Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 107
febbraio 1983


Rivista Anarchica Online

«né carne né pesce» d'accordo, però...

Compagni di A,
ogni foglio stampato (quotidiano, settimanale, rivista, etc.) pone il problema di comunicare con i suoi lettori nel modo più desiderato e più chiaro possibile. Riguardo ai giornali di partiti, associazioni più o meno legate al grande carrozzone, la situazione che si delinea è pressoché definita: hanno una funzione di supporto sempre più evidente nei confronti del video che, con il passare degli anni, sta diventando il perno centrale della comunicazione ufficiale e coatta. Il linguaggio di questi giornali è essenzialmente di tipo referenziale, l'emittente attinge notizie precotte dal palazzo o dalle dogmatiche agenzie di stampa. In questo contesto, palesemente, il ricevente, lettore coatto, subisce un rapporto di dipendenza quasi totale con il giornale, diventando appendice di una sequenza di segni, di cui non conosce né l'origine, né la meccanica. Si trasforma in strumento di comunicazione dell'ideologia dominante, interiorizzando acriticamente tutti i messaggi in maniera più o meno cosciente. In questo processo di pianificazione delle idee attraverso la carta stampata, può succedere che il lettore coatto si senta critico verso il suo giornale, ma salvo rari casi, rimane incastrato nel gioco del pluralismo delle opinioni.
Malgrado la situazione sia tutt'altro che favorevole, alcune voci di dissenso esistono ed «A» ne è un esempio vivente e valido.
Premesso questo, vorrei tentare di spiegare le mie opinioni sui problemi della comunicazione: credo che la stampa, fuori dai circuiti integrati al sistema, a volte soffre dell'accerchiamento dei mass-media del regime: uso di stereotipi, di linguaggi troppo settoriali, di formule eccesivamente riduzionistiche su problemi molto importanti, anche di un codice specialistico per chi non ha esperienze di assemblee, dibattiti, manifestazioni, etc.
La tendenza di tutta la stampa bottegaia e intrallazzata è quella di creare una neolingua di orwelliana memoria, un vero assottigliamento del vocabolario e un codice di segni impoveriti, svuotati delle loro valenze antagoniste e riempiti dalla stupidità consumistica e autoritaria. Ritengo pertanto che l'unica alternativa reale, per non correre il rischio di essere parlati dalle nostre stesse parole e diventare di conseguenza portavoce di una totalizzazione della realtà che non ci appartiene, sia tentare di organizzare dei canali fuori dai circuiti del sistema e lottare nell'intento di formare un linguaggio antagonista con la capacità di generare nuovi segni, rivalutare quelli della memoria storica antagonista spesso surclassati e stravolti dai mass-media, integrare tutte le minoranze linguistiche in un'ottica di arricchimento e non di componente folkloristica, trasformare infine il rapporto con le lingue straniere, da una situazione di colonialismo culturale (inglese, francese, etc.) in un vero interscambio internazionale di esperienze e segni.
Superare lo stato come stella polare della cultura deve essere lo scopo essenziale e preminente di un nuovo codice di segni, premunendoci, per quanto possibile, dal pericolo che i segni, toccato un problema, diventino un ostacolo alla sua risoluzione.
In merito alla connotazione della rivista, da voi definita «né carne né pesce», sono perfettamente d'accordo con questa formula che trovo molto agile, ma penso si potrebbe arricchire la stessa, dedicando a rotazione uno spazio per le realtà regionali o periferiche, spesso trascurate o lasciate in pasto all'assurda cronaca dei quotidiani nazionali, perché, d'accordo che le contraddizioni maggiori sono tipiche delle concentrazioni metropolitane e di conseguenza la cultura dominante è quella dei grandi centri urbani, ma bisogna stare molto attenti alla periferia per non ridurla al ruolo di cassa di risonanza di avvenimenti metropolitani (soprattutto nel nostro paese costituito in gran parte da piccoli e medi centri), e per non correre il pericolo di creare grandi oasi culturali metropolitane, in un deserto generato da una periferia soffocata.

Edmondo Blancardi (Bordighera)