Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
L'handicap consolante
La figura dell'"idiota sapiente" ha spesso suscitato stupore e curiosità in psichiatri e altre
categorie di questurini. Perlopiù è gran manipolatore di numeri o dotato di memoria
prodigiosa - tanto prodigiosa da far pensare, per l'appunto, che l'handicap consista
proprio in ciò. Oliver Sacks, ne L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello
(Milano
1986), dedica all'argomento alcune preziose osservazioni. Racconta, per esempio, del
melomane enciclopedico - un suo paziente che aveva avuto una gravissima meningite in
età infantile e che, da adulto, ricordava non solo la musica di duemila opere "ma anche
tutti i cantanti che avevano preso parte alle innumerevoli rappresentazioni e ogni
particolare dell'allestimento, della regia, dei costumi e delle scene" e, fra l'altro, sapeva
perfettamente a memoria il Dictionary of music and musicians del Grove, un dizionario
in nove volumi pubblicato nel 1954. Sacks, per fare un altro esempio, racconta anche il
caso dei due gemelli John e Michael divenuti famosi perché in grado di dire a che giorno
della settimana corrisponde una qualsiasi data, passata o futura, anche lontanissima
migliaia di anni. Si tratta, ovviamente, di casi penosi, mai disgiunti da qualche forma di
sofferenza anche se, nel nostro mondo, non è mancato chi ha voluto specularci sopra -
magari facendone "spettacolo". Nel cinema, una figura
magistrale e tutta particolare di "idiota sapiente" era stata
disegnata da Peter Sellers in Oltre il giardino. Vi si dimostrava la doppiezza del
linguaggio dei potenti accreditando nel loro contesto un potente fasullo, un
"inconsapevole" e "puro" la cui smozzicata banalità veniva interpretata metaforicamente
e quindi caricata di preziosi e profondi significati. Attraverso la critica del linguaggio si
colpiva al cuore un sistema, edulcorando qua e là "giudiziosamente" perché la commedia
deve rimanere commedia e perché l'America deve, malgrado tutto, rimanere un grande
Paese. Ora è la volta di Forrest
Gump, film non a caso baciato nell'ampia fronte dal successo
in merito dell'astuta regia dell'astuto Zemeckis e della dovizia di quattrini investiti. Il
personaggio è costruito con strumenti di precisione per conferirgli la "diversità" fino al
punto in cui "faccia simpatia", ma non crei imbarazzo né tanto meno ribrezzo. La ricetta
è semplice: si prende Tom Hanks e gli si spunta i capelli quanto basti per indurre ad un
sospetto di macrocefalia, gli si stranisce il tono ed i tempi della voce, gli si affida l'io
narrante e si abbonda di elementi espliciti nelle sue comunicazioni (approfittando del
fatto che chi partecipa a pieno diritto di una società ne condivide gli impliciti nel
comunicare con i suoi membri). In più, gli si raccomanda di mantenere una certa rigidità
articolatoria, specie a livello di cervicale, nei movimenti. Ecco dunque bello e fatto il
motore della commozione e del divertimento all'americana. Gli si fa dire una cosa e se
ne fa vedere un'altra - e la gente ride; quando la disparità va a suo danno, la gente
compartecipa contrita. Di trama non ce n'è praticamente bisogno, perché c'è già
l'America
con la sua storia ben revisionata: basterà, pertanto, far attraversare al nostro eroe la
penombra della memoria collettiva (Ike Eisenhower, i Kennedy, Lyndon Johnson, il
Vietnam, i figli dei fiori, la droga, l'AIDS e la "voglia di famiglia" in bell'ordine, secondo
la cronologia ufficiale). Manipolando le immagini di repertorio con la tecnologia digitale,
ormai, si può tutto, ed ecco, dunque, il signor Forrest Gump che mette il proprio zampino
nella storia patria. Che si tratti di uno zampino salvifico - perché moderatamente critico -
è, ovviamente, garantito dall'handicap - un handicap che, più va avanti il film, più
piccolo
piccolo diviene, fino a diventare, come nelle fiabe che piacciono tanto, una sorta di
pregio, ovvero quell'innocenza che tutto redime e di cui "al giorno d'oggi c'è tanto
bisogno". In grazia di tutto ciò, allora, questo Forrest Gump merita un posto di tutto
rilievo nella classifica dei Prodigiosi Prodotti dalle Virtù Consolatorie.
P.S.: Gran favore, visto che designa una diversità a basso
costo - lontana anni luce dal
dolore di un handicap vero -, riscuote lo stile strettamente linguistico del protagonista.
Sacks, in proposito, ricorda un libro di Robert Silverberg, Thorns, del 1968, dove si
descriveva il modo di parlare di un personaggio "al tempo stesso infantile, preciso e privo
di emozioni". Era il caso, secondo Sacks, dei due gemelli specialisti in calendario, ma
esemplifica bene anche il caso di Forrest Gump. "Precisione" e "distacco", soprattutto,
sono diventati, dunque, sintomi. Bene saperlo.
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