Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 223
dicembre 1995 - gennaio 1996


Rivista Anarchica Online

La creazione del nemico
di Maria Matteo

La vicenda dei comitati spontanei razzisti in alcuni quartieri di Torino segnala in modo inequivocabile che forme politiche autoorganizzate possono fare scelte liberticide ed ingiuste. Il degrado del vivere metropolitano, la perdita d'identità ed appartenenze, il crescente senso d'insicurezza non necessariamente portano al razzismo, se si prefigurano alternative forti, se il riemergere d'una sfera pubblica si accompagna ad un progetto di trasformazione sociale

Viviamo in 'un'epoca in cui inequivocabile segno distintivo è la pressoché totale impossibilità di comprendere sino a che punto i mezzi d'informazione descrivano la realtà ed in quale misura contribuiscano invece a crearla. Chi negli ultimi mesi ha osservato le vicende di casa nostra, avrà certo notato che la cronaca registrava puntualmente stupri ed episodi di microcriminalità che vedevano coinvolti immigrati. Nel giro di pochi mesi si è creato un clima da emergenza, quel clima che, tanto per intenderci, prelude alla richiesta di interventi legislativi eccezionali.
Così in quattro e quattr'otto la Camera ha approvato un disegno di legge sulla violenza sessuale che comporta un duro inasprimento delle pene e la velleità di imporre un limite e mantenere sotto controllo la sessualità degli adolescenti.
Nel contempo, sotto la spinta di più o meno spontanee manifestazioni di piazza, la destra e la sinistra, unite in un coro pressoché unanime, si sono affrettate ad invocare una rapida revisione della legge Martelli sull'immigrazione.
Ancora una volta abbiamo agio di constatare che le differenze tra i due opposti schieramenti che si contendono il governo del paese è più una questione di stile che di sostanza. D'altro canto, se vogliamo praticare l'esercizio invero un po' rischioso ma tuttavia intrigante di seguire i sondaggi , pare che l'elettorato nostrano, lungi dal fare scelte di campo di natura ideologica, preferisca puntare su questa o quella figura più o meno carismatica. Il polo che oggidì riuscisse ad aggiudicarsi Dini o Di Pietro, strapperebbe una buona fetta di consensi ai propri avversari.
Ammesso e ovviamente non concesso che sia opportuno dar credito ai sondaggi, resta il dato preoccupante che il disgregarsi di una sfera pubblica, non solo riduce le contese politiche ad una mera questione estetica ma, elidendo le differenze, porta ad un appiattimento desolante nel sentire comune.

Razzismo, xenofobia, omofobia
IL clima culturale che accompagna la richiesta di revisione, in senso liberticida, della legge Martelli è il sintomo inequivocabile del dispiegarsi e radicarsi di una concezione dl vivere sociale timorosa d'ogni possibile contaminazione con l'altro, il diverso, la cui mera presenza viene concepita come3 minaccia per l'ordine sociale. Non è certo casuale il sorgere concomitante di sentimenti razzisti e xenofobi e manifestazioni di maschilismo e omofobia. Stiamo assistendo all'elaborazione dell'immagine del nemico, che di volta in volta assume le sembianze dell'omosessuale, della donna emancipata, dell'immigrato povero...
Il crescente senso di insicurezza che permea la vita sociale, determinato dalla rottura di equilibri per lungo tempo consolidati, è il vettore potente della richiesta d'ordine che emerge in vasti strati sociali. Ne sono coinvolti sia i ceti medi che quelli popolari, che in questi anni hanno visto infrangersi un modello di relazioni sociali che aveva retto dal dopoguerra. Il restringersi del welfare e la profonda trasformazione dell'ambito lavorativo ne sono i segni più evidenti. Tutti oggi si trovano ad agire sulla scena sociale praticamente senza rete, senza poter contare su quell'ampio sistema di garanzie frutto del compromesso socialdemocratico sul quale si era fondata la repubblica nata dopo la guerra e il fascismo.
Nessuno può oggi confidare nella possibilità di godere di un certo grado di assistenza sanitaria, sulla sicur4ezza della pensione, sulla possibilità di accedere ad un buon livello di istruzione, sulla sicurezza del posto di lavoro.
La caratteristica precipua dell'individuo che si muove nella società post-fordista deve essere la disponibilità, disponibilità ad adattarsi a situazioni sempre mutevoli, ad assumere ruoli e mansioni diversificate, a modificare rapidamente il proprio orizzonte esistenziale. Non vi sono più certezze né garanzie, nessuna possibilità di programmare la propria vita seguendo itinerari magari non entusiasmanti ma noti.
Un devastante senso di insicurezza è l'inevitabile corollario di una situazione in cui non vi sono più i punti di riferimento. L'insicurezza si amplifica nell'ambito metropolitano in cui più forte è il processo di disgregazione sociale e le appartenenze sono sempre più labili e transeunti. Il questo contesto, la creazione del nemico consente di dare un volto ad un'insicurezza altrimenti impalpabile, di ricostruire, tramite la negazione dell'altro, del diverso, un ambito comunitario.

Preoccupanti analogie
A Torino, città balzata agli onori delle cronache in virtù dell'esplodere repentino di tensioni razziste e xenofobe, i grandi protagonisti sono stati comitati spontanei di cittadini che hanno raccolto consensi molto alti. Il PDS cittadino, allarmato dall'ampiezza delle adesioni alle varie manifestazioni e timoroso di perdere influenza in quartieri il cui elettorato è tradizionalmente pidiessino, si è affrettato ad invocare legge ed ordine. Il ceto politico si è trovato spiazzato di fronte ad un fenomeno di aggregazione politica sviluppatosi in modo sostanzialmente autonomo, nonostante la presenza di elementi fascisti e leghisti.
E' certo terribile constatare che il riemergere di uno spirito comunitario, il costituirsi di forme associative di base, non sia il frutto di una volontà di emancipazione dal potere politico, ma il sintomo grave del riapparire di un localismo in cui l'identità collettiva si fonda sul rifiuto del diverso. E' il sogno perverso del recupero di una purezza originaria, è l'incubo in cui facilmente si radicano i miti della razza e della nazione, miti potenti capaci di innescare conflitti devastanti.
Nel quartiere di Borgo Dora a Torino, una banda composita di ultras del calcio, piccoli spacciatori e fascistelli organizza una spedizione punitiva contro gli immigrati. La posta in gioco è del tutto esplicita: il controllo del territorio e dello smercio di stupefacenti. In sé, niente di particolarmente eclatante: quel che colpisce è l'immediata solidarietà verso i picchiatori da parte degli abitanti del quartiere che trasformano un gruppetto di teppisti in eroi. Difficile non pensare al sorgere del fascismo, alla nascita del nazismo in cui le idee di nazione e di razza furono elemento coagulante di straordinaria efficacia. Ancor più difficile non pensare all'immane tragedia dell'ex-Jugoslavia ove lo scontro tra opposti, ma specularmente identici, nazionalismi è finita in un terrificante bagno di sangue.

Cittadini di serie B
Sebbene gli scenari odierni siano assai differenti da quelli che videro l'affermarsi del fascismo e del nazismo e la crisi jugoslava abbia le sue radici nelle difficoltà di ricomposizione sociale tipiche del post-comunismo, è tuttavia impossibile non cogliere alcune preoccupanti analogie.
D'altro canto non è necessario avere la sfera di cristallo per vedere quel che il più immediato futuro potrebbe riservarci, è sufficiente esaminare quel che sta accadendo in Francia, Germania, Gran Bretagna e anche negli Stati Uniti, tutti paesi occidentali a capitalismo avanzato in cui il fenomeno dell'immigrazione è ormai di lunga data. Paesi in cui gli immigrati, espulsi dalle aree urbane pregiate, abitano negli immensi ghetti degradati delle periferie3 metropolitane, separati dal corpo "sano" della società civile.
I ghetti sono una sorta di enorme cancro impossibile da estirpare, che lo stato si limita a contenere moltiplicando gli apparati repressivi. Sono la testimonianza vivente di una società spezzata in due, capace solo di erigere steccati per tenere a bada la grande massa degli esclusi.
Non è difficile immaginare che la situazione di Parigi, Liverpool, Los Angeles, possa ripetersi da noi con modalità analoghe, specie se non si riuscirà ad impedire il radicamento di sentimenti razzisti e xenofobi.
Le proposte di revisione della legge Martelli che, occorre precisarlo, non si distingue certo per il proprio garantismo, implicano il riconoscimento giuridico dell'esistenza di persone di serie A e persone di serie B.
Ci sarà chi avrà diritto ad un regolare processo e chi non godrà di alcuna forma di tutela e verrà immediatamente espulso in base ad un semplice sospetto.
E' un'aberrazione persino per il diritto liberale che esplicitamente nega la possibilità di una condanna extragiudiziale, che il poliziotto possa farsi giudice.

Ampio plauso popolare
Sarà prevista per legge l'adozione di trattamenti diversificati tra italiani e stranieri, le cui conseguenze sono facilmente prevedibili in termini di riduzione dei salari non solo per gli stranieri ma anche per gli indigeni. Questi provvedimenti, se verranno approvati nella forma proposta, si configurano come vere e proprie leggi speciali, leggi razziste non dissimili nello spirito da quelle che nel '38 Mussolini fece promulgare contro gli ebrei. Leggi che, e questo è il dato più grave, avranno un ampio plauso popolare, sintomo del malessere che pervade il corpo sociale.
In questo contesto non è certo sufficiente opporsi ai provvedimenti legislativi ingiusti ma occorre altresì intervenire alla radice del problema, puntando su una radicale trasformazione culturale. La vicenda dei comitati spontanei razzisti in alcuni quartieri di Torino segnala in modo inequivocabile che forme politiche autoorganizzate possono fare scelte liberticide ed ingiuste. Il degrado del vivere metropolitano, la perdita d'identità ed appartenenze, il crescente senso d'insicurezza non necessariamente portano al razzismo, se si prefigurano alternative forti, se il riemergere d'una sfera pubblica si accompagna ad un progetto di trasformazione sociale. \