Ambientalismo/C'è chi tace sulla Val d'Agri
Non possiamo negarlo, Jacopo Fo da anni porta avanti lodevoli battaglie contro i conflitti e per la tutela dell'ambiente e del pianeta. Con la sua Libera Università di Alcatraz invita e sollecita a sperimentare le ricchezze e le risorse che la natura ci mette a disposizione, da editore e direttore del portale “People for Planet”, oltre a dare largo spazio alle “buone notizie”, punta a sensibilizzare le coscienze sulla prevenzione della salute e la protezione dell'ecosistema, però... però diversi progetti del figlio dei compianti Dario Fo e Franca Rame li ritroviamo sotto il marchio Eni, come “Cuore di Basilicata”, coordinato insieme a Bruno Patierno e finalizzato a “rilanciare le potenzialità turistiche e culturali della Val d'Agri”.
Ora, senza essere eccessivi nel giudizio, va pure bene che Fo faccia finanziare le sue iniziative dalla nota multinazionale, però se vuol essere credibile fino in fondo e stare a quanto racconta su “People for Planet”, deve pure iniziare a denunciare alcuni atti arroganti dell'ottavo gruppo petrolifero nel mondo per giro d'affari.
Perché Fo non parla mai sul suo foglio online dello sversamento di greggio che c'è stato in Val d'Agri e che ha portato a processo, con l'accusa di disastro ambientale, alcuni dirigenti dell'Eni? E che pensa l'eclettico scrittore-attore-regista-fumettista-pacifista della recente sentenza dell'Antitrust che, a seguito di un esposto-denuncia di Legambiente, Movimento Difesa del Cittadino e Transport & Environment, ha condannato l'Eni a pagare cinque milioni di euro per “pratica commerciale ingannevole” in quanto la storiella del carburante “Eni-Diesel” che riduce le emissioni del quaranta per cento è tutta una bufala? Una bufala di cui su “People for Planet” non è stata data ad oggi nessuna notizia.
Mimmo Mastrangelo
Moliterno (Pz)
Autoritarismo/Sanzioni amministrative e mancanza di libertà
Sostanzialmente senza lavoro, quasi sempre chiuso in casa, osservo gli sviluppi di un'epidemia rapidamente trasformata da problema sanitario a questione di ordine pubblico.
Nel breve volgere di pochi giorni, i provvedimenti governativi ci hanno insegnato a metterci nelle mani delle autorità (le cui iniziative non vanno discusse poiché inequivocabilmente volte a fare il nostro bene, anche a costo di comprimere le nostre libertà) e a diffidare dei nostri amici (potenziali portatori di contagio, dunque da non frequentare, da tenere lontani) e perfino di noi stessi (e se fossi io ad essere infetto?).
Immersa in questa narrazione, la gente si adegua ad hobby stereotipati (fare il pane in casa è diventato un must, tanto che nei negozi scarseggiano farina e lievito) e per il resto ci sono internet e tv. Un paradossale panem et circenses a portata di mano tra quattro mura.
Per chi sgarra, inizialmente si è ricorsi al diritto penale; ma quando ci si è resi conto che le uscite di casa immotivate avrebbero ingolfato le Procure e soprattutto permesso ai cittadini di difendersi dalle accuse tramite processi nei quali erano previste l'assistenza di un avvocato, l'escussione delle forze di polizia che avevano elevato il verbale, la decisione di un magistrato indipendente, allora si è passati alla sanzione amministrativa: una bella multaccia, e vai a contestarla adesso, senza poter sentire testimoni e con un verbale a prova di falso.
È facile scivolare nell'arbitrio riguardo allo stabilire se la bottega da cui ci si rifornisce è la più vicina alla nostra abitazione, se il giretto con il cane è troppo lungo, se il nostro anziano genitore ha proprio bisogno che il latte e i biscotti glieli portiamo noi. Hanno spiegato che le precedenti sanzioni non funzionavano abbastanza come deterrente; si vede che, data la scarsa probabilità di ammalarsi mentre si fanno quattro passi per strada, non era un gran deterrente neanche la paura del contagio. Mi viene in mente la raccomandazione rivolta dal generale Cadorna ai carabinieri incaricati di sparare ai soldati che non si lanciavano fuori dalla trincea quando veniva ordinato l'assalto: “Devono avere più paura di voi che del nemico”.
Si dice che il consenso sia generale, tanto il germe della paura ha attecchito: ma quando l'epidemia finirà - perché finirà - ci lasceranno ancora andare in giro come prima? Non so, dalla mia finestra guardo nelle strade i segni di una pace terrificante. Per tutta l'Italia, da Palermo ad Aosta, ormai non si sente più neanche il canto delle cicale.
Enrico Torriano
Bologna
Un abbraccio a Michela
Ai primi di aprile è morto Vincenzo Di Buono, 91 anni, padre di Michela che da quasi vent'anni lavora quotidianamente nella nostra cooperativa con compiti amministrativi. Era nato ad Acerra (Napoli). Ci piace ricordarlo allegro quando ci veniva a trovare e magari si fermava con noi a mangiare in trattoria. Uomo buono e semplice, era socialista.
Vincenzo
Di Buono
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In attesa del vaccino/ Il virus e la vita “normale”
«Questa enorme e splendida creazione del mondo deve necessariamente indebolirsi prima di morire. Quindi la terra sarà sempre più spesso scossa dai terremoti e l'atmosfera diventerà pestilenziale, generando miasmi contagiosi». (Adversus nationes, II, 45-46)
Sono parole di Arnobio di Sicca, morto nel 327 dopo Cristo. Sembrano attualissime non tanto per il riferimento alle epidemie (un'infinità di scritti di tutti i secoli passati ne sono pieni), ma perché sono rivelatrici di un'età di angoscia e disorientamento.
Arnobio di Sicca, (e pure Plotino, Porfirio, Cipriano, Gregorio di Nissa, Claudio Rutilio Namaziano, Marco Aurelio), vive un senso di smarrimento radicale, estremo: avverte il disfacimento del mondo fisico perché vive il crollo del codice di interpretazione del mondo mentale.
Nulla, in verità, è cambiato nella natura del pianeta e nella natura dell'uomo fra il I e il IV secolo dopo Cristo: la vita umana è sempre un piacevole passatempo per i ricchi e un inferno per i poveri; la terra produce secondo le stagioni come accade da millenni e il contadino continua a spaccarsi la schiena nel lavorare la terra del padrone, che godrà i frutti della fatica altrui. Esistono ancora i templi dedicati agli dei che hanno protetto Roma e l'hanno fatta grande, ma questi non sono più i soli che si venerano e altre divinità - Iside, Mitra, Dionisio, Serapide - sono ritenute più potenti, perché rivelatesi per ultime.
Tuttavia, nella apparente “normalità” quotidiana collettiva, sempre più intellettuali percepiscono l'incertezza, lo smarrimento, il dolore di una condizione esistenziale in cui, come si legge nel Vangelo della Verità attribuito allo gnostico Valentino, «o si fugge non si sa dove, oppure si resta in attesa di non si sa chi».
Il mondo sta cambiando perché sta cambiando la visione che ne ha l'uomo; la terra diventa un luogo d'orrore, segnato da terremoti, peste, cavallette, carestie, perché la mente che si affaccia sul mondo è terrorizzata.
Cosa ha causato questo terrore? Il crollo di un sistema interpretativo della realtà. Eric R. Dodds, lo storico che più di altri ha dato un prezioso contributo in materia, lo chiama «mutamento di prospettiva intellettuale».
Non è qui il caso neppure di accennare ai motivi di un tale crollo: il discorso, lungo articolato e complesso, dovrebbe coinvolgere elementi economici, sociali, politici e filosofici.
Ora, vorrei tentare un possibile confronto del nostro presente, dominato dall'epidemia di coronavirus, con il periodo di crisi che va dall'ascesa al trono di Marco Aurelio fino alla fine dell'Impero Romano d'Occidente.
È il periodo che i manuali di storia collegano alle invasioni barbariche (166-476 d.C.), ovvero l'afflusso di popolazioni dalle province ai confini dell'Impero verso il cuore della romanità, che garantiva diritti, sicurezza e benessere. Quando l'ingresso dei “barbari” non fu più gestito dall'autorità centrale, il movimento delle popolazioni fu chiamato invasione. Questo determinò una profonda crisi culturale, e non solo nei cives dell'Impero.
Ciò che sembrava perfetto e immutabile, come il corpus delle leggi, la lingua, l'esercito, l'agricoltura, l'arte, ogni conquista romana apparve per quello che era: una convenzione, una scelta fra le tante possibili, una verità che valeva solo per chi l'aveva creata.
Il coronavirus è apparso in un tempo in cui il mondo del capitalismo finanziario si autocelebra come il migliore possibile. Non come il più giusto: da un pezzo il capitalismo ha smesso di farsi domande sul proprio valore etico, e ha smesso di farlo da quando nessuno osa più interrogarlo sulla moralità della sua essenza: il furto e il sopruso.
Fino a cinquant'anni fa ci si chiedeva come porre limiti e divieti al capitalismo, che per sua struttura costitutiva produce inevitabilmente danni e sofferenze e devastazioni nella natura e nell'umanità, a esclusivo beneficio di una minuscola minoranza di delinquenti legalizzati.
Oggi il capitalismo vincitore non ammette alcuna obiezione ed ha imposto questa sua narrazione: la tecnologia più avanzata può risolvere ogni problema, e poiché la tecnologia è un prodotto del capitalismo, quest'ultimo è il salvatore dell'umanità. (...)
Chiusi in casa, barricati tanto contro la paura quanto contro il virus, blanditi e minacciati come bambini un po' scemi e molesti, siamo esortati a dedicarci alla vita fittizia della rete, ai cosiddetti social (che sono la negazione della vera umana socialità), a una finta vicinanza veicolata da schermi, microfoni e tastiere, plastica e vetro…
Attendiamo che la tecnologia ci salvi anche questa volta; attendiamo la terapia risolutiva e attendiamo il vaccino, che chiuderà per sempre questo incubo. E il ruolo di fatina benefica della tecnologia ci farà dimenticare, ancora una volta, il suo prezzo mostruoso. E, come sempre nelle crisi che brutalmente ci costringono a un mutamento di prospettiva intellettuale, cerchiamo un capro espiatorio su cui scaricare la rabbia e l'angoscia. Nel 1630, nell'epidemia di peste che straziò l'Italia, i nemici si chiamavano untori e, nell'agosto di quell'anno, uomini perfettamente innocenti, Gian Giacomo Mora, Guglielmo Piazza e altri otto, furono torturati e squartati perché ritenuti colpevoli di esserlo.
Oggi, più cauti e meno ignoranti, nessuno pensa a cercare colpevoli perché sappiamo che non ce ne sono; ma quanti sospetti abbiamo letto in rete? Virus costruito in laboratorio? Virus fuggito da un laboratorio? O fatto uscire intenzionalmente? E questa epidemia non sarà forse la punta di un iceberg? Non occorre essere un complottista per prevedere che questa pandemia avrà conseguenze molto lunghe e pesanti nella sola sfera di attività umana che interessa veramente le classi dominanti: l'economia.
E l'economia è la dimensione artificiale per eccellenza; nulla è più artificiale dell'economia. Eppure è la sola cosa che interessa davvero il potere.
Appena la tragica sequenza dei morti sarà abbastanza rallentata, il potere avrà cura di ripristinare l'artificiale di cui vive e da cui trae la sua forza.
Non dovrà neppure continuare a fingere dolore per i morti: potrà riprendere a contare, a voce spiegata, i miliardi di cui vorrà essere risarcito da coloro che hanno avuto la fortuna di non morire di coronavirus, e che dovranno continuare a morire di capitalismo.
Paolo Cortesi
Forlì
A mio avviso
“Ho
apprezzato tantissimo gli articoli di “A”
di aprile, che ci avete
inviato in anticipo con la vostra newsletter. Ce n'era
davvero
bisogno! Grazie. A presto.”
Nicola
Colliva
Casalecchio di Reno (Bo)
“Grazie
a voi, come sempre. In questi tempi discretamente bui
è
fondamentale mantenere allenato lo spirito critico.”
Chiara
Tarabotti
Ferrara
“Anarchico
è il pensiero e verso l'anarchia va la storia.
Sembra che
non sia proprio così, ma vedrete che fra qualche
anno le cose
cambieranno e noi dobbiamo essere pronti. Salud y anarquìa.”
Luciano
Lanza
Milano |
I
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specificata) per pdf. 5,00; Massimiliano Froso (località
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duro nonostante tutto”, 50,00; Giuseppe Anello
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(Arco – Tn) 10,00; Giordano Sangiovanni (Milano)
20,00. Totale € 1.776,00.
Abbonamenti sostenitori.
(quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo
di € 150,00. Per qualche numero accogliamo ancora
in questo elenco anche gli abbonamenti sostenitori
al vecchio importo di € 100,00). Chiara Mazzaroli
(Trieste) 100,00; Doretta Cocchi (Firenze); Arrigo
Triulzi (Meyrin – Svizzera); Marco Buraschi
(Roma) ricordando Giuseppe, anarchico cormanese, 100,00;
Letizia Larocchi Maltini (Milano); Gabriele Roux (Cuneo);
Andrea Pastorino (Genova); Riccardo Caneba (Grottaferrata
– Rm); Lucia Sacco (Milano); Maurizio Azzini
(Milano) 200,00; Fabio Palombo (Chieti); Roberto Pietrella
(Roma Vitinia) 250,00; Remo Ritucci (San Giovanni
Persiceto – Bo) 120,00; Gianluca Fortini (Calderara
di Reno – Bo) 100,00.; Annapia Mandelli (Milano)
100,00; Simone Piazzi (Laveno Mombello – Va)
100,00; Lorenzo Guadagnucci (Firenze) 100,00. Totale
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Abbonamenti sospesi.
Si tratta di abbonamenti annui (dell'importo di
€ 50,00) destinati a persone detenute, alle quali
noi inviamo comunque regolarmente “A”
in omaggio. Gli ultimi ad averne sottoscritto sono:
Lucia Sacco (Milano); Andrea Pastorino (Genova).
Totale
€ 100,00. Ricordiamo che
noi inviamo la rivista a tutte le persone detenute
che ce ne facciano richiesta direttamente o tramite
familiari o gruppi di solidarietà, Tutte le
persone detenute che desiderano ricevere “A”
ce lo facciano sapere e – ci raccomandiamo –
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Attualmente sono un centinaio le persone detenute
che ricevono regolarmente “A” (trasferimenti
e disfunzioni permettendo), delle quali 45 sono “coperte”
da un abbonamento annuo sospeso.
Avviso.
Abbiamo ricevuto la contabile di un versamento, sul nostro conto corrente bancario presso Banca Etica, di € 80,00 a nome di Charles Guex. Manca completamente l'indirizzo, quindi non possiamo spedire. L'interessato si faccia vivo con noi.
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