Rivista Anarchica Online
Noi del Social Ecology Project
Città e municipalismo libertario di Dario Padovan («A»
204, novembre 1993) offre un eccellente riassunto di
molte delle idee di Murray Bookchin sul municipalismo libertario. Nonostante le idee che Dario sviluppa nel
suo articolo, spaziando dalla politica alla storia, dall'antropologia alla sociologia, nonché alcune parole
e
formulazioni impiegate, per quanto tradotte, appartengono a Bookchin, il nome di quest'ultimo è
spiacevolmente
assente. Sia come sia, ci sono alcuni punti del suo scritto che mi piacerebbe commentare. Per Dario, come
per noi del Social Ecology Project, il municipalismo libertario non può chiaramente essere un
mero esercizio accademico, e infatti egli sollecita i suoi lettori sottolineando la necessità di tradurlo in
pratica.
In caso contrario, «la fine della città può forse coincidere con la fine delle possibilità
di libertà». E ovviamente
siamo d'accordo con lui che «dobbiamo avere invece il coraggio intellettuale, politico e pratico di contrapporre
alla metropoli ... e all'economia di mercato ... strutture che furono alla base della società per millenni»,
e con
tutto il senso dell'urgenza qui espresso. Ma quando Dario afferma che «nelle nostre menti l'idea di una
società ecologica e libertaria» (forma)
«l'immaginario», sembra cominci a relegare il progetto del municipalismo libertario nel regno di un
«immaginario» lacaniano o castoriadeano, un mondo transitorio di fantasie separato dalla continuità
dello
sviluppo storico. Non è certamente mia intenzione ignorare la fondamentale importanza della
soggettività nel
municipalismo libertario, tuttavia Dario sembra quasi voler assegnare al municipalismo libertario una sorta di
qualità mitica quando scrive: «Ora, tutto questo discorso sulla città è evidentemente
un discorso ideale». Questa
impressione è rafforzata dalla mancanza nell'articolo di una discussione della prassi. Nel caso i
lettori di «A - Rivista Anarchica» si sono fatti un'idea sbagliata, desidero sottolineare che il
municipalismo libertario di Bookchin promuove un ideale sociale fondato su possibilità e una storia
assolutamente reali, il contrario di un attraente «ideale» senza alcun concreto significato in termini di effettivo
cambiamento della società attuale, lontano dall'«immaginario» castoriadeano, così come dal
«mito» soreliano.
E tanto meno Bookchin guarda al municipalismo libertario come a un esercizio teoretico, utile solo a
discussione accademiche. Urbanisation Without Cities, nel quale Bookchin sviluppa
più compiutamente gli aspetti programmatici del
municipalismo libertario, aspetta di essere ancora tradotto in italiano. Tuttavia i lettori di «A» dovrebbero
sapere
che il municipalismo libertario di Bookchin presenta una politica estremamente pratica e realistica sul terreno
della città. Si tratta della ridefinizione di una politica vitale che non si fonda esclusivamente sulle
creazione di
una democrazia partecipativa ma invita, con argomentazioni incalzanti, alla municipalizzazione dell'economia
(distinta dalle nozioni marxiste di economia nazionalizzata, da quelle sindacali di controllo operaio,
nonché da
quelle borghesi di proprietà privata). Chiama i gruppi locali a organizzarsi, a tracciare un programma
politico
che stimoli la democratizzazione della città (o dei quartieri, nel caso di una città di grandi
dimensioni), a
promuovere candidati su questa piattaforma e cercare di creare una nuova cultura politica in opposizione allo
Stato? Dapprima questo sarà inevitabilmente un processo di educazione, di creazione di una nuova sfera
pubblica e di una nuova politica educando i cittadini a misurarsi con la democrazia durante le campagne
elettorali. I gruppi municipalisti libertari dovrebbero proporre nuove istituzioni democratiche di base, anche se
inizialmente il potere di questi gruppi sarà soltanto morale e non certo strutturale; in seguito, partendo
da questa
base istituzionale che si auspica in crescita, essi dovrebbero riuscire a provocare scismi di vasta portata che li
condurranno a un'aperta opposizione al potere dello Stato. Ciò che è importante
puntualizzare è che le municipalità libertarie non potrebbero esistere isolate. Dovrebbero
emergere numerose, consentire la creazione di un'articolata rete di attivisti, nell'Italia centro-settentrionale o
in Inghilterra. Nel momento in cui queste municipalità cominciassero a istituire forme dirette di
democrazia,
essi dovrebbero proseguire nella loro opera fondando confederazioni regionali e a raggio ancora più
ampio.
Purtroppo questa dimensione confederale del municipalismo libertario nell'articolo di Dario manca. Un
municipalismo libertario basato unicamente su una singola città, su una singola polis, o su un singolo
comune,
temo incoraggerebbe più plausibilmente il localismo e il provincialismo piuttosto che la fondamentale
interdipendenza necessaria per superare il campanilismo comunale. Inoltre, sarebbe incapace di fare i conti con
le numerose, inevitabili complessità della tecnologia e dell'economia moderne. Per concludere,
fallirebbe nel
promuovere il collegamento di potere delle stesse, un contropotere o un potere doppio
contro l'autorità e la
legittimità della nazione-Stato, con l'obiettivo finale di sconfiggerlo. Sarebbe una disgrazia se,
mancando questa
dimensione pratica, il municipalismo libertario diventasse un esercizio storico accademico, o un mero
«immaginario».
Janet Biehl (Vermont - USA) (traduzione di Stefano Vivi ani)
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