Rivista Anarchica Online
Difendere la democrazia?
Carissimi compagni, (...)
Anzitutto devo rallegrarmi col tipografo ed il correttore. Poche volte mi è successo di
non trovare in una cosa mia o d'altri un po' lunga nemmeno uno sbaglio di stampa.
Veramente ce n'è uno: Freidman invece di Friedman. "A" è eccezionalmente corretta.
Sono anche contenta - e forse un po' sorpresa - che non
abbiate trovato altri elementi di
dissenso, che quelli che segnalate nell'introduzione alla mia lettera (Difendere la
democrazia?, "A" 98) e che si riferiscono a due punti molto marginali, che non hanno
niente a che vedere colla sostanza della mia posizione. In quanto al primo, sono d'accordo con voi e Masini che quelli che sono passati al
fascismo non avevano di compagni che il nome. Ma essi si credevano anarchici e gli altri
li accettavano come tali. Ed è il fatto che fosse possibile un tale equivoco che m'interessa
in appoggio di quel che sostengo, che è che il termine "individualismo" è equivoco e
pericoloso perché copre due atteggiamenti diversi, che possono essere opposti. E lo
stesso si può dire per il relativo atteggiamento "antidemocratico". Ma tra "pochissimi" e
"nessuno" la differenza, agli effetti dell'argomentazione, non è poi tale da costituire
dissenso. Può, sì, dar luogo a qualche precisazione: e allora vi dirò che, tra i casi noti,
ve ne posso citare, oltre Arpinati, almeno tre: Massimo Rocca (Libero Tancredi,
individualista, con cui babbo ebbe, quando questi si definiva anarchico, una polemica,
credo, piuttosto incresciosa), Libero Merlino e Maria Rygier. Pensandoci bene si può
scovare forse qualche altro, ma in realtà si tratta di un numero insignificante. L'altro punto riguarda i diplomatici. Mi sembra che voi mi abbiate frainteso. Quello
che
voi dite, è vero: sono incerti del mestiere. Ma il cambiamento c'è ed è significativo nel
senso di uno spostamento obiettivo dei valori all'interno della classe dominante. Fino a
poco tempo fa ci sono stati pochissimi esempi di violazione dell'immunità diplomatica. Il
caso di Bernabò Visconti (credo che sia lui), che fece mangiare agli ambasciatori le
pergamene di cui erano portatori, con i sigilli di piombo e tutto, è stata un'eccezione
degna di figurare sui manuali di storia. Quel che mi interessava era dimostrare che,
fermi restando gli scopi e le aspirazioni, gli ostacoli che vi si oppongono hanno cambiato
natura e sono diversi; o, quando sono gli stessi, hanno perso o preso importanza. E sono
cose di cui bisogna tener conto perché l'elica del nostro aeroplanino non giri a vuoto. Saluti affettuosi.
Luce Fabbri (Montevideo)
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