Rivista Anarchica Online
Conoscere i Rom
di Paolo Finzi
"Che cosa rivela l'odio per gli albanesi" abbiamo scritto sulla copertina dello scorso
numero della rivista. Ma c'é
un popolo che se la passa - da sempre - molto peggio degli albanesi e, per quanto possano aver senso simili
paragoni, anche degli ebrei, che pure con pregiudizi e persecuzioni hanno una certa familiarità. Mi
riferisco agli
zingari. E agli zingari (con il sottotitolo "Storia, tradizioni, lingua e cultura di un 'popolo senza patria'")
é dedicato l'intero
numero di febbraio (una sessantina di pagine) della rivista mensile Il calendario del
popolo, una pubblicazione
"storica" (é giunta al suo 52° anno di vita) della cultura comunista, che negli ultimi tempi ha
frequentemente
pubblicato numeri monografici, ospitando a volte anche contributi di anarchici (per esempio, di Giorgio Sacchetti,
redattore della Rivista storica dell'anarchismo). Sugli zingari c'é pochissimo materiale
e quel poco é di arduo reperimento. Questo dossier, curato dall'Opera
Nomadi di Milano e basato su scritti di Angelo Arlati, Francesca Manna e Carlo Cuomo, permette dunque di aver
finalmente a disposizione uno strumento agile, sufficientemente approfondito e ben illustrato per conoscere e far
conoscere ai (purtroppo pochi) interessati le vicende sconosciute ed a tratti incredibili di un popolo che -
proveniente con ogni probabilità dall'India - si é progressivamente sparso e disperso nei cinque
continenti, quasi
sempre ed ovunque malvisto, perseguitato, sottoposto a tentativi apparentemente contrastanti ma in realtà
lucidamente convergenti di marginalizzazione/eliminazione o assimilazione. Una diaspora, quella zingara,
davvero epocale, alla quale i componenti del multiforme popolo rom hanno saputo adattarsi pur senza poter far
riferimento né ad una terra d'origine cui idealmente collegarsi, né ad una religione unica,
né ad una cultura scritta
(sia la lingua/le lingue dei rom sia le loro tradizioni sono sempre state tramandate solo per via
orale). Per l'italiano medio, "normale", anche se democratico e di sinistra, la parola "zingaro", la vista
nel proprio
quartiere di una famiglia di zingari (la roulotte, i moltissimi bambini, le donne con le gonne lunghe) provocano
inquietudine, diffidenza, qualche ribrezzo. Nessun'altra minoranza etnica suscita un così forte senso di
"sgradevolezza", nessuna é altrettanto misconosciuta, ignorata. - osserva Carlo Cuomo (che
dell'Opera Nomadi
di Milano è vice-presidente) nel suo lucido saggio introduttivo ("Zingari, cioé Rom"). Ci
siamo mobilitati per il popolo vietnamita, per gli indios dell'Amazzonia, per il Chiapas, per tante situazioni,
popoli, gruppi perseguitati dal potere, a volte a rischio di genocidio. Potrebbe sembrare curioso il fatto che niente,
assolutamente niente, sia mai stato fatto non dico "per" gli zingari, ma più semplicemente per conoscerli,
per
"nominarli" correttamente (come suggerisce Cuomo). Eppure gli zingari vivono in Italia da cinque secoli, a volte
stanziali ed integrati nella vita delle comunità locali, più spesso marginalizzati in campi
perlopiù provvisori,
fatiscenti, nelle pieghe delle nostre periferie: ma vivono tra noi, in Alto Adige come in Sardegna e sono -
attualmente - circa 110.000, sparsi praticamente in tutt'Italia. Ci sono, ma perlopiù non si vedono, non
li si deve
vedere. I campi attrezzati dai Comuni (pochi, bruttissimi) - sottolinea ancora Cuomo -
bisogna cercarli lungo le ferrovie,
le tangenziali, i canali, le periferie più abbandonate, lontane dalle linee di trasporto, dai servizi, dai
negozi, dalle
scuole. Lontani dai luoghi della "gente per bene". Gli stessi zingari, per i loro insediamenti spontanei, cercano
di sfuggire al nostro "sguardo" e di stare lontani e nascosti. "Popoli delle discariche" scrive Leonardo Piasere.
Popoli che le nostre sinistre paure collocano nelle nostre discariche. Di fatto, per gli zingari vige
l'apartheid. Allora, forse, non si può definire "curioso" il fatto che anche per noi "popolo di
sinistra", per noi libertari, i rom
- pur così vicini e presenti - non siano praticamente mai esistiti. Più facile, meno coinvolgente
occuparsi di altre
minoranze, di altri popoli oppressi, di altri diritti negati. Questa nostra omissione solo apparentemente "curiosa"
é probabilmente la spia di qualcosa che va aldilà della stessa "questione zingara" e coinvolge il
nostro - di
ciascuno di noi - modo di essere presenti nella società. L'argomento merita un approfondimento che
non può essere ristretto nello spazio di questa segnalazione: tantopiù
da parte di chi crede davvero nel valore positivo di un mondo multietnico, della solidarietà nel rispetto
delle
differenze, della necessaria opposizione alle logiche centraliste ed omologatrici del potere - intesi non come valori
astratti da sbandierare, ma come difficili pratiche di azione e di vita da cercare di realizzare quotidianamente. Gli
zingari - né "tutti ladri" e "rapitori di bambini" né novelli miti di una condizione libera e ribelle
- sono tra noi,
membri di un popolo che anche solo per la storia ininterrotta di persecuzioni di cui é stato ed é
vittima merita
rispetto (che é ben altra cosa dalla condivisione dei valori e degli stili di vita). Ritorneremo
sull'argomento. Il calendario del popolo, via Rezia 4, 20135 Milano, tel. (02) 55 01 55 84, fax
(02) 55 01 55 95.
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