dibattito
Meritolandia
di Roberto Arciero
Il mantra della meritocrazia ha ormai invaso l'agenda di
molti politici italiani come soluzione alla corruzione e agli
imbrogli. Ma senza giustizia sociale, la meritocrazia genera
classismo e disuguaglianza.
Da diversi anni a questa parte
la parola meritocrazia abbonda sulla bocca dei nostri
politici. Lo scorso ottobre, la neo-ministra Bellanova, arringando
la folla assiepata alla Leopolda, ha affermato che il merito
è di sinistra e che le classi dirigenti italiane
debbano essere scelte per il solo merito. Insomma, bisogna sudarsela!
All'apparenza una frase quasi condivisibile, se non fosse che
nella nostra società occidentale la meritocrazia abbia
molteplici lati oscuri.
Il termine stesso apparve per la prima volta nel saggio dell'attivista
politico e sociologo inglese Michael Young The rise of Meritocracy
(L'avvento della meritocrazia) in cui si auspicava, in vena
satirica, una futura società inglese distopica in cui
il merito e l'intelligenza erano i soli principi cardine su
cui si basava la società. Un paese governato da menti
geniali e allo stesso tempo illuminate, che erano giunte al
vertice piramidale della scala sociale solo grazie alla loro
bravura. Una società forse non lontana da come l'ha descritta
la ministra Bellanova a ben vedere.
Ma è davvero così? Quanto può il merito
essere il solo strumento su cui misurare la nostra società?
Inoltre, è realmente possibile calcolarlo attraverso
dei test? Ammettiamo per un momento che il merito, il talento,
la bravura e il quoziente intellettivo di un ragazzo/a neo-diplomato/a
possa essere calcolato matematicamente (per un confronto sul
tema si veda Le sfide dell'educazione libertaria oggi
di Francesco Codello, “A” 397, aprile 2015) e analizziamo
tutti gli altri fattori che nella nostra società influiscono
nella costruzione del merito.
Lo scorso settembre è apparso negli Stati Uniti il libro
scritto da Daniel Markovists, professore all'Università
di Yale, intitolato The Meritocracy Trap (La trappola
della Meritocrazia). Nel suo libro egli fa un'analisi dettagliata
di quanto la meritocrazia negli Stati Uniti non abbia fatto
altro che perpetrare ingiustizie sociali. L'autore esamina inoltre
i meccanismi attraverso i quali la meritocrazia genera disuguaglianza
e le leggi che la disuguaglianza meritocratica ha imposto al
nostro ordinamento. Il suo scritto, pur basandosi essenzialmente
sulla società americana in cui la disuguaglianza meritocratica
raggiunge livelli inaccettabili per gli standard europei, non
lascia indenne il sistema italiano. Ma andiamo per ordine! Volendo
analizzare il merito di un adolescente che raggiunta la maggiore
età si accinge ad andare all'università o a trovare
un lavoro, quali parametri la nostra società utilizza
per calcolarne il merito? È semplice, i privati analizzeranno
il suo curriculum e le sue capacità di potere svolgere
quel lavoro, le università - al contrario - la sua possibilità
di pagare le tasse e, nel caso americano, un certo quoziente
intellettivo.
Per poter essere veramente meritocratici però, ammesso
e non concesso che ciò si possa davvero calcolare, dovremmo
partire tutti dalla stessa linea. Le disuguaglianze sociali
fanno sì che la linea per alcuni, ma non per molti, possa
essere sposata molto più avanti. Se in una corsa dei
100 metri mettessi la mia linea di partenza a 20m dall'arrivo,
con molta probabilità io, che mi affanno ad arrivare
all'ultimo piano del palazzo, avrei vittoria facile sul velocista
jamaicano Usain Bolt. Nonostante questo paragone possa far ridere
ad alcuni, è purtroppo un'amara realtà.
La preparazione, l'abilità, la conoscenza, l'uso della
critica e gli strumenti intellettivi che ci rendono, in alcuni
casi, più bravi di altri non dipendono solo ed esclusivamente
dalle nostre capacità innate. Esse sono frutto dell'ambiente
che ci circonda, degli stimoli intellettivi e culturali con
i quali, sin dalla tenera età, interagiamo e di cui possiamo
avere avuto più o meno carenza. Tale mancanza di strumenti
si acuisce ancora di più quando si arriva al grado massimo
di istruzione, l'Università. Conti alla mano, quante
tasse dovrebbe pagare un giovane italiano/a per istruirsi in
una facoltà scientifica in una delle migliori università
al mondo?
Università
(2019/2020)
www.topuniversities.com |
Tassa
Universitaria Annuale (Triennale) |
Università
di Chicago |
€
51.800,00 |
Imperial
College London |
€
10.700,00 |
University
College London |
€
10.700,00 |
University
of Cambridge |
€
10.700,00 |
Università
Tecnologica di Zurigo |
€
1.500,00 |
California
Institute of Technology |
€
47.200,00 |
Università
di Oxford |
€
10.700,00 |
Università
di Harvard |
€
42.900,00 |
Università
di Stanford |
€
47.500,00 |
Massachusetts
Institute of Technology (MIT)
|
€
48.000,00
|
Circa 21.000 euro per una laurea triennale
In base ai calcoli fatti (si veda il grafico) una media di
27.000 euro all'anno. Inoltre, secondo l'OCSE le università
italiane, nonostante abbiano tasse di gran lunga inferiori a
quelle americane, sono terze in Europa per tassazione solo dopo
Inghilterra e Olanda con una media annua di circa 1.000 euro
per la triennale che arriva quasi a 2.000 euro annui per una
laurea magistrale. Alle tasse va aggiunto il costo della vita
per uno studente fuori sede (se non si ha la fortuna di vivere
giusto di fianco all'Università che si vuole frequentare),
che può arrivare fino a 7.000 euro all'anno, tasse incluse.
Facendo i calcoli della serva si ha bisogno in media di circa
21.000 euro per una laurea triennale.
Nel 2016, dell'oltre milione e mezzo di studenti iscritti all'università,
solo 176 mila hanno avuto un esonero totale dalle tasse. Oltre
ad essere poche, le borse di studio sono anche male amministrate.
Le agenzia regionali che generalmente gestiscono tali sussidi
pagano in ritardo o spesso a metà anno accademico vanificando
un valido supporto allo studio che spesso non è comunque
sufficiente a coprire tutto. E se pochi ce la fanno, molti rinunciano.
Le stime ISTAT ci indicano che ad un generale aumento dei laureati
tra il 2010 e il 2017 (di cui l'Italia resta ancora fanalino
di coda tra i paesi europei a riprova che l'istruzione non è
per tutti) corrisponde una media di abbandono scolastico che
è drammaticamente aumentata soprattutto nelle regioni
del sud (Campania, Sicilia, Sardegna) che si posizionano ai
primi posti. Se l'istruzione ha un costo, il merito ci va a
braccetto.
Questi numeri sono solo la punta dell'iceberg di un sistema
che mira a istruire nel migliore dei modi le future classi dirigenti
selezionandole accuratamente tra le file di chi il potere politico
ed economico già lo possiede. Esaminando le statistiche
occupazionali in base all'Università (eliminando le università
asiatiche che si confrontano in un mercato diverso), non risulterà
sorprendente ritrovare ai primi posti le stesse università
con tasse a tripli zeri. Difatti, le università il cui
accesso risulta proibitivo per il costo da sostenere sono le
stesse il cui livello occupazionale risulta maggiore alla fine
del periodo di studi.
Università
con il maggior livello occupazionale
alla fine del percorso di studi |
Posizione |
Università |
Nazione |
1
|
Harvard University
|
USA
|
2
|
California Institute of Technology
|
USA
|
3
|
Massachusetts Institute of Technology
|
USA
|
4
|
Università di Cambridge
|
Gran Bretagna
|
5
|
Stanford University
|
USA
|
6
|
Technical University of Munich
|
Germania
|
7
|
Princeton University
|
USA
|
8
|
Yale University
|
USA
|
9
|
Università di Oxford
|
Gran Bretagna
|
10
|
Università Tecnologica di Zurigo
|
Svizzera
|
Dati
2018: www.timeshighereducation.com
Senza giustizia sociale non c'è merito
Se è vero quello che abbiamo detto pocanzi, ovvero che le abilità intellettive, la conoscenza, la capacità di critica e analisi non sono doti connaturate ma vanno allenate, ecco che il gioco è semplice. E quando tutto questo non basta, la corruzione può chiudere la partita. È notizia dello scorso anno lo scandalo, con cinquanta casi accertati, che ha coinvolto diverse famose università americane nelle quali i figli di ricche famiglie, pagando più di 100.000 dollari, sono riusciti ad iscriversi pur non avendone le capacità. In tale contesto sociale la tanto millantata meritocrazia, di cui la ministra Bellanova si è riempita la bocca alla Leopolda, diviene un formidabile strumento di ingiustizia sociale. La meritocrazia nel nostro sistema capitalistico diviene essa stessa strumento per mantenere lo status quo che dice di combattere.
Se la meritocrazia da un lato dovrebbe essere uno strumento di uguaglianza (e non lo è in nessun caso, ma questa è un'altra storia!) in cui chi ha capacità viene scelto a ricoprire un determinato ruolo, nella nostra collettività serve solo a dar linfa ad un sistema che da decenni genera classismo. A peggiorare la situazione vi è inoltre il mantra di coloro che dal nulla hanno creato tutto (ad esempio i “Ferragnez”, la coppia Chiara Ferragni-Fedez, per intenderci) generando il falso mito fra le classi medie che se non ce la fai è colpa tua (!).
Questo perverso sistema meritocratico di cui alcuni partiti, in primis il Movimento 5 Stelle, si sono fatti portavoce da anni non ha fatto altro che riprodurre una società elitaria in cui il diritto a realizzarsi viene scientificamente riservato a pochi. E se in futuro, nel 3333, un algoritmo all'interno di una fantasmagorica macchina nella città di Meritolandia potrà veramente misurare quanto siamo meritevoli, dovremo rispondere che senza giustizia sociale non può esserci alcun merito.
Roberto Arciero
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