Rivista Anarchica Online
Mentre la prof. parla
Martedi, 9.55, come al solito lei varca la soglia della classe, apre il libro di storia, ed ecco che
comincia la "guerra
dei cento anni", Giovanna d'Arco, lo sguardo spento e un po' annoiato, segue la storia raccontata in quelle poche
righe forse assurde, senza capire, fino a quando, come nei migliori film, non si sente la parola magica che ci fa
volare verso mondi sconosciuti. Nell'ultimo capoverso trovo scritto: "e Roma cadde di nuovo
nell'anarchia". Sì, proprio tra quelle righe, trovo scritta quella parola che tante volte anch'io scrivo
sotto forma di A cerchiata
e mi viene quindi spontaneo avviare con me stessa una discussione spontanea, silenziosa. Anarchia, che parolone,
sul vocabolario ci sono ben due significati, con un sacco di altri paroloni inclusi: governo, disordine politico,
debolezza di governo, dottrina, libertà. Cavolo, forse è qualcosa di troppo grande per me ,
d'improvviso mi trovo
sommersa di parole che stento a capire, eh, no, non posso, non posso continuare a disegnare ovunque A cerchiate.
Eppure, mi dico, come mai fino ad adesso ero convinta, tutto si fermava forse alla magia della parola? Senza
più
ascoltare la prof. la discussione prende piega nel mio animo e la rabbia esce con i pensieri, rabbia per quelli che
continuano a darmi dell'illusa, della sempliciotta, rabbia per quelli che dicono: l'anarchia è solo un'utopia,
una
semplice ed idiota utopia. Mi sono costruita un vocabolario, tutto basato sulla parola anarchia. I pensieri
corrono, corrono a ricordarmi il piacere che provo quando scrivo, sì, dopo che la prof. di italiano mi
ha praticamente consigliato di non toccare la penna quando scrivo, perché l'italiano non è certo
il mio forte, da
allora mi piace ancora di più scrivere perché in questa lotta ha vinto il mio spirito, che trova lo
scrivere essenza
suprema della vita, a dispetto di quelli che intendono ergersi a giudici della vita altrui. E quando penso ai
clandestini che ogni giorno arrivano in Italia penso un senso di orrore e avrei voglia di ospitarne qualcuno in casa
mia ma non per andare contro il governo, per nascondere qualcuno che per il governo è clandestino, ma
solo per
salvare qualcuno dalla guerra, dalla miseria e dal pregiudizio popolare. Anche nei sentimenti si può
trovare questo spirito di autonomia, a volte ti capita di legarti a qualcuno, di legarti
a tal punto da non poter più vivere senza quella persona, ti viene quindi spontaneo pensare che la
libertò della
persona è annullata, annientata, che questa persona ha cessato di essere un essere umano ben distinto, in
grado
di assaporare la libertà; eppure non è così, perché nel momento in cui è
conscia di quel che fa, agisce in piena
libertà, perchè essere dipendenti di una persona non è male se questa persona ci completa
(si può prendere per
esempio Dio, infatti quelli che credono in Dio lo credono buono e quindi un completamento dell'esistenza, non
lo vedono certo come un tiranno che comanda senza dare la libertà). Ecco, io a tutto questo dò
il nome di anarchia,
lo so, molti mi prenderanno in giro, mi diranno "ma che anarchia e anarchia", ma secondo me l'anarchia prima
di essere una dottrina che intende sostituire a un'ordine sociale basato sulla forza dello stato un ordine fondato
sull'autonomia e la libertà dell'individuo, è l'anima di una persona. La mia A cerchiata sta a
significare proprio
questo, io la libertà la provo nel decidere autonomamente, la provo nel mettermi sullo stesso piano di
un'altra
persona. Ogni persona è conscia sicuramente di questo, ma io ho voluto dirlo perché per me in
questo momento
essere anarchica è questo, è riuscire a liberare la mia anima, è riuscire a decidere da sola,
in piena libertà. (...) L'anarchia ci passa davanti ogni giorno, ma noi non riusciamo ad afferrarla,
perché pensiamo che l'anarchia sia
possibile solo nel momento in cui non esisterà più lo stato, non può andare avanti
così, prima si parte dalle cose
piccole e poi si giungerà a quelle grandi, ma se non riusciamo ad individuare le cose piccole, come si fa
a sperare
in qualcosa di più? La discussione volge al termine con il suono della campanella, nel cuore rimane
però la voglia
di unire i nostri piccoli mondi anarchici per formarne uno di enorme che può ancora trattare lo stato come
un
ospite (anche se indesiderato), convinti di essere già in minima parte realizzati così
Elisabetta Monetti (Vigonovo - VE)
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