Cari compagni, mi permetto due osservazioni su altrettanti temi di feroce attualità
che spesso vedo commentare
su "A".
Pensate a questa vignetta: in primo piano la bara di Marx, che viene deposta da zelanti becchini in tutina di
Armani. A fianco si erge la figura scura di un vecchio, vecchissimo, col dito puntato verso la tomba e un sorriso
appena percettibile nell'espressione accigliata. E' il Bakunin che, fiero e tremebondo si prende la rivincita sulla
storia. Dietro, sullo sfondo, seduto comodamente sul cofano di una Mercedes sta un signore grassoccio con
giacca, dollari in tasca e jeans Levi's, si sganascia dalle risate e applaude a questo teatrino.
E' humour nero, lo so bene. Ma troppo spesso mi vengono in mente immagini come questa quando penso
insieme alla scena politica, alle idiozie che i pubblici mentitori trasmettono sui mass-media e alle risposte,
commenti e battute di parte anarchica.
Guardiamoci negli occhi. La situazione internazionale è punto rosea: il crollo per deficit dei regimi
sovietici
è certamente una buona cosa tutto sommato, ma, per favore, non uniamoci al coro di "W la morte del
Comunismo" perché, a parte la cattiva fede di quelli che oggi dicono questo e quindi il disgusto per tale
compagnia, si sa che la catena di uguaglianze continua sfortunatamente con "W la morte del Socialismo", "W
la morte dell'Utopia, di ogni utopia".
Ma altri prima di me e meglio di me sono intervenuti su questa rivista per fare presente questo pericolo e quindi
taglierò corto. Ci sono le elezioni. Non mi dichiaro anarchico (in questa sede) e non voglio insegnare
niente a
nessuno scrivendo da questo pulpito.
Astensione si dice, certo, astensione. Ma con cautela. In Inghilterra, negli USA e in altri civilissimi e
democraticissimi paesi di norma vota meno del 40% degli aventi diritto. Forse che in questi paesi il governante
eletto è (si sente) meno legittimato nella sua carica? No.
Un vecchio anarchico qualche giorno fa, mentre si stava prendendo una decisione per alzata di mano,
sorridendo, diceva di non aver mai votato in vita sua, IN NESSUNA OCCASIONE.
Benissimo. Sono convinto che se nessuno votasse il mondo andrebbe meglio di come va ora, ovvero che la
società sopravviva NONOSTANTE lo Stato e non grazie ad esso.
Ma, come disse tre anni fa qui a Milano Murray Bookchin, "smettiamola di fare i puri". Che per me vuol dire:
ogni contingenza richiede analisi, giudizi e decisioni sue proprie. I grandi sistemi teorici non hanno più
possibilità d'essere, come già pensavano e dicevano Adorno & compagni negli anni Trenta.
Il non voto può
essere un degnissimo strumento di lotta, un gesto di stizza, una dichiarazione di resa, una dimenticanza. Ma non
lo considero un valore in sé. Come lo sciopero: ricordate i recenti scioperi dei tranvieri milanesi contro
i
marocchini?... I valori ce li figuriamo sopra le porte, poco corruttibili dal tempo. Ma gli strumenti politici sono
un'altra faccenda.
Mi sembra importante, allora, cosa si fa giorno per giorno, secondo voglia e possibilità, per migliorare
lo stato
di cose presente, per dar vita a gruppi, strutture, informazioni che in qualche modo svuotino di significato e
quindi potere gli apparati statali, gli uffici amministrativi, i monopoli industriali, la grande stampa... Fino a
quando qualcosa è effettivamente importante difficilmente si riesce a convincere molta gente ad
ignorarla.
Sono d'accordo, il potere corrompe sempre. E fa spavento rileggere le pagine in cui un secolo fa Kropotkin
"analizza" spietatamente il sistema di rappresentanza elettorale attraverso la lente del parlamento francese. E
oggi, in Italia, la "democrazia" è conciata ancora peggio. E nonostante questo sento il dovere di
distinguere
sempre e comunque: Orlando non è Salvo Lima. Ogni generalizzazione rischia di fare il
gioco degli "altri"
semplificando l'esistente (lottiamo contro ogni sorta di entropia concettuale, azzarderei se fossi un fisico).
Insomma quel che è peggio non è che si dia un voto alla Rete o a Rifondazione, ma il fatto che
il voto e per
estensione i governanti contino così tanto per la nostra vita, ne determinino in gran parte l'andamento,
nostro
malgrado.
Ho più stima per l'agnostico che per l'ateo in cerca di proseliti: per me il problema non sta nel
convincersi che
Dio esista oppure no, ma nel fatto che milioni di persone sentano il bisogno di una chiesa.