Rivista Anarchica Online
I faraoni vanno sulla luna
di R. Brosio
La gara spaziale U.S.A.-U.R.S.S.
La scienza inutile
È ripresa, dopo un breve periodo di stasi, la corsa allo spazio dei due colossi mondiali, e con
essa il
battage pubblicitario intorno a queste cosiddette grandi conquiste della nostra epoca. Ma nel vortice delle
discussioni tecniche, delle polemiche e dei pareri qualificati, nessuno si è fermato a spiegare
quello che
invece sembrerebbe più logico, e cioè perché si va sulla luna? Qual è,
al di là della gloria puramente
sportiva, lo scopo concreto di questi voli, quali i vantaggi reali che se ne possono ottenere, quale l'utile
economico? Sono risposte, queste, di cui ci stiamo sempre più abituando a fare a meno. Non
vogliamo fare il discorso superficiale di chi dice "vanno lassù, mentre c'è ancora tanto
da fare
quaggiù", anche perché non è certamente dalle tecnocrazie americane e
sovietiche che ci aspettiamo la
risoluzione dei problemi che ci interessano. Né, d'altro canto, ci sembra che questi avvenimenti
possano
essere interpretati in termini puramente militari o politici. È pur vero che alcuni voli spaziali
possono esser
usati per distrarre l'attenzione delle masse da fatti più importanti: le ultime due imprese lunari
degli Stati
Uniti hanno coinciso, stranamente, con due nuove aggressioni nel sud-est asiatico (Cambogia e Laos).
Ma, l'effetto di paravento non è stato tale da giustificare, da solo, la spesa e i programmi per il
futuro. Il fatto è che anche le spiegazioni ufficiali al riguardo sono manchevoli e distratte.
Come se il problema
fosse già stato risolto da un pezzo, mentre invece ci siamo trovati a passare, in pochi anni, dalle
"capriole
spaziali" agli sbarchi sulla luna, senza mai sapere veramente il perché. Questo è il
progresso, si dice, l'aspetto moderno della ricerca scientifica, cui tutti i paesi industrialmente
progrediti hanno sempre dedicato parte notevole delle proprie energie. E si pretende che questo basti a
giustificare l'intero programma Apollo americano, i satelliti artificiali, le sonde su Venere, il Lunachod
e tutto il resto. La ricerca scientifica organizzata è qualcosa di relativamente recente, legata
strettamente al sorgere
dell'industria, ed agli inizi è stata, per così dire, al servizio dell'industria stessa. Che gli
"scienziati" lo
volessero o no, nei laboratori e negli istituti di ricerca venivano progettati sperimentati ricercati quei
materiali e quelle tecniche che l'industria richiedeva e di cui aveva bisogno per produrre beni di consumo
da vendere. Il più delle volte, questo rapporto non era sancito giuridicamente. Ma, il risultato era
ugualmente quello descritto, perché, quali che fossero le ricerche che la scienza intraprendeva
solo quelle
che interessavano l'industria, che cioè avevano un interesse produttivo, venivano continuate e
sviluppate.
Per la verità, questo è quanto si verifica ancora oggi in un buon numero di casi. Nel
caso che ci interessa, invece, il rapporto si inverte. Sono i grandi complessi industriali che sono al
servizio della ricerca scientifica, se così vogliamo chiamarla. Le sezioni missilistiche delle
industrie
aeronautiche americane, o il loro equivalente russo, non avrebbero ragione di esistere, in gran parte, se
non esistessero i vari progetti Mercury, Apollo, eccetera. Qui, è la ricerca scientifica che
dà gli ordini, che richiede all'industria quel certo propellente, quel certo
congegno, quel certo computer. E li richiede per scopi suoi, che con la produzione e la vendita dei beni
di consumo non hanno nulla a che vedere. È già tanto se, qualche volta, è
possibile recuperare qualche
soldino dei miliardi spesi per fotografare l'altra faccia della luna, utilizzando il materiale inventato per
rivestire una capsula spaziale, anche come isolante, ad esempio, per i frigoriferi o tute per i pompieri (*).
Si potrebbe obiettare che questa situazione, pur corrispondendo alla realtà, non riveste
però l'importanza
che noi le attribuiamo. Infatti, industrie che forniscono alla scienza gli strumenti di cui abbisogna, e che,
come tali, vivono quindi al servizio di essa, sono sempre esistite. Ma l'obiezione non regge. Intanto la
differenza di mole, nei due casi, è spaventosa. È assurdo voler equiparare la fabbrichetta
di vetrerie
scientifiche alla sezione missilistica della Lockheed o al suo equivalente sovietico. È assurdo
voler considerare alla stessa stregua una apparecchio di kipp, fatto di tre bocce di vetro, e un
razzo vettore, un distillatore da laboratorio e una piattaforma di lancio, un camice e una tuta spaziale.
Tra
questi fatti c'è un abisso, di miliardi investiti, di migliaia di tecnici all'opera, di energie spese, di
rischio e
di complessità. Se le differenze quantitative hanno un senso, questo è proprio il caso di
tenerle presenti. Ma, c'è un'altra considerazione da fare. Gli strumenti scientifici, di norma,
hanno tutti uno scopo concreto
ben preciso. Una provetta serve a eseguire una analisi o a coltivare microrganismi. Un Kipp serve a
fabbricare l'idrogeno in laboratorio. Ma se un razzo è lo strumento di una ricerca scientifica allo
stesso
modo di una provetta o di un Kipp, a cosa serve? Il primo stadio serve a portare in quota il secondo, il
secondo a portare in quota il terzo, il terzo a portare in orbita la capsula per mezzo della quale
l'astronauta
che la occupa esegue quelle prove, quei rilevamenti e quegli esercizi necessari per progettare e realizzare
un'impresa successiva. Cioè per costruirne un altro razzo che porterà in orbita un'altra
capsula con dentro
un altro astronauta, che seguirà altre prove, altri rilevamenti e altri esercizi, che verranno utilizzati
per una
terza impresa dello stesso genere. E così via, in una specie di circolo vizioso, dal quale è
ben difficile
uscire onorevolmente, senza abbandonare la ragione per dire assurdità fantascientifiche. In
questi "moderni aspetti della ricerca", ricerca e scopo della ricerca, strumenti usati e funzione degli
strumenti, sono tutt'uno, coincidono. Come se un tizio spendesse cinque milioni per un microscopio
elettronico, per dimostrare con studi approfonditi che esso funziona alla perfezione. E non un paradosso.
Ieri si sparava un razzo fuori dall'atmosfera ed era un successo l'esserci riusciti. La "ricerca scientifica"
aveva dimostrato che era possibile sparare un razzo fuori dall'atmosfera. Oggi, alcuni robot umani,
imprigionati in corazze di nylon e plastica, dopo un allenamento eccezionale, raccolgono, per mezzo di
complicatissimi aggeggi, mezzo chilo di sassi dalla superficie di un pianeta morto e desolato.
Dimostrando
così che è possibile, imprigionati in corazze di nylon e plastica, dopo un allenamento
eccezionale,
raccogliere mezzo chilo di sassi da un pianeta desolato. La "ricerca scientifica" ha colto un altro
successo. In conclusione, se questa è la scienza moderna, è chiaro che essa sta
perdendo i contatti con la realtà, per
diventare una sorta di esercitazione sportiva fine a se stessa. E tutto sommato, l'ironia è fuori di
luogo.
Lo è quando si pensi ai miliardi sprecati, alle vite umane sacrificate (per ora sono poche, ma
abbiamo
appena cominciato), alla massa di energie, di cervelli e di tempo, sottratti alla produzione. Lo è,
quando
si pensi che, mentre l'Italia compie i suoi stitici sforzi per seguire anche lei quella misteriosa entità
chiamata progresso, per lanciare anche lei il suo missiluccio o un suo satellitino, il bracciante siciliano
zappa la terra, e produce usando uno strumento di venti secoli fa. Ma d'altronde tutto questo
è logico. Proprio quella ricerca scientifica che ora sta gloriosamente
abbandonando il cammino della ragione, era un tempo (come si faceva notare più sopra) al
servizio
dell'industria, cioè della produzione dei beni di consumo. Proprio per questo, la produzione ha
potuto
svilupparsi, espandersi, nel modo che tutti conosciamo. Ma a mano a mano che essa cresceva, cresceva
con lei la necessità che fosse controllata dall'alto, riorganizzata di pari passo col suo sviluppo,
programmata per impedire che diventasse ipertrofica e irrazionale. E la vecchia classe borghese che si
preoccupava solo di vendere e produceva per questo scopo, è stata sostituita a poco a poco dalle
tecnoburocrazie in grado di sopperire a quelle necessità, preoccupate solo di dare un assetto
stabile e
razionale alla produzione. Un assetto stabile, soprattutto. Perché non si può
organizzare e controllare ciò che è fluido e dinamico.
Il che vuol dire che lo sviluppo produttivo più aumenta e più tende a rallentare e alla fine,
inevitabilmente,
a bloccarsi, per cristallizzarsi nella forma che i nuovi padroni reputano la più opportuna.
All'ossessione
produttiva dei secoli d'oro della borghesia (d'oro per la borghesia, naturalmente), si va sostituendo la
fissità programmata di un nuovo feudalesimo. La ricerca scientifica perde perciò il
suo scopo originario, che era creare nuovi materiali, nuove tecniche,
per la produzione e la vendita. I nuovi padroni non si fanno concorrenza sui mercati, non devono
vendere
più del vicino, per restare a galla. Essi amano svegliarsi la mattina e vedere che tutto è
ancora come
l'hanno lasciato prima di andare a dormire, ogni cosa al suo posto, ogni individuo che svolge
coscienziosamente il lavoro assegnatogli, ogni rotellina che gira ben oliata e senza attriti, nell'immenso
congegno che sta immobile. E la scienza sciolta dai vincoli che aveva con la produzione perde i contatti
con la realtà, diventa qualcosa di astratto, l'ansia dell'uomo di superare le barriere imposte dalla
natura,
il progresso della logica imperscrutabile, la scienza pura, staccata finalmente dalle prosaiche
preoccupazioni del vendere e del produrre. Mito. O meglio, strumenti per realizzare i propri miti. Cosa
ci può essere di più bello, per uno dei nuovi imperatori della programmazione, che una
macchina
mostruosa, alta come una casa, piena di mille meccanismi complicatissimi, di mille parti che ingranano
le une nelle altre, zeppa di contatti, di fili e di viti, che... funziona. Così come era stato previsto,
progettato, programmato. E quale altro spettacolo può rallegrarlo come la vista dell'esercito dei
suoi
vassalli, valvassori e valvassini, efficiente e ben ordinato, che attorno a questa macchina lavora, indaga
e organizza. Quale simbolo del suo potere e dell'essenza del suo potere è più rispondente
di questo? Il nuovo feudalesimo celebra così suoi trionfi. I faraoni egiziani usavano le
conoscenze costruttive
dell'epoca per innalzare piramidi che cantassero la loro gloria nei secoli. I nuovi faraoni vanno sulla
luna.
R. Brosio
(*) Nella foga di trovare e dimostrare una qualche utilità in queste imprese assurde,
i protagonisti di
stato arrivano ad estremi ridicoli. Ad esempio qualche settimana fa la televisione ci ha mostrato
un'enorme apparecchiatura (grande come una stanza, del costo certamente di miliardi) che è stata
costruita per il controllo delle pulsazioni degli astronauti e ci ha detto che essa sarà utilissima
all'umanità perché potrà servire per ascoltare il battito cardiaco della madre e del
feto prima e durante
il parto! Forse servirà per qualche signora Onassis-Kennedy, certo non per i milioni di donne che
ogni
giorno partoriscono e neppure alle migliaia che ogni giorno hanno parti difficili.
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