Rivista Anarchica Online
I.V.A. la terribile
di L. L.
Il primo gennaio 1973 entrerà in vigore l'I.V.A. (imposta sul
valore aggiunto): il mondo dell'industria
e degli affari rumoreggia, si parla di aumento di prezzi ed altre amenità di questo genere. I
lavoratori
stanno a guardare impotenti e già pensano alla diminuita capacità di acquisto dei loro
stipendi. Per comprendere quanto c'è di oggettivo nel rialzo dei prezzi e quanto invece
è dovuto a mene
speculatrici o a timore del nuovo, ci converrà innanzi tutto esaminare le caratteristiche e il
funzionamento di questa nuova imposta. L'I.V.A., al contrario dell'I.G.E., è un'imposta neutra,
cioè non
si incorpora nel costo del prodotto durante i suoi passaggi intermedi, ma colpisce unicamente i parziali
valori aggiunti sino alla fase della vendita al consumatore, momento in cui l'aliquota di imposta diviene
completa sul valore finale. La nuova imposta pone su un piano di maggiore concorrenzialità
le piccole imprese nei confronti delle
grandi imprese verticalizzate perché i più numerosi passaggi che avvengono nel primo
tipo di aziende
è parificato tributariamente ai minori o quasi inesistenti passaggi nel secondo tipo di
aziende. Vediamo il meccanismo dell'imposta, come verrà attuato praticamente. I
contribuenti (imprese ed altri
soggetti economici cessionari di beni o prestatori di servizi) pagheranno l'imposta sulle fatture dei loro
fornitori, incasseranno imposta dai loro clienti ed entro la fine del mese successivo a quello in cui sono
svolte le operazioni imponibili verseranno all'Erario l'imposta risultante dalla differenza tra quella pagata
e quella incassata. Questo è grosso modo il meccanismo dell'I.V.A.: i contribuenti di imposta
funzioneranno da esattori per conto dello stato, unico vero tassato sarà il contribuente finale,
cioè il
consumatore che non potrà rivalersi su nessuno per l'imposta pagata. L'entrata in vigore
dell'I.V.A. comporterà l'abolizione o l'attenuazione di numerose altre imposte,
l'imposta di consumo sparirà, l'imposta di registro avrà aliquote sensibilmente inferiori,
l'imposta
ipotecaria sarà meno gravosa e così per molte altre imposte. Si dovrebbe dedurre che
in teoria i prezzi
non dovrebbero aumentare nel loro complesso, perché ad una aliquota più elevata (le
aliquote dell'I.V.A.
sono del 6%, del 12%, e del 18% contro l'attuale 4% dell'I.G.E.) sul prezzo fatturato dovrebbe
corrispondere la non incorporazione, nel prezzo netto, dell'I.G.E. precedentemente pagata e la mancata
corresponsione dell'imposta di consumo (dazio) perché abolita. In breve, il carico fiscale totale
non
dovrebbe sostanzialmente mutare. Potremmo altresì rilevare che l'aumento di prezzo di un
prodotto
dovrebbe essere compensato da una riduzione di prezzi per altri prodotti. Tutto questo però
non avverrà, in primo luogo perché difficilmente la maggioranza delle industrie
italiane (cioè le piccole e le medie) saranno in grado di calcolare l'incidenza di I.G.E. incorporata
attualmente nelle materie prime che utilizzano, in secondo luogo perché anche qualora
riuscissero a
calcolare esattamente il valore incorporato non diminuiranno conseguentemente i prezzi ma cercheranno
di lucrare questo maggior utile. Le grandi industrie verticalizzate si troveranno invece ad applicare
prezzi maggiori causa la maggiore
incidenza dell'I.V.A. rispetto all'I.G.E. sul loro valore aggiunto che proprio perché imprese
verticalizzate
sarà maggiore. Ad esempio, considerato che in una grande impresa a produzione verticalizzata
l'incidenza di I.G.E. sia del 6%, considerato 100 più 6 di I.G.E., cioè 106 il prezzo oggi
fatturato, in
regime I.V.A. il prezzo sarà di 94 (prezzo decurtato dell'I.G.E. incorporata) più il 12%,
cioè 105,28. Quindi i prezzi aumenteranno e per cause oggettive e per cause soggettive.
Non bisogna dimenticare
inoltre che a causa della maggiore difficoltà di evasione parziale o totale delle imposte, gli
imprenditori
cercheranno di scaricare sul consumatore finale anche parte delle maggiori imposte dirette che dovranno
pagare. In definitiva i veri tassati saranno i lavoratori che percependo un reddito fisso non potranno
modificare le loro entrate in relazione all'aumentato costo della vita. Le piccole e medie imprese che
hanno osteggiato questa nuova imposta si ritroveranno, in parte,
avvantaggiate rispetto ai colossi dell'economia, così gli sfruttatori a formato ridotto potranno
tirare un
po' il fiato e riprendere con più energia la loro funzione. I grossi oligopoli assorbiranno bene,
data la loro
struttura, la prevedibile contrattazione della domanda dovuta all'aumento dei prezzi, anche
perché in
definitiva gli oligopoli hanno la possibilità di variare i prezzi senza che le loro capacità
reddituali vengano
intaccate in maniera sensibile. Se consideriamo che questo rialzo dei prezzi andrà ad inserirsi
in un rialzo generale e costante dovuto
alla continua e progressiva inflazione, vedremo ancora con maggiore preoccupazione cosa ci aspetta
domani e quale capacità di acquisto avranno i nostri salari e stipendi.
L. L.
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