Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 189
marzo 1992


Rivista Anarchica Online

Fino alla fine del mondo
di Elena Petrassi

Nel 1999 il mondo forse finirà, perché un satellite nucleare impazzito sta per precipitare sulla Terra.
Non esiste un luogo sicuro dove nascondersi e masse di gente terrorizzata si spostano da un luogo all'altro cercando di stabilirsi in una zona a bassa probabilità di impatto. E' una voce fuori campo che ci introduce nel vivo della storia, qualcuno che sta raccontando dopo che tutto è già accaduto. Claire, Solveig Dommartin, dopo aver vagabondato per qualche tempo decide di tornare a Parigi dove c'è qualcuno che la sta aspettando.
Ma nel viaggio di ritorno tra Venezia e Parigi si imbatte in uno sconosciuto che chiede di essere aiutato perché inseguito da qualcuno che vuole ucciderlo. Claire sarà ossessionata dall'uomo, William Hurt, e utilizzando i soldi di cui è entrata in possesso aiutando dei rapinatori, si getterà, spinta dal desiderio, sulle tracce di un uomo che non è chi sembra e che non sta fuggendo per i motivi che le ha raccontato. Il mistero è fitto, ma comunque irresistibile per una vagabonda come lei. Il narratore, colui che è stato il suo uomo, decide dopo qualche giorno di aiutarla, ma la Terra sembra diventata troppo piccola per nascondersi e per fuggire. Il viaggio all'inseguimento di Sam/Trevor, si snoda da Parigi a Berlino, per continuare tra Lisbona, Mosca, Tokyo, Pechino, San Francisco e infine l'Australia, tra gli aborigeni, che secondo una loro antica leggenda sono l'unico popolo a conoscere il giorno esatto in cui la grande onda sommergerà il continente e distruggerà il mondo intero.
Sam fa di tutto per evitare che Claire continui a seguirlo, ma vista la sua costanza e le difficoltà che è costretto ad affrontare, si vede costretto ad accettare il suo aiuto. Sam non è, come forse Claire aveva intuito, l'uomo che sembra. Avrebbe potuto essere una spia, o un ladro invece è un uomo che grazie ad una quasi magica invenzione di suo padre, una videocamera capace di trasformare le immagini in impulsi cerebrali, quindi di riversare direttamente le immagini nel cervello, sta ripercorrendo l'itinerario di fuga dei suoi genitori, ebrei tedeschi in fuga durante la seconda guerra mondiale.
Sam sta facendo tutto questo per sua madre, una severa e malinconica Jeanne Moreau, antropologa che vive nel deserto australiano con il marito. Ed è lì che Sam e Claire si troveranno alla fine del loro viaggio proprio quando il satellite è prossimo alla caduta, il giorno della fine del mondo.
Sam ha rischiato la vista per poter riprendere quante più immagini possibili e questo aveva costretto Claire ad effettuare lei stessa delle riprese. Così anche in Australia sarà grazie a lei che la madre di Sam potrà visualizzare le immagini di un mondo che le è estraneo sin dall'infanzia. Terminato il viaggio esterno, inizia da quel momento il viaggio interiore dei protagonisti. La videocamera è infatti capace di registrare gli impulsi cerebrali dei dormienti, cioè i loro sogni.
Se la madre di Sam si lascia morire perché non ha più nulla da vedere, Henri, l'inventore dello strumento, l'attore Max Von Sydow, Sam e Claire affondano giorno dopo giorno in una sorta di videodipendenza onirica. Trascorrono le giornate a riguardare senza sosta le registrazioni dei loro sogni, dove si rivedono bambini e grazie alle quali si illudono di poter ritrovare il loro essere profondo, quello che la vita e il tempo hanno accuratamente celato.
Dal delirio si salva solo lo scrittore Eugene, la voce narrante appunto che è invece immerso nella narrazione delle vicende che lo hanno portato a visitare tutto il mondo. Sarà grazie a lui, vittoria della parola scritta sull'immagine dunque, che Claire si ritroverà.
E una notte tra gli aborigeni, i cui anziani sono i custodi del Sonno, quindi dei sogni di tutti, sarà la cura definitiva.
Un film sulle immagini dunque, e sui danni che l'eccesso di immagini sta causando nella nostra cultura, ma in ogni caso un film ottimista dove la parola vince, non sono certo casuali le riprese di due libri, in tempi diversi del film, uno di Goethe, forse le affinità elettive ma non sono sicura, l'altro Walt Whitman, autore di "Foglie d'erba", un percorso dall'Europa all'America dunque, per lo scrittore che a un certo punto perde il libro di Goethe. Le immagini si riversano senza sosta e lasciano senza fiato, tutto è eccessivo almeno nella prima parte del film; la seconda parte forse risente dei tagli causati dai soliti problemi di distribuzione ma è quella che preferisco, forse anche perché l'Australia e la vita tra gli aborigeni hanno rievocato in me il libro di Bruce Chatwin "Le vie dei canti", ad essi dedicato, così Chatwin racconta la creazione del mondo secondo gli aborigeni: "Gli uomini del tempo antico percorsero tutto il mondo cantando; cantarono i fiumi e le catene di montagne, le saline e le dune di sabbia. Andarono a caccia, mangiarono, fecero l'amore, danzarono, uccisero, in ogni punto delle loro piste lasciarono una scia di musica. Avvolsero il mondo intero in una rete di canto, e infine, quando ebbero cantato, si sentirono stanchi".
E nel film, pur riconoscendo la diversa portata delle due storie, la musica e il canto, moderni, occidentali, sono tra gli elementi costitutivi della magia della storia narrata. Il mondo alla fine non cesserà di esistere, ma non sarà più lo stesso per nessuno dei personaggi di questa vicenda.