Rivista Anarchica Online
Nonostante lo svacco
di L. L.
Sono passati solo pochi mesi e già abbiamo una conferma di quanto scrivevamo sul ruolo
che avrebbero assunto gli attivisti del Partito Comunista (cfr. "A" 61: "Spie sì, ma per il
P.C.I.). Sono nati i "vigilantes rossi". Nel mese di maggio, infatti, la sinistra ufficiale e i
sindacati hanno organizzato "picchetti antiterroristi" in circa duecento punti di Milano tra
le 7.30 e le 9.30 del mattino per contrastare "l'offensiva terroristica" e per rivolgere "un
appello all'unità, alla vigilanza e alla mobilitazione di massa". Una risposta ai numerosi
"azzoppamenti" di dirigenti politici e aziendali. Una risposta ancora simbolica, ma che
lascia chiaramente intravvedere la volontà operativa sottointesa.
Gli operai difendono i loro sfruttatori, i loro antagonisti politici e tutto questo lo chiamano
lotta di classe! Quanti significati diversi si possono dare a questa mitica locuzione. Noi,
tutto questo preferiamo definirlo interclassista. Ma si sa, gli anarchici di queste cose non
se ne intendono, tutti presi a parlare sempre di rivoluzione, quella bella rivoluzione che
non viene mai. Via, siamo realistici: la lotta di classe, oggi, è difendere i padroni, fare gli
straordinari, accettare i sacrifici. Non ci credete? Allora siete fuori dal "processo storico".
Stakanov, quello si era uno che portava avanti la lotta di classe in modo corretto... glielo
aveva spiegato Stalin come fare.
Ma al di là dell'ironia (amara per altro) resta il fatto che i sindacati, decisi a salvare
l'economia, stanno operando un'azione a vasto respiro con una capacità di coinvolgimento
notevole. Per mesi ci siamo detti delle cose inesatte sulla crisi del sindacato,
sull'opposizione operaia e compagnia cantando. L'esperienza dei sabati di straordinario
all'Alfa Romeo ci ha dato la prova tangibile della capacità dei sindacati e del grado di
accettazione partecipe degli operai. E se i più violenti contro i picchetti formati da
anarchici e autonomi sono stati i soliti bonzi sindacali, gli operai comuni ci hanno mandato
bellamente a quel paese, tutti interessati a far funzionare la loro bella azienda che produce
automobili e deficit. Sembrava un altro pianeta. Negli occhi smarriti dei compagni si
leggeva l'inquietante domanda: "Ma dove sono finiti i mitici operai dell'Alfa? L'assemblea
autonoma? La famosa combattività che aveva innescato lotte di ampia portata?". Il gran
fuoco si è spento e non sappiamo nemmeno se ci sono delle braci sotto la cenere.
Brutta la realtà, vero? Però illudersi, come fa qualche compagno sarebbe ancora peggio.
Non basta dire che all'Alfa i rivoluzionari hanno commesso degli errori (che è vero, ci
sono stati) per spiegare questo riflusso, questa atmosfera da anni cinquanta. La crisi
economica gioca certamente un ruolo significativo, ma non sufficiente. Altri due elementi
esercitano la loro azione e combinandosi con quello precedente danno vita a un composto
altamente soporifero.
Il primo è prettamente politico: PCI e sindacati da quando sono al governo hanno
accentuato la loro pressione sulle masse lavoratrici per corresponsabilizzarle nella gestione
del loro sfruttamento. L'altro elemento è di natura psicologica. Brutta parola, ma che in
qualche caso è opportuno usare. Entrando quindi in questa sfera risulta in modo lampante
che, passata l'euforia delle assemblee dove tutto si riscopriva, dove nasceva una volontà
nuova e dirompente, gli operai sono tornati ai piccoli "grandi" problemi di sempre. Dopo
l'ubriacatura, si sono risvegliati con un odioso mal di testa. Meglio pensare alle cose
pratiche e al diavolo quei rombiballe che parlano sempre di rivoluzione e ti creano
insicurezza, mentre come è rincuorante, convincente, rassicurante il buon sindacalista che
ti ripropone il suo ritornello. Brutta la realtà, vero?
I giornali di oggi acuiscono il senso di disagio: "Baffi chiama Lama". Il Governatore della
Banca d'Italia rivolge un invito al ras dei sindacati per salvare la lira "stabile, ma non
ancora guarita"; solo lui può aiutarlo, e cosa deve fare questo santuomo? Poca cosa. Deve
convincere i suoi operai che non devono guadagnare così tanto. Ma Baffi e un "signore" e
preferisce parlare di "contenimento del costo del lavoro", di "effetti perversi della scala
mobile". La forma innanzitutto, un po' di savoir faire non guasta. Per un po' di giorni i
leaders dell'opposizione operaia lanceranno parole di fuoco contro questo "ennesimo e
pesante attacco padronale alla condizione operaia" poi subentreranno "le necessità del
momento particolarmente difficile", la "situazione non favorevole", e tutto passerà anche
se modificato, giusto per salvare la faccia dei rappresentanti ufficiali dei lavoratori.
Sì, però diciamocelo francamente, di vera opposizione operaia ce n'è proprio poca e cresce
solo nella mente di coloro che si credono i suoi rappresentanti. Quel poco di dissenso che
permane all'interno delle unità produttive è sostanzialmente riformista e la conflittualità
che esprime è tutta all'interno del sistema, mentre l'opposizione "politica" è ripiegata su se
stessa alla ricerca di una qualche base su cui legittimare la sua funzione. Brutta la realtà,
vero?
Ma forse ci sono ancora delle possibilità. Un esempio, forse banale o forse significativo:
un giovane, molto giovane compagno, un volto incorniciato da un cespuglio di barba e
capelli perennemente arruffati, i modi bruschi, la voce forte, parla un sinistrese ermetico e
allusivo eppure... eppure in lui c'è una carica di rivolta, di volontà distruttiva e costruttiva,
una instancabilità senza pari. A volte è preso da scoramento perché "c'è lo svacco",
"perché i compagni non fanno un cazzo", ma subito si riprende, nuove cose da fare, altri
manifesti da attaccare, altre riunioni da fare, altri contatti da prendere, e così via, giorno
dopo giorno.
E a ben guardare di compagni così ce ne sono ancora, forse pochi, ma ci sono. "Sono
meno dell'uno per cento, ma credetemi esistono" canterebbe Leo Ferrè, e fino a quando ci
saranno dobbiamo continuare a costruire le premesse della rivoluzione. Poco importa se ci
derideranno dicendo che costruiamo sulla sabbia. Non è vero! Ogni seme gettato nel vento
può diventare un fiore, forse il fiore più bello, quello della rivoluzione.
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