Rivista Anarchica Online
Quando si suicida uno sballato
Impiccato nel bosco vicino a Cura di Vetralla il 6 settembre è stato ritrovato Massimino detto «'l
camelàin», ventisei anni, disoccupato, fricchettone, spesso sballato; sposato, separato, un figlio
piccino; una persona sola. Negli ultimi tempi probabilmente viveva nella sua capanna dopo aver
rifiutato la camera d'albergo, e pochi mesi fa era stato recluso a Villa Rosa, un istituto psichiatrico
fèmminile ecclesiastico di Viterbo che da anni è diventato il manicomio ufficioso della provincia,
convenzionato e finanziato dalla USL. Sui giornali locali ancora una volta la retorica dell'insano gesto e dei giovani incomprensibili,
lunari. La realtà è molto più atroce: nella provincia di Viterbo in questi nove mesi dell'83 si sono
suicidate 17 persone, perlopiù per impiccagione, soprattutto giovani ed anziani, le fasce sociali più
deboli, più aggredite. E non si tratta di insani gesti: è una scelta di morte indotta, provocata,
imposta, pianificata da una società che produce solo messaggi di morte, un sistema che opprime e
disumanizza. Viterbo: una provincia devastata dalla speculazione, dalla disoccupazione, dalle
servitù militari ed energetiche, dal dissesto ecologico, da una classe dirigente politica ed economica
che, quando non è corrotta, è comunque abbruttita nel feticismo del potere. A Viterbo è stata
ammazzata la speranza, il resto è necessaria conseguenza. A questo venefico squallore è necessario contrapporre la politica come progetto e processo di
liberazione, la coscienza e la partecipazione, le ragioni della rabbia e della speranza; alla logica
assassina del profitto che spoglia, alla «normalità» che schiaccia chi non s'adegua, al vampirismo
delle élites amministrative, alla perdita di senso e d'identità, contrapporre la nostra voglia di vivere,
la solidarietà, la rivoluzione. Per impedire altre impiccagioni ci opponiamo ai missili, alla legislazione di piombo, alla mafia che
ci governa, per impedire altre impiccagioni.
Peppe Sini (Viterbo)
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