Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 103
estate 1982


Rivista Anarchica Online

Quel galantuomo di Giannettini
di Paolo Finzi

Confermando la tradizione che la vuole sensibilissima espressione del Potere con la "p" maiuscola, la Corte di Cassazione ha emesso la sua sentenza in merito ai ricorsi presentati da alcuni degli imputati al processo per la strage di piazza Fontana, avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969. Come si ricorderà, questo processo, trascinatosi per tutti gli anni '70 con alterne vicende tra Roma, Milano e Catanzaro, si era concluso nel capoluogo calabro con la pilatesca sentenza che mandava tutti assolti, seppure con formula varia. Una sentenza, quella, che provocò veementi reazioni di protesta soprattutto in quanti si aspettavano davvero giustizia dalla giustizia di Stato. Quanto sia credibile appunto questa gi ustizia, soprattutto quando sono in ballo istituzioni e leaders del potere statale, lo ha definitivamente mostrato la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 10 giugno scorso, al termine di cinque ore di camera di consiglio.
Il processo, hanno sentenziato i supremi giudici romani, si dovrà rifare e lo si rifarà a Bari, probabilmente all'inizio del prossimo anno. Ma chi sarà processato? Risposta della Cassazione: Franco Freda, Giovanni Ventura, Mario Merlino, Pietro Valpreda, Gianadelio Maletti, Antonio Labruna, Gaetano Tanzilli. Il che significa che saranno processati due fascisti della "cellula veneta" (Freda e Ventura), un fascista infiltrato nel gruppo XXII Marzo (Merlino), un anarchico (Valpreda) e - a parte perché imputati solo per un episodio secondario seppur significativo (sono accusati di falso per aver aiutato ad espatriare il fascista Pozzan) - tre uomini del famigerato SID (Maletti, Labruna e Tanzilli). Scompare così definitivamente dalla scena processuale quel Guido Giannettini, fascista ma soprattutto uomo dei servizi segreti e amico dei potenti, che era rimasto ultimo legame processuale con quel mondo politico-militare che costituisce il retroterra strategico ed operativo della strage di piazza Fontana. Non è per caso, infatti, che quella strage sia ormai da anni definita, e non più solo da quei sovversivi degli anarchici, la "strage di Stato".
Non per caso, dunque, ma perché sono emersi sempre più chiari gli stretti legami tra certo mondo politico, le alte sfere militari, i servizi segreti, i gruppi terroristici neo-fascisti e tutto quel degno sottobosco di spie, ricattati, trafficanti e killer che vi ruota attorno. Di questi legami si sono avute clamorose conferme dirette ed indirette nel corso delle varie fasi del tormentato processo per piazza Fontana: basti ricordare le reticenze, le menzogne e i complici silenzi che caratterizzarono le testimonianze in aula dei vari Rumor e compagnia bella. Non fummo solo noi anarchici, in quell'occasione, a sottolineare le palesi gravissime responsabilità di quegli uomini politici: responsabilità che noi per primi avevamo denunciato fin dal dicembre del '69, quando all'indomani della strage, dell'assassinio in questura del nostro compagno Giuseppe Pinelli e dell'arresto di Valpreda (con conseguente inizio della campagna calunniatoria contro il nostro movimento), subito avevamo affermato, derisi quando non ignorati, che "Valpreda è innocente, Pinelli è stato assassinato, la strage è di Stato".
La sentenza del 10 giugno scorso della Corte di Cassazione, mandando alla sbarra insieme anarchici e fascisti ed escludendo al contempo i servizi segreti, vuole ribaltare quelle tre semplici verità, che gridate nel dicembre '69 dai soli anarchici sono poi diventate patrimonio comune di tanta parte dell'opinione pubblica, grazie ad una mobilitazione che si allargò a macchia d'olio fino a costringere lo Stato a promulgare una legge apposita che permise la scarcerazione di Valpreda (dicembre '72). Non è solo un atto di profonda ingiustizia quello che i giudici romani hanno compiuto: è una pesantissima provocazione non solo contro Valpreda (che nuovamente si trova a fronteggiare la minaccia di una condanna all'ergastolo) ed il nostro movimento, ma anche contro tutti coloro che, partecipando alla campagna di lotta contro la "verità di Stato" sulla "strage di Stato" contribuirono a far emergere, una volta tanto, la natura intrinsecamente assassina del potere. E' tutta la recente storia italiana che si vuoI riscrivere ad uso e consumo del potere e della sua perpetuazione: altri procedimenti giudiziari si muovono nella stessa direzione. Ma nessuno, quanto questo relativo a piazza Fontana, è altrettanto emblematico, significativo ed importante: perché fu quell'attentato a segnare l'inizio di un'epoca ed è stato il processo relativo a mettere a nudo troppe scomode verità. Non a caso in tanta parte delle oscure e tragiche vicende di questi anni (da piazza della Loggia alla P2) hanno fatto capolino "quelli di piazza Fontana" (dai servizi segreti a Delle Chiaie).
Una ragione in più perché, dopo la sentenza della Cassazione ed in vista del processo di Bari, si riprenda la mobilitazione contro la "verità di Stato" da noi intrapresa nel freddo dicembre di tredici anni fa.