Parole e concetti (per capire di più)
Ogni giorno abbiamo a che fare con internet, password e log-in, ID, email. Ma sappiamo cosa sono?
Utente
Con questa parola si definisce l'identità generale delle persone quando si trovano connesse sulla rete di Internet. Utente, in quanto utilizzatore di un servizio gratuito o a pagamento.
Pseudo-ambienti per utenti
In questo tipo di ambiente nessuno è un essere umano
o un cittadino o una persona o cliente o un individuo, siamo
tutti utenti. Siamo in quanto usiamo. Tutto il resto viene dopo.
Neanche il fatto che siamo in un ambiente determinato, o che
stiamo usando un tipo specifico di apparecchiatura viene preso
in considerazione, questo è peculiare. Se uso un'auto
sono un automobilista o un guidatore o un pilota. Allo stesso
modo se uso una bici sono un ciclista. In internet no, sono
solo un utente!
La cosa è interessante perché la parola utente
rimanda a due dimensioni semantiche precise e, in parte, contraddittorie:
la prima è quella di “colui che usa”, ossia
che non fa, non produce, semmai consuma. Anzi, il valore di
ciò che viene usato dipende da quanti sono coloro che
lo usano, da quanti ne riconoscono l'utilità. Come dire,
la ragion d'essere della funzione “utente” è
essere al servizio dei proprietari del servizio. Sembra un paradosso
ma non è niente di nuovo: è l'economia della tecnologia
del dominio che incontra la legge di domanda e offerta.
Il
secondo significato ha a che fare con un certo grado di passività,
infatti non è previsto che l'utente interagisca con il
servizio, se non entro limiti ben definiti. Può personalizzarlo,
ma non modificarlo. “Usa”, ma in qualche modo è
il soggetto attivo della propria passività, in un ambiente
costruito per contenerlo. Contenzione, log-in, log-out. Ciò
che conta è registrarsi. Perché questa cosa non
ci sorprende? Il fatto che una individualità venga interpretata
e ricondotta a quella di semplice utente (ossia che venga spogliata
della sua complessità, la quale non viene presa in considerazione
né riconosciuta) ci sembra significativa e rimanda al
concetto di utile, vero polo magnetico cui tende qualsiasi iniziativa
profittevole. Eccoci infine nel circolo dell'utile, del profitto
e del valore, coordinate basilari dell'esperienza capitalista.
User experience
La user experience (UX), esperienza dell'utente, è la stilizzazione della vita privata dell'epoca moderna e ne incarna tutti i valori, a cominciare da quello dell'individualità, ossia della propria esistenza atomizzata.
Dato prova di essere solo e se stesso, l'utente del servizio
può cominciare la propria esperienza, ma non prima di
avere dato il proprio assenso (mai abbastanza informato, ma
pazienza) ai Termini di Servizio. Il bon ton delle tecnologie
del dominio vuole la user experience facile, gratificante e
giocosa. Attitudine che viene dall'idea che le interfacce debbano
essere user friendly fino alla completa infantilizzazione del
soggetto. Se un bambino di tre anni riesce ad accedere e usare
youtube non siamo di fronte al genio dei cosiddetti nativi digitali1.
Identità Digitale
L'identità è la base dei profitti del web 2.0. L'esperienza del digitale è stata ripensata a partire dai primi anni Duemila per capire a fondo chi fossero gli utenti. La raccolta delle informazioni sulle identità, attraverso le tecniche del profiling2, sono la parte concreta sulla quale si fondano i guadagni delle società di servizi gratuiti online.
Accedere a noi stessi
La posta elettronica, uno dei più antichi servizi della
rete, serve sempre meno per scambiarsi messaggi diventando il
maggiore sistema di autenticazione per l'accesso ai servizi
web. Gmail oramai funziona sui dispositivi Android come un permesso
di soggiorno: se ne sei sprovvisto non puoi entrare.
L'email
è lo strumento attraverso cui ci autentichiamo, ciò
che garantisce attraverso una log-in e password che “noi
siamo veramente noi” e che letteralmente ci fa accedere
a noi stessi, cioè a quella parte di noi digitale che
consideriamo sempre più importante ma che è sita
in un altrove; questa soglia tra l'interiorità e l'esterno
è in comproprietà con i fornitori dei servizi3.
Reificazione dell'identità
Il web 2.0 si dice gratuito, ma come abbiamo già detto in molti frangenti vale lo slogan “se è gratis la merce sei tu”: una parte consistente dei guadagni deriva dalla vendita delle analisi svolte sulle identità dei clienti. Come fa l'utente a diventare una merce? Bisogna reificarlo, cioè renderlo un oggetto di studio misurabile. Creare un modello semplificato sul quale compiere elaborazioni come si farebbe con un insieme qualsiasi di dati.
Ma l'identità è un concetto complesso, oggetto di studio di molte discipline, ed è frutto delle relazione in cui siamo immersi, come si può semplificarla per renderla misurabile?
Come abbiamo visto la profilazione è l'insieme delle tecniche che permettono di identificare singoli utenti e catalogarli in gruppi in base al loro comportamento4. Ecco svelato il trucco, l'utente è reificato attraverso il suo comportamento.
Attraverso la condotta quotidiana è possibile registrare delle azioni concrete il cui andamento è dunque calcolabile attraverso la costruzioni di parametri. Sul web commerciale noi siamo ciò che facciamo, dal più piccolo movimento del mouse al tempo che passiamo, senza far nulla se non guardare, sul profilo di un altro utente o su una pagina web.
Occorre ripetere brevemente che il profiling digitale ha la sua origine culturale nel profiling criminale cioè in quella disciplina che usa la psicologia comportamentale per identificare l'autore del reato in base alle sue modalità di esecuzione. Il modo in cui un soggetto si comporta in un ambiente descrive la sua personalità.
Due copie
Nei panottici digitali5 accade un fatto particolare: il credito e la visibilità sono direttamente proporzionali a quanto riversiamo di noi sui framework, la matrice di lavoro condivisa, insomma la piattaforma, viene chiamata quantificazione del sé6. Più raffiniamo i nostri account, descrivendo chi siamo in un'ottica di trasparenza radicale7, cioè più ci “personalizziamo”, maggiore sarà il dettaglio della nostra immagine profilata sui data center delle aziende che conservano i nostri dati.
Esistono sempre due copie della nostra identità per ogni account che abbiamo registrato. Una è quella che vediamo sullo schermo dei nostri monitor, che aggiorniamo e attraverso la quale interagiamo con gli altri, in sostanza è l'identità con cui ci presentiamo al mondo, è la nostra “persona sociale”. L'altra copia è quella che rimane stoccata sui server, la quale è ovviamente molto più estesa perché mantiene memoria di ogni dettaglio: le interazioni, le correzioni, le osservazioni passive che abbiamo svolto.
Ippolita
info@ippolita.net
- Si veda “A” rivista, anno 49 n. 431, febbraio
2019, Nativi Digitali
di Ippolita
- Si veda “A” rivista, anno 47 n. 413, febbraio
2017, Se è
gratis la merce sei tu
di Ippolita
- Si veda “A” rivista anno 47 n. 417, giugno 2017
Tecnocrazia, ovvero
la delega tecnocratica di Ippolita
- Si veda “A” rivista anno 49 n. 434, maggio 2019,
Profilazione Digitale
di Ippolita
- Si veda “A” rivista anno 49 n. 433, aprile 2019,
Panottico Digitale
di Ippolita
- Si veda “A” rivista anno 48 n. 429, novembre
2018, Quantified
Self, conoscenza del sé attraverso i numeri
di Ippolita
- Si veda “A” rivista anno 47 n. 419, ottobre
2017 Che cos'è
la Trasparenza Radicale? di Ippolita
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