Rivista Anarchica Online
Quel galantuomo di Giannettini
di Paolo Finzi
Confermando la tradizione che la vuole sensibilissima espressione del Potere con la "p"
maiuscola, la Corte di Cassazione ha emesso la sua sentenza in merito ai ricorsi presentati da
alcuni degli imputati al processo per la strage di piazza Fontana, avvenuta a Milano il 12
dicembre 1969. Come si ricorderà, questo processo, trascinatosi per tutti gli anni '70 con
alterne vicende tra Roma, Milano e Catanzaro, si era concluso nel capoluogo calabro con la
pilatesca sentenza che mandava tutti assolti, seppure con formula varia. Una sentenza, quella,
che provocò veementi reazioni di protesta soprattutto in quanti si aspettavano davvero giustizia
dalla giustizia di Stato. Quanto sia credibile appunto questa gi ustizia, soprattutto quando sono
in ballo istituzioni e leaders del potere statale, lo ha definitivamente mostrato la sentenza
emessa dalla Corte di Cassazione il 10 giugno scorso, al termine di cinque ore di camera di
consiglio. Il processo, hanno sentenziato i supremi giudici romani, si dovrà rifare e lo si rifarà a Bari,
probabilmente all'inizio del prossimo anno. Ma chi sarà processato? Risposta della Cassazione:
Franco Freda, Giovanni Ventura, Mario Merlino, Pietro Valpreda, Gianadelio Maletti, Antonio
Labruna, Gaetano Tanzilli. Il che significa che saranno processati due fascisti della "cellula
veneta" (Freda e Ventura), un fascista infiltrato nel gruppo XXII Marzo (Merlino), un anarchico (Valpreda) e - a parte perché imputati solo per un episodio secondario seppur
significativo (sono accusati di falso per aver aiutato ad espatriare il fascista Pozzan) - tre
uomini del famigerato SID (Maletti, Labruna e Tanzilli). Scompare così definitivamente dalla scena processuale quel Guido Giannettini, fascista ma
soprattutto uomo dei servizi segreti e amico dei potenti, che era rimasto ultimo legame
processuale con quel mondo politico-militare che costituisce il retroterra strategico ed
operativo della strage di piazza Fontana. Non è per caso, infatti, che quella strage sia ormai
da anni definita, e non più solo da quei sovversivi degli anarchici, la "strage di Stato". Non per caso, dunque, ma perché sono emersi sempre più chiari gli stretti legami tra certo
mondo politico, le alte sfere militari, i servizi segreti, i gruppi terroristici neo-fascisti e tutto
quel degno sottobosco di spie, ricattati, trafficanti e killer che vi ruota attorno. Di questi
legami si sono avute clamorose conferme dirette ed indirette nel corso delle varie fasi del
tormentato processo per piazza Fontana: basti ricordare le reticenze, le menzogne e i complici
silenzi che caratterizzarono le testimonianze in aula dei vari Rumor e compagnia bella. Non
fummo solo noi anarchici, in quell'occasione, a sottolineare le palesi gravissime responsabilità
di quegli uomini politici: responsabilità che noi per primi avevamo denunciato fin dal
dicembre del '69, quando all'indomani della strage, dell'assassinio in questura del nostro
compagno Giuseppe Pinelli e dell'arresto di Valpreda (con conseguente inizio della campagna
calunniatoria contro il nostro movimento), subito avevamo affermato, derisi quando non
ignorati, che "Valpreda è innocente, Pinelli è stato assassinato, la strage è di Stato". La sentenza del 10 giugno scorso della Corte di Cassazione, mandando alla sbarra insieme
anarchici e fascisti ed escludendo al contempo i servizi segreti, vuole ribaltare quelle tre
semplici verità, che gridate nel dicembre '69 dai soli anarchici sono poi diventate patrimonio
comune di tanta parte dell'opinione pubblica, grazie ad una mobilitazione che si allargò a
macchia d'olio fino a costringere lo Stato a promulgare una legge apposita che permise la
scarcerazione di Valpreda (dicembre '72). Non è solo un atto di profonda ingiustizia quello
che i giudici romani hanno compiuto: è una pesantissima provocazione non solo contro
Valpreda (che nuovamente si trova a fronteggiare la minaccia di una condanna all'ergastolo)
ed il nostro movimento, ma anche contro tutti coloro che, partecipando alla campagna di lotta
contro la "verità di Stato" sulla "strage di Stato" contribuirono a far emergere, una volta tanto,
la natura intrinsecamente assassina del potere. E' tutta la recente storia italiana che si vuoI
riscrivere ad uso e consumo del potere e della sua perpetuazione: altri procedimenti giudiziari
si muovono nella stessa direzione. Ma nessuno, quanto questo relativo a piazza Fontana, è
altrettanto emblematico, significativo ed importante: perché fu quell'attentato a segnare l'inizio
di un'epoca ed è stato il processo relativo a mettere a nudo troppe scomode verità. Non a caso
in tanta parte delle oscure e tragiche vicende di questi anni (da piazza della Loggia alla P2)
hanno fatto capolino "quelli di piazza Fontana" (dai servizi segreti a Delle Chiaie). Una ragione in più perché, dopo la sentenza della Cassazione ed in vista del processo di
Bari, si riprenda la mobilitazione contro la "verità di Stato" da noi intrapresa nel freddo
dicembre di tredici anni fa.
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