Rivista Anarchica Online
Ecce Bombo
di R. Z.
Ne hanno scritto di tutti i colori, lo hanno paragonato a tutti i grandi del cinema, il film che
ha diretto rappresenta l'Italia al festival di Cannes, la critica lo osanna e lo adora: parliamo
di Nanni Moretti e del suo film Ecce Bombo, caso cinematografico dell'anno,
superpremiato ovunque sia stato presentato e soprattutto ottimo incasso in una annata
molto fiacca per il cinema italiano perennemente in crisi. Ma che cosa ha fatto di tanto
importante questo Moretti per meritarsi tanti elogi e poi, questi elogi, li merita sul serio o
è pura invenzione della critica. No, bisogna concordare con i parrucconi da cineteca, i
sotutto della celluloide, Moretti è un grande animale cinematografico e la sua maggiore
dote non è l'autoironia bensì il rispetto della verità anche nei suoi aspetti più tristi. Certo
chi aveva visto il suo precedente film "Io sono un autarchico" girato in superotto con
amici e parenti, costato tre milioni circa e circolato solo nei circuiti d'essai per la sua
fattura artigianale, è rimasto deluso pensando che Moretti affrontasse temi a lui inusuali:
nulla di tutto questo, la storia sembra ripetersi con maggiore caoticità - almeno
apparentemente - ma il taglio è più profondo, più maturo, affonda nella carne dello
spettatore con l'arma inarrestabile del riso e dopo la proiezione riaffiora lo stesso riso,
divenuto amaro, che inizia a fare pensare sul presente, su come siamo, su cosa vogliamo,
soprattutto su chi siamo.
L'operazione, che appare molto facile, è più difficile di quanto sembri ed occorre dire che a
Moretti, che ha usato nel cinema la tecnica letteraria cara a William Burroughs - il cup-up
- che consiste nel frantumare la storia in tanti piccoli periodi apparentemente slegati tra
loro, ma solo apparentemente, tutto ciò è riuscito molto bene anche per una sorta di esame
di coscienza generazionale che si è fatto dinnanzi alla macchina da presa mettendosi a
nudo e mettendo a nudo il mondo che lo circonda, la gente che lo vive, le idee che lo
pervadono, gli ideali che lo spingono. Il quadro non è tra i più edificanti che si possano
pensare ma occorre dire - e chi afferma il contrario vive in un altro pianeta - che la realtà
morettiana è la realtà quotidiana di moltissima gente, togliendo dal novero, ovviamente,
altre fasce giovanili investite da altri problemi: inganni non ve ne sono, tanto meno
compiacenze, si è dinanzi ad una realtà, seppur ristretta, ma dipinta con i foschi colori
della quotidianità, il che permette agli spettatori di riconoscervisi. Qualcuno non vi si
riconoscerà - i giovani dediti alle droghe pesanti, coloro che hanno scelto la via della lotta
armata, i seguaci di uno stalinismo mentale che divide il mondo con rigidità e rifiuta tutto
ciò che scalfisce tale visione del mondo - ma occorre anche dire che l'operazione
cinematografica di Moretti tendeva a vivisezionare un certo mondo da lui vissuto e se
questo mondo non ha come abitanti i soggetti citati sopra, di certo non gli si può dargli
addosso per questo.
Si è anche parlato di un certo cinismo da parte di Moretti, di una furba operazione
commerciale operata per bissare in termini più vantaggiosi il successo di "Io sono un
autarchico", ma penso che tutte queste critiche siano una barriera fumogena per
nascondere la grande invidia della maggior parte della cinematografia italiana dinnanzi ad
un talento nuovo che di questo mondo vuol farne parte a buon diritto senza, però, entrare
nel meccanismo viscido della ricerca del successo facile a tutti i costi, giocando con
l'intelligenza del pubblico ed ammannendogli prodotti idioti e che non fanno riflettere. Lo
hanno paragonato a molta gente ma credo che sia d'obbligo paragonarlo, almeno la sua
comicità, ai fratelli Marx, padri e signori di un umorismo cinematografico che si faceva
forte della più atroce critica alla società americana, con tic e vizi ed errori sempre beccati
in modo eccezionale e senza mai dover ricorrere a scurrilità: e che maschera ha questo
Moretti, questo suo naso a tagliavento, questi suoi capelli lunghi da bravo universitario
impegnato (sisiperò...), che espressioni ha con questo suo volto perennemente triste e che
ci ricorda il broncio di W.C.Field, grande comico americano da noi misconosciuto per
ragioni politiche - il fascismo lo vietò - e perché si osannano solo i comici accademici
come Chaplin, tra il serio ed il faceto, un volto esprime mille dubbi, gli stessi del suo io
pubblico e dei suoi personaggi. A proposito dei personaggi, che dire dei genitori, degli
amici, delle donne, di quello splendido esempio di consapevolezza della realtà tragica che
viviamo dipinto così perfettamente da Lina Sastri, un'attrice napoletana tanto brava da
essere dimenticata dal nostro cinema alla disperata ricerca sempre di natiche sode, di seni
invitanti e di vagine lussureggianti, in questo microcosmo di disperazione che siamo noi e
che così bene ci descrive, ci fa ridere e ci fa pensare e diventare tristi? No, non è una mera
operazione commerciale, questa è la giusta maniera di fare cinema e per chi non crede a
quanto dico vada, vada a vederlo e si gusti l'ultima scena, nella quale sembra che
Antonioni abbia passato le consegne a Moretti: una stanza nuda, una ragazza dallo
sguardo fisso, pareti bianche, una povera luce pende dal soffitto; Michele - Nanni Moretti
- in piedi dinanzi alla ragazza e silenzio, tanto silenzio. È il requiem di una generazione
nutritasi di musica, di canti, i tantissimi slogans, di interventi in assemblee, di confessioni
che hanno lasciato solo il vuoto, il silenzio più profondo nei rapporti interpersonali:
Moretti ci ha fatto toccare il silenzio che c'è tra noi, ci ha fatto vedere quanto siamo soli e
già per questo è grande. E grande e il suo umorismo, simile a quello di bretoniana
memoria, mai intellettuale, sempre quotidiano, come i fatti che racconta, senza mai
divenire indagine socio-psicologica, senza mai salire in cattedra: il sessantotto non è
passato invano, certo modo di fare cinema è stato abbandonato, Ecce Bombo ne è la
prova visiva più eclatante. Peccato che sia anche la documentazione cinematografica della
fine di una generazione, di molte generazioni, di molti idealismi, di tanti sogni e tanti
discorsi per cambiare un mondo che, mentre discutevamo e urlavamo e cantavamo e
scoprivamo l'amore e morivamo nelle piazze, ci ha cambiati a nostra insaputa, ci ha
svuotati come zucche. Finirà così? Speriamo che Moretti abbia filmato la fine di un
periodo e che il prossimo - dopo tanta confusione - sia migliore di quello passato: me lo
auguro, anche se sono affezionato, voglio bene, mi ci ritrovo dentro, non disconosco,
sono anch'io un po' Ecce Bombo.
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