Rivista Anarchica Online
Il gigante egoista
di Alessandro Scarpellini
VIETATO L'INGRESSO - I TRASGRESSORI SARANNO PERSEGUITI A TERMINI DI
LEGGE
Il gigante egoista aveva chiuso ai bambini il proprio giardino, la sua proprietà era difesa da alte
mura, ma la Primavera non arrivava più per lui ... Chi non ricorda questa bellissima fiaba del grande Oscar Wilde? «Il gigante egoista» pone
inquietanti interrogativi a coloro che difendono la propria intimità con la potenza immobile delle
proprie convinzioni ed abitudini. La favola esprime, per quel magico gioco degli artisti che
comunemente viene indicato come «metafora» o «parabola» e che più profondamente possiamo
definire «allegoria» o «cabala», concetti semplici e profondi sulla morale: i bambini non sono altro
che quei pensieri, desideri sessuali, esistenziali, irrazionali (che non rispettano, cioè, i canoni della
ragione comune), che possono turbare profondamente la vita di un homo, anche di un gigante, ma
che portano in sé, insieme alla loro carica nichilista, la forza rigeneratrice, la Primavera. E' facile, sin troppo, costruirci una nostra immagine fisica e psicologica chiudendo le porte delle
proprie percezioni all'imprevisto, all'inconsueto, al nuovo, al caso; accontentandosi di esistere e non
di vivere, di avere e non di essere ... Il continuo temprarsi e mutare della nostra anima, la nostra crescita come individui, l'amore con le
forze e le incarnazioni sensuali della vita, non è solo questione di occasioni casuali che possono e
non possono capitare, molto è dovuto alla nostra sensibilità, alla nostra volontà inquieta di
conoscere: nessun filo porta corrente se non si collegano i due poli (quello positivo e quello
negativo) alle fonti di energia... Sul frontone del celebre tempio di Delfi, in Grecia, stava scritto:
«conosci te stesso» ... Conoscere se stessi significa continuamente scoprirsi e riscoprirsi
nuovamente. Non si può parlare di resurrezione dell'uomo, di A-narchia, se prima non tendiamo a bruciare in
noi, con il fuoco della rivolta e della conoscenza, le scorie infette del passato: i nostri pregiudizi
sessuali e morali, le sacre credenze sociali o di gruppo, il culto del pudore e dell'impegno politico,
il terrore di rimettere tutto quanto in discussione per interpretare nuovamente e profanamente la
realtà, la paura di essere soli ed incompresi. Chi non vuole «conoscere» se stesso oltre quello che già sa, chi non sente di doversi aprire a nuove
sensazioni o fare nuove esperienze perché la sua morale è stabile, libera da pregiudizi, perché la sua
intimità è ricca così com'è, è ormai giunto alla vecchiaia (anche se giovane), al moralismo (anche se
anarchico), alla presunzione (anche se umile), alla paura (anche se si sente un gigante). Un
imprevisto può far crollare tutte le grandi difese del gigante, mutare in rovina le sue colossali
proprietà, fare di questo grande uomo una pecora smarrita ed impazzita, egli non si ama abbastanza
perché la sua vita è stata troppo legata a ciò che non è lui o all'ignoranza di se stesso. Una breccia nel muro del proprio giardino può portare una gioia imprevista ma anche il dolore, la
Primavera ma anche la pazzia, quando, poi, porta tutte e due le cose insieme allora il gigante
diventa veramente una forza, abbatte i muri della morale che credeva giusta e sua, capisce che non
si difende la propria intimità con l'immobilità e la rinuncia. L'orizzonte deve essere quello che si può scorgere con i propri occhi e i propri sensi, non quello
definito dalle pietre della morale e dell'ideologia, e bisogna sempre camminare verso l'orizzonte
perché al di là vivono nuovi meravigliosi mondi, mai fermarci, la nostra causa (come dice Stirner)
deve riporsi nel nulla, la nostra meta essere l'infinito. Forse sono un sognatore, un visionario ... I castelli di coloro che non possono vivere senza muri, ingressi chiusi, verità rivelate e gesti
programmati, sono molto meno reali e molto più miseri dei mondi infuocati dei sognatori, che se
sono veri sognatori si fidano solo di se stessi e della conoscenza infinita, della forza immorale ed
indomabile della loro rivolta permanente. Il vero sognatore si propone la distruzione del potere e
dell'abitudine, è un trasgressore continuo della morale e delle «cose finite». Il vero sognatore è un
sensuale anarchico e un anarchico non può essere un politicante libertario .... Il sogno è una chiave d'oro per interpretare la realtà, troppe volte si è respinto il grande onore di
essere considerati dei sognatori e dei visionari per intrappolarci nella schifosa fanghiglia degli altri
(parlo delle istituzioni statali: partiti, opinione pubblica, enti culturali, intellettuali e storici,
Comuni, TV, etc.), per cercare riconoscimenti e meriti dagli altri, la nostra strada è diversa e lo dico
con orgoglio perché con orgoglio, gioia di vivere, mi sento diverso. Eraclito affermava che la realtà è solo la combinazione momentanea di forze in moto perpetuo, e
pertanto ogni oggetto materiale esiste solo come impressione sensoriale, e una verità assoluta è
inconcepibile. Essendo il sogno (che non nega affatto la realtà ma la comprende magicamente in sé) la nostra
grande diversa forza, è assurdo che cerchiamo di chiuderci all'imprevisto, all'inconsueto, bisogna
aprirci senza timori e tabù, far sì che i nostri desideri fluiscano liberamente. E' ovvio che il rispetto
per l'altra persona che ti rispetta rimane un punto fermo della nostra crescita e della nostra rivolta
contro ogni ordine prestabilito. Il rispetto non significa però inchinarsi alle opinioni degli altri, l'immobilità della propria vita, la
rinuncia alle proprie tensioni e ai propri desideri, ma l'accettazione integrale dell'altrui
individuàlità, sempre che non aggredisca o limiti la nostra sino a soffocarla. L'individuo, cioè, non
deve corrompere il proprio spirito per il rispetto degli altri, fare della diplomazia l'energia dei suoi
rapporti sociali, pensare alla non-violenza come una sacralità da non poter (a volte) infrangere o
superare, egli deve essere un deciso, un sincero (anche se certe volte non si può dire tutto ... ), un
coraggioso, perché l'amore per la vita (anche per gli altri) è prima di tutto amore per noi stessi e
conoscenza di noi stessi. L'individuo non deve offendere ma deve sapersi difendere, mai sentirsi un vinto e neppure un
vincitore, deve amare la lotta come la pace, i rapporti con gli altri come la solitudine, la parola
come il silenzio. L'induista parlando del suo Dio dice «non è questo, non è quello », anche la
morale, come d'altronde l'Anarchia, non è una cosa definita, una formula magica che scioglie i
problemi e i nodi dell'esistenza, ma è, invece, una forza, una forza che non si può né racchiudere in
uno scritto, né in un giardino bellissimo, né nelle parole, né in un sacco a pelo .... Camus, commentando lo sforzo del mitologico Sisifo che doveva portare eternamente sulla cima di
un monte un enorme masso di pietra che, appena raggiunta la vetta, tornava a precipitare nel piano,
affermò coraggiosamente e profondamente che l'importanza di questo sforzo, fatica improba e vana
per i comuni mortali, non era la cima, la vetta, ma la spinta, la spinta di Sisifo. Forse, questo è solo
l'inizio ... Bisogna vivere intensamente la propria vita, le proprie passioni, i propri sensi e pensieri, allora non
temeremo più del necessario la morte e il potere degli altri. Voglio terminare con alcune parole della stupenda lirica «Ai rassegnati » di Albert Libertad: «Il più
grande dei miei desideri è quello di vedervi scuotere dalla vostra rassegnazione, in un terribile
risveglio di vita. Non esiste paradiso futuro, non esiste avvenire, non vi è che il presente. Viviamo!
Viviamo! La rassegnazione è la morte. La rivolta è la vita».
|