Rivista Anarchica Online
AL CINEMA
a cura di Rozac
Una donna tutta sola
Il cinema americano scopre la donna ed inonda il mercato di pellicole nelle quali l'eterno
femminino ci viene propinato in tutti i modi e sotto tutti i punti di vista: non si allontana da
questo concetto che vuole unire l'impegno alle necessità commerciali neanche questo "Una
donna tutta sola" che, nonostante tutti i difetti che gli si possono ascrivere, rimane una pellicola
godibile e, per certi aspetti, sopra la media di certa cinematografia d'oltreoceano. Coadiuvato
da una splendida attrice che risponde al nome di Jll Clayburg, Mazursky ci fornisce il quadro di
una donna della media borghesia americana dinanzi al trauma del tradimento confessatole dal
marito e dei suoi tentativi per ricreare intorno a sé un'atmosfera vivibile a tutti i livelli. Bene
vengono individuate e filmate le nevrosi che sorgono al momento del distacco, bene viene anche
ricreato il clima di cicaleccio sessualmondano di certi collettivi femministi formati da donne che
tutto sono meno che femministe, bene viene evidenziato il cambiamento che viene a crearsi nei
rapporti madre-figlia, meno bene viene trattato il sorgere di nuovi rapporti ove la nostra Jll fa
parte di colei che cerca di dimenticare solo e soltanto con l'ausilio di un pene la fine di un
rapporto di amore protrattosi per lungo tempo. Emerge un semplicismo che non si addice al
tono della pellicola e che, a volte, ricorda l'estrema sciatteria di "In cerca di Mr Goodbar",
orribile pellicola che non a caso ha fruttato l'Oscar alla sua protagonista. Qui si è dinanzi ad
una donna che cerca di fare fronte con tutti i suoi-deboli-mezzi ad una situazione più grande di
lei e mostrarcela alle prese con il virilone di turno, sinceramente appare un poco stupido e
messo lì tanto per impressionare metri di pellicola. Nonostante questo, tutta la pellicola è
pervasa da una tristezza ostile che rare volte viene a mancare e che la rende struggente senza
essere lacrimevole: merito anche della Clayburg che, scrollatasi di dosso la nequizia di un suo
rapporto personale dominato dalla personalità di Al Pacino, mette tutta se stessa - e la sua
storia personale - nel film elevandolo di molto dalla media alla quale purtroppo da molto tempo
siamo abituati. Intendiamoci, non è un capolavoro, è solo un modo onesto di vivere il cinema ed
un prezioso appuntamento con un regista da noi troppo misconosciuto ed una attrice che si
conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, come una delle più interessanti d'America.
Una moglie
Dopo tanti anni di anticamera in salette off semivuote, anche John Cassavates si presenta al
grande pubblico con una delle sue ultime opere e mostra finalmente il volto di chi il cinema in
America sa farlo in economia, al di fuori dei canoni della grande industria e con risultati
eccellenti, perché questo "Una moglie" è veramente un bel film, come è dato raramente vedere
da molto tempo a questa parte in Italia. Splendidamente diretto ed ancor meglio interpretato da
una coppia di attori sempre bistrattati dalla critica, Peter Falk e Gena Rowlands, il film non è
che la cronaca nuda e cruda di un rapporto di coppia tra due americani del ceto medio,
invischiati sino al collo nella spirale del benessere a tutti costi, tanto da non accorgersi che ne
sta andando della loro stessa salute psichica.
I tic, le litigate, le scene d'amore, i rapporti con la parentela vengono filmati con una precisione
esemplare tale da mettere a disagio lo spettatore che difficilmente riesce a capacitarsi della
durezza che intercorre tra due persone che si vogliono bene e che vivono assieme - anche perché
distolto da una interpretazione magistrale. Esemplare la scena della spaghettata, nella quale
esplodono tutte le nevrosi di un rapporto che si sta esaurendo e che solo una buona dose di
coraggio riuscirà - impetuosamente ed impietosamente - a mantenere in vita e rinsaldare.
Dispiace dover ammettere che per anni non è stato possibile vedere le opere di un autore così
interessante anche perché il pubblico sarebbe cresciuto al cospetto di simili opere che, mai
venendo meno ad un rigore tipico di Cassavates, sono andate migliorando in un crescendo tanto
da poter essere identificate come la miglior produzione che un autore moderno abbia dato al
cinema in questi ultimi venti anni.
Occorre dire tutto ciò per premiare il coraggio che Cassavates ebbe nell'abbandonare
Hollywood e nel mettersi a produrre films interpretati da lui stesso, dalla moglie Gena Rowlands
e da amici e parenti suoi e della moglie. Rigoroso, distaccato, legato ad un uso nel contempo
tradizionale e moderno della macchina da presa, Cassavates ha precorso mode culturali
dedicando ai grandi temi del nostro tempo - la nevrosi, la coppia, la famiglia, la solitudine -
film che sono opere amare perché profondamente veri e senza veli che obnubilino le coscienze
degli spettatori. Regista metropolitano per antonomasia, Cassavates è il poeta della solitudine e
dei cervelli che vanno marcendo: unica eccezione, il suo e quello degli attori che lo assecondano
sempre perfettamente e senza sbavature. Non è poco, credete, anche perché - essendo Altman
canadese - è l'unico, vero autore cinematografico statunitense.
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