Rivista Anarchica Online
Un convegno su Franco Venturi
di Francesco Berti
Si è tenuto a Torino presso l'Accademia delle Scienze nei giorni 12-14
dicembre un Convegno Internazionale di
Studi su Franco Venturi ("Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita"), promosso dalla Fondazione Luigi
Einaudi, dall'Accademia delle Scienze e dalla Deputazione Subalpina di Storia Patria. Franco Venturi,
scomparso due anni or sono, è stata figura di primo piano nel panorama storiografico italiano ed
internazionale. Nella seconda e terza giornata di studi e di ricordi personali sono state analizzate distintamente
le due anime della
ricerca storica venturiana (gli studi sull'illuminismo italiano ed europeo e quelli sul populismo russo), sempre
sottolineandone i molteplici punti di intersezione; mentre nella prima giornata (giovedì 12 dicembre)
è stata
ricordata la "formazione intellettuale e politica" di Venturi, che tanto peso ha avuto poi nella fama e nei contenuti
del suo lavoro storico. Giovanissimo studioso, è costretto all'esilio dall'Italia fascista nel 1931
allorché il padre Lionello, storico dell'arte
e docente universitario, si rifiuta di prestare giuramento al regime fascista che pure in precedenza aveva
pubblicamente sostenuto. A Parigi, Venturi entra subito in contatto con il movimento politico "Giustizia e
Libertà", di cui diviene significativo esponente. Il gruppo parigino di GL annoverava allora tra i suoi
membri
alcune delle più importanti figure dell'antifascismo italiano: Rosselli, Chiaromonte, Garosci, Lussu,
Caffi. Venturi si legò profondamente ad essi, divenendone non solo collaboratore politico ma anche
fraterno amico.
Scrisse per Quaderni di Giustizia e Libertà e poi per il settimanale "GL". Fu in sintonia con
le più importanti
posizioni di GL espresse in primis da Carlo Rosselli: l'analisi del fascismo come fenomeno ormai internazionale
(nel '33 Hitler sale al potere in Germania) che necessitava dunque di una risposta, di una lotta, di una
mobilitazione internazionale e di classe (è necessario ricordare che GL era un movimento di sinistra
radicale,
vicino ad alcune tematiche libertarie); la critica al marxismo-leninismo; la necessità, però, di
trovare un comune
terreno di lotta con i comunisti per riuscire ad abbattere il fascismo e a ricostruire la società su valori
socialisti
e liberali. Da quanto sopra, è possibile evincere una delle contraddizioni più gravi che
caratterizzarono le posizioni di GL
e dello stesso Venturi: teoricamente critico del marxismo e del leninismo, il gruppo di GL si trovò negli
anni '30
nella scomoda posizione di "color che sono sospesi", schiacciato ideologicamente e materialmente dai due
totalitarismi trionfanti (comunismo e nazifascismo), che poco spazio lasciavano, nella pratica, a posizioni e
soluzioni indipendenti. Contraddizione lacerante, questa, non sempre coerentemente risolta dal gruppo di GL.
L'esempio più significativo
è sicuramente quello spagnolo: se è infatti vero che inizialmente il gruppo di GL combatté
a fianco degli anarchici
nella guerra di spagna, è altrettanto assodato che, con il proseguimento del conflitto, Rosselli ed altri
esponenti
di GL si avvicinarono sempre più di fatto a posizioni filocomuniste, sostenendo la mistica tesi
dell'unità
antifascista a tutti i costi, della priorità della vittoria militare sulle conquiste rivoluzionarie ( che le
seconde, in
un certo senso, fossero ostacolo alle prime), con tutto ciò che essa poteva comportare (e
comportò) in termini di
militarizzazione, di statalizzazione, di stalinismo. In un articolo pubblicato in GL all'indomani delle sanguinose
giornate barcellonesi del maggio 1937, Carlo Rosselli tra l'altro afferma: "Un ritorno alla saggezza, un accordo
generale si impone. Unità proletaria nelle retroguardie e al fronte. Politica di larga intesa che valga a
mobilitare
contro il nemico il massimo di forze. Guerra a oltranza, con tutte le necessarie discipline. Al punto in cui siamo
è inutile mettersi a sognare una politca rivoluzionaria pura, astratta (...) Certo l'Urss interviene in Spagna
al di
là del giusto e del necessario. Ma senza l'Urss esisterebbe oggi ancora una Spagna repubblicana? (Carlo
Rosselli,
Un altro passo verso il precipizio, GL 4 Giugno 1937, ora in Carlo Rosselli, Oggi in Spagna
domani in Italia,
Einaudi, Torino 1967, pp. 167-8). Queste posizioni, che certamente contribuirono significativamente alla
sconfitta della rivoluzione spagnola (e
quindi della guerra antifascista) furono ancor più estremizzate da Venturi, come ha ricordato Roberto
Vivarelli,
che dalle pagine di GL tessé addirittura un elogio della repressione stalinista a Barcellona, giustificandola
in
termini di realismo socialista (ovvero di socialismo reale!). L'impegno militante di Franco Venturi
proseguì anche dopo la guerra di Spagna, e culminò nella lotta di
liberazione al nazifascismo e nella resistenza partigiana: Norberto Bobbio, in un accorato intervento, ha ricordato
proprio questi anni così difficili e pieni di speranze nei quali conobbe Venturi e con lui entrò in
sodalizio umano,
intellettuale e politico. Nella seconda giornata di studi (seconda e terza sessione) numerosi ricercatori ( Furio
Diaz, Luciano Guerci,
Bronislaw Baczko, Daniel Roche per citarne solo alcuni) hanno ricordato l'importanza degli studi storici
venturiani sul settecento illuminista e riformatore. Tali lavori, che misero in luce tutto il talento storiografico di
Venturi, erano mossi non già da una volontà di accademica erudizione, ma da una più
profonda e motivata ricerca:
rinvenire i fondamenti razionali, laici e, appunto, illuministici del pensiero socialista o meglio della sua
componente laica, liberale e democratica. Nella quarta ed ultima sessione (sabato 14), ci si è infine
confrontati con il Venturi storico del populismo russo
a partire dall'analisi dell'opera fondamentale da lui scritta in merito (Il populismo russo, Einaudi,
Torino, 1952). Molto interessante, a questo proposito, la relazione della storica russa Valentina Tvardoskaja,
che ha affrontato
il tema della "ricezione russa de Il populismo russo", ricordando come tale lavoro, pur sottoposto
a pesanti
critiche e ad attacchi da parte della storiografia sovietica, non fu completamente stroncato, e per il tono pacato
e apparentemente a-ideologico che emergeva dall'opera e per il fatto che comunque essa era sentita meno distante
da altre analoghe prodotte dalla storiografia anglosassone. Tutto ciò accadde nonostante Venturi in
tale opera avesse completamente rivalutato (e riabilitato), restituendo
loro quella dignità etica, politica e storica che la storiografia comunista aveva sempre negato, le opere
e le azioni
dei populisti rivoluzionari (tra cui Venturi aveva inserito, dandogli un posto di primo piano, Bakunin).
Venturi smontò completamente, dimostrandone l'inconsistenza scientifica, la tesi della storiografia
comunista
in merito: che, cioé, esistesse un populismo buono (e socialdemocratico), a cui si richiamava il regime
stalinista
alla continua ricerca di un fondamento storico-nazionale della propria esistenza per potere così
giustificare la tesi
del socialismo in un solo paese- antitetico e contrapposto ad un populismo cattivo e terroristico. Lo storico
italiano non considerò mai, ad esempio, Bakunin un teorico del terrorismo e del nihilismo, tanto è
vero
che negli anni di piombo amava spesso ricordare, come ha puntualmente sottolineato Ettore Cinella, che Necaev
ed i nihilisti dovevano essere ritenuti una "scheggia" impazzita del movimento populistico, giacché in
Bakunin
la dimensione illuministica era sicuramente prevalente e prioritaria rispetto agli elementi romantici ed estremistici
(sui controversi rapporti Bakunin-Nêcaev vedasi Michael Confino, Il catechismo del
rivoluzionario, Adelphi,
Milano, 1976, dove si sostiene che tale opuscolo di indottrinamento fu in realtà scritto da Nacaev, e nel
quale si
portano consistenti prove per suffragare questa tesi). La Tvardoskaja ha infine ricordato, al termine della sua
relazione, come solo ora, a distanza di 35 anni dalla
pubblicazione italiana de Il populismo russo, si sia riaperto, in Russia, un serio e libero dibattito
storiografico sulle
origini del socialismo russo, e su tutti quei pensatori e quei movimenti che tanto peso hanno avuto, sino al '17,
nella lotta per l'emancipazione umana, dei quali, nei 70 anni di totalitarismo comunista, non si era più
potuto
parlare. La ricercatrice russa ha fatto presente come infatti proprio in questi ultimissimi anni stiano rifiorendo
studi sull'anarchismo e sulla complessa figura di Michail Bakunin.
|