unconscious: observations from Lsd research, e si è proposto di indagare la coscienza con tecniche di neuroimaging. Inizia a fotografare il cervello sotto psilocibina, sottopone dieci persone a due RMN funzionali, prima e dopo l'iniezione di 2 mg di psilocibina. E cosa cambia nei cervelli? Si attivano le aree della memoria: zone limbiche, striatali e corteccia prefrontale mediale, aree visive e sensoriali si attivano proprio mentre i volontari riferiscono visioni e ricordi. Carhart-Harris passa poi a un esperimento con Lsd. Venti volontari sani, ricevono 75 mg di Lsd o di placebo, in vena. Registra i cambiamenti cerebrali con RMNf e altre tecniche di imaging cerebrale. Nel 2016, in aprile, pubblica lo studio dove rivendica di aver scoperto il bosone di Higgs delle neuroscienze.
Cervello gerarchico e cervello anarchico
Sì ma cosa significa tutto ciò? Carhart-Harris e Nutt provano a spiegarlo in questi termini. Il cervello è sottoposto a un'organizzazione gerarchica. Come fosse uno stato. Alcune aree rappresentano dei centri di comando rispetto ad altre. I centri di comando, le alte sfere, i vertici sarebbero il talamo, la corteccia posteriore cingolata, la corteccia prefrontale mediale. Aree di controllo e supervisione costituite, perlopiù, da neuroni serotoninergici. E l'Lsd si lega soprattutto ai recettori serotoninergici 5HT2A.
Queste aree di controllo vengono definite DMN (Default Mode Network), la cui attività è, di norma, inibitoria. Un cervello, per scegliere bene, non può tener conto delle migliaia di stimoli che riceve. Lsd e psilocibina sostituiscono la serotonina nel legame ai recettori serotoninergici delle aree DMN, aboliscono l'inibizione che la serotonina determina, slatentizzano la possibilità di una iper-percezione, danno vita a un cervello anarchico, a una mente entropica, dove domina il caos. Come uno stato senza più governo, ovvero una società anarchica, dove tutte le aree cerebrali, tutti i neuroni, si connettono con aree mai incontrate prima.
È la cosiddetta ego dissolution. È l'anarchia dell'io.
Il risultato di questa rivoluzione, rispetto all'ordine costituito mentale, non è il caos bensì una nuova organizzazione, non più disfunzionale, non più basata sui vecchi meccanismi. E questo è ciò che rende terapeutiche tali sostanze.
L'Lsd e la psilocibina, la mescalina e il dmt o l'ayahuasca fanno ciò che neppure vent'anni di psicoanalisi sono capaci di fare. Davvero una sorta di psicoanalisi subitanea. E penso non solo al tempo risparmiato, ma pure al denaro.
Le neuroimmagini di Carhart-Harris dimostrano che tutto quanto di stupefacente il soggetto (che ha assunto Lsd o psilocibina) esperisce, ovvero di appartenere a un diverso universo, dipende dalle molteplici, nuove, diverse connessioni che nel cervello si sono formate dopo l'interruzione del DMN.
Scrive Agenese Codignola nel suo libro LSD, “i neuroni, sganciati dalla rigidità delle vie obbligate, diventerebbero entità cosmopolite, libere e desiderose di comunicare le une con le altre, capaci di esprimere livelli di immaginazione creativa molto più complessi rispetto al normale e di modificare per sempre la percezione di sé e della vita”.
Ricapitolando. Cosa dimostra, nei suoi studi con la RMNf, Carhart-Harris? Nell'ordine: che con Lsd si attivano neuroni serotoninergici, e grazie a loro accade l'ego dissolution, e quanto maggiore è il dosaggio di Lsd tanto maggiore è l'entropia cerebrale che determina (quindi l'ego dissolution) e dunque maggiore sarà il cambiamento di approccio all'esistenza che ne deriva.
Un dato che emerge, oltre alle dispercezioni, è una notevole attivazione semantica. Al cervello affluiscono più parole, perché non c'è il filtro del DMN. Chiaro che l'aumento della creatività verbale torna buona in una eventuale psicoterapia associata a Lsd o psilocibina. Con Lsd, inoltre, aumentano le sinestesie. Aumenta la suggestionabilità. Quindi possiamo immaginare che aumenti la suggestionabilità a quel che emerge nel corso di un colloquio psicoterapico. Diventa, in ogni caso, un potente acceleratore dei tempi della psicoterapia.
E ancora. Nel 2016 viene pubblicato su “The Lancet” uno studio sul ruolo della psilocibina nella depressione. Due dosi, di 10 e 25 mg a distanza di una settimana, hanno un effetto antidepressivo nei due terzi dei pazienti. Secondo Carhart-Harris, ciò avviene per l'effetto di inibizione della psilocibina sul DMN. Ciò che non sappiamo è: perché Lsd e psilocibina, legandosi ai recettori 5HT2A risultano tanto più potenti dell'agonista naturale, ovvero della serotonina?
La risposta prova a darla il farmacologo Bryan Roth, che è riuscito a fotografare l'Lsd legato al recettore serotoninergico, e ha visto che la sua durata d'azione è davvero lunga: una dozzina di ore se non giorni se non per sempre. Ciò perché il recettore serotoninergico, appena aggancia l'Lsd, lo ricopre con un lembo, lo inguaina, tenendolo fermo per ore o giorni. Un comportamento assolutamente raro. Ciò confermerebbe che anche il microdosing di psichedelici funziona, proprio perché bastano dosi molto basse per ottenere un effetto antidepressivo.
Direi che per ora può bastare così. È venuto il momento di rivalutare non solo cannabis, adesso, ma Lsd, psilocibina, mescalina, dmt e altri psichedelici.
Cari politici, soprattutto voi che siete spaventati dal nuovo, dal diverso, dall'alieno, dallo straniero e dallo strano, e volete rinchiudervi e rinchiuderci in confini e identità e campanilismi sempre più stretti, vi do un suggerimento da farmacologo: mettete psichedelici nei vostri cervelli.
Piero Cipriano
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