Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 111
giugno 1983


Rivista Anarchica Online

«Il fondo dell'aria è rosso»
di Pino Bertelli

«Il fondo dell'aria è rosso: scene della terza guerra mondiale 1967-1977» (Le fond de l'air est rouge: scenes de la troisieme guerre mondiale 1967-1977, 1978) di Chris Marker è un film/documento che riflette sugli umori politici di una storia ancora recente e interroga i protagonisti, i buffoni, le controfigure, i gendarmi, i feticci e i maghi che in qualche modo hanno contribuito a scrivere pagine di lotte quotidiane nel mondo dal '67 al '77.
Il film di Marker tratta per la massima parte i moti insurrezionali in Francia; il Maggio '68 è il perno sul quale gira tutto il documentario. Comunque, riferimenti espliciti alla guerriglia urbana in Germania, alla guerra di liberazione dei paesi latinoamericani, le rivolte di Praga, il Vietnam segnano i punti di rottura del capitalismo multinazionale.
Mancano i riferimenti alla 'lotta armata' in Italia, la lotta di liberazione in Medio Oriente e in Africa, i segni evidenti del terrorismo di Stato prodotto e protetto, ovunque si spacci la democrazia del profitto, dai 'servizi paralleli dello Stato'; non sono buchi di poco conto, ma «Il fondo dell'aria è rosso» emerge come film/metafora che descrive gli appuntamenti mancati, le sconfitte ma anche le smagliature, le insurrezioni, i colpi mortali alla società del vuoto operati dai movimenti del rovesciamento prospettico, propulsori di elementi di democrazia diretta.
Il film dura quattro ore, si compone di due parti, «Le mani fragili» e «Le mani tagliate», divise, frammentate in sottocapitoli.
«Le mani fragili» raccoglie spezzoni de «La corazzata Potemkin», i tumulti berlinesi scoppiati nel 1967 contro lo Scià in visita in Germania, le Pantere Nere, Fidel Castro, Che Guevara, la guerriglia in America Latina, la rottura dei rapporti tra Cina e Unione Sovietica, l'esplosione del Maggio francese; lo schermo attanaglia gli sguardi degli scettici e/o dei traditori, gli incendi negri di Watts (1967) rifluiscono negli occhi di chi ha osato inceppare, non importa come, con quali armi e per quanto tempo, la scena padroneggiata dai simulacri del Capitale. Dal discorso della critica si era passati alla critica che si armava contro la società dei ruoli, trattando padroni e servi come si meritavano.
Certo, non bastava portare l'immaginazione al potere, occorreva portare i colpi mortali della critica radicale contro l'universo mercantile della democrazia statuale/colonizzatrice e spezzare nel suo principio lo spettacolo dell'apparenza e della ragione lobotizzata.
Andare più in fondo nel tessuto roboante e mistificatorio della politica scenografica di partito e, alle domande che si pongono Padroni, Polizia e Apparati dello Stato, non si può rispondere se non calcolando il numero dei loro morti (parafrasando Raoul Vaneigem).
A un certo punto del film di Marker, sfilano sulla tela giovani pionieri sovietici, confortati da inni partigiani; la voce di Jorge Semprun (fuori campo) dice: «...e tutto è precipitato con gli anni '60... in quel momento si esce dalla guerra fredda, la rivoluzione del '17 è un pezzo da museo e spiriti eccellenti considerano che l'umanità ha finalmente raggiunto l'età della ragione, che l'unico problema è di sapere come e in quale ordine i popoli arriveranno a un mooello universale di civiltà».
Entra in campo una famiglia americana, festeggiano i nonni e il regalo è un televisore. Poi un aereo carico di bombe decolla per il Vietnam, fuori campo la voce della radio americana di Saigon «Buongiomo Vietnam».
Lo schermo s'infiamma sulla guerra civile in Spagna, mani negre intrecciano una corda, mani di vietnamiti portano il riso alla bocca, mani che incollano manifesti, mani negre in catene, mani che lavorano alla catena di montaggio, mani che caricano una rivoltella, mani che posano un libro, mani che scivolano sui fianchi di una donna. Così il commento sonoro: «Le loro mani erano incredibilmente abili a incollare manifesti, a passarsi le pietre, a scrivere sui muri frasi brevi e misteriose che restavano infisse nella memoria, cercando altre mani a cui trasmettere il messaggio che avevano coscienza di aver ricevuto senza tuttavia decifrarlo fino in fondo... ».
Le mani tagliate si apre con immagini di attualità francesi, maggio 1945. Frammenti del nazismo, civili armati per le vie di Praga, schegge di guerriglia urbana, colpi di piccone disselciano le strade; la voce - «In tutti i paesi del mondo, meno che in Germania, i sampietrini estratti dalle strade sono diventati le barricate della libertà».
Marker ironizza sul comunismo amministrato dai carriarmati sovietici in Praga, sottolinea la matamorfosi di Fidel Castro, passato da rivoluzionario a usciere/inquisitore del socialismo di Stato, sfiora la dittatura del bavaglio e dello spettacolo cinese, avverte della caccia al terrorista in Germania, denuncia gli esecutori e i mandanti del golpe cileno, chiude il film sul grande corteo del primo maggio a Parigi e la 'rivoluzione' in Portogallo.
La seconda parte appare più confusa, le ripetizioni o/e gli accostamenti sono spesso scontati. Anche il commento sonoro è più tenuto sullo schermo, le numerose testimonianze rallentano l'azione e, nel concreto, appesantiscono la lettura del film. Resta il fatto del grande documentario sulla terza guerra mondiale ancora in atto, si tratta di contribuire a disvelare l"era dell'apparenza', finora ci siamo limitati a sputare contro questo mondo, si tratta ora di liquidare la sua immagine e i saltimbanchi della teologia del profitto.
La composizione de «Il fondo dell'aria è rosso» si spiega nell'intreccio, nel montaggio a ventaglio che devalorizza la progressione dei fatti e mescola tutto, con forza e lucidità, per visualizzare situazioni, insorgenze e messe plateali dei profeti della sinistra storica: sullo schermo sono congelati i valori ignobili dell'avvenire.
Marker lavora alla partitura filmica con materiali di vario genere; brani presi direttamente dal televisore, spezzoni di cinema militante, sequenze di repertorio, inserti di film che circolano sugli schermi mercantili, riprese tremolanti in Super-8mm, fotogrammi fissi, fotografie, ecc.; Marker interviene anche sul colore con viraggi e manipoiazioni evidenti; per la musica usa un sintetizzatore, un pezzo di Luciano Berio, canzoni popolari e, più volte, la ballata comunarda di Jean Baptiste Clément, 'Il tempo delle ciliegie'.
«Il fondo dell'aria è rosso» costruisce una situazione di spiazzamento. Mostra i segni di un tempo e di uno spazio morti, raccoglie i volti degli attori di una scena muta, fruga negli specchi rotti del quotidiano e rimanda alla teoria e critica radicale della sopravvivenza, al valore d'uso della conoscenza, a una gaia scienza della liberazione in processo contro la società dello spettacolo, in transizione verso la democrazia dei consigli e la liquidazione dell'ordine inautentico della realtà stabilita. Queste le ultime parole del film: «E' una guerra. E' la terza guerra mondiale. E' cominciata senza data, senza allarme, senza ordini di mobilitazione (...). La società che si sta costruendo sotto i nostri occhi non ci lascerà, come alternativa, che una pace insopportabile.
Ogni sabotaggio del linguaggio relazionare, computerizzato o il diritto alla rapina nella disperazione di uno stato di cose imposto, è un'atto di liberazione. E' andare oltre a ciò che impedisce di vivere, che si consuma nella festa dell'immediato e del superficiale che ci spetta rompere; rompere con Marx e infrangere gli specchi della società della copia; si tratta di imparare a vivere o morire da 'banditi'. Contro un'esistenza pacificata i lavori continuano.