Conversazioni col nemico
Affaristi, speculatori, magnati della finanza si aggirano nel cuore dell'impero. Sono sorridenti, rassicuranti. Con il loro lavoro creano crisi economiche e sociali e sono in grado di far fallire interi paesi.
“Nulla può distruggere l'umanità se non l'umanità stessa. Siamo il nostro peggior nemico.” (Pierre Teilhard De Chardin, 1881 - 1995)
Ho incontrato un nemico. Prima o poi doveva accadere: la città
brulica di nemici. Sono vestiti di tutto punto, sorridenti,
rassicuranti e lavorano senza sosta alle sorti del mondo. Al
mattino si riversano nei grattacieli di Manhattan. Si riuniscono
attorno a grandi tavoli di legno pregiato ingombri di carte,
tablet e bicchieri di caffé grigio; ricevono gli incarichi,
da portare a termine senza esitazione, istruiscono a dovere
le segretarie, poi si siedono alle loro scrivanie executive
negli uffici spaziosi e pieni di luce.
Il nemico è anonimo, non indossa divisa, né porta
segni di riconoscimento, si confonde fra la folla, prende la
metro e cammina per la strada, come tutti, ma nella domenica
di Pasqua, a casa di amici, me lo sono ritrovato seduto proprio
accanto e l'ho riconosciuto. Era un tipo simpatico, un avvocato,
un ragazzo dai modi semplici e familiari, uno di quei giovani
con la faccia onesta che sgobbano, si fanno strada nella vita
senza santi alle spalle e sono orgogliosi del proprio lavoro.
Ne parlava infatti con entusiasmo da neofita.
Lavori per il nemico, gli ho detto dopo poche battute,
spiegando cosa intendessi. Non ha negato, non si è nascosto,
anzi, ha confermato. Una confessione in piena regola, un pugno
allo stomaco, sferrato con grazia.
Non è facile combattere questo tipo di nemico, soldato
di un esercito dai molti nomi che non difende confini ma capitali,
perché ha la faccia buona del giovane in gamba e, dopo
la laurea, è emigrato da una città del sud in
cerca di futuro. Si è fatto le ossa in un prestigioso
studio legale, poi è approdato a New York, nella città
che conta.
Qui lavora per Ernst&Young, la multinazionale che offre
consulenza fiscale, finanziaria e legale altamente specializzata
al mondo della finanza, degli affari e del commercio, ai grandi
speculatori, alle multinazionali. Una società forte di
270.000 impiegati, soldatini che agiscono nell'ombra, senza
enfasi né rumore, che fanno un lavoro pulito, il più
delle volte anche lecito.
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New York (USA), giardini adiacenti la cattedrale episcopale su Amsterdam Avenue - La scultura chiamata “Homeless Jesus”, nota anche come “Jesus the Homeless” (Gesù senzatetto) |
Questo nemico non è come quello di Piero, quello uguale
a te, con lo zaino in spalla e la divisa di un altro colore;
quello con lo stesso umore, che si è costretti a combattere
senza trovare una ragione per odiarlo davvero. Questo è
il nemico vero, quello che mi sono scelto già molti anni
fa, schierandomi con le vittime dello spietato capitalismo neoliberista
che promette benessere per tutti e porta miseria ai più.
È il nemico di un certo futuro che avevo sognato. Il
nemico educato, quello che la gente apprezza, perché
sgobba onestamente e forse manda anche i soldi a casa; quello
che, un giorno, troverà la donna giusta e tornerà
magari al paese a sposarsi e poi la sistemerà nel suo
bell'appartamento di New York, serva ad aspettare che il marito
torni a casa la sera, stanco ma soddisfatto, innamorato della
sua formidabile società.
In un vecchio film spagnolo il protagonista1
si ritrova, suo malgrado, a fare il mestiere del boia e ad azionare
la garrota, il rozzo ed economico strumento di morte del regime
franchista. Non vorrebbe farlo, è disperato, ma le circostanze
della vita e la povertà lo costringono. È un lavoro
come un altro, gli dicono i familiari, qualcuno lo deve pur
fare. Un lavoro nemmeno ben pagato, accettato alla fine solo
per poter mantenere la famiglia, nel disprezzo generale.
Non così vanno le cose per l'avvocato di Ernst&Young.
Lui fa un lavoro prestigioso e a nessuno verrebbe in mente di
paragonarlo al boia, anzi, i parenti si felicitano, gli amici,
forse invidiosi, si complimentano: se è arrivato fin
lì deve essere davvero in gamba.
Nel 2010 però lo Stato di New York ha trascinato la ditta
in tribunale e a quella causa ha fatto presto seguito una class
action promossa da investitori truffati. L'accusa era di aver
facilitato una frode massiccia da parte della grande banca Lehman,
approvandone i bilanci come revisori dei conti. Nel settembre
2008 la Lehman dichiarò la bancarotta, scatenando la
crisi finanziaria globale, famosa per la caduta dei titoli subprime
e l'esplosione della bolla immobiliare. In pochi mesi nove milioni
di americani persero il lavoro e centinaia di migliaia la casa:
una guerra non dichiarata che, negli USA, ha colpito in modo
più acuto le minoranze, aumentando in particolare il
divario fra bianchi e neri, tanto che, secondo stime dell'ACLU,2
agli afroamericani sarà necessario il corso di un'intera
generazione per riconquistare il terreno perduto in termini
di benessere e diritti. Nel 2014, dopo anni di controversie
legali, Ernst&Young ha firmato accordi extragiudiziali per
chiudere le cause, impegnandosi a versare 109 milioni di dollari
in risarcimenti, continuando però a negare ogni responsabilità
nella crisi che trascinò così tanti nella miseria
e nella disperazione, provocando anche un aumento vertiginoso
di suicidi e divorzi.
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New York (USA), Times Square - Grattacielo con la scritta Ernst & Young |
Nella mia testa fare l'avvocato per conto di quella ditta non
è molto diverso dall'arruolarsi in un esercito di mercenari
pronti a sferrare attacchi contro popolazioni inermi, quando
il contratto lo preveda.
Il ragazzo, invece, parlava con malcelato orgoglio del suo lavoro,
descrivendo la complessità del delicato compito che avevano
assegnato al suo team in quei giorni: curare i dettagli tecnico-giuridici
della fusione in gruppo di alcune grandi società. “Non
si può trascurare nemmeno il più piccolo dettaglio”,
diceva, “non c'è margine di errore e si deve fare
in fretta, perché ogni giorno che passa rappresenta una
perdita”. Nel mondo degli affari il tempo è solo
denaro e le perdite sono un delitto. Qualcuno ha chiesto all'avvocato
come facesse a confrontarsi con le normative di tanti paesi
diversi. Lui ha risposto che non ne aveva bisogno, perché
alle società multinazionali si applica il diritto internazionale
commerciale, uguale in tutto il mondo.
Mi sono subito tornate in mente molte letture, lunghe serate
inquiete passate a studiare l'iniquità del sistema, le
campagne lanciate per contrastare l'Organizzazione Mondiale
del Commercio, le lotte contro gli accordi di libero scambio
che sanciscono la libertà delle merci e impediscono quella
degli individui. “Le attuali regole del commercio internazionale”,
scriveva già nel 2001 Susan George, “sono concepite
dalle società transnazionali e sono ampiamente a loro
favore”.3 Regole imposte
ai popoli di tutto il mondo da un ristretto gruppo di nazioni
potenti, che proteggono gli interessi di un centinaio di società
che, da sole, detengono i due terzi degli scambi commerciali
mondiali. Regole che si vorrebbero imporre a tutti i campi dell'attività
umana e che puntano ad abolire ogni genere di barriera e protezione,
fino ad arrivare a costringere ogni paese ad esportare a forza
i suoi alimenti, persino la sua acqua, anche nell'ipotesi in
cui nel paese medesimo fossero in corso gravi carestie o crisi
di siccità.
In sintesi l'avvocato lavora per le grandi società transnazionali,
che rubano le risorse ai paesi del sud, grazie a quel diritto
internazionale che applica con diligenza. “È un
lavoro che dovrebbe scomparire”, ho detto al ragazzo,
e lui non si è scomposto, non ha nemmeno negato, anzi,
ha confermato la correttezza delle mie argomentazioni: “La
mia ditta è stata fra i maggiori responsabili della crisi
mondiale del 2008”, mi ha detto, aggiungendo: “Tra
l'altro sono un esperto di subprime”.
Nemmeno immaginavo si potesse essere specializzati in una simile
mostruosità, credevo anzi che quei prodotti fossero stati
aboliti perché tossici, come l'arsenico nell'acqua. È
come se mi avesse detto di essersi specializzato nella progettazione
di sistemi di puntamento d'arma: la differenza sta forse solo
nel modo di provocare dolore e morte.
Quando si pensa alle relazioni fra nord e sud del mondo è
facile che vengano in mente colpi di stato, guerre, carestie,
assassinii politici e sindacali. Ma nel mondo del capitalismo
neoliberista i rapporti di forza non sono garantiti solo dalle
armi. Ci sono altri, potenti attori all'opera che agiscono alla
luce del sole, protetti dal diritto internazionale societario
e da organizzazioni controllate dall'occidente, come la Banca
Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Secondo il Global
Financial Integrity4 il furto
di ricchezza nazionale ai danni dei paesi poveri deriva per
il 65% da forme di evasione fiscale e da manovre speculative
realizzate dalle società multinazionali. Ad esempio,
con l'Hot Money vengono effettuati veloci movimenti di
capitale da un paese all'altro, per speculare su tassi di interesse
e differenze nel tasso di cambio. Questa forma di speculazione
è resa possibile dalla deregulation promossa nei decenni
scorsi, specialmente attraverso gli accordi di libero scambio.
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New York (USA), Federal Hall a Times Square. L'edificio neoclassico, completato nel 1842 per ospitare la dogana, oggi è sede di un museo e mausoleo |
Nelle mani il destino di molti
I rapidi movimenti di grandi quantità di denaro a fini
speculativi creano instabilità nelle economie fragili
e consentono di esportare illegalmente valuta dai paesi poveri.
Un altro esempio è il trade misinvoicing, che consente
di depositare enormi somme in conti correnti segreti attraverso
fatturazioni false, grazie a servizi mirati messi a disposizione
nei cosiddetti paradisi fiscali. Vittima principale di questo
complesso gioco valutario e fiscale è l'Africa, a cui
ogni anno le multinazionali sottraggono una ricchezza pari ad
oltre il 6% del PIL continentale: più di quanto viene
investito dai governi del nord nei cosiddetti aiuti allo sviluppo.
Dalle vene aperte dell'Africa la ricchezza continua a defluire
verso i paesi ricchi.
Quando preparano gli accordi, scrivono le regole e stilano i
documenti costitutivi delle società transnazionali e
delle loro affiliate; quando portano avanti la loro brillante
attività di consulenza, i professionisti dalle mani pulite,
come quello da me incontrato, determinano il destino di molti,
stilano condanne a morte, confermano e rafforzano il sistema
che costringe grandi masse nella povertà, a vantaggio
di un'esigua minoranza di ricchi. Ma il ragazzo non si sente
certo un delinquente, è anzi uomo di legge, applica codici
e regolamenti scritti da altri. Egli è solo una piccola
rotella in un grande ingranaggio, un anello di passaggio in
una catena di eventi. In fondo ha conquistato con merito la
sua posizione e fa bene il suo lavoro; il futuro promette scatti
di carriera e ascese ai piani superiori del grattacielo di Times
Square. Le vittime dei suoi giochetti legali sono invece invisibili,
astratte, anonime. Il dolore si accumula in luoghi troppo lontani
da Manhattan per colpire la sua fantasia. Non ci sono volti
a turbare le sue notti, solo carte da preparare e una marea
indistinta di persone segnate dal destino e forse non è
abbastanza per scatenare sensi di colpa e ripensamenti.
Eppure basterebbe guardarsi attorno per capire che tutto ciò
non riguarda solo luoghi lontani e indefinibili, basterebbe
leggere il bollettino della povertà cittadina: secondo
Feeding America, una nonprofit che fornisce alimenti gratuiti
a milioni di famiglie americane in difficoltà, nello
stato di New York5, che conta
20 milioni di abitanti, circa 750.000 minori non hanno cibo
a sufficienza e nella sola Manhattan ben 40.000 bambini soffrono
la fame, quella autentica, tangibile, di chi non ha abbastanza
da mangiare. In quest'isola di bambini affamati, vittime dello
stesso neoliberismo, sorge il distretto finanziario, dove risiedono,
asserragliati in appartamenti di megalusso, gli esseri umani
più ricchi del pianeta. In questo fazzoletto di terra
viviamo. Per arrivare in ufficio, il ragazzo deve per forza
camminare fra le vittime del suo lavoro, incrociarne qualcuna.
“Come fai a fare questo lavoro”, gli ho chiesto.
“È un lavoro come un altro”, mi ha risposto,
ora più guardingo, “qualcuno lo deve fare”.
Proprio come il boia che aziona la garrota.
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New York (USA) - The Fearless Girl (La “Bambina senza paura”), realizzata dalla scultrice statunitense Kristen Visbal, è stata installata nel 2017 davanti alla borsa di New York, per sfidare il mondo della finanza a coinvolgere maggiormente le donne nei ruoli di dirigenza da cui sono quasi assenti. La scultura, installata in occasione della giornata mondiale della donna, è stata contestata da molte femministe proprio per l'idealizzazione della scalata ai posti chiave della finanza come ambizione da parte delle donne |
Quel pomeriggio mi sono avviato verso casa confuso, amareggiato.
Il nemico non si era nascosto, mi aveva dato ragione, aveva
condiviso tutte le mie osservazioni e, alla fine, mi aveva salutato
con un sorriso cordiale. Conosce le zone oscure della sua carriera,
l'iniquità di cui è complice, eppure questo non
basta a metterlo in crisi. Se fosse stato l'ingegnere che progetta
mine a forma di giocattolo, l'operaio che le assembla, il venditore
che le piazza o l'aviatore che le lancia sarebbe stato più
facile metterlo sotto accusa, la sua colpa sarebbe stata più
evidente. Ma lui, cercava di convincermi un'amica sulla via
del ritorno, è in fondo solo un bravo ragazzo, che fa
il lavoro che gli è capitato. Ognuno si guadagna da vivere
come può, mi diceva, oggi non è facile scegliere,
come abbiamo fatto noi, tanti anni fa, quando abbiamo anche
rinunciato a qualcosa, pur di non essere complici.
Ma non è vero, anche lui ha avuto davanti a sé
altre strade e ha fatto le sue scelte: ha preferito il prestigio
ben retribuito, ha scelto una carriera da lupi, si è
arruolato, è un soldato dell'esercito nemico, con le
mani pulite e i piedi caldi, lancia bombe dalla sua trincea
di lusso.
La luce si è dissolta quella sera in una triste pioggerellina
di marzo che non diceva al cuore nulla di buono. Al mattino
successivo la vita è ricominciata come sempre, perché
New York non conosce pasquetta, non si ferma, non va in gita
e dopo il brunch della risurrezione si torna al lavoro. Ma il
pensiero del ragazzo non mi abbandonava e l'ho immaginato mentre
indossava nuovamente giacca e cravatta, lasciava a casa il viso
buono e rimetteva su il piglio dell'avvocato che lavora per
la multinazionale prestigiosa. L'ho visto riprendere la strada
dell'ufficio, l'ho seguito mentre tornava serio ai suoi compiti,
alle clausole minute, ai dettagli da non trascurare, ai profitti
da massimizzare. La Pasqua ormai era alle spalle e per i bambini
affamati di Manhattan in fondo c'è pur sempre la carità,
qualcuno che assicura loro un pasto caldo.
Dalla mia trincea ho gettato lo sguardo ansioso sull'asfalto
lucido. Mai dimenticare che questo è il cuore l'impero
e la città brulica di nemici.
Santo Barezini
- Interpretato magistralmente da Nino Manfredi. Il film “El Verdugo” (Il boia), diretto nel 1963 da Luis Garcia Berlanga, è oggi considerato un classico del cinema spagnolo.
- American Civil Liberties Union, una delle organizzazioni più attive nella protezione dei diritti civili sanciti dalla costituzione.
- Susan George: “Remmetre l'OMC a sa place”, ed. Mille et Nuits, 2001 (edito in Italia da Feltrinelli nel 2002 con titolo “Fermiamo il WTO”).
- Nonprofit impegnata nella lotta ai flussi finanziari illeciti che danneggiano i paesi poveri.
- La città di New York si trova nel territorio dello stato omonimo la cui capitale è Albany, ove risiede il Governatore.
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