Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Difenderci dai trucchi
In quell'agosto del 1572, la scelta di Parigi, come meta di turismo per una famiglia di religione protestante,
non
era delle più felici. Non tanto per l'afa, quanto per la presenza, particolarmente molesta, di cattolici. Il
18 erano
state celebrate le nozze tra Margherita di Valois (a malapena ventenne, cattolica, Margot per i numerosi amici)
ed Enrico di Navarra (futuro Enrico IV, re di Francia, protestante) - nozze che, nei piani orditi dal cardinale di
Borbone e, forse, da Caterina de' Medici, avrebbero dovuto pacificare definitivamente il popolo di religione
diversa in un unico abbraccio. Ma, guarda un po' come vanno le cose e quando meno te l'aspetti, il24 - la famosa
notte di San Bartolomeo -, i cattolici decidono di profittare dell'occasione di così tanti e importanti
protestanti ivi
riuniti per i festeggiamenti e passare a una strategia di pacificazione più efficace. Nello stile di quel
cattolicesimo
che piace tanto all'attuale Presidente della nostra Camera dei Deputati, li ammazzano tutti. Tranne uno, Enrico,
cui chiedono l'abiura. A quei giorni, a quella bassa macelleria ed al romanzo che, nel 1845, ne ha ricavato
Alexandre Dumas (padre),
si ispira La regina Margot di Patrice Chereau, film che si
avvale delle sensualità carnali di Isabelle Adjani
(Margot, ovviamente), dei sudori appiccicosi e presumibilmente ammorbanti di Daniel Auteuil (Enrico), della
maschera cannibalesca di Virna Lisi (una Caterina de' Medici subdola e perversa disegnata come un ibrido fra
Nosferatu il vampiro e il mago cattivo, cartone animato, della Rosa di Baghdad),
delle febbrili morbosità di Jean-Hugues Anglade (Carlo IX, uno dei figli di Caterina, e imbelle
sovrano del momento), nonché di uno stuolo di
assuefatti agli emoderivati che si danno da fare per restituirci, come si suoi dire, verità storica. Una
verità storica,
beninteso, da spruzzarsi - un po' come accade nella vetrina del fiorista - su di una base inequivocabilmente, e
dichiaratamente, romanzesca. La Margot che ci tramanda la storia sembra il codice genetico di ogni
nequizia e dissolutezza. Tramerà, cercherà
più con le cattive che con le buone di metter su «regno» per conto suo, passerà di amante in
amante e, soprattutto,
inesauribilmente assatanata di sesso, vagherà nottetempo nella suburra per farsi possedere dal primo
sconosciuto
erettile che le capita a tiro. La Margot in versione Adjani, povera cara, esce di notte una volta e, alla prima botta,
si innamora. È colta da indicibili strazi umanitari, vorrebbe che cattolici e protestanti si dessero, al
più, amichevoli
pacche sulle spalle, si affanna per un marito che non ama; dall'alto della sua mansuetudine vorrebbe tutti liberi
e sereni, ed è solo per bontà di cuore e per onorare devotamente le tradizioni nobiliari che non
si è negata a
qualche rapporto incestuoso. Timorata di Dio e incline al bene, profonde energie a destra ed a manca come una
crocerossina - gratta gratta e scopri che Maria Goretti doveva averla come ascendente. Se il film, insomma,
tende
al rispetto del contesto storico (con l'occhio alla storia della pittura, con l'attenzione scrupolosa a certi aspetti
della
quotidianità - come va molto oggidì credendo di inaugurare chissà quale «nuova
storia»), quando inquadra il suo
personaggio deraglia vistosamente: Margot, lì dentro, ci vive soltanto una zuccherosa storia d'amore.
Non a caso,
a testa dell'amante bell'e staccata, imbalsamata e portata amorevolmente via nel suo fagottino, l'immagine del
bel
visino di Margot sfuma e il regista ci manda tutti a casa. Ne risulta, dunque, un film tutto giocato sulla
tecnica del tranche de vie. Non solo, fuor di metafora, per le varie
pratiche autoptiche ammannite allo spettatore, ma per il particolare modo con cui da una vita intera - quella di
Margot - si è cavato per selezione giudiziosa una serie di elementi che, risultando funzionali ad un
singolo
episodio, contribuissero ad una tesi implicita, ovverosia alla valorizzazione in positivo dell'invece
discutibilissima
«eroina» in questione. Tra i molteplici amanti a disposizione, per esempio, finisce in sceneggiatura lo sfortunato
protestante signor La Mole perché si ritrova decollato, ma se costui ci avesse lasciato le penne per
un'enterocolite,
tutto lascia presagire che l'onore della cronaca sarebbe toccato ad un altro. Se, insomma, il criterio che guida
il
tranche de vie è quello che mira al romanzesco ed al fumetto consolatorio non è
con qualche palata di sporcizia
che si garantisce l'autenticità storica. Diciamo che da nuovi trucchi dobbiamo imparare a difenderci.
P.S. Il corpo umano è un oggetto storico come un altro. Bene, assumendo questo punto di vista
La regina Margot
pone, almeno, un problema. Avete presente il flehmen? È quella caratteristica posa di certi
mammiferi che
consiste nell'aprire leggermente la bocca, ritraendo il labbro superiore, scoprendo parzialmente la dentatura e
sollevando il capo. Solitamente, viene assunta nel periodo della riproduzione dopo un moderato prelievo di urina
ed un'approfondita usmata di vulva. È stata descritta dall'etologo Karl Max Schneider (in Das
Flehmen, 1930)
ed è oggi ampiamente rappresentata tra gli umani dalle signorine Parietti Alba e Dellera Francesca -
tanto
ampiamente che, da posa straordinaria, una tantum, si è in loro trasformata (anche artificialmente, si
dice) in posa
ordinaria, assecondando così il mercato della semiosi sessuale. Vedere, per credere, il flehmen della
signorina
Adjani Isabelle, esibito fra rantolii e sussulti.. Per credere a come il corpo venga manipolato a fini ideologici.
Sono pronto a un confronto con le «vere» labbra della regina Margot.
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