Sogni in sicurezza
Era stato un sogno ristoratore. Si trovava con sua figlia nella
sala giochi di una località di mare dove stava trascorrendo
le vacanze. Come in ogni sogno, non c'erano precise coerenze
di tempo e di spazio. La sala giochi e il paesaggio circostante
appartenevano a un luogo indefinito, eppure a lui familiare.
Con la figlia avevano giocato a bowling, fatto una partita a
flipper, tentato di vincere il jackpot di una lotteria insensata
che funzionava in modo telepatico. Qualche invisibile forma
di intelligenza pensava a un numero, il concorrente doveva indovinarlo.
Non
sapeva quanto fosse durata la sua immersione onirica. Comunque
gli aveva fatto bene, restituendogli un senso di leggerezza
e di libertà che mancava da troppe settimane. Segnali
dell'inconscio che si ribellava alla prigionia tra le pareti
di casa. Fatto sta che il risveglio fu meno angosciante del
solito, quasi felice. Svegliò la figlia e le mandò
un bacio a distanza, poi andò in cucina a preparare la
colazione.
Il suo telefono suonò. Pensò a una prima chiamata
di lavoro, o alla necessità di qualche familiare. Di
certo non avrebbe immaginato ciò che stava per accadere.
<Buongiorno, lei è Franco Ciampelli?>
<Sì, chi parla?>
<Commissario Dotti, polizia sanitaria>
<Che cosa è successo?> chiese lui con apprensione.
<Ci risulta una violazione delle disposizioni di sicurezza
durante la sua attività onirica>
<Che? Attività onirica?>
<Le ricordo che dal primo dell'anno sono in vigore le norme
che autorizzano la tracciabilità dei sogni attraverso
i sensori applicati nel microchip personale di ogni cittadino>
<Non ci capisco nulla, questa mi era sfuggita...>
<Non scherzi, l'ignoranza della legge non scusa, come dicevano
gli antichi. Dai suoi tracciati emotivi risulta un'attività
onirica superiore al normale, associata a stati di euforia.
Nel sogno lei non indossava la mascherina, vero?>
<Ma è pazzesco! Il sogno non è la realtà,
che cosa c'entra la mascherina?>
<Invece sono proprio i sogni la trincea da cui comincia la
guerra contro il flagello. Le prescrizioni vanno radicate nell'inconscio,
fatte entrare nei nostri ritmi naturali come l'aria che si respira.
Peraltro lei non ha neppure rispettato le distanze di sicurezza,
ed è grave>
<È stato solo un sogno, non ha alcun impatto sulla
realtà drammatica che stiamo vivendo...> si giustificò
lui.
<È comodo crederlo, ma lei sa che non è così>
disse il poliziotto sanitario. <La libertà illusoria
di un comportamento scriteriato, anche nella fantasia di un
sogno, porta alla rilassatezza nella vita reale, avvicina alla
violazione di fatto delle norme attualmente in vigore>
<Che cosa mi succederà?> chiese lui rassegnato.
<Scatterà il primo ammonimento, visto che lei è
incensurato. Ma al terzo dovremo procedere all'arresto>
<Come posso impedire a me stesso di sognare?>
<Semplice. Si rivolga al suo medico di base e si faccia prescrivere
un inibitore di sogni>
<Come si chiama...>
D'un tratto la conversazione sfumò nella trama grigia
di puntini in dissolvenza, come in uno schermo senza vita, e
lui si ritrovò sul letto con il respiro corto e l'angoscia
nel cuore. Era stato solo un incubo, un sogno nel sogno, un
moltiplicatore di panico che adesso lo lasciava interdetto.
<Pazzesco... eppure ricordo ogni dettaglio della conversazione
con il poliziotto, la colazione a mia figlia... il bacio a distanza...>
L'ansia tornò a salire, ebbe un brutto presagio, e quando
il telefono iniziò a squillare, il cuore sprofondò
nella paura.
Decise di non rispondere, chiunque fosse. Meglio l'isolamento
che una brutta sorpresa.
Paolo Pasi
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