Rivista Anarchica Online
Fuga da Lampedusa
di Vincenzo Mantovani
Arrestato ad Ancona il 18 gennaio 1898 mentre tentava un comizio in una piazza
cittadina durante i moti scoppiati nelle Marche per l'aumento del prezzo del pane,
processato da quel tribunale per associazione a delinquere e istigazione alla
disobbedienza della legge e all'odio tra le classi sociali e condannato il 28 aprile alla pena
relativamente mite di sette mesi di reclusione (per lui il pubblico ministero aveva chiesto
tre anni), il quarantaquattrenne Errico Malatesta rimase nelle carceri di Ancona fino
all'estate del 1898, quando avrebbe dovuto essere scarcerato per fine pena. Il 16 agosto,
per impedirgli di tornare in libertà, l'ufficio di P.S. di Ancona, che lo aveva già proposto
alla commissione provinciale per il domicilio coatto, emise contro di lui un mandato di
arresto preventivo. Malatesta, così, restò in prigione. Il 20 agosto, accogliendo la proposta dell'ufficio
di P.S.,
la commissione lo assegnava a domicilio coatto per la durata di quattro anni (cinque,
secondo altri documenti) e il ministero destinava il confinato alla colonia di Ustica, dove
Malatesta fu tradotto il 7 settembre 1898. Meno di due mesi dopo, il 1° novembre, ebbe
luogo il suo trasferimento a Lampedusa. Malatesta vi arrivò, legato agli altri coatti, nella
stiva del piccolo piroscafo che faceva la spola tra l'isola e Porto Empedocle, in Sicilia. E
Amedeo Boschi, un anarchico che si trovava a Lampedusa, fu testimone di un curioso
episodio. Rivolto al direttore della colonia, che per una singolare coincidenza era tornato
da Porto Empedocle proprio con quel piroscafo, il caposcorta gli segnalò la presenza nella
stiva di "un coatto di casata Malatesta" senza il dossier che accompagnava tutti i
deportati: "cosa", a giudizio del carabiniere, "davvero eccezionale e strana". "Il direttore", racconta Amedeo Boschi,
"discese nella stiva. Egli era stato, per diversi
anni, traduttore in inglese al ministero degli interni, e conosceva di fama il noto
rivoluzionario. Vedendo quell'ometto che, nonostante i ferri, fumava la sua pipetta da
operaio, disse: "Si tratta di un caso di omonimia, non è quello vero". Così, arrivato
all'isola e insediatosi nella direzione, dispose che Malatesta fosse destinato nel camerone
dei coatti comuni. Errico, senza far parola, si assestò in mezzo a quei disgraziati. Fra i
politici c'ero io e mi mandò a chiamare. Ci abbracciamo con effusione. Poi mi trasse da
parte, dicendomi: "Ma si potrà fuggire da questo scoglio?". A Lampedusa, scrive Pier Carlo Masini nella
sua Storia degli anarchici italiani
nell'epoca degli attentati (Rizzoli, 1981), Malatesta si fece amico il sindaco e un
mercante di spugne che gli affittò un "casotto in muratura" (per Boschi, che vi abitò, si
trattava di "una linda casetta, a circa un chilometro dal paese"), dove l'anarchico prese
alloggio con alcuni compagni. "Il sindaco" scrive ancora Masini, "considerava gli
anarchici della brava gente, "uomini d'ordine", i soli che riuscissero a impedire le
sanguinose risse fra i coatti comuni e che a differenza di questi, non bevevano, non
giuocavano e non praticavano la camorra". All'inizio dell'inverno cominciano a circolare le prime voci di un progetto
di evasione. In
gennaio il direttore della colonia comunica al prefetto di Girgenti (oggi Agrigento) di
"avere la certezza, come ha potuto accertare per mezzo di alcune lettere", che Malatesta
pensa al modo di fuggire dall'isola: per qualche mese, tuttavia, non c'è pericolo, perché la
stagione è cattiva, le barche a vela non si avventurano nel canale di Malta e la continua
sorveglianza impedisce all'anarchico di salire sui piroscafi in partenza da Lampedusa.
Malatesta, che nei primi due mesi trascorsi nella colonia si è mostrato piuttosto
"misantropo" ("se la faceva poco con gli altri anarchici"), appare da qualche giorno "più
socievole e ilare", perché convinto che ai coatti anarchici sarà presto concessa la libertà
condizionata. Il 4 aprile 1899 Malatesta chiede al ministro degli interni il rilascio di un passaporto per
recarsi all'estero. "Egli ha intenzione" scrive di suo pugno nell'istanza, "di andare a
stabilirsi a Porto Said (Egitto) dove ha un fratello avvocato e dove è sicuro di trovare
posizione vantaggiosa in qualità di elettricista. Può provvedere da sé ai mezzi di viaggio".
Il 10 aprile (in seguito, scrive Masini, alla "soffiata di un coatto comune") Roma avverte
il prefetto di Girgenti che Malatesta con altri due compagni sarebbe in procinto di attuare
un progetto di fuga. Si tratta di voci vecchie di tre mesi, risponde con una certa
sufficienza il prefetto nella sua lettera di accompagnamento all'istanza di Malatesta,
riferite a suo tempo da "un capitano greco" venuto a svernare col suo battello nell'isola.
Per ogni evenienza, comunque, si è provveduto a rafforzare la guarnigione con due
guardie di città. La sera del 26 aprile 1899 un ispettore di P.S. si imbarca per Lampedusa. Il ministero ha
disposto che Malatesta sia tradotto urgentemente a Lipari. Poco dopo l'anarchico
scompare. Come e quando questo sia avvenuto non è del tutto chiaro. Malatesta, scrive
Masini, fuggì "cinque ore prima che arrivasse il funzionario incaricato della traduzione".
Questi, dal canto suo, spiegò in una lettera al prefetto che la mattina del 27 aprile, fino
all'arrivo del piroscafo che avrebbe dovuto prelevarlo, Malatesta "fu in paese", rendendosi
irreperibile" poco dopo". Nel primo caso Malatesta sarebbe fuggito durante la notte tra il
26 e il 27 aprile, precedendo di un soffio il funzionario che doveva prenderlo in consegna.
Nel secondo avrebbe fatto sparire le sue tracce il 27, allontanandosi quel giorno o quella
sera. In base ai documenti disponibili, quest'ultima ipotesi sembra la più attendibile. Il
primo rapporto dell'ispettore sulla scomparsa dell'anarchico arriva a Girgenti soltanto il 1°
maggio, quando ancora il prefetto si augura che Malatesta "non sia riuscito a fuggire". Quel che è certo
è che Malatesta, dopo avere beffardamente annunciato la propria
intenzione di abbandonare l'isola al direttore del giornale parigino La Petite République,
mantiene la parola eclissandosi con due compagni, Giorgio Vivoli di Firenze ed Edoardo
Epifani di Roma. Per qualche giorno, in mancanza di notizie sicure, corrono le voci più
disparate. Il prefetto di Napoli insinua che la fuga sia stata preparata dal deputato Oddino
Morgari durante la sua visita di qualche settimana prima ai coatti di Lampedusa.
Malatesta viene segnalato a Parigi, a Gibilterra e in altre località. La "sua amante Gemma
Hadeleschi" è continuamente sorvegliata nella speranza che porti i poliziotti fino a lui.
Misteriosamente scomparso da Lampedusa il 26 o il 27 aprile, Malatesta ricompare
altrettanto misteriosamente a Tunisi durante la prima settimana di maggio, quando al
ministero dell'interno, rimasto all'oscuro fino a quel momento, viene finalmente segnalato
che Malatesta e Vivoli, evasi da Lampedusa, si trovano a Tunisi in attesa di imbarcarsi
per l'Inghilterra. Ma come è avvenuta l'evasione? Secondo il consolato generale d'Italia a Marsiglia, che ne
parla in un rapporto contenente
numerose inesattezze, essa sarebbe stata organizzata dal dottor Niccolò Converti, uno dei
medici dell'ospedale italiano di Tunisi, nonché da un certo Ponzio, negoziante. Questi
avrebbero dato 700 lire al comandante di un veliero adibito alla pesca delle spugne che,
presi a bordo i tre coatti, li avrebbe scaricati su una spiaggia a breve distanza da Sousse
(Susa). Secondo il governo del New Jersey, furono gli anarchici di Paterson, d'accordo
con quelli di Londra, "ad assicurarsi la cooperazione di un anarchico in Tunisi, il quale
aveva un'imbarcazione a vela, e ottennero ch'egli si recasse a Lampedusa e tentasse di
aiutar Malatesta nella fuga. Il tentativo riuscì con l'assistenza. Appunto dell'anarchico di
Tunisi, il quale riuscì a prender Malatesta a bordo approfittando della notte". L'evasione dei tre anarchici da
Lampedusa ebbe l'effetto di inasprire il regime del
domicilio coatto. "Dall'isola più libera" ricorda ancora Boschi, "Lampedusa divenne la
più dura di tutte le altre colonie e i coatti comuni, rimasti a soffrire, scagliarono insulti e
maledizioni contro Malatesta e gli anarchici che vennero immediatamente tutti arrestati e
sparpagliati in altre isole". Nicolò Converti è un internazionalista calabrese che, costretto a espatriare
nel 1885 per
sottrarsi a una pesante condanna, vive ormai da quasi dodici anni a Tunisi, dove si è
ripetutamente prodigato per aiutare i compagni in disgrazia. Interrogato dalla polizia il 18
maggio 1899, Converti ammette di aver ricevuto una visita di Malatesta e degli altri due
evasi. Ecco, in breve, il suo racconto. Domenica 30 aprile, verso le dodici e mezzo, il
medico non si era ancora messo a tavola per il pranzo quando arrivarono Vivoli, Epifani e
Malatesta, al quale era legato da un'antica amicizia, risalente agli anni in cui entrambi
avevano studiato medicina all'università di Napoli. Rifugiatosi in Tunisia perché i trattati
di questo paese con l'Italia non prevedevano l'estradizione per motivi politici, Malatesta
era rimasto a Tunisi fino alla domenica successiva, 7 maggio, giorno in cui aveva lasciato
il paese insieme a Tivoli su un piroscafo della Compagnie Transatlantique, con
destinazione Malta. Di Epifani, che si sarebbe allontanato da Tunisi qualche giorno dopo
il suo arrivo, Converti sosteneva di non sapere nulla. Negò anche, nelle sue risposte al
commissario della Sûreté, di aver aiutato Malatesta a evadere. Questo il racconto, ricco
ovviamente di omissioni e reticenze, del medico italiano alla polizia di Tunisi, che
aggiungeva al verbale del suo interrogatorio una nota con le seguenti informazioni. Il 30 aprile, da Sousse, i tre evasi
avevano raggiunto Tunisi in treno. Privi di bagagli (il
solo Malatesta aveva una valigia), ogni notte avevano dormito in un albergo diverso. Tre
giorni dopo il loro arrivo Epifani era partito per Biserta, donde pareva intendesse
raggiungere la Grecia. Gli altri due, invece, avevano atteso a Tunisi il battello per Malta.
Domenica mattina, 7 maggio, Vivoli aveva comprato un biglietto per quest'isola.
Malatesta, arrivato in ritardo, aveva corso il rischio di perdere il battello, poi tutto si era
aggiustato: ottenuto il permesso di salire a bordo, aveva fatto il biglietto sulla nave. A
Tunisi, concludeva il rapporto della Sûreté, i tre evasi erano
stati visti insieme, oltre che a
Nicolò Converti, agli anarchici Giuseppe Curatolo, Angelo Salvarelli, Antoine Corridi,
Jean Baptiste Chiari e Nicolò Ponzio. Del breve soggiorno di Malatesta a Malta si sa poco. La sua presenza
sull'isola viene
segnalata al console italiano a Malta la mattina del 10 maggio. Il giorno seguente
Malatesta scrive ad Amedeo Boschi una lettera in cui gli racconta i particolari
dell'evasione. Il 13 maggio scrive a Converti che lui e Vivoli contano di partire
l'indomani per Londra su una nave proveniente dall'Australia e di arrivare a destinazione
in una decina di giorni. L'indirizzo dato al medico è quello della famiglia Defendi, 112
High Street, Islington, N. London. E il 14 maggio, puntualmente, Malatesta parte da
Malta con un vapore inglese, il Gulf of Siam, separandosi da Vivoli. (Questo, che era un
calderaio di 23 anni, raggiunse quasi subito Marsiglia sotto falso nome e da lì rientrò in
Italia, dove due anni dopo fu arrestato a Firenze). Il 24 maggio 1899, dopo i dieci giorni di viaggio previsti, Malatesta
arriva in Gran
Bretagna, prendendo alloggio nella casa londinese del suo vecchio amico Giovanni
Defendi. A Londra passa l'estate, ricostituendovi, tra l'altro, un "circolo di propaganda
socialista anarchica di lingua italiana". Mentre Malatesta si trovava in Inghilterra, scriverà
l'anno dopo il governatore del New Jersey al console generale d'Italia a New York, "gli
anarchici di Paterson si quotavano per pagargli il viaggio negli Stati Uniti. Speditogli il
ricavato della sottoscrizione, egli prese un biglietto di seconda classe per evitare di essere
rimandato come ex-condannato dalle autorità federali preposte all'immigrazione, ciò che
sarebbe indubbiamente accaduto se egli fosse giunto come passeggero di terza classe". Partito da Southampton col
vapore St. Paul, Malatesta sbarca negli Stati Uniti il 12
agosto 1899. Scopo del suo viaggio, informa poco dopo il consolato generale d'Italia a
New York, è un giro di propaganda, che Malatesta non mancherà di fare "se troverà il
danaro necessario". Sulle accoglienze da lui ricevute negli Stati Uniti abbiamo la
testimonianza del governatore del New Jersey: "Al suo arrivo in Paterson egli fu salutato
e accolto con grande deferenza dagli anarchici di Paterson. Gli fu offerta una camera in
casa di Pietro Esteve da questo stesso, che è il capo degli anarchici spagnoli e vive in
Paterson con la sua "donna". Malatesta accettò subito l'invito. Pochi giorni dopo il suo
arrivo in Paterson cominciò una serie di conferenze o riunioni con i suoi compagni
anarchici. Gli anarchici erano impazienti di sentir parlare Malatesta perché lo
ammiravano moltissimo".
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