Colorado (Usa)/
L'artista della notte che dipinge Malatesta
Si chiama SMiLE (scritto così). Tutti lo conoscono,
la polizia lo cerca. È un giovane artista di strada di
Boulder, in Colorado. Ha riempito la sua città di graffiti
che dipinge di notte nei luoghi più impensati: centraline
elettriche, edicole, segnali stradali, cassette per imbucare
la posta. Fra i suoi graffiti ci sono anche immagini di Errico
Malatesta.
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Boulder, Colorado (USA) - Graffiti di SMiLE su su una centralina elettrica |
SMiLE opera di notte e la sua identità è tuttora
sconosciuta. Tutti gli abitanti di Boulder hanno per forza imparato
a conoscerlo. Molti negozianti apprezzano i suoi graffiti e
li tengono in bella mostra. I mezzi di comunicazione si sono
interessati a lui e lo hanno intervistato. Si chiama SMiLE,
dice, perché il suo intento è quello di aiutare
la gente ad essere un po' più felice, a sorridere un
po'.
La polizia, si sa, non ha però molto senso dell'umorismo.
«L'ordinanza sui graffiti parla chiaro» dichiara
serio un agente della polizia di Boulder: la legge proibisce
«di dipingere intenzionalmente, graffiare o colorare (con
qualsiasi mezzo di contrasto) qualsiasi proprietà pubblica
o privata senza l'autorizzazione del proprietario, dell'amministrazione
municipale, in caso di proprietà municipale, o del responsabile
di qualsiasi altra proprietà pubblica».
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Boulder,
Colorado (USA) - Graffiti di SMiLE su su un distributore di giornali in Pearl Street |
Nessuno però tradisce la consegna dell'anonimato. «Per
lo più, sono i giovani a essere in giro la notte»
dice SMiLE di coloro che l'hanno visto dipingere «Mi dicono
“Sei SMiLE?” poi si avvicinano, mi battono il cinque
e vogliono... pagarmi una birra».
Riguardo al nostro Errico, è curioso il modo in cui l'artista
ne ha rielaborato l'immagine. La fonte è una foto segnaletica
scattata durante la detenzione del 1920-21, uno dei periodi
più drammatici della vita di Malatesta. SMiLE ha trasformato
un Malatesta magro e sofferente in un Malatesta bonario e sorridente.
Superficialità storica o genio creativo? A noi non interessa,
il risultato ci piace comunque.
Davide Turcato
Dimitrov (Russia)/
Viaggio alla dimora di Pëtr Alekseevič Kropotkin
I sessantacinque chilometri che separano la stazione Savyolovsky
a nord di Mosca da Dimitrov, antica e importante cittadina dell'Oblast
moscovita (distretto artificiale ideato dai poteri storici del
Cremlino e rafforzato durante il periodo sovietico per mantenere
il dominio centralizzato sul territorio), sono utili per farsi
un'idea del clima sociale che si respira nell'attuale Russia
putiniana.
Vagoni passeggeri ordinati, puliti, vigilati da poliziotti e
da “sicurezza volontaria” in mimetica urbana, famiglie
con bambine e bambini con i tricolori nazionali appuntati sugli
abiti, adolescenti e giovani rasati con felpe che riportano
a caratteri capitali la scritta “Russia”. Un rigurgito
patriotico generalizzato e mascolino sembra tenere compatte
le genti del “piccolo zar Vladimir”, in un'ondata
di nuovo disprezzo verso l'Occidente, considerato aggressivo
e perverso perché si è preso subdolamente l'Ucraina
e continua a sfoderare l'odioso pungolo delle sanzioni, facendo
avanzare il fronte NATO fino alle porte del neonato impero russo-ortodosso.
Difficile scorgere un filo di continuità tra le sensibilità
umane e politiche del grande pensatore e geografo anarchico
Pëtr Alekseevič Kropotkin, espresse nell'Etica,
la sua ultima incompleta opera, uscita postuma nel lontano 1922,
e la ruvida realtà dei fatti del tempo odierno.
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Dimitrov (Russia) - La statua di Pëtr Alekseevič Kropotkin nei giardini pubblici della città |
Dimitrov, città ove il “Principe dell'Anarchia”
risiedette in volontario ritiro durante l'ultimo periodo della
sua vita, è un accogliente luogo di provincia adagiato
sopra colline moreniche ondulate, affacciate sul fiume Jachroma
e lungo il canale di Mosca che connette la capitale russa con
l'imponente corso del Volga. Posizionata in un punto strategico,
proprio per queste caratteristiche rilevate già nel 1154
dal fondatore Jurij Dolgorukij, la cittadina conta oggi circa
sessantaduemila abitanti.
Ad accoglierci nella casa-museo Kropotkin, recentissima, fedele
ricostruzione della dimora dell'epoca smantellata da Stalin
dopo la morte della moglie Sofia Ananiev nel 1938, Yan Prusskiy
curatore attento e scrupoloso degli allestimenti storici e sincero
valorizzatore della personalità e della memoria del grande
pensatore russo. Fu il conte Dmitry Olsufiev, simpatizzante
libertario, appartenente a una nobile famiglia di Dimitrov,
che vendette (a un prezzo di favore) l'abitazione del fratello
Mikhail, da poco deceduto, a Kropotkin.
Come si è accennato, la sede della casa museo venne rasa
al suolo durante il periodo sovietico per poi essere ricostruita
nello stile dell'epoca. Nuovamente abbattuta durante un “restauro
conservativo”, ci sono voluti ben venticinque anni di
sforzi e di tenuta realmente “politica” di anarchici
e storici impegnati contro l'inerzia burocratica e il muro di
gomma del governo locale, in un clima relazionale sempre più
avverso, per rilanciare il piccolo museo-testimonianza nel luogo
dove Pëtr Kropotkin passò gli ultimi anni di vita.
Solo nel 1992 la casa è stata dichiarata ufficialmente
museo.
Al suo interno l'abitazione, ricca di fotografie d'epoca dedicate
al geografo e filosofo russo, si dispone su due piani. Al pianoterra
un insieme di stanze sono state allestite con mobilio originale
e l'atmosfera è a tutti gli effetti quella nella quale
Kropotkin visse attorniato dai suoi amici ed estimatori più
stretti. Interessante risulta essere pure un'ala dedicata a
incontri attuali sull'anarchismo, ricca di cimeli, ricordi,
manifesti e pubblicazioni anche contemporanei, provenienti da
Paesi di tutto il mondo (Francia, Germania, Israele, Giappone,
ecc.). Tra questi spiccano (con una punta d'orgoglio), anche
dei testi in italiano delle edizioni La Rivolta e Galzerano
Editore e una pubblicazione datata di Eléuthera di
Scienza e Anarchia, curata da Nico Berti.
La “stanza convegni” si trova proprio accanto alla
cameretta studio del filosofo anarchico, vicino al suo letto
di morte, alla piccola scrivania con la macchina da scrivere
dell'epoca e al calco in gesso del volto sereno e intenso del
morente.
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Dimitrov
(Russia) - Da sinistra, Giulio Spiazzi e Yan Prusskiy all'ingresso della casa museo di Kropotkin |
Al piano superiore invece, è stato creato un ambiente,
dedicato anche alle visite guidate delle scolaresche, dove tra
bacheche ricche di minerali, animali imbalsamati delle estreme
propaggini siberiane, frammenti di mammut riemersi dai ghiacci,
un Kropotkin geografo, ritratto in una fotografia dell'epoca,
attorniato da giovani studiose, raggruppa reperti raccolti nei
suoi interessantissimi viaggi scientifici a oriente.
“È un'occasione accattivante, questa, per fare
avvicinare sempre più ragazzi giovani al lavoro e al
pensiero del nostro grande concittadino”, afferma Yan
Prusskiy, guardando con complicità la responsabile ufficiale
dell'amministrazione locale, comprensiva ma ben lontana da tutto
quello che può essere inteso come pratica e testimonianza
strettamente anarchica.
L'insolito equilibrismo per il momento regge e permette comunque
di far vivere un pezzo di storia non solo russa e di renderla
abbordabile alle nuove generazioni. “Zdorovo, bratello,
kak dela?” (“Ciao, fratello, come stai?”)
saluta in gergo amichevole Nikolaj, l'interprete arrivato da
Mosca per l'occasione. “Nonostante la crescente repressione
in Russia, la casa-museo di Kropotkin e le Letture di Pryamukhino
(luogo natale di Bakunin) possono e devono ancora vivere, anche
grazie alle vostre frequentazioni, cari compagni italiani, per
mantenere accese le fiaccole delle teorie e delle pratiche anarchiche
nel nostro Paese”, aggiunge immediato Nikolaj a questo
augurio spontaneo, il che direi, è di ottimo auspicio
in previsione delle prossime celebrazioni “ufficiali”
e non-allineate, per il centesimo anniversario della morte di
uno dei grandi filosofi russi dell'anarchia.
Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com
Premio Piero Ciampi 2020/
Sguardi, liriche e impegno politico
Itinerante e particolarmente scalpitante la 25^ edizione del
Premio Piero Ciampi, a 40 anni dalla scomparsa del cantautore-poeta
livornese. “Pietre d'inCIAMPI” grazie alle varie
espressioni artistiche che Litaliano (così era chiamato
in Francia... tutto attaccato) amava, seguiva e frequentava.
Il primo giorno della rassegna, 16 gennaio, in trasferta. “Andare
camminare lavorare” cantava Ciampi. A Genova, in via del
Campo 29 Rosso, l'incontro “Piero Ciampi e Genova. Un'affinità
inevitabile” con gli interventi di Laura Monferdini, Antonio
Vivaldi (direttore artistico del Premio Ciampi), Michele Manzotti
(Il Popolo del Blues), Flavia Ferretti (vincitrice di una delle
passate edizioni del concorso nazionale), il celebre compositore
Gianfranco Reverberi e Cristiano De André. Folla delle
grandi occasioni. Sold-out.
Il giorno dopo a Livorno, città natale dell'autore di
“Adius”. Ulteriormente immersi nella vena poetica
e libertaria di Ciampi. Il racconto “...E bastava un'inutile
carezza a capovolgere il mondo” ideato da Massimo Luconi
e Arianna Scommegna. Quest'ultima accompagnata dalla fisarmonicista
Giulia Bertasi ha presentato in anteprima il progetto in evoluzione
“Tinta unita”. Nel mondo dei colori (tra cui il
verde, ispirato a quel “tutto verde” contenuto nella
canzone ciampiana “La passeggiata”, “presa
in prestito” anche per le esposizioni grafiche di Manuela
Sagona). La mostra fotografica “Sporca estate. Scatti
dal porto delle illusioni” di Daniele Stefanini. Appuntamenti
apripista che hanno scaldato i motori per le due ancora più
intense giornate successive. E dove, ovunque, a emergere è
stata l'arte degli incontri. Il 18 presso Villa Mimbelli, la
consegna del “Premio Ciampi L'Altrarte”, giunto
alla 20^ edizione. Quest'anno ad Anna Scalfi Eghenter, artista
particolarmente attenta ai contesti sociali e capace di blitz
in luoghi convenzionali e ad Aldo Piromalli, imperturbabile
beatnik, residente ad Amsterdam, che è solito instaurare
solidi rapporti con il mondo esterno con il solo ausilio di
carta e penna. Lettere con poesie, disegni, spartiti. Marco
Lenzi, per l'occasione, ne ha messi in musica alcuni, dando
vita ad una sensoriale performance. I due vincitori, sono stati
introdotti da Cecilia Canzani, Mattia Pellegrini e Alessandro
Manca (autore de “I figli dello stupore, un libro dedicato
alla Beat Generation italiana”).
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Omar Pedrini
foto di Furio Pozzi |
In serata, nuovo cambio di locazione. Allo Studio Gennai di
Pisa per un Piero Ciampi a fumetti, illustrato da vari artisti
(tra cui La Tram) e il live di Francesco Bottai dei Gatti Mezzi.
Il 19 è la giornata conclusiva. Si inizia nella mattinata
con l'omaggio floreale, sonoro, poetico (disegni, bigliettini
scritti a mano e lasciati lì sul posto) sulla tomba di
Piero Ciampi. Poi in via Roma dove abitava Ciampi (proprio davanti
al suo appartamento c'era quello del pittore Amedeo Modigliani).
Dalle due finestre spalancate un sax e una tromba che duettano
oppure si improvvisano free. Sulla strada, le note della Banda
Municipale di Livorno.
Nelle ore pomeridiane, tutti al Teatro Goldoni. La premiazione
dei vincitori di “Valigie Rosse”, concorso di poesia,
giunto alla 10^ edizione. Quest'anno è la volta della
giovane Giulia Rusconi (“Atto unico”, un'opera dall'ampio
respiro teatrale) e del turco Haydar Ergulen (“Poesie
scelte 1982-2018” dove un melograno con i suoi diversi
chicchi diviene simbolo di convivenza fra diverse religioni
ed etnie). La presentazione dei libri “Pinelli. Una storia”
di Paolo Pasi, “Che non ci sono poteri buoni. Il pensiero
(anche) anarchico di De André” di Paolo Finzi,
“Incanto. Viaggio nella canzone d'autrice” di Fausto
Pellegrini, “Il lanciatore di donne e altri racconti”
di Jennà Romano, “La nave dei folli. Vita e canti
di Ivan Della Mea” di Alessio Lega (che improvvisa un
mini showcase eseguendo “El me gatt” e “O
cara moglie”). Una sequenza di libri a mostrare la vicinanza
umana e artistica del cantautore genovese con quello livornese,
la morte dell'anarchico Pinelli “volato giù”,
i 50 anni dalla strage di Piazza Fontana, il “rosso”
non tanto ideologico ma dettato dalle condizioni di vita, la
forma-canzone al femminile, non tanto la “versione rosa”
di quella maschile bensì un insieme di sguardi, liriche
e sonorità a loro modo essenziali e talvolta complementari
che hanno contribuito ad innalzare il livello della canzone
d'autore italiana. Gli scatti in bianco e nero e a colori di
Furio Pozzi che ritraggono molti degli artisti che sono transitati
nelle varie edizioni del Premio Ciampi (Peter Hammill, Ginevra
Di Marco, Eugenio Finardi, Cristina Donà, Roberto Vecchioni,
Paola Turci, Daniele Silvestri, Dente, John De Leo ed altri).
Il gran finale. Iniziato con una poesia di Aldo Piromalli letta
da Aldo Galeazzi e dal provocatorio titolo: “Vaffanculo”.
Il Ciampi jazzato dall'Andrea Pellegrini Trio, i brevi ma intensi
suoni scaturiti dal Maestro Gianfranco Reverberi al pianoforte,
i Letti Sfatti con “Ha tutte le carte in regola”
(per essere un'artista) tinta di reggae. Momenti clou: il reading
di Andrea Scanzi con Paolo Benvegnù e l'Orchestra Multietnica
di Arezzo: la poesia non si arresta, il rancore etilico, la
lucidità, il poco rassicurante, l'insuccesso commerciale,
l'affetto che continua (nonostante tutto), la spigolosità
della vita, una pastiglia per il mio e il tuo cuore, “la
morte mi fa ridere, la vita no” tra sonorità etniche,
mediterranee e voci passionali. Omar Pedrini che menziona, tra
un brano e l'altro, Jack Kerouac, i sotterranei, la Nanda Pivano,
l'universo carcerario e che in forma smagliante esegue “Sole
spento”, “La follia”, “Non c'è
più l'America”. Non da meno sono i La Crus, tra
fiati morriconiani, suoni campionati, armonica a bocca e che
coinvolgono la folta platea con “Il vino”, cantata
in coro.
Il turno tanto atteso di Cristiano De Andrè, a lui il
Premio Speciale. È visibilmente emozionato per questo
inaspettato riconoscimento, fa poco per nasconderlo e dopo avere
ascoltato la motivazione chiede addirittura di potere avere
il foglio appena letto. Che finisce in una tasca della sua giacca.
Attimi toccanti dove musica, cultura, poesia sono un tutt'uno
con i rapporti umani. E allora, vai con “Tu no”
di Ciampi, “Notti di Genova”, “Creuza de ma”
senza trascurare “storie & impiegati” e “il
credere/essere assolti/coinvolti”.
Le numerose iniziative sono state interamente filmate da Emilia
Trevisani. Momenti di socialità e cultura eccezionali,
partecipati, coinvolgenti, armoniosi nel loro susseguirsi. E
dove risuonano ancora più forti le parole di “L'assenza
è un assedio” e di “Fino all'ultimo minuto”.
Laura Pescatori e Massimo Pirotta
Francia/
Quale riforma?
Il progetto di riforma delle pensioni è passato dal
consiglio dei ministri e risulta impreciso e illeggibile. È
stato svelato dal governo il più tardi possibile allo
scopo di tastare il polso della popolazione e dei sindacati
per darsi la possibilità di – far finta di –
appianare i contrasti e approvarlo con un'agenda: insomma il
governo non ha mai voluto avviare delle trattative.
La mobilitazione è storica, gli emblematici 22 giorni
di sciopero dell'inverno 1995 sono stati superati ampiamente,
e questo è dovuto alla forza della disperazione dei lavoratori
che hanno cercato di strappare un puro e semplice ritiro della
proposta a un Macron che si sta comportando da Mr. Thatcher.
Perdere la battaglia segnerebbe la fine del sindacalismo e della
solidarietà, eppure non si potrà vincere senza
la partecipazione di coloro che, già schiacciati dal
sistema, non esercitano ormai più liberamente il diritto
di scioperare o non vogliono più correre il rischio di
scendere in piazza e lasciarci un occhio o la pelle di fronte
a una repressione sempre più feroce.
Dobbiamo però continuare ad avere fiducia visto che la
mobilitazione degli/delle scioperanti/e e l'appoggio allo sciopero
superano di gran lunga le aspettative. Casse di solidarietà,
blocco del paese (aerei, porti, treni, settore energetico, scuole
etc.), niente tregua natalizia, manifestazioni di circa due
milioni di persone il 5 e il 17 dicembre scorsi; il 23 dicembre,
malgrado l'inizio delle ferie, la popolazione ha continuato
ad appoggiare gli scioperi. A gennaio, la preoccupazione per
le pensioni è cresciuta. Forse c'è stata meno
partecipazione ai cortei ma non c'è stata perdita di
slancio vera e propria, piuttosto una diversificazione della
protesta che si è estesa a più settori: mi riferisco,
ad esempio, agli avocati stesi per terra nei palazzi di giustizia
o al corpo di ballo dell'Opéra National di Parigi che
ha messo in scena “Il lago dei Cigni” sul sagrato.
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Marsiglia (Francia), dicembre 2018 Manifestazione di protesta dei “gilets jaunes”
foto di Gerard Bottino/Shutterstock.com |
I cortei notturni e le manifestazioni settimanali in tante cittadine
sono il segno di un inasprimento delle lotte come non si era
mai visto. Eppure il governo ha fatto di tutto per dividerci:
ha provato a spacciare per privilegi i diritti delle lavoratrici
e dei lavoratori pubblici acquisiti con le lotte, ha dichiarato
che la riforma avrebbe riguardato i soli nati dopo il 1974 e
che la generazione del 2014 sarebbe stata la prima ad incappare
interamente nel nuovo sistema. Tutto da vedere, ma anche se
fosse così?
La riforma prevede che l'età legale di pensionamento,
unica e garantita, sia sostituita da un'età cardine,
definita ma evolutiva: 64 anni, poi 65, 66, 67, 68. Quando ricordo
che la rivendicazione che ha portato Mitterrand al potere è
stata “Pensionamento a 60 anni di età” sono
sbalordita: dagli anni '80 abbiamo fatto passi da gigante
all'indietro.
Nell'attuale sistema pensionistico a ripartizione, i/le lavoratori/trici
versano contribuzioni per pagare le pensioni secondo un principio
di solidarietà. L'importo della pensione è calcolato
con anni di anticipo, ognuno sa quanto e quando prenderà
la propria pensione. Le Casse di previdenza non sono deficitarie
e nemmeno lo saranno in futuro, anzi. Se succede, lo Stato provvede,
ma è un fatto sporadico e di poco conto. E se servisse,
non sarebbero soldi sprecati.
Nel nuovo sistema per punti, invece, lo Stato diventa l'unico
gestore delle pensioni e la fa finita con la gestione paritaria;
l'intenzione è di ridurre al minimo la spesa pensionistica.
Le pensioni dipenderanno da due tassi stabiliti dal governo
dopo una semplice consulenza presso il consiglio di amministrazione
del SRU (sistema di pensione universale). Nessuno sa a quanto
ammonterà la propria pensione né quando la prenderà,
poiché un'ora di lavoro sarà capitalizzata secondo
un certo tasso e, fino alla liquidazione della pensione, non
si conoscerà il tasso punto/euro applicato. Si terrà
conto dell'intera carriera, sempre più breve e con più
periodi di disoccupazione, precarietà, part time e così
via, e non più degli anni migliori. Oggi la disparità
delle pensioni per le donne ammonta al 25% e non ci vuole molto
per capire che passerà al 42%. La carriera completa (37
anni con Mitterrand, 42 oggi) non avrà più senso.
L'età legale di pensionamento cambierà in base
all'aspettativa di vita. Il pensionamento anticipato equivarrà
a punti in meno; il pensionamento posticipato a punti in più.
Insomma, il governo vuole essere certo che ci godremo la pensione
il meno possibile.
C'è di peggio, col governo Philippe-Macron lo stesso
pensionamento è in via di estinzione, altro che il “diritto
al riposo” della legge del governo Mauroy-Mitterrand:
innanzitutto perché le persone in buona salute saranno
sempre di meno – c'è già un divario di 13
anni tra l'aspettativa di vita di un operaio e di un dirigente
– quindi i più poveri sono condannati alla morte
sul lavoro (anche se il governo ipocrita parla di uguaglianza);
poi perché l'ideologia neoliberista sta già parlando
di “pensione attiva” e i più non avranno
altra scelta che prendersi l'ergastolo lavorativo.
Tutto questo si somma al sistema pensionistico a punti che segna
un impoverimento generale delle pensioni. Vogliono che riteniamo
la pensione non più un diritto bensì un'utopia.
Invece, è l'ennesimo e forse ultimo spazio di libertà
che il potere si accinge a rubarci.
Quell'1% più ricco, invece, già esonerato dal
ISF (Imposta sulla Fortuna), pagherà contribuzioni minime
affinché costituisca il proprio risparmio pensionistico
con investimenti finanziari, che inoltre daranno diritto a nuove
agevolazioni fiscali. Tutto questo provocherà un buco
immane nella cassa generale e una rottura palese del sistema
solidale in cui ognuno contribuiva secondo le proprie possibilità
e incassava secondo diritti universali.
Non c'è stato indietreggiamento del governo. Per non
inimicarsi il sindacato di destra UNSA e accontentare la riformista
CFDT, il governo ha «sospeso» l'età cardine.
Ciononostante, il sindacato di dirigenti CGE-CGC è tuttora
in sciopero. La polizia conserverà il suo “regime
speciale” poiché è il braccio armato dello
Stato nella repressione della protesta e il governo non può
permettersi che entrino in sciopero.
Con questo, il governo contraddice il “sistema universale”
in nome di una sedicente giustizia sociale. I pochi “regimi
speciali” non sono mai stati ingiusti perché, ad
esempio, la Cassa pensione delle ferrovie è finanziata
dai ferrovieri e via dicendo. Poi, per fare un esempio, la riforma
vorrebbe che un/a ballerino/a stesse sul palcoscenico fino all'età
legale, ma si capisce perché, in questo caso, ci sia
un “regime speciale”.
La riforma pensionistica si ispira senz'altro all'ideologia
neoliberista, con la sua volontà di distruggere il servizio
pubblico: da due mesi, lo sciopero articolato di Radio France
denuncia la riduzione drastica di personale e budget; a gennaio,
oltre mille caposervizio dell'ospedale pubblico hanno dato le
dimissioni dalle loro mansioni amministrative per non partecipare
alla gestione della penuria. C'è anche la volontà
di bancarizzare, mentre le Casse pensioni non hanno mai avuto
il diritto di trarre profitti.
Attenzione però, perché sebbene Macron imponga
l'ognuno per sé, il sistema per punti non è un
sistema per la capitalizzazione; il governo ci sfrutta meglio
se, vista l'insufficienza delle nostre pensioni venture e contemporaneamente
alla fregatura della gestione statale delle nostre contribuzioni,
siamo costretti a lasciare alla banca i pochi soldi che possiamo
ancora risparmiare. Un complemento privato per la capitalizzazione
che crollerà con la prossima crisi capitalistica. Il
fondo pensione statunitense, Black Rock, è già
stato invitato da Macron a farsi avanti. Per spingerci a scegliere
prodotti finanziari, il rendimento del libretto di risparmio
popolare sarà abbassato al livello storicamente più
basso e inferiore all'inflazione.
Mettendo fine al servizio pubblico, all'interesse comune e ai
diritti universali, il governo vuole rompere il contratto sociale
e infrangere quelle regole comuni a ogni società umana
che permettono di vivere meglio insieme. Nel mondo neoliberista
si ritiene che la vita sia stress, durezza, concorrenza spietata,
egoismo. In molti/e cercano una vita alternativa e libera, tirandosi
fuori della sfera lavorativa dalla quale non si aspettano più
niente se non l'alienazione subita. Sono definiti a-sociali,
quando l'unico asociale è invece un governo che ci impone
volutamente, con tutta la violenza dello Stato, un libertarian
way of life.
Monica Jornet
Groupe Gaston Couté de la Fédération Anarchiste
Pinelli, Milano/
La lapide danneggiata
Tra
le varie iniziative dello scorso dicembre a Milano, c'è
stata anche l'inaugurazione in piazzale Segesta, mercoledì
11 dicembre 2019, della lapide riprodotta in queste foto
di Roberto Gimmi. Presenti il sindaco Giuseppe Sala e
le due figlie di Pinelli, Claudia e Silvia.
foto di Roberto Gimmi
Per ragioni di spazio, non ne abbiamo riferito nel nostro
dossier sullo scorso numero di "A" (n. 440,
febbraio 2019).
foto di Roberto Gimmi
Nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 febbraio
2020 la lapide è stata danneggiata da ignoti vandali.
Che ringraziamo per aver ridato memoria e visibilità
alla tragica vicenda del nostro compagno ferroviere assassinato
in questura. Il sindaco ha assicurato che la lapide verrà
ripristinata.
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