Rivista Anarchica Online
RASSEGNA LIBERTARIA
a cura della Redazione
Tierra y libertad fu la parola d'ordine della rivoluzione messicana, di Emiliano Zapata e di Pancho
Villa. E Tierra y libertad è, da quarant 'anni, il titolo di una pubblicazione periodica anarchica edita
in Messico. Proprio per festeggiare il compimento del quarto decennio, la redazione ha pubblicato
un numero speciale, «extraordinario», formato rivista, 68 pagine, copertina plastificata in
quadricromia. Numerose le traduzioni di articoli e saggi originariamente apparsi altrove: tra gli altri
John Clark, Pietro Ferrua, Murray Bookchin, Cornelius Castoriadis, George Woodcock, Fernando
Savater. Nell'editoriale d'apertura si ricorda il contesto mondiale a dir poco drammatico nel quale si
situò, nel luglio del '44, l'uscita del primo numero. La guerra in corso, il totalitarismo a soffocare
qualsiasi anelito di libertà in tanta parte del mondo, il silenzio al quale era da tempo costretta la
pubblicistica libertaria quasi ovunque. E, per gli anarchici spagnoli (e spagnoli esuli dopo la vittoria
franchista, furono anche gli iniziatori di Tierra y libertad), la tragica sconfitta delle lotte e delle
speranze esplose all'indomani del 19 luglio '36. Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata non poca. La redazione può dunque legittimamente
dichiararsi soddisfatta di aver «tenuto» per tanto tempo, sostenuta dalla solidarietà concreta di tanti
compagni un po' in tutto il mondo. Un punto d'orgoglio è poi la pubblicazione (qualche anno fà) del
primo volume dell'Enciclopedie anarchiste, originariamente realizzata negli anni '30 dall'anarchico
francese Sebastien Faure e recentemente tradotta (ed aggiornata) in castigliano appunto dalla
redazione di Tierra y libertad.
E' ormai diventato un appuntamento fisso. Ogni numero merita di essere segnalato. Così facciamo
anche con il n. 43-44 (settembre/ottobre) di Comunidad, la rivista libertaria edita (in castigliano) a
Stoccolma dall'omonimo gruppo/cooperativa, composto prevalentemente da esuli sudamericani che
tra i primi anni '50 ed i primi anni '70 dettero vita all'eccezionale esperienza della Comunidad del
Sur. Comunidad si occupa prevalentemente (ma non esclusivamente) della realtà latinoamericana.
Tra le molte cose interessanti, ne citiamo qui solo due. Il resoconto del 1° incontro libertario della
Colombia, tenutosi dal 20 al 22 luglio nel centro di Bogotà, con la partecipazione di quasi un
centinaio di «enamorados de la libertad» (così si esprime il corrispondente) provenienti anche da
Barranquilla, Cali, Medellin, Ibague. Ci sono state discussioni, relazioni, proiezioni di audiovisivi
(due specifiche sulle comunità indigene), performance teatrali, ecc .. Si è deciso di impegnarsi nel
progetto di una rivista libertaria su scala nazionale. E ci si è dati appuntamento l'anno prossimo a
Medellin, per il 2° incontro. L'altro testo che desideriamo segnalare è un'intervista a Douglas Bravo, una figura molto
significativa e per certi aspetti «mitica» della recente storia venezuelana. Chi negli anni intorno al
'68 seguiva con attenzione (e tanta partecipazione) le vicende della guerriglia latinoamericana, certo
ricorderà il nome di questo ex-leader del Partito Comunista Venezuelano, uscito dal partito sul
finire del '65 su posizioni guevariste. Bravo rifiutò infatti di ottemperare all'ordine di cessare
l'attività guerrigliera e dette vita al Partito della Rivoluzione Venezuelana, che proseguì per circa un
decennio l'attività armata. Anche in conseguenza del mutato clima politico venezuelano, Bravo ed i
suoi si sono poi allontanati dall'intransigenza «fochista», avvicinandosi a posizioni libertarie. In
seno allo stesso comitato centrale del PRV c'è oggi chi propone la modifica del nome in
«Movimiento libertario». Certo è che alcuni gruppi «douglisti» sono oggi molto attivi nei quartieri
popolari della capitale e nei sindacati. In occasione del 1° maggio è stato distribuito un volantino,
firmato «Movimiento libertario», nel quale le tematiche libertarie e autogestionarie sono
chiaramente espresse. Questa evoluzione in senso libertario di un intero movimento da anni
impegnato in una dura lotta e in profonde discussioni interne, è un fatto di grande significato, che
travalica i confini del Venezuela e può essere di ottimo auspicio per una ripresa libertaria in
America Latina.
I ferrovieri contro la riforma F.S. è il titolo di un opuscoletto curato dai compagni del comitato
d'agitazione del compartimento di Torino, un raggruppamento libertario di base del quale fanno
parte dalla fondazione anche i compagni ferrovieri della regione che anni fa avevano dato vita
all'esperienza del Movimento Autonomo di Base. «Il Comitato d'agitazione - così si presentano loro
stessi - è una struttura composta da ferrovieri immigrati, impegnata nella lotta per la difesa delle
condizioni di vita e di lavoro, del diritto di sciopero e di organizzazione, e per il trasferimento alle
regioni d'origine della massa dei ferrovieri meridionali impiegati al nord. Nel compartimento di
Torino il CdA è attivo da oltre 3 anni e ha condotto una lunga serie di lotte, con duri scioperi che
hanno richiamato sempre la partecipazione di diverse centinaia di ferrovieri, fino ad oltrepassare
anche il numero di mille. Oltre agli scioperi si sono svolte anche occupazioni delle sedi sindacali,
della direzione FS, ecc., conferenze, assemblee, quasi sempre in collegamento con organismi
consimili in altri compartimenti del nord. Attualmente, oltre ad uno sforzo organizzativo, il CdA è
impegnato in una lotta alla ristrutturazione e alla riforma delle FS, i cui contenuti repressivi e di
attacco alle condizioni di lavoro sono denunciati nell'opuscoletto in questione, che raccoglie il testo
di una conferenza tenuta a Torino nell'aprile scorso, all'inizio della campagna. Di recente le lotte
del Comitato hanno portato al ritiro di una normativa che tentava di bloccare per almeno 6 anni i
trasferimenti e che rappresentava nel contempo un modo per neutralizzare le lotte autonome
cresciute in questi ultimi anni».
Non c'è notte né mattino (poesie pensieri disegni dipinti sculture di Peppe Furia) è il titolo di un
volume curato dal Centro Studi Libertari di Napoli e nato - come si legge nell'ultima pagina del
volume - «per volontà dei familiari e dei compagni anarchici di Napoli e Crema». «Non è nostra intenzione - precisano sempre i curatori del volume - interessare i fruitori d'arte o di
poesia, in quanto l'esistenza di Peppe Furia è andata, per spesa umana e per contenuto, oltre
l'artistico. Dove è stato possibile, abbiamo utilizzato per i pensieri e per le poesie i manoscritti; per i
testi dattiloscritti si è mantenuta la forma originale dialettale». Il volume, infatti, è uscito postumo,
come omaggio alla memoria di Peppe Furia (nato nel '48 e morto il 16 maggio dello scorso anno):
un compagno, un uomo che ha vissuto dall'età di due anni (quando, cadendo da una scala, si ruppe
la spina dorsale) in una condizione drammatica, indescrivibile, di infermità fisica. Nessuna delle
molte operazioni cui si sottopose poté migliorare sostanzialmente la sua situazione. Ma Peppe non si rassegna, non si è mai rassegnato. Uomini e donne deformi non intaccano il
piacere estetico ma coinvolgono il nostro animo, scrive. E disegna, compone poesie, intrattiene
corrispondenza con i carcerati, riesce a far della sua casa un sicuro punto di riferimento per il
giovane movimento anarchico napoletano degli anni '70. Trasportato a braccia quando non c'è altro
modo, o con la sua carrozzella, partecipa a tante riunioni. Lo ricordiamo ad un'assemblea di «A» a
Roma (oltre che, naturalmente, a quella che tenemmo a Napoli). Lo ricordiamo con lo stesso affetto
e rispetto che hanno dimostrato i compagni che l'hanno voluto ricordare con quest'iniziativa che è
segno di profonda sensibilità.
«You can't blow up a social relationship», ovvero «non puoi far saltare in aria un sistema di
relazioni sociali» è il titolo di una dettagliata analisi critica del terrorismo e della lotta armata,
pubblicata sull'ultimo numero del periodico australiano Libertarian Workers Bulletin. La tesi di
fondo è sostanzialmente sintetizzata nel titolo: «il compito dei rivoluzionari - si legge tra l'altro - non è quello di prendere in mano il fucile, quanto quello di impegnarsi in un lavoro di lunga durata,
teso a coinvolgere un pubblico sempre più vasto nella comprensione di questa società. Dobbiamo
costruire un movimento che sappia collegare i molti problemi che la gente si trova davanti con la
necessità di una trasformazione rivoluzionaria, che attacchi tutte le pseudo-soluzioni (sia
individuali sia sociali) offerte all'interno di questa società, che tenda a demistificare le soluzioni
offerte dalla sinistra autoritaria. Un movimento che si basi sulla necessità dell'attività autogestita da
parte di coloro che intendono impegnarsi in questo senso. Noi abbiamo bisogno di presentare idee
socialiste che si fondino sull'eguaglianza e sulla libertà». Di qui l'impossibilità di pensare appunto
ad uno scontro in termini prevalentemente militari. Se anche potessimo «far saltare» questa società,
si chiedono i compagni australiani, con che cosa potrebbe venire rimpiazzata se a monte non ci
fosse stato prima tutto questo lavoro di analisi, di propaganda e di auto-organizzazione? Oltre a questo documento (che occupa le quattro pagine centrali del giornale), va segnalata la
vivacità grafica e redazionale di questa pubblicazione, ricca di informazioni soprattutto per quanto
riguarda la pubblicistica, l'editoria e le iniziative del movimento anarchico su scala internazionale.
Numerose anche le lettere .
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