Rivista Anarchica Online





Colorado (Usa)/
L'artista della notte che dipinge Malatesta

Si chiama SMiLE (scritto così). Tutti lo conoscono, la polizia lo cerca. È un giovane artista di strada di Boulder, in Colorado. Ha riempito la sua città di graffiti che dipinge di notte nei luoghi più impensati: centraline elettriche, edicole, segnali stradali, cassette per imbucare la posta. Fra i suoi graffiti ci sono anche immagini di Errico Malatesta.

Boulder, Colorado (USA) - Graffiti di SMiLE su su una centralina elettrica

SMiLE opera di notte e la sua identità è tuttora sconosciuta. Tutti gli abitanti di Boulder hanno per forza imparato a conoscerlo. Molti negozianti apprezzano i suoi graffiti e li tengono in bella mostra. I mezzi di comunicazione si sono interessati a lui e lo hanno intervistato. Si chiama SMiLE, dice, perché il suo intento è quello di aiutare la gente ad essere un po' più felice, a sorridere un po'.
La polizia, si sa, non ha però molto senso dell'umorismo. «L'ordinanza sui graffiti parla chiaro» dichiara serio un agente della polizia di Boulder: la legge proibisce «di dipingere intenzionalmente, graffiare o colorare (con qualsiasi mezzo di contrasto) qualsiasi proprietà pubblica o privata senza l'autorizzazione del proprietario, dell'amministrazione municipale, in caso di proprietà municipale, o del responsabile di qualsiasi altra proprietà pubblica».

Boulder, Colorado (USA) - Graffiti
di SMiLE su su un distributore
di giornali in Pearl Street

Nessuno però tradisce la consegna dell'anonimato. «Per lo più, sono i giovani a essere in giro la notte» dice SMiLE di coloro che l'hanno visto dipingere «Mi dicono “Sei SMiLE?” poi si avvicinano, mi battono il cinque e vogliono... pagarmi una birra».
Riguardo al nostro Errico, è curioso il modo in cui l'artista ne ha rielaborato l'immagine. La fonte è una foto segnaletica scattata durante la detenzione del 1920-21, uno dei periodi più drammatici della vita di Malatesta. SMiLE ha trasformato un Malatesta magro e sofferente in un Malatesta bonario e sorridente. Superficialità storica o genio creativo? A noi non interessa, il risultato ci piace comunque.

Davide Turcato



Dimitrov (Russia)/
Viaggio alla dimora di Pëtr Alekseevič Kropotkin

I sessantacinque chilometri che separano la stazione Savyolovsky a nord di Mosca da Dimitrov, antica e importante cittadina dell'Oblast moscovita (distretto artificiale ideato dai poteri storici del Cremlino e rafforzato durante il periodo sovietico per mantenere il dominio centralizzato sul territorio), sono utili per farsi un'idea del clima sociale che si respira nell'attuale Russia putiniana.
Vagoni passeggeri ordinati, puliti, vigilati da poliziotti e da “sicurezza volontaria” in mimetica urbana, famiglie con bambine e bambini con i tricolori nazionali appuntati sugli abiti, adolescenti e giovani rasati con felpe che riportano a caratteri capitali la scritta “Russia”. Un rigurgito patriotico generalizzato e mascolino sembra tenere compatte le genti del “piccolo zar Vladimir”, in un'ondata di nuovo disprezzo verso l'Occidente, considerato aggressivo e perverso perché si è preso subdolamente l'Ucraina e continua a sfoderare l'odioso pungolo delle sanzioni, facendo avanzare il fronte NATO fino alle porte del neonato impero russo-ortodosso.
Difficile scorgere un filo di continuità tra le sensibilità umane e politiche del grande pensatore e geografo anarchico Pëtr Alekseevič Kropotkin, espresse nell'Etica, la sua ultima incompleta opera, uscita postuma nel lontano 1922, e la ruvida realtà dei fatti del tempo odierno.

Dimitrov (Russia) - La statua di Pëtr Alekseevič Kropotkin
nei giardini pubblici della città

Dimitrov, città ove il “Principe dell'Anarchia” risiedette in volontario ritiro durante l'ultimo periodo della sua vita, è un accogliente luogo di provincia adagiato sopra colline moreniche ondulate, affacciate sul fiume Jachroma e lungo il canale di Mosca che connette la capitale russa con l'imponente corso del Volga. Posizionata in un punto strategico, proprio per queste caratteristiche rilevate già nel 1154 dal fondatore Jurij Dolgorukij, la cittadina conta oggi circa sessantaduemila abitanti.
Ad accoglierci nella casa-museo Kropotkin, recentissima, fedele ricostruzione della dimora dell'epoca smantellata da Stalin dopo la morte della moglie Sofia Ananiev nel 1938, Yan Prusskiy curatore attento e scrupoloso degli allestimenti storici e sincero valorizzatore della personalità e della memoria del grande pensatore russo. Fu il conte Dmitry Olsufiev, simpatizzante libertario, appartenente a una nobile famiglia di Dimitrov, che vendette (a un prezzo di favore) l'abitazione del fratello Mikhail, da poco deceduto, a Kropotkin.
Come si è accennato, la sede della casa museo venne rasa al suolo durante il periodo sovietico per poi essere ricostruita nello stile dell'epoca. Nuovamente abbattuta durante un “restauro conservativo”, ci sono voluti ben venticinque anni di sforzi e di tenuta realmente “politica” di anarchici e storici impegnati contro l'inerzia burocratica e il muro di gomma del governo locale, in un clima relazionale sempre più avverso, per rilanciare il piccolo museo-testimonianza nel luogo dove Pëtr Kropotkin passò gli ultimi anni di vita. Solo nel 1992 la casa è stata dichiarata ufficialmente museo.
Al suo interno l'abitazione, ricca di fotografie d'epoca dedicate al geografo e filosofo russo, si dispone su due piani. Al pianoterra un insieme di stanze sono state allestite con mobilio originale e l'atmosfera è a tutti gli effetti quella nella quale Kropotkin visse attorniato dai suoi amici ed estimatori più stretti. Interessante risulta essere pure un'ala dedicata a incontri attuali sull'anarchismo, ricca di cimeli, ricordi, manifesti e pubblicazioni anche contemporanei, provenienti da Paesi di tutto il mondo (Francia, Germania, Israele, Giappone, ecc.). Tra questi spiccano (con una punta d'orgoglio), anche dei testi in italiano delle edizioni La Rivolta e Galzerano Editore e una pubblicazione datata di Eléuthera di Scienza e Anarchia, curata da Nico Berti.
La “stanza convegni” si trova proprio accanto alla cameretta studio del filosofo anarchico, vicino al suo letto di morte, alla piccola scrivania con la macchina da scrivere dell'epoca e al calco in gesso del volto sereno e intenso del morente.

Dimitrov (Russia) - Da sinistra, Giulio Spiazzi e Yan Prusskiy
all'ingresso della casa museo di Kropotkin

Al piano superiore invece, è stato creato un ambiente, dedicato anche alle visite guidate delle scolaresche, dove tra bacheche ricche di minerali, animali imbalsamati delle estreme propaggini siberiane, frammenti di mammut riemersi dai ghiacci, un Kropotkin geografo, ritratto in una fotografia dell'epoca, attorniato da giovani studiose, raggruppa reperti raccolti nei suoi interessantissimi viaggi scientifici a oriente.
“È un'occasione accattivante, questa, per fare avvicinare sempre più ragazzi giovani al lavoro e al pensiero del nostro grande concittadino”, afferma Yan Prusskiy, guardando con complicità la responsabile ufficiale dell'amministrazione locale, comprensiva ma ben lontana da tutto quello che può essere inteso come pratica e testimonianza strettamente anarchica.
L'insolito equilibrismo per il momento regge e permette comunque di far vivere un pezzo di storia non solo russa e di renderla abbordabile alle nuove generazioni. “Zdorovo, bratello, kak dela?” (“Ciao, fratello, come stai?”) saluta in gergo amichevole Nikolaj, l'interprete arrivato da Mosca per l'occasione. “Nonostante la crescente repressione in Russia, la casa-museo di Kropotkin e le Letture di Pryamukhino (luogo natale di Bakunin) possono e devono ancora vivere, anche grazie alle vostre frequentazioni, cari compagni italiani, per mantenere accese le fiaccole delle teorie e delle pratiche anarchiche nel nostro Paese”, aggiunge immediato Nikolaj a questo augurio spontaneo, il che direi, è di ottimo auspicio in previsione delle prossime celebrazioni “ufficiali” e non-allineate, per il centesimo anniversario della morte di uno dei grandi filosofi russi dell'anarchia.

Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com



Premio Piero Ciampi 2020/
Sguardi, liriche e impegno politico

Itinerante e particolarmente scalpitante la 25^ edizione del Premio Piero Ciampi, a 40 anni dalla scomparsa del cantautore-poeta livornese. “Pietre d'inCIAMPI” grazie alle varie espressioni artistiche che Litaliano (così era chiamato in Francia... tutto attaccato) amava, seguiva e frequentava.
Il primo giorno della rassegna, 16 gennaio, in trasferta. “Andare camminare lavorare” cantava Ciampi. A Genova, in via del Campo 29 Rosso, l'incontro “Piero Ciampi e Genova. Un'affinità inevitabile” con gli interventi di Laura Monferdini, Antonio Vivaldi (direttore artistico del Premio Ciampi), Michele Manzotti (Il Popolo del Blues), Flavia Ferretti (vincitrice di una delle passate edizioni del concorso nazionale), il celebre compositore Gianfranco Reverberi e Cristiano De André. Folla delle grandi occasioni. Sold-out.
Il giorno dopo a Livorno, città natale dell'autore di “Adius”. Ulteriormente immersi nella vena poetica e libertaria di Ciampi. Il racconto “...E bastava un'inutile carezza a capovolgere il mondo” ideato da Massimo Luconi e Arianna Scommegna. Quest'ultima accompagnata dalla fisarmonicista Giulia Bertasi ha presentato in anteprima il progetto in evoluzione “Tinta unita”. Nel mondo dei colori (tra cui il verde, ispirato a quel “tutto verde” contenuto nella canzone ciampiana “La passeggiata”, “presa in prestito” anche per le esposizioni grafiche di Manuela Sagona). La mostra fotografica “Sporca estate. Scatti dal porto delle illusioni” di Daniele Stefanini. Appuntamenti apripista che hanno scaldato i motori per le due ancora più intense giornate successive. E dove, ovunque, a emergere è stata l'arte degli incontri. Il 18 presso Villa Mimbelli, la consegna del “Premio Ciampi L'Altrarte”, giunto alla 20^ edizione. Quest'anno ad Anna Scalfi Eghenter, artista particolarmente attenta ai contesti sociali e capace di blitz in luoghi convenzionali e ad Aldo Piromalli, imperturbabile beatnik, residente ad Amsterdam, che è solito instaurare solidi rapporti con il mondo esterno con il solo ausilio di carta e penna. Lettere con poesie, disegni, spartiti. Marco Lenzi, per l'occasione, ne ha messi in musica alcuni, dando vita ad una sensoriale performance. I due vincitori, sono stati introdotti da Cecilia Canzani, Mattia Pellegrini e Alessandro Manca (autore de “I figli dello stupore, un libro dedicato alla Beat Generation italiana”).

Omar Pedrini
foto di Furio Pozzi

In serata, nuovo cambio di locazione. Allo Studio Gennai di Pisa per un Piero Ciampi a fumetti, illustrato da vari artisti (tra cui La Tram) e il live di Francesco Bottai dei Gatti Mezzi. Il 19 è la giornata conclusiva. Si inizia nella mattinata con l'omaggio floreale, sonoro, poetico (disegni, bigliettini scritti a mano e lasciati lì sul posto) sulla tomba di Piero Ciampi. Poi in via Roma dove abitava Ciampi (proprio davanti al suo appartamento c'era quello del pittore Amedeo Modigliani). Dalle due finestre spalancate un sax e una tromba che duettano oppure si improvvisano free. Sulla strada, le note della Banda Municipale di Livorno.
Nelle ore pomeridiane, tutti al Teatro Goldoni. La premiazione dei vincitori di “Valigie Rosse”, concorso di poesia, giunto alla 10^ edizione. Quest'anno è la volta della giovane Giulia Rusconi (“Atto unico”, un'opera dall'ampio respiro teatrale) e del turco Haydar Ergulen (“Poesie scelte 1982-2018” dove un melograno con i suoi diversi chicchi diviene simbolo di convivenza fra diverse religioni ed etnie). La presentazione dei libri “Pinelli. Una storia” di Paolo Pasi, “Che non ci sono poteri buoni. Il pensiero (anche) anarchico di De André” di Paolo Finzi, “Incanto. Viaggio nella canzone d'autrice” di Fausto Pellegrini, “Il lanciatore di donne e altri racconti” di Jennà Romano, “La nave dei folli. Vita e canti di Ivan Della Mea” di Alessio Lega (che improvvisa un mini showcase eseguendo “El me gatt” e “O cara moglie”). Una sequenza di libri a mostrare la vicinanza umana e artistica del cantautore genovese con quello livornese, la morte dell'anarchico Pinelli “volato giù”, i 50 anni dalla strage di Piazza Fontana, il “rosso” non tanto ideologico ma dettato dalle condizioni di vita, la forma-canzone al femminile, non tanto la “versione rosa” di quella maschile bensì un insieme di sguardi, liriche e sonorità a loro modo essenziali e talvolta complementari che hanno contribuito ad innalzare il livello della canzone d'autore italiana. Gli scatti in bianco e nero e a colori di Furio Pozzi che ritraggono molti degli artisti che sono transitati nelle varie edizioni del Premio Ciampi (Peter Hammill, Ginevra Di Marco, Eugenio Finardi, Cristina Donà, Roberto Vecchioni, Paola Turci, Daniele Silvestri, Dente, John De Leo ed altri).
Il gran finale. Iniziato con una poesia di Aldo Piromalli letta da Aldo Galeazzi e dal provocatorio titolo: “Vaffanculo”. Il Ciampi jazzato dall'Andrea Pellegrini Trio, i brevi ma intensi suoni scaturiti dal Maestro Gianfranco Reverberi al pianoforte, i Letti Sfatti con “Ha tutte le carte in regola” (per essere un'artista) tinta di reggae. Momenti clou: il reading di Andrea Scanzi con Paolo Benvegnù e l'Orchestra Multietnica di Arezzo: la poesia non si arresta, il rancore etilico, la lucidità, il poco rassicurante, l'insuccesso commerciale, l'affetto che continua (nonostante tutto), la spigolosità della vita, una pastiglia per il mio e il tuo cuore, “la morte mi fa ridere, la vita no” tra sonorità etniche, mediterranee e voci passionali. Omar Pedrini che menziona, tra un brano e l'altro, Jack Kerouac, i sotterranei, la Nanda Pivano, l'universo carcerario e che in forma smagliante esegue “Sole spento”, “La follia”, “Non c'è più l'America”. Non da meno sono i La Crus, tra fiati morriconiani, suoni campionati, armonica a bocca e che coinvolgono la folta platea con “Il vino”, cantata in coro.
Il turno tanto atteso di Cristiano De Andrè, a lui il Premio Speciale. È visibilmente emozionato per questo inaspettato riconoscimento, fa poco per nasconderlo e dopo avere ascoltato la motivazione chiede addirittura di potere avere il foglio appena letto. Che finisce in una tasca della sua giacca. Attimi toccanti dove musica, cultura, poesia sono un tutt'uno con i rapporti umani. E allora, vai con “Tu no” di Ciampi, “Notti di Genova”, “Creuza de ma” senza trascurare “storie & impiegati” e “il credere/essere assolti/coinvolti”.
Le numerose iniziative sono state interamente filmate da Emilia Trevisani. Momenti di socialità e cultura eccezionali, partecipati, coinvolgenti, armoniosi nel loro susseguirsi. E dove risuonano ancora più forti le parole di “L'assenza è un assedio” e di “Fino all'ultimo minuto”.

Laura Pescatori e Massimo Pirotta



Francia/
Quale riforma?

Il progetto di riforma delle pensioni è passato dal consiglio dei ministri e risulta impreciso e illeggibile. È stato svelato dal governo il più tardi possibile allo scopo di tastare il polso della popolazione e dei sindacati per darsi la possibilità di – far finta di – appianare i contrasti e approvarlo con un'agenda: insomma il governo non ha mai voluto avviare delle trattative.
La mobilitazione è storica, gli emblematici 22 giorni di sciopero dell'inverno 1995 sono stati superati ampiamente, e questo è dovuto alla forza della disperazione dei lavoratori che hanno cercato di strappare un puro e semplice ritiro della proposta a un Macron che si sta comportando da Mr. Thatcher. Perdere la battaglia segnerebbe la fine del sindacalismo e della solidarietà, eppure non si potrà vincere senza la partecipazione di coloro che, già schiacciati dal sistema, non esercitano ormai più liberamente il diritto di scioperare o non vogliono più correre il rischio di scendere in piazza e lasciarci un occhio o la pelle di fronte a una repressione sempre più feroce.
Dobbiamo però continuare ad avere fiducia visto che la mobilitazione degli/delle scioperanti/e e l'appoggio allo sciopero superano di gran lunga le aspettative. Casse di solidarietà, blocco del paese (aerei, porti, treni, settore energetico, scuole etc.), niente tregua natalizia, manifestazioni di circa due milioni di persone il 5 e il 17 dicembre scorsi; il 23 dicembre, malgrado l'inizio delle ferie, la popolazione ha continuato ad appoggiare gli scioperi. A gennaio, la preoccupazione per le pensioni è cresciuta. Forse c'è stata meno partecipazione ai cortei ma non c'è stata perdita di slancio vera e propria, piuttosto una diversificazione della protesta che si è estesa a più settori: mi riferisco, ad esempio, agli avocati stesi per terra nei palazzi di giustizia o al corpo di ballo dell'Opéra National di Parigi che ha messo in scena “Il lago dei Cigni” sul sagrato.

Marsiglia (Francia), dicembre 2018
Manifestazione di protesta dei “gilets jaunes”
foto di Gerard Bottino/Shutterstock.com

I cortei notturni e le manifestazioni settimanali in tante cittadine sono il segno di un inasprimento delle lotte come non si era mai visto. Eppure il governo ha fatto di tutto per dividerci: ha provato a spacciare per privilegi i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici acquisiti con le lotte, ha dichiarato che la riforma avrebbe riguardato i soli nati dopo il 1974 e che la generazione del 2014 sarebbe stata la prima ad incappare interamente nel nuovo sistema. Tutto da vedere, ma anche se fosse così?
La riforma prevede che l'età legale di pensionamento, unica e garantita, sia sostituita da un'età cardine, definita ma evolutiva: 64 anni, poi 65, 66, 67, 68. Quando ricordo che la rivendicazione che ha portato Mitterrand al potere è stata “Pensionamento a 60 anni di età” sono sbalordita: dagli anni '80 abbiamo fatto passi da gigante all'indietro.
Nell'attuale sistema pensionistico a ripartizione, i/le lavoratori/trici versano contribuzioni per pagare le pensioni secondo un principio di solidarietà. L'importo della pensione è calcolato con anni di anticipo, ognuno sa quanto e quando prenderà la propria pensione. Le Casse di previdenza non sono deficitarie e nemmeno lo saranno in futuro, anzi. Se succede, lo Stato provvede, ma è un fatto sporadico e di poco conto. E se servisse, non sarebbero soldi sprecati.
Nel nuovo sistema per punti, invece, lo Stato diventa l'unico gestore delle pensioni e la fa finita con la gestione paritaria; l'intenzione è di ridurre al minimo la spesa pensionistica. Le pensioni dipenderanno da due tassi stabiliti dal governo dopo una semplice consulenza presso il consiglio di amministrazione del SRU (sistema di pensione universale). Nessuno sa a quanto ammonterà la propria pensione né quando la prenderà, poiché un'ora di lavoro sarà capitalizzata secondo un certo tasso e, fino alla liquidazione della pensione, non si conoscerà il tasso punto/euro applicato. Si terrà conto dell'intera carriera, sempre più breve e con più periodi di disoccupazione, precarietà, part time e così via, e non più degli anni migliori. Oggi la disparità delle pensioni per le donne ammonta al 25% e non ci vuole molto per capire che passerà al 42%. La carriera completa (37 anni con Mitterrand, 42 oggi) non avrà più senso. L'età legale di pensionamento cambierà in base all'aspettativa di vita. Il pensionamento anticipato equivarrà a punti in meno; il pensionamento posticipato a punti in più. Insomma, il governo vuole essere certo che ci godremo la pensione il meno possibile.
C'è di peggio, col governo Philippe-Macron lo stesso pensionamento è in via di estinzione, altro che il “diritto al riposo” della legge del governo Mauroy-Mitterrand: innanzitutto perché le persone in buona salute saranno sempre di meno – c'è già un divario di 13 anni tra l'aspettativa di vita di un operaio e di un dirigente – quindi i più poveri sono condannati alla morte sul lavoro (anche se il governo ipocrita parla di uguaglianza); poi perché l'ideologia neoliberista sta già parlando di “pensione attiva” e i più non avranno altra scelta che prendersi l'ergastolo lavorativo.
Tutto questo si somma al sistema pensionistico a punti che segna un impoverimento generale delle pensioni. Vogliono che riteniamo la pensione non più un diritto bensì un'utopia. Invece, è l'ennesimo e forse ultimo spazio di libertà che il potere si accinge a rubarci.
Quell'1% più ricco, invece, già esonerato dal ISF (Imposta sulla Fortuna), pagherà contribuzioni minime affinché costituisca il proprio risparmio pensionistico con investimenti finanziari, che inoltre daranno diritto a nuove agevolazioni fiscali. Tutto questo provocherà un buco immane nella cassa generale e una rottura palese del sistema solidale in cui ognuno contribuiva secondo le proprie possibilità e incassava secondo diritti universali.
Non c'è stato indietreggiamento del governo. Per non inimicarsi il sindacato di destra UNSA e accontentare la riformista CFDT, il governo ha «sospeso» l'età cardine. Ciononostante, il sindacato di dirigenti CGE-CGC è tuttora in sciopero. La polizia conserverà il suo “regime speciale” poiché è il braccio armato dello Stato nella repressione della protesta e il governo non può permettersi che entrino in sciopero.
Con questo, il governo contraddice il “sistema universale” in nome di una sedicente giustizia sociale. I pochi “regimi speciali” non sono mai stati ingiusti perché, ad esempio, la Cassa pensione delle ferrovie è finanziata dai ferrovieri e via dicendo. Poi, per fare un esempio, la riforma vorrebbe che un/a ballerino/a stesse sul palcoscenico fino all'età legale, ma si capisce perché, in questo caso, ci sia un “regime speciale”.
La riforma pensionistica si ispira senz'altro all'ideologia neoliberista, con la sua volontà di distruggere il servizio pubblico: da due mesi, lo sciopero articolato di Radio France denuncia la riduzione drastica di personale e budget; a gennaio, oltre mille caposervizio dell'ospedale pubblico hanno dato le dimissioni dalle loro mansioni amministrative per non partecipare alla gestione della penuria. C'è anche la volontà di bancarizzare, mentre le Casse pensioni non hanno mai avuto il diritto di trarre profitti.
Attenzione però, perché sebbene Macron imponga l'ognuno per sé, il sistema per punti non è un sistema per la capitalizzazione; il governo ci sfrutta meglio se, vista l'insufficienza delle nostre pensioni venture e contemporaneamente alla fregatura della gestione statale delle nostre contribuzioni, siamo costretti a lasciare alla banca i pochi soldi che possiamo ancora risparmiare. Un complemento privato per la capitalizzazione che crollerà con la prossima crisi capitalistica. Il fondo pensione statunitense, Black Rock, è già stato invitato da Macron a farsi avanti. Per spingerci a scegliere prodotti finanziari, il rendimento del libretto di risparmio popolare sarà abbassato al livello storicamente più basso e inferiore all'inflazione.
Mettendo fine al servizio pubblico, all'interesse comune e ai diritti universali, il governo vuole rompere il contratto sociale e infrangere quelle regole comuni a ogni società umana che permettono di vivere meglio insieme. Nel mondo neoliberista si ritiene che la vita sia stress, durezza, concorrenza spietata, egoismo. In molti/e cercano una vita alternativa e libera, tirandosi fuori della sfera lavorativa dalla quale non si aspettano più niente se non l'alienazione subita. Sono definiti a-sociali, quando l'unico asociale è invece un governo che ci impone volutamente, con tutta la violenza dello Stato, un libertarian way of life.

Monica Jornet
Groupe Gaston Couté de la Fédération Anarchiste





Pinelli, Milano/
La lapide danneggiata

Tra le varie iniziative dello scorso dicembre a Milano, c'è stata anche l'inaugurazione in piazzale Segesta, mercoledì 11 dicembre 2019,
della lapide riprodotta in queste foto di Roberto Gimmi. Presenti il sindaco Giuseppe Sala e le due figlie di Pinelli, Claudia e Silvia.


foto di Roberto Gimmi

Per ragioni di spazio, non ne abbiamo riferito nel nostro dossier sullo scorso numero di "A" (n. 440, febbraio 2019).


foto di Roberto Gimmi

Nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 febbraio 2020 la lapide è stata danneggiata da ignoti vandali. Che ringraziamo
per aver ridato memoria e visibilità alla tragica vicenda del nostro compagno ferroviere assassinato in questura.
Il sindaco ha assicurato che la lapide verrà ripristinata.