Rivista Anarchica Online





L'uovo nella sorpresa

Il velo sottile del risveglio confondeva i contorni della stanza e disegnava un profilo nebuloso attorno agli oggetti. Laura spalancò gli occhi sulla sveglia e scoprì che non c'era niente da scoprire. Nulla fuori posto, l'arredo di sempre, lo specchio e la cassettiera, un ritratto d'autore sopra la testiera del letto, la sua arpa a riposo, le piccole abitudini sistemate nella rassicurante disposizione che chiamiamo ordine.
Si stirò, si alzò dal letto, passò dal bagno, e tra le prime cose che fece quella mattina, come sempre, fu di accendere la radio. Un apparecchio moderno incorporato nell'impianto stereo, qualità del volume eccellente, il soggiorno come cassa di risonanza del segnale orario che adesso scandiva il conto alla rovescia dei preparativi.
Ore sette e trenta disse la voce calda della speaker.
A quell'ora c'era gente dalla voce già impostata, mentre lei se la sentiva solo impastata. Si avvicinò al fornello per sistemare la caffettiera, ed entrò nella doccia. Le gocce scorrevano sul suo corpo aggraziato e sensuale che lei cominciava a percepire come ostile, quasi un nemico che le sbandierava sotto il naso il vessillo del tempo. Riflessioni nel silenzio, un sospiro trattenuto, poi Laura uscì dalla doccia ed evitò la bilancia. In una decina di minuti si asciugò i capelli e si vestì. Aveva fretta di completare i preparativi, almeno per riservare il giusto tempo al caffè.
Da quanto tempo andava avanti così? Quando aveva iniziato a smarrire il senso delle azioni ripetute, o lo stupore per certi dettagli che adesso le sfuggivano? Eppure c'erano stati giorni in cui le cose non le erano apparse così risapute e ordinarie. Giorni in cui la colazione era stata una vera colazione, con i suoi ritmi lenti, la sua varietà cromatica, il contrasto di sapori e colori, marmellata rosso lampone e caffellatte, mentre adesso il borbottio della caffettiera le arrivava solo come un richiamo alla puntualità.
Ore otto.
Stranamente, la voce del segnale orario aveva cambiato sesso e timbro. Maschile ma neutra, sintetica, come un prodotto di laboratorio simile ai cibi da mettere nel forno dilatatore. Una pastiglia si allargava fino a diventare un tortino, un'altra passava in pochi secondi dallo stato liofilizzato a quello liquido e insapore di una brodaglia nutritiva. Per questo con il tempo aveva finito per rinunciare alla colazione, escluso ovviamente il caffè.
Le restavano cinque minuti. Soffiò sulla tazzina e iniziò a sorseggiarlo proprio mentre partiva la sigla che da mezzo secolo annunciava il giornale radio.
<I titoli...> disse una giornalista in studio, ma Laura era già oltre il ronzio insensato delle notizie. D'un tratto il filo del ricordo si tese nella mente come a fare uno sgambetto ai pensieri opachi, viziati dal sottofondo della stanchezza. Vide l'immagine di suo nonno e le sembrò di udire la sua voce profonda, carica del fumo dei sigari. Quando era piccola, lui le raccontava che quella sigla aveva il potere di materializzare un uovo dietro la radio. Alla fine della musica, sotto gli occhi stupefatti della bambina, il nonno frugava dietro l'apparecchio e ne tirava fuori un uovo fresco pronto per essere sbattuto. Fine del ricordo.
<...mentre la crisi politica... uragani... codice rosso sotto l'ondata di maltempo...>
La voce radiofonica la riportò al presente, in una successione di notizie simile a un codice di frasi fatte. Laura sistemò la tazzina del caffè nel lavello, andò in bagno a lavarsi i denti e si preparò a uscire. Indossò il soprabito scuro che dava risalto per contrasto alle sue scarpe rosse e spense la radio dello stereo. Nessun rimpianto per le notizie perse. Dietro l'apparecchio notò la sagoma di un oggetto che proiettava sulla parete un'ombra sinistra, inquietante. Laura pensò a un topo e rabbrividì. Facile che si fosse infilato nel piccolo vano dello stereo per rosicchiare i fili. Si sentì schiacciata tra due forze ostili: da un lato l'urgenza di andarsene, dall'altro l'ansia per quel mistero sospeso che le aveva risvegliato un'antica fobia.
Passavano i secondi, ma l'ombra non si muoveva. Forse si trattava di un insetto repellente a riposo, forse di un oggetto inanimato, o magari di un... No, impossibile. Troppo grande l'ombra, e poi la vita non era un film di fantascienza, né una storia a lieto fine costellata di rivelazioni miracolose. Eppure Laura, nel decidere di andare avanti, provava un misto di ribrezzo e attrazione, come contesa dagli occhi di un topo e dal fulgore di una gemma. Si avvicinò lentamente allo stereo, un bastone in mano, il respiro sospeso, la nausea che lentamente ricominciava a salire.
Quando scoprì la verità, rimase delusa per non averci pensato prima. Era la sua agenda che credeva smarrita, finita lì dietro chissà come. Effetto della routine, si disse, che tendeva a cancellare le azioni più semplici dalla regione del ricordo. Si fermò a riflettere davanti allo stereo algido e funzionale. Il tempo delle vecchie radio era finito, irrimediabilmente perduto, vissuto in un flash d'infanzia risucchiato presto nelle ombre della vita adulta. Le agende, appunto. I tanti impegni.
Si tolse il soprabito e tornò in cucina. Aprì il frigorifero, prese un uovo dalla confezione, poi afferrò un cucchiaio, ruppe l'uovo dentro una tazzina e cominciò a sbattere. Non aveva più fretta. Una colazione valeva bene un ritardo.

Paolo Pasi