Colletti bianchi contro il capitalismo digitale
Mobilitazioni di colletti bianchi che scendono in strada dai
grattacieli di vetro di downtown per protestare contro le discriminazioni
e il cambiamento climatico? Non è certo una scena quotidiana.
Ma mentre le grandi aziende digitali continuano a espandere
il loro potere, nuove forme di resistenza nascono nei modi e
nei luoghi più inaspettati.
Negli
ultimi anni gli ingegneri e le programmatrici del capitalismo
digitale hanno cominciato a organizzarsi per cambiare la direzione
presa da aziende come Google o Amazon. Spesso si tratta di lavoratrici
privilegiate, che hanno posti di lavoro prestigiosi, stipendi
alti e flessibilità. Ma se magari un programmatore di
Google non ha bisogno di mobilitarsi per il proprio stipendio
o condizioni di lavoro, il discorso cambia quando si passa a
temi come l'eguaglianza di genere o i cambiamenti climatici.
Oppure quando occorre essere solidali con altri lavoratori,
per esempio coloro che lavorano nelle mense o nelle pulizie,
e spesso sono sottopagati e nascosti sotto il tappeto scintillante
delle tecnologie più avanzate.
Organizzazioni e collettivi auto-organizzati
Insomma negli Stati Uniti, in Canada, in Gran Bretagna sono nate nuove organizzazioni di lavoratori e lavoratrici delle aziende digitali. Un esempio sono gli Amazon Employees for Climate Justice, cioè i lavoratori di Amazon per la giustizia climatica. Si tratta di un gruppo di ingegneri e impiegati, spesso donne di colore, che dall'anno scorso protesta contro l'impatto dell'azienda sul clima. Questo collettivo di amazoniani si è auto-organizzato tramite canali di comunicazione segreti interni all'azienda e si è introdotto nell'assemblea degli azionisti per chiedere a Jeff Bezos un intervento concreto nel ridurre le emissioni.
La Tech Workers Coalition è una rete di gruppi nata nell'area della Silicon Valley vicino a San Francisco ed estesasi velocemente ad altre metropoli con una presenza significativa di uffici delle imprese digitali, come Seattle, Berlino o Toronto. Riunisce programmatori ma anche lavoratrici di settori come il marketing e agisce in solidarietà con pulitori, impiegate e altri lavoratori per studiare e migliorare le condizioni di tutto il settore.
Anche se non era direttamente coinvolta nelle proteste, la TWC ha fornito supporto organizzativo e legale ai lavoratori di Google che hanno partecipato allo sciopero selvaggio che per qualche ora ha bloccato gran parte degli uffici della multinazionale nel novembre 2018, quando 20.000 programmatori di Google sono scesi in strada in diverse città del mondo per protestare contro le politiche discriminatorie dell'azienda, in particolare su questioni sessuali e di genere.
I videogiochi non sono indenni. Game Workers Unite! è una rete di gruppi che uniscono centinaia di programmatori di videogiochi, ed è presente in Nord America e Nord Europa. GWU si definisce movimento dal basso e coinvolge i programmatori delle grandi aziende così come i freelance. Sul loro sito spiegano che “il potere dei lavoratori si costruisce dal basso, e nessuno può parlare in nome dei lavoratori meglio dei lavoratori stessi.“
Queste organizzazioni sono autonome ma non necessariamente radicali. Spesso collaborano con i sindacati maggioritari e chiedono riforme tutto sommato moderate. Ma le aziende del capitalismo digitale non stanno comunque a guardare. I principali organizzatori dello sciopero di Google e delle proteste per il clima ad Amazon sono stati licenziati o hanno subito pressioni per dimettersi. Questo ha generato ancora più attenzione nei media e tra i lavoratori. Le organizzazioni di ingegneri si stanno alleando con quelle delle lavoratrici delle piattaforme. Forse la lotta è appena cominciata.
Triplobit
triplobit@inventati.org
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