Rivista Anarchica Online
Ma all'imbrunire le streghe possono tornare
Alessandra mia nonna, occhi neri come il carbone, sopracciglia demoniache, pelle liscia pelle
di luna, accanto al fuoco dei ceppi di olivo a raccontarmi favole di un tempo dai colori ricchi
di sapore, Alessandra non c'è più, eppure è qui, in questa terra di streghe, la percepisco perché
il mio viso è plasmato dalle sue carezze e i miei primi pensieri sono tessuti dal suo amore. Fu mia nonna nei suoi racconti, ricchi di una vecchia tradizione orale a parlarmi delle Bàggiure
(civette diventate donne, figlie uniche di madri che non potevano generare maschi) ovvero le
streghe di Triora, paese dell'entroterra imperiese ad una quarantina di chilometri da San Remo. In questo paesino di cinquecento anime nel XVI secolo si orchestrò e consumò uno dei più
atroci processi contro alcune presunte streghe. Le poverine sospettate di aver rapporti col
diavolo si incontravano in una zona deserta detta Cabotina. Sembra che fra i divertimenti più diabolici le Bàggiure giocassero a palla con i neonati,
lanciandosi le loro teste tra gli alberi; altro luogo di incontri più erotico era la fontana di
Campamare e della Noce dove le streghe si scatenavano nel sabba. Ma perché proprio Triora fu il regno di Lucifero? Il motivo è semplice: sul finire dell'estate del
1587 una carestia che durava da oltre due anni, scatenò l'ira di alcuni che convinsero il popolo
ad accusare le Bàggiure di corresponsabilità nella carestia; nelle facili credenze del tempo si
attribuì alle indemoniate il potere di inaridire le mammelle delle mucche e di impedire al grano
di germogliare. Orchestrata la campagna diffamatrice, ad ottobre giunsero a Triora un sacerdote, Girolamo del
Pozzo, quale inviato del vescovo di Albenga ed un vicario dell'inquisizione di Genova. I due
fecero allestire apposite carceri ed ordinarono l'arresto di una ventina di donne, dichiarando in
breve tempo colpevoli gran parte di esse. Iniziarono gli interrogatori e molte di quelle sventurate, sotto i tormenti dei preti inquisitori
cominciarono a denunciare le complici e all'inizio dell'anno successivo circa una trentina di
donne furono segnalate come streghe. Torturate, consumate dalla fame e dagli stenti del carcere, sottoposte a sommari processi, le
Bàggiure di Triora iniziarono a morire. Tra di esse anche una certa Caterina Capponi che, risulta
dai verbali dell'epoca, «senza tormento né minaccia alcuna, confessò le più esecrande
scelleratezze che immaginar si possono et spetialmente d'aver ucciso tre suoi propri figli e di
essere stata in rapporti con il diavolo. Era l'anno del signore 1589». Passeranno alcuni secoli ed in questi paesi altre tragedie si consuperanno, la meglio gioventù
fra torture e fucilazioni cadrà su questi monti. Oggi, anno orwelliano, sto scrivendo questa storia per ridare voce alla memoria e ricordare che
pentitismo, dissociazione, delazione sono frutti tanto amari quanto antichi. Ieri le Bàggiure, oggi
i «terroristi», «gli innominabili», «i diversi». Mi piace pensare che all'imbrunire queste streghe possono ancora terrorizzare i contadini nei
campi, e rapire i bambini che s'attardano nelle contrade, pensare ai nostri folletti nascosti negli
«ultimi» boschi e ai sospiri di speranza di coloro che osarono «andare oltre».
Edmondo Blancardi (Bordighera)
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