Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 238
estate 1997


Rivista Anarchica Online

Mentre la prof. parla

Martedi, 9.55, come al solito lei varca la soglia della classe, apre il libro di storia, ed ecco che comincia la "guerra dei cento anni", Giovanna d'Arco, lo sguardo spento e un po' annoiato, segue la storia raccontata in quelle poche righe forse assurde, senza capire, fino a quando, come nei migliori film, non si sente la parola magica che ci fa volare verso mondi sconosciuti. Nell'ultimo capoverso trovo scritto: "e Roma cadde di nuovo nell'anarchia".
Sì, proprio tra quelle righe, trovo scritta quella parola che tante volte anch'io scrivo sotto forma di A cerchiata e mi viene quindi spontaneo avviare con me stessa una discussione spontanea, silenziosa. Anarchia, che parolone, sul vocabolario ci sono ben due significati, con un sacco di altri paroloni inclusi: governo, disordine politico, debolezza di governo, dottrina, libertà. Cavolo, forse è qualcosa di troppo grande per me , d'improvviso mi trovo sommersa di parole che stento a capire, eh, no, non posso, non posso continuare a disegnare ovunque A cerchiate. Eppure, mi dico, come mai fino ad adesso ero convinta, tutto si fermava forse alla magia della parola? Senza più ascoltare la prof. la discussione prende piega nel mio animo e la rabbia esce con i pensieri, rabbia per quelli che continuano a darmi dell'illusa, della sempliciotta, rabbia per quelli che dicono: l'anarchia è solo un'utopia, una semplice ed idiota utopia. Mi sono costruita un vocabolario, tutto basato sulla parola anarchia.
I pensieri corrono, corrono a ricordarmi il piacere che provo quando scrivo, sì, dopo che la prof. di italiano mi ha praticamente consigliato di non toccare la penna quando scrivo, perché l'italiano non è certo il mio forte, da allora mi piace ancora di più scrivere perché in questa lotta ha vinto il mio spirito, che trova lo scrivere essenza suprema della vita, a dispetto di quelli che intendono ergersi a giudici della vita altrui. E quando penso ai clandestini che ogni giorno arrivano in Italia penso un senso di orrore e avrei voglia di ospitarne qualcuno in casa mia ma non per andare contro il governo, per nascondere qualcuno che per il governo è clandestino, ma solo per salvare qualcuno dalla guerra, dalla miseria e dal pregiudizio popolare.
Anche nei sentimenti si può trovare questo spirito di autonomia, a volte ti capita di legarti a qualcuno, di legarti a tal punto da non poter più vivere senza quella persona, ti viene quindi spontaneo pensare che la libertò della persona è annullata, annientata, che questa persona ha cessato di essere un essere umano ben distinto, in grado di assaporare la libertà; eppure non è così, perché nel momento in cui è conscia di quel che fa, agisce in piena libertà, perchè essere dipendenti di una persona non è male se questa persona ci completa (si può prendere per esempio Dio, infatti quelli che credono in Dio lo credono buono e quindi un completamento dell'esistenza, non lo vedono certo come un tiranno che comanda senza dare la libertà). Ecco, io a tutto questo dò il nome di anarchia, lo so, molti mi prenderanno in giro, mi diranno "ma che anarchia e anarchia", ma secondo me l'anarchia prima di essere una dottrina che intende sostituire a un'ordine sociale basato sulla forza dello stato un ordine fondato sull'autonomia e la libertà dell'individuo, è l'anima di una persona. La mia A cerchiata sta a significare proprio questo, io la libertà la provo nel decidere autonomamente, la provo nel mettermi sullo stesso piano di un'altra persona. Ogni persona è conscia sicuramente di questo, ma io ho voluto dirlo perché per me in questo momento essere anarchica è questo, è riuscire a liberare la mia anima, è riuscire a decidere da sola, in piena libertà. (...)
L'anarchia ci passa davanti ogni giorno, ma noi non riusciamo ad afferrarla, perché pensiamo che l'anarchia sia possibile solo nel momento in cui non esisterà più lo stato, non può andare avanti così, prima si parte dalle cose piccole e poi si giungerà a quelle grandi, ma se non riusciamo ad individuare le cose piccole, come si fa a sperare in qualcosa di più? La discussione volge al termine con il suono della campanella, nel cuore rimane però la voglia di unire i nostri piccoli mondi anarchici per formarne uno di enorme che può ancora trattare lo stato come un ospite (anche se indesiderato), convinti di essere già in minima parte realizzati così

Elisabetta Monetti (Vigonovo - VE)