Rivista Anarchica Online
La creazione del nemico
di Maria Matteo
La vicenda dei comitati spontanei razzisti in alcuni quartieri di Torino segnala in modo inequivocabile
che forme politiche autoorganizzate possono fare scelte liberticide ed ingiuste. Il degrado del vivere
metropolitano, la perdita d'identità ed appartenenze, il crescente senso d'insicurezza non
necessariamente portano al razzismo, se si prefigurano alternative forti, se il riemergere d'una sfera
pubblica si accompagna ad un progetto di trasformazione sociale
Viviamo in 'un'epoca in cui inequivocabile segno distintivo è la
pressoché totale impossibilità di
comprendere sino a che punto i mezzi d'informazione descrivano la realtà ed in quale misura
contribuiscano invece a crearla. Chi negli ultimi mesi ha osservato le vicende di casa nostra, avrà certo
notato che la cronaca registrava puntualmente stupri ed episodi di microcriminalità che vedevano
coinvolti immigrati. Nel giro di pochi mesi si è creato un clima da emergenza, quel clima che, tanto per
intenderci, prelude alla richiesta di interventi legislativi eccezionali. Così in quattro e quattr'otto
la Camera ha approvato un disegno di legge sulla violenza sessuale che
comporta un duro inasprimento delle pene e la velleità di imporre un limite e mantenere sotto controllo
la sessualità degli adolescenti. Nel contempo, sotto la spinta di più o meno spontanee
manifestazioni di piazza, la destra e la sinistra,
unite in un coro pressoché unanime, si sono affrettate ad invocare una rapida revisione della legge
Martelli sull'immigrazione. Ancora una volta abbiamo agio di constatare che le differenze tra i due opposti schieramenti
che si
contendono il governo del paese è più una questione di stile che di sostanza. D'altro canto, se
vogliamo
praticare l'esercizio invero un po' rischioso ma tuttavia intrigante di seguire i sondaggi , pare che
l'elettorato nostrano, lungi dal fare scelte di campo di natura ideologica, preferisca puntare su questa
o quella figura più o meno carismatica. Il polo che oggidì riuscisse ad aggiudicarsi Dini o Di
Pietro,
strapperebbe una buona fetta di consensi ai propri avversari. Ammesso e ovviamente non
concesso che sia opportuno dar credito ai sondaggi, resta il dato
preoccupante che il disgregarsi di una sfera pubblica, non solo riduce le contese politiche ad una mera
questione estetica ma, elidendo le differenze, porta ad un appiattimento desolante nel sentire comune.
Razzismo,
xenofobia, omofobia IL clima culturale che accompagna la richiesta di revisione, in senso liberticida, della legge
Martelli è
il sintomo inequivocabile del dispiegarsi e radicarsi di una concezione dl vivere sociale timorosa d'ogni
possibile contaminazione con l'altro, il diverso, la cui mera presenza viene concepita come3 minaccia
per l'ordine sociale. Non è certo casuale il sorgere concomitante di sentimenti razzisti e xenofobi e
manifestazioni di maschilismo e omofobia. Stiamo assistendo all'elaborazione dell'immagine del
nemico, che di volta in volta assume le sembianze dell'omosessuale, della donna emancipata,
dell'immigrato povero... Il crescente senso di insicurezza che permea la vita sociale, determinato dalla rottura di
equilibri per
lungo tempo consolidati, è il vettore potente della richiesta d'ordine che emerge in vasti strati sociali.
Ne sono coinvolti sia i ceti medi che quelli popolari, che in questi anni hanno visto infrangersi un
modello di relazioni sociali che aveva retto dal dopoguerra. Il restringersi del welfare e la profonda
trasformazione dell'ambito lavorativo ne sono i segni più evidenti. Tutti oggi si trovano ad agire sulla
scena sociale praticamente senza rete, senza poter contare su quell'ampio sistema di garanzie frutto del
compromesso socialdemocratico sul quale si era fondata la repubblica nata dopo la guerra e il fascismo. Nessuno
può oggi confidare nella possibilità di godere di un certo grado di assistenza sanitaria, sulla
sicur4ezza della pensione, sulla possibilità di accedere ad un buon livello di istruzione, sulla sicurezza
del posto di lavoro. La caratteristica precipua dell'individuo che si muove nella società post-fordista deve
essere la
disponibilità, disponibilità ad adattarsi a situazioni sempre mutevoli, ad assumere ruoli e mansioni
diversificate, a modificare rapidamente il proprio orizzonte esistenziale. Non vi sono più certezze
né
garanzie, nessuna possibilità di programmare la propria vita seguendo itinerari magari non
entusiasmanti ma noti. Un devastante senso di insicurezza è l'inevitabile corollario di una situazione in cui
non vi sono più i
punti di riferimento. L'insicurezza si amplifica nell'ambito metropolitano in cui più forte è il
processo
di disgregazione sociale e le appartenenze sono sempre più labili e transeunti. Il questo contesto, la
creazione del nemico consente di dare un volto ad un'insicurezza altrimenti impalpabile, di ricostruire,
tramite la negazione dell'altro, del diverso, un ambito comunitario.
Preoccupanti
analogie A Torino, città balzata agli onori delle cronache in virtù dell'esplodere
repentino di tensioni razziste e
xenofobe, i grandi protagonisti sono stati comitati spontanei di cittadini che hanno raccolto consensi
molto alti. Il PDS cittadino, allarmato dall'ampiezza delle adesioni alle varie manifestazioni e timoroso
di perdere influenza in quartieri il cui elettorato è tradizionalmente pidiessino, si è affrettato ad
invocare
legge ed ordine. Il ceto politico si è trovato spiazzato di fronte ad un fenomeno di aggregazione politica
sviluppatosi in modo sostanzialmente autonomo, nonostante la presenza di elementi fascisti e leghisti. E' certo terribile
constatare che il riemergere di uno spirito comunitario, il costituirsi di forme
associative di base, non sia il frutto di una volontà di emancipazione dal potere politico, ma il sintomo
grave del riapparire di un localismo in cui l'identità collettiva si fonda sul rifiuto del diverso. E' il sogno
perverso del recupero di una purezza originaria, è l'incubo in cui facilmente si radicano i miti della razza
e della nazione, miti potenti capaci di innescare conflitti devastanti. Nel quartiere di Borgo Dora a
Torino, una banda composita di ultras del calcio, piccoli spacciatori e
fascistelli organizza una spedizione punitiva contro gli immigrati. La posta in gioco è del tutto esplicita:
il controllo del territorio e dello smercio di stupefacenti. In sé, niente di particolarmente eclatante: quel
che colpisce è l'immediata solidarietà verso i picchiatori da parte degli abitanti del quartiere che
trasformano un gruppetto di teppisti in eroi. Difficile non pensare al sorgere del fascismo, alla nascita
del nazismo in cui le idee di nazione e di razza furono elemento coagulante di straordinaria efficacia.
Ancor più difficile non pensare all'immane tragedia dell'ex-Jugoslavia ove lo scontro tra opposti, ma
specularmente identici, nazionalismi è finita in un terrificante bagno di sangue.
Cittadini di serie
B Sebbene gli scenari odierni siano assai differenti da quelli che videro l'affermarsi del
fascismo e del
nazismo e la crisi jugoslava abbia le sue radici nelle difficoltà di ricomposizione sociale tipiche del
post-comunismo, è tuttavia impossibile non cogliere alcune preoccupanti analogie. D'altro canto
non è necessario avere la sfera di cristallo per vedere quel che il più immediato futuro
potrebbe riservarci, è sufficiente esaminare quel che sta accadendo in Francia, Germania, Gran Bretagna
e anche negli Stati Uniti, tutti paesi occidentali a capitalismo avanzato in cui il fenomeno
dell'immigrazione è ormai di lunga data. Paesi in cui gli immigrati, espulsi dalle aree urbane pregiate,
abitano negli immensi ghetti degradati delle periferie3 metropolitane, separati dal corpo "sano" della
società civile. I ghetti sono una sorta di enorme cancro impossibile da estirpare, che lo stato si limita a
contenere
moltiplicando gli apparati repressivi. Sono la testimonianza vivente di una società spezzata in due,
capace solo di erigere steccati per tenere a bada la grande massa degli esclusi. Non è difficile immaginare
che la situazione di Parigi, Liverpool, Los Angeles, possa ripetersi da noi
con modalità analoghe, specie se non si riuscirà ad impedire il radicamento di sentimenti razzisti
e
xenofobi. Le proposte di revisione della legge Martelli che, occorre precisarlo, non si distingue certo
per il proprio
garantismo, implicano il riconoscimento giuridico dell'esistenza di persone di serie A e persone di serie
B. Ci
sarà chi avrà diritto ad un regolare processo e chi non godrà di alcuna forma di tutela e
verrà
immediatamente espulso in base ad un semplice sospetto. E' un'aberrazione persino per il diritto
liberale che esplicitamente nega la possibilità di una condanna
extragiudiziale, che il poliziotto possa farsi giudice.
Ampio plauso
popolare Sarà prevista per legge l'adozione di trattamenti diversificati tra italiani e stranieri,
le cui conseguenze
sono facilmente prevedibili in termini di riduzione dei salari non solo per gli stranieri ma anche per gli
indigeni. Questi provvedimenti, se verranno approvati nella forma proposta, si configurano come vere
e proprie leggi speciali, leggi razziste non dissimili nello spirito da quelle che nel '38 Mussolini fece
promulgare contro gli ebrei. Leggi che, e questo è il dato più grave, avranno un ampio plauso
popolare,
sintomo del malessere che pervade il corpo sociale. In questo contesto non è
certo sufficiente opporsi ai provvedimenti legislativi ingiusti ma occorre altresì
intervenire alla radice del problema, puntando su una radicale trasformazione culturale. La vicenda dei
comitati spontanei razzisti in alcuni quartieri di Torino segnala in modo inequivocabile che forme
politiche autoorganizzate possono fare scelte liberticide ed ingiuste. Il degrado del vivere metropolitano,
la perdita d'identità ed appartenenze, il crescente senso d'insicurezza non necessariamente portano al
razzismo, se si prefigurano alternative forti, se il riemergere d'una sfera pubblica si accompagna ad un
progetto di trasformazione sociale. \
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