Rivista Anarchica Online
Il mito omosex...
Raccolgo il messaggio dei compagni di A-rivista anarchica che, nella introduzione al documento
del Collettivo di liberazione sessuale, chiarivano la loro posizione con alcuni interrogativi
retorici quale "Che cos'hanno in comune, soprattutto dal punto di vista rivoluzionario (ma non
solo) una "frocia operaia" e il suo (o un altro) padrone, ricco, arrogante e omosessuale?"
Mi trovo a tal punto d'accordo su questo punto da voler provare a capovolgere la domanda in
tal modo: "Cos'hanno in comune una "frocia operaia" e un operaio maschio?" E rispondo:
senz'altro solo la loro condizione di classe ed è certo già qualcosa, ma sempre piuttosto poco,
specie se l'operaio maschio schernisce, maltratta o anche solo tiene lontano il compagno
omosessuale.
Quel che mi sforzo di chiarire è che, secondo me e con la necessaria approssimazione di ogni
discorso teorico, la differenza, probabilmente incolmabile, che passa fra l'operaia della Breda e
Sofia Loren (pur vicine in quanto donne) non è poi diversa dal solco, altrettanto difficile da
colmare, che separa la suddetta operaia da un suo collega maschio. Credo che le contraddizioni
che soffriamo siano tante e tutte ugualmente importanti e non vedo proprio perché la lotta di
classe debba essere considerata terreno privilegiato rispetto alla lotta fra i sessi o al conflitto
fra generazioni o, ancora, allo scontro fra Umanità e Natura (argomento che varrebbe la pena
davvero di trattare e dibattere più spesso!).
Lottare per i propri diritti e per i propri bisogni e desideri è giusto e indispensabile. Sbagliato è
generalizzare e astenersi dalla realtà viva, idealizzando e creando dei miti (mito operaista,
femminile, razziale, omosessuale, ecc.). Può diventare e diventa ambigua e sterile la lotta
dell'operaio che a casa picchia la moglie, quanto lo è quella di una ricca signora borghese
contro lo strapotere del marito.
Il proletariato è indubbiamente, in quanto classe sfruttata, un grossissimo propulsore
rivoluzionario, ma che si ferma perlopiù in una dimensione meramente economica del discorso
di liberazione.
Il movimento delle donne (come quello omosessuale con le dovute differenze) è senz'altro di
enorme stimolo e di grande carica eversiva, dal punto di vista delle tematiche
sull'emancipazione femminile e sulla liberazione sessuale, ma tante volte resta scollato dalle
implicazioni economiche e sociali che sottintende.
Quel che ne esce fuori è una rivoluzione in pezzi, un innocuo proposito di liberazione senza ali
per volare oltre la muraglia di condizionamenti e di prospettive visuali edificate dal sistema di
potere.
La lotta TOTALE per una reale liberazione umana, per non inaridirsi, deve saper abbracciare
tutte le sfere della vita sessuale e non cadere nel tranello di un'angusta visione settoriale,
contrastante nei confronti delle possibilità varie e multiformi della persona umana completa.
Potremo allora accorgerci che si è trattato sempre di divisioni artificiose, funzionali al
persistere della "civiltà" del potere, che basa la sua stabilità proprio sulla divisione in ruoli, in
funzioni, in classi. Penso che ci si renda conto un po' tutti, quanti siano gli ostacoli che oggi ci
troviamo davanti (e anche dentro noi stessi), quanto appaiano insormontabili, fino a
scoraggiarci e a farci deviare su altre strade (clandestinità armata, clandestinità privata, ecc.).
Ma il dibattito e il confronto sono un primo passo necessario (ma non sufficiente), per quel
compito difficile di "reinventare la rivoluzione" che la storia, o il caso, o piuttosto la volontà
umana, oggi forse hanno affidato agli anarchici e ai libertari tutti.
Carlo B. (Cagliari)
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