Rivista Anarchica Online
Ma quale pace portano a Beirut?
«La sera dell'attacco le guardie hanno sparato due o tre caricatori. Mentre molti, compresi i signori
ufficiali, si cagavano sotto, noi sparavamo raffiche dopo raffiche senza renderci conto che rischiavamo
la pelle (... ) Da quella sera dormo col fucile sotto la branda. La paura è ormai dappertutto, altro che
«morale alto» come scrivono i giornali! Siamo tutti a pezzi psicologicamente (...) Ora i militari possono
essere obbligati a venire qui, gli ultimi arrivati non sono affatto volontari (...) Fra un po' dovro uscire
col camion e rientrerò stasera, sempre ammesso che non mi facciano saltare in aria con una bomba (...)
Vi ringrazio di cuore per il vostro pacco, Vi chiedo un'ultima cosa: volete mandarmi il fazzoletto
giallo? Mi serve perchè mi tiene fresco il collo. Se mi farete questo favore non vi dimenticherò mai». Ciò che avete appena letto sono brani della corrispondenza di uno di quei ragazzi che lo stato è riuscito
a truffare, convincendolo a partire volontario per Beirut a «portare la Pace». Sono immagini fugaci che
ci possono servire per comprendere, senza dover filtrare le demagogiche e strombazzanti dichiarazioni
che le autorità fanno attraverso i mass-media, chi realmente siano i componenti del contingente
italiano. Ciò che i mass-media tentano (di fare) è spacciare queste persone per i salvatori della pace. Arriva
l'esercito e torna la pace! Altro che disarmo, antimilitarismo, antiautoritarismo! E' l'esercito che
salvaguardia la pace... L'esercito, strumento di morte e inquadramento, diventa strumento di vita, un esempio per tutti. Invece
tra le parole di questo soldato non ce n'è una relativa alla «missione» che lo stato gli ha affidato. Egli
esprime costantemente il timore di morire: niente amor patrio, niente fedeltà alle istituzioni, solo paura
di morire. Il potere sa che l'esercito non è molto amato dalla società (il numero delle domande per il
servizio civile è enormemente aumentato), per ovviare a questa situazione è stata preparata una riforma
del servizio militare (prevede, tra l'altro, una certa facilità nel trovare lavoro per chi ha frequentato i
corsi delle Forze Armate) per rendere la pillola meno amara. Tutti i partiti sono favorevoli. La spedizione del contingente a Beirut ha permesso al potere di far penetrare nel corpo sociale elementi
di militarismo che tanto sono utili per un cambiamento in senso autoritario (della società) che, a parer
mio, si vuol far passare anche attraverso la già nominata riforma. Dobbiamo opporci a ciò. Ultimamente quando ci si accorge che il «nemico» sta tramando qualche cosa, si pensa che una nostra
opposizione sia inutile e la sconfitta inevitabile (il riflusso), a me, invece, pare che sia possibile mettere
i bastoni tra le ruote al potere, che sta usando i mass-media per presentare una realtà deformata. E'
proprio sul piano della verità che dobbiamo contrastare il potere, ribadire con forza qual è il vero ruolodell'esercito, urlare a gran voce la nostra voglia di vivere liberi. A tutto ciò (tematiche sacrosante,
ma generiche) va aggiunta la nostra protesta per la presenza delle truppe italiane in Libano, che ha
molte possibilità di incontrare il favore della gente, che provocherebbe un punto d'attrito tra masse
e potere che, vedendosi contraddetto sia sul piano della verità sia su quello delle decisioni pratiche,
si indebolirà.
Marco S. (Milano)
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