Una
bella copertina anticlericale, con una caricatura del papa polacco
Karol Wojtyla, apre il numero 105 (novembre 1982) di
“A”. E, nel retro della copertina, la notizia dell'aumento
del 50% del prezzo, a partire dal numero successivo: da mille
a millecinquecento lire. E nella pagina successiva la convocazione
a Torino, nel circolo anarchico di corso Palermo 46 (stessa
sede di oggi, 37 anni dopo) della 25a assemblea di “A”.
Maria Teresa Romiti, attiva e prolifica redattrice di “A”
nel corso degli anni '80, scrive il primo pezzo, di lucida critica
alle organizzazioni sindacali ufficiali e al loro ruolo nella
società. Giuseppe Gessa, altro membro di quella redazione,
si occupa di guerra, pace, pacifismo. E un tagliente pezzo redazionale
sottolinea la somiglianza tra la logica disumana dei brigatisti
e delle forze dell'ordine: il titolo “Diversi?”
segnala la piena presa di coscienza redazionale dei meccanismi
psicologici che stanno dietro alle due diverse forme di potere
armato (lo Stato e le BR). Negli anni precedenti c'erano state
incertezze e timidezze in merito, che segnalavano una qualche
forma di condizionamento da parte della mentalità filo-lottarmatista
dominante in ampi settori dell'estrema sinistra. Incertezze
e timidezze che impedivano di cogliere la comune mentalità
e le comuni pratiche accentratrici e disumane delle due forme
di potere tra loro in guerra, ma così simili nei loro
disvalori.
Dopo un'interessante corrispondenza dall'Inghilterra sul razzismo,
uno scritto bello bello di Agostino Manni, anarchico salentino
allora residente a Milano per ragioni di studio, che all'inizio
del decennio successivo sarà tra i fondatori della mitica
comune anarchica Urupia, sempre in Salento – dove tuttora
risiede e lavora. Agostino, che è stato citato sullo
scorso numero nel ricordo di Angelo Pagliaro (nostro comune
grande amico e compagno), nel suo scritto “Morire di naja”
racconta una tragica vicenda di morte legata al servizio militare
(appunto “la naja” come comunemente lo si definiva).
Giorgio Meneguz affronta la complessa questione psichiatrica
e dei manicomi, uno dei fili sottili ma resistenti che attraversa
il quasi mezzo secolo della vita di “A”. Piero Flecchia,
che ha assicurato sempre pregevoli collaborazioni ad “A”,
scrive dello stato-nazione, e sembra scritto oggi, per i problemi
e la sensibilità dei nostri tempi confusi. Altri due
scritti si occupano di Budapest 1956 e del sindacalismo clandestino
nell'URSS.
Decisamente interessante la relazione del nostro collaboratore
(allora e oggi) Andrea Papi su un convegno di studi bolognese
sul pensiero di Errico Malatesta; tema: “Malatesta e l'insurrezione”.
Interessante sottolineare come vari spunti evidenziati in quella
relazione di 37 anni fa facciano da sfondo al recente ultimo
libro di Andrea Papi Anarchismo in divenire. L'anarchia è
cosa viva (La Fiaccola 2019). Una pagina intera è
poi dedicata a due nuove edizioni di libri dedicati al rivoluzionario
anarchico campano.
Recensioni, abbigliamento sportivo, popoli indigeni, marxismo
e tecnologia, tre lettere, informazioni sulla vita di “A”
chiudono questo numero 105, uno dei 437 finora prodotti.
Un ulteriore piccolo tassello nel mosaico che con ogni successivo
numero rendiamo più vasto e più vario.
|