Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 237
giugno 1997


Rivista Anarchica Online

Conoscere i Rom
di Paolo Finzi

"Che cosa rivela l'odio per gli albanesi" abbiamo scritto sulla copertina dello scorso numero della rivista. Ma c'é un popolo che se la passa - da sempre - molto peggio degli albanesi e, per quanto possano aver senso simili paragoni, anche degli ebrei, che pure con pregiudizi e persecuzioni hanno una certa familiarità. Mi riferisco agli zingari.
E agli zingari (con il sottotitolo "Storia, tradizioni, lingua e cultura di un 'popolo senza patria'") é dedicato l'intero numero di febbraio (una sessantina di pagine) della rivista mensile Il calendario del popolo, una pubblicazione "storica" (é giunta al suo 52° anno di vita) della cultura comunista, che negli ultimi tempi ha frequentemente pubblicato numeri monografici, ospitando a volte anche contributi di anarchici (per esempio, di Giorgio Sacchetti, redattore della Rivista storica dell'anarchismo).
Sugli zingari c'é pochissimo materiale e quel poco é di arduo reperimento. Questo dossier, curato dall'Opera Nomadi di Milano e basato su scritti di Angelo Arlati, Francesca Manna e Carlo Cuomo, permette dunque di aver finalmente a disposizione uno strumento agile, sufficientemente approfondito e ben illustrato per conoscere e far conoscere ai (purtroppo pochi) interessati le vicende sconosciute ed a tratti incredibili di un popolo che - proveniente con ogni probabilità dall'India - si é progressivamente sparso e disperso nei cinque continenti, quasi sempre ed ovunque malvisto, perseguitato, sottoposto a tentativi apparentemente contrastanti ma in realtà lucidamente convergenti di marginalizzazione/eliminazione o assimilazione. Una diaspora, quella zingara, davvero epocale, alla quale i componenti del multiforme popolo rom hanno saputo adattarsi pur senza poter far riferimento né ad una terra d'origine cui idealmente collegarsi, né ad una religione unica, né ad una cultura scritta (sia la lingua/le lingue dei rom sia le loro tradizioni sono sempre state tramandate solo per via orale).
Per l'italiano medio, "normale", anche se democratico e di sinistra, la parola "zingaro", la vista nel proprio quartiere di una famiglia di zingari (la roulotte, i moltissimi bambini, le donne con le gonne lunghe) provocano inquietudine, diffidenza, qualche ribrezzo. Nessun'altra minoranza etnica suscita un così forte senso di "sgradevolezza", nessuna é altrettanto misconosciuta, ignorata. - osserva Carlo Cuomo (che dell'Opera Nomadi di Milano è vice-presidente) nel suo lucido saggio introduttivo ("Zingari, cioé Rom").
Ci siamo mobilitati per il popolo vietnamita, per gli indios dell'Amazzonia, per il Chiapas, per tante situazioni, popoli, gruppi perseguitati dal potere, a volte a rischio di genocidio. Potrebbe sembrare curioso il fatto che niente, assolutamente niente, sia mai stato fatto non dico "per" gli zingari, ma più semplicemente per conoscerli, per "nominarli" correttamente (come suggerisce Cuomo). Eppure gli zingari vivono in Italia da cinque secoli, a volte stanziali ed integrati nella vita delle comunità locali, più spesso marginalizzati in campi perlopiù provvisori, fatiscenti, nelle pieghe delle nostre periferie: ma vivono tra noi, in Alto Adige come in Sardegna e sono - attualmente - circa 110.000, sparsi praticamente in tutt'Italia. Ci sono, ma perlopiù non si vedono, non li si deve vedere.
I campi attrezzati dai Comuni (pochi, bruttissimi) - sottolinea ancora Cuomo - bisogna cercarli lungo le ferrovie, le tangenziali, i canali, le periferie più abbandonate, lontane dalle linee di trasporto, dai servizi, dai negozi, dalle scuole. Lontani dai luoghi della "gente per bene". Gli stessi zingari, per i loro insediamenti spontanei, cercano di sfuggire al nostro "sguardo" e di stare lontani e nascosti. "Popoli delle discariche" scrive Leonardo Piasere. Popoli che le nostre sinistre paure collocano nelle nostre discariche. Di fatto, per gli zingari vige l'apartheid.
Allora, forse, non si può definire "curioso" il fatto che anche per noi "popolo di sinistra", per noi libertari, i rom - pur così vicini e presenti - non siano praticamente mai esistiti. Più facile, meno coinvolgente occuparsi di altre minoranze, di altri popoli oppressi, di altri diritti negati. Questa nostra omissione solo apparentemente "curiosa" é probabilmente la spia di qualcosa che va aldilà della stessa "questione zingara" e coinvolge il nostro - di ciascuno di noi - modo di essere presenti nella società.
L'argomento merita un approfondimento che non può essere ristretto nello spazio di questa segnalazione: tantopiù da parte di chi crede davvero nel valore positivo di un mondo multietnico, della solidarietà nel rispetto delle differenze, della necessaria opposizione alle logiche centraliste ed omologatrici del potere - intesi non come valori astratti da sbandierare, ma come difficili pratiche di azione e di vita da cercare di realizzare quotidianamente. Gli zingari - né "tutti ladri" e "rapitori di bambini" né novelli miti di una condizione libera e ribelle - sono tra noi, membri di un popolo che anche solo per la storia ininterrotta di persecuzioni di cui é stato ed é vittima merita rispetto (che é ben altra cosa dalla condivisione dei valori e degli stili di vita). Ritorneremo sull'argomento.
Il calendario del popolo, via Rezia 4, 20135 Milano, tel. (02) 55 01 55 84, fax (02) 55 01 55 95.