Rivista Anarchica Online
Un modo diverso di essere donna
a cura della Redazione
Nata in Russia (Königsberg, 1869) da genitori israeliti, Emma Goldman emigra quindicenne negli
Stati Uniti. Tre anni dopo, all'indomani dell'esecuzione dei cinque anarchici passati alla storia
come "i martiri di Chicago", decide di impegnarsi nel movimento rivoluzionario. Entra dapprima
in contatto con l'anarchico Johann Most e inizia ad approfondire le sue conoscenze del pensiero
libertario. Incontra tra gli altri Alexander Berkman, come lei emigrato dalla Russia, ebreo ed
anarchico militante: nasce tra loro un legame affettivo molto intenso che, tumultuosamente, dura
per quasi tutta la loro vita. Con la sua affascinante oratoria, Emma diventa la più conosciuta e richiesta oratrice rivoluzionaria
di tutto il Nord America: i suoi comizi, le sue conferenze, i suoi famosi contraddittori con
avversari di ogni tipo richiamano sempre folle numerose e spesso vengono interrotti brutalmente
dall'intervento delle forze dell'ordine. Più volte arrestata, è costretta anche alla clandestinità per
sfuggire ai mandati di cattura. Nel 1906 fonda con Berkman un giornale anarchico, Mother Earth
(Madre terra), di cui resta per oltre un decennio l'animatrice. Nel 1907 è tra le protagoniste del
congresso internazionale anarchico di Amsterdam. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale
intensifica la sua attività antimilitarista, in seguito alla quale è arrestata ed espulsa dagli Stati Uniti.
Con Berkman decide di tornare in Russia, prende contatto con le forze rivoluzionarie vittoriose:
nonostante l'opinione decisamente contraria espressa dagli anarchici russi, decide di collaborare
con il governo bolscevico - sul quale nutre infondate illusioni. Rapidamente disillusa, viene subito emarginata e praticamente costretta ad una nuova
emigrazione: nella sua terra sempre più saldamente in mano ai nuovi padroni rossi non potrà mai
più rimettere piede. Emma riprende la sua peregrinazione, sempre in giro per l'Europa, sempre
attiva conferenziera e propagandista. Ormai separata definitivamente da Berkman (che muore
suicida a Nizza nel '36), Emma è presente in Spagna durante la rivoluzione sociale: sostiene la
linea dell'intransigenza rivoluzionaria e critica duramente la partecipazione al governo di esponenti
della C.N.T.. Ritorna nel Nord America e muore nel 1940, in Olanda, durante una conferenza.
Pubblichiamo in queste pagine quattro brani tradotti dalla sua autobiografia "Living my life"
("Vivendo la mia vita"), ancora inedita in italiano a quasi mezzo secolo dalla sua uscita.
troppo sesso disse Kropotkin
All'invito dei Kropotkin andai a Bromley con Mary Isaac. Questa volta la signora Kropotkin e la
sua figlioletta Sasha erano in casa. Sia Pietro che Sofia Grigorevna ci ricevettero affettuosamente.
Parlammo dell'America, del nostro movimento in quel paese e della situazione in Inghilterra.
Pietro era stato in U.S.A. nel 1898, ma in quel periodo poiché mi trovavo sulla costa mi era stato
impossibile assistere alle sue conferenze. Sapevo comunque, che il suo giro aveva avuto molto
successo e che egli aveva lasciato un grande entusiasmo. Il ricavato delle sue conferenze aveva
aiutato a far rivivere "Solidarity" e ad infondere nuova vita nel nostro movimento.
Pietro era particolarmente interessato ai miei giri nel Middle West e in California. Deve essere un
meraviglioso campo d'azione osservò, se puoi ripercorrere lo stesso territorio per ben tre volte
successive. Confermai la sua impressione e gli dissi che buona parte del mio successo in California
era da attribuirsi al "Free Society". Il giornale sta facendo un ottimo lavoro convenne, ma
sarebbe anche più efficace se non sprecasse tanto spazio trattando di sesso. Mostrai il mio
disaccordo e ci trovammo coinvolti in una accesa discussione su come inquadrare il problema del
sesso nella propaganda anarchica.
Secondo Pietro, la parità tra uomini e donne non aveva niente a che fare col sesso; era questione
di cervello. Quando la donna sarà al suo livello intellettuale e parteciperà ai suoi ideali sociali,
disse, sarà libera come lui.
Eravamo entrambi un po' eccitati e dal tono delle nostre voci poteva sembrare che stessimo
litigando. Sofia, che stava tranquillamente cucendo un abito per sua figlia, cercò diverse volte di
dirottare la nostra discussione verso argomenti più tranquilli, ma invano. Pietro ed io
passeggiavamo in crescente agitazione per la stanza, ciascuno sostenendo accanitamente la
propria posizione. Alla fine commentai: Bene, caro compagno, quando avrò raggiunto la tua età
la questione sessuale forse non avrà più importanza per me. Ma lo è ora, e lo è per migliaia,
anzi milioni di giovani. Pietro esitò, un sorriso divertito illuminava il suo viso gentile. Che strano,
non ci avevo pensato, rispose forse hai ragione dopotutto. Mi sorrise con affetto, i suoi occhi
luccicavano divertiti.
profanando un tempio maschilista
A Minneapolis feci una esperienza divertente. Fui invitata a fare una conferenza presso una
organizzazione di professionisti nota come "Spook Club". Mi dissero che nessuna donna era mai
stata ammessa prima d'ora alla sacra presenza degli spookers, ma che per me era stata fatta
un'eccezione.
Non credendo ai privilegi particolari, scrissi al club che nella mia esperienza di infermiera non mi
ero mai messa in agitazione quando avevo dovuto comporre i cadaveri. Ma il trovarmi di fronte
cadaveri viventi riusciva a sconvolgermi. Avrei affrontato il compito di preparare gli spookers per
la sepoltura se avessi potuto avere alcune robuste esponenti del mio sesso ad assistermi. Il povero
Spook Club era sbalordito. L'acconsentire alla mia richiesta implicava il pericolo di un'invasione
femminile. Il rifiutare, li avrebbe resi ridicoli pubblicamente.
La presunzione maschile ebbe il sopravvento sulla loro durezza. "Porta con te il tuo reggimento,
Emma Goldman", risposero gli spookers, "e accetta le conseguenze di ciò". Le mie amiche ed io
creammo quasi una rivoluzione nel club. Ahimè, non nelle teste, ma solo nel cuore degli spookers.
Dimostrammo loro che non c'è niente di più ottuso che le riunioni di sole donne o di soli uomini
quando non si è in grado di eliminare l'altro sesso dalla propria mente. In quell'occasione ciascuno
si sentì sollevato da ossessioni di sesso, a proprio agio e tranquillo. La serata fu molto
interessante. In effetti mi fu confermato che era stato considerato l'incontro intellettuale più
stimolante nella storia del club ed inoltre il più allegro. L'atteggiamento liberale degli spookers
verso di me era solo parte della trasformazione generale che era avvenuta negli ultimi sei anni nei
confronti dell'anarchismo. Il tono della stampa non era più così vendicativo. I giornali a Toledo,
Cincinnati, Toronto, Minneapolis e Winnipeg erano straordinariamente moderati nei loro
resoconti delle mie conferenze.
In un lungo editoriale, un giornale di Winnipeg scriveva: Emma Goldman è stata accusata di
abusare della libertà di parola a Winnipeg e l'anarchismo è stato denunciato come un sistema
che incoraggia l'assassinio. In realtà, Emma Goldman, mentre si trovava a Winnipeg, non
pronunciò nessuna invettiva pericolosa e la logica, e la saggezza delle sue dichiarazioni
meritavano una critica molto moderata.
In effetti, colui che lamenta che l'anarchismo insegna a buttar bombe e la violenza, non sa di
che sta parlando. L'anarchismo è una dottrina ideale, che è adesso e lo sarà sempre,
assolutamente inattuabile. Alcuni degli uomini più miti e più dotati del mondo ci credono. Il solo
fatto che Tolstoi è un anarchico è la prova conclusiva che l'anarchismo non insegna la violenza.
Tutti abbiamo il diritto di ridere dell'anarchia come di un sogno pazzesco. Tutti abbiamo il
diritto di essere d'accordo o in disaccordo con gli insegnamenti di Emma Goldman. Comunque
non dovremmo renderci ridicoli criticando un conferenziere per le cose che non ha detto e
neppure dichiarando violenta e sanguinaria una dottrina che predica il contrario della violenza.
Kollontaj la fredda
Alessandra Kollontaj e Angelica Balabanoff erano facilmente raggiungibili poiché abitavano al
National. Mi recai dalla prima. La Kollontaj aveva un aspetto molto giovanile e radioso,
nonostante i suoi cinquant'anni e il severo intervento chirurgico al quale era stata recentemente
sottoposta. Una donna alta e maestosa, in ogni centimetro una "grande dame" più che un'accesa
rivoluzionaria. Il suo abbigliamento e le due stanze che abitava, rivelavano il buon gusto, le rose
sulla sua scrivania piuttosto sorprendenti nel grigiore russo. Erano le prime che vedevo dall'epoca
della nostra deportazione. La sua stretta di mano era molle e distante, anche se disse di essere
felice di incontrarmi, finalmente, nella grande, vitale Russia.
Avevo già trovato l'alloggio e il lavoro che desideravo fare? Mi chiese. Risposi che mi sentivo
ancora troppo insicura per decidere dove potevo essere più utile. Forse l'avrei saputo meglio dopo
aver parlato con lei delle cose che mi turbavano, delle contraddizioni che avevo incontrato.
Dovevo raccontarle tutto, disse; era sicura di potermi aiutare a superare il mio primo periodo
difficile. Ogni nuovo venuto attraversa lo stesso stato d'animo, mi assicurò, ma tutti imparano
presto a riconoscere la grandezza della Russia sovietica, le piccole cose non hanno importanza.
Provai a dirle che i miei problemi non erano piccole cose; essi erano di vitale importanza per me.
In effetti, la mia propria esistenza dipendeva dalla loro giusta interpretazione. D'accordo,
comincia, disse con noncuranza.
Si adagiò nella poltrona e io cominciai a parlare delle angherie delle quali ero venuta a
conoscenza. Ascoltò attentamente senza interrompermi, ma non c'era sul suo freddo bel viso il
benché minimo segno di turbamento provocato da quanto da me esposto. "Ci sono sì delle
opache macchie grigie nel nostro vivace quadro rivoluzionario", disse quando ebbi terminato,
"Sono inevitabili in un paese così arretrato con un popolo così cupo e un esperimento sociale di
tale importanza, tanto contrastato dal mondo intero. Spariranno quando avremo liquidato il
nostro fronte militare e quando avremo elevato il livello culturale delle nostre masse". Io avrei
potuto esser molto d'aiuto, continuò. Avrei potuto lavorare tra le donne; ignoravano anche i più
elementari principi di vita, inoltre non conoscevano le loro funzioni come madri e cittadine. Avevo
fatto un così buon lavoro in America e lei mi assicurava che avrei trovato un campo molto più
fertile in Russia. "Perché non collabori con me e non la smetti di rimuginare per poche opache
macchie grigie?" disse concludendo; "non sono nient'altro, cara compagna, veramente
nient'altro". Gente arrestata, imprigionata, fucilata per le proprie idee! Vecchi e giovani tenuti in
ostaggio, ogni protesta soffocata, iniquità e favoritismo dilaganti, i migliori valori umani traditi, lo
spirito rivoluzionario stesso giornalmente crocifisso, tutto questo non era altro che "opache
macchie grigie"... trasalii! Mi sentivo raggelare fin nelle ossa.
a colloquio con Lenin
"Ilich (Lenin N.d.R.) non perde tempo in preliminari. Va diritto al suo scopo", mi disse una volta
Zorin con evidente orgoglio. Infatti ogni passo fatto da Lenin dal 1917 lo dimostrava. Ma se
avessimo avuto dei dubbi, la maniera con cui ci ricevette e lo svolgersi del nostro colloquio ci
avrebbero rapidamente convinti dell'essenzialità emotiva di Ilich.
La sua rapida percezione dell'emotività altrui e la sua abilità nello sfruttarla al massimo per il suo
fine erano straordinari. Non meno sorprendente era la sua ilarità per ogni cosa che considerava
divertente sia in sé che nei suoi visitatori. Se poi poteva mettere uno in difficoltà, il grande Lenin
si sbellicava dalle risate tanto da costringerlo a ridere con lui. Dopo averci acutamente scrutato, ci
sottopose ad una raffica di domande, una dopo l'altra, come frecce: sull'America, sulla sua
situazione politica ed economica, su quali erano le sue possibilità di rivoluzione nel prossimo
futuro. Se la American Federation of Labour, era impregnata dell'ideologia borghese o se lo erano
solo Gompers e la sua cricca, e se la base era idonea per una penetrazione dall'interno. Quale era
la forza dell'I.W.W., se gli anarchici erano veramente così validi come sembrava dal nostro
recente processo.
Aveva appena finito di leggere le nostre autodifese fatte in tribunale. "Gran materiale! Un'analisi
ben delineata del sistema capitalista, splendida propaganda!". Peccato che non avessimo potuto
rimanere negli Stati Uniti, non importa a quale prezzo. Eravamo benvenuti nella Russia Sovietica,
certamente, ma l'America aveva un gran bisogno di gente capace di lottare come noi per aiutare
nella rivoluzione imminente. "Così come molti dei vostri compagni migliori presero parte alla
nostra. E tu, compagno Berkman, che organizzatore devi essere, come Shatoff. Ottima fibra il
tuo compagno Shatoff, non si tira mai indietro e può lavorare per dodici. È in Siberia, adesso,
commissario delle ferrovie della Repubblica (orientale). Molti altri anarchici occupano
importanti posizioni con noi. Tutto è a loro disposizione, se sono disposti a cooperare con noi
come veri anarchici idealisti. Tu compagno Berkman troverai presto il tuo posto. Un peccato,
comunque, che tu sia stato strappato dall'America in questo momento portentoso. E tu,
compagna Goldman che campo d'azione avevi? Avresti potuto rimanere. Perché non lo hai fatto,
anche se il compagno Berkman è stato buttato fuori? Bene, siete qui. Avete pensato al lavoro
che volete fare? Voi siete anarchici idealisti, lo vedo dal vostro atteggiamento nei confronti
della guerra, dalla vostra difesa dell'Ottobre e la vostra lotta per noi, la vostra fede nei
sovietici. Proprio come il vostro compagno Malatesta, che è completamente con la Russia
Sovietica. Che cosa preferite fare?".
Sasha fu il primo a prendere la parola. Cominciò in inglese, ma Lenin lo interruppe subito con
un'allegra risata. "Pensi che capisca l'inglese? Nemmeno una parola. Neppure di altre lingue
straniere. Non ci sono portato. Nonostante abbia vissuto all'estero molti anni. Curioso vero?" e
scoppiò in una risata. Sasha continuò in russo. Era orgoglioso di sentire tanto elogiati i suoi
compagni. Domandò: "perché ci sono degli anarchici nelle prigioni sovietiche?". "Anarchici?".
Ilich interruppe: "sciocchezze! Chi ti ha raccontato queste storie e come hai potuto crederle?
Nelle prigioni ci sono criminali e machnovisti, ma non anarchici idealisti". "Pensa" interruppi
"che anche l'America capitalista divide gli anarchici in due categorie: filosofi e criminali. I
primi sono bene accetti nei circoli più importanti, uno di loro si è sistemato anche più in alto nei
ranghi dell'amministrazione Wilson. La seconda categoria, alla quale noi abbiamo l'onore di
appartenere, è perseguitata e spesso imprigionata. La tua sembra essere la stessa distinzione,
non pensi?".
"Cattiva logica" rispose Lenin "un modo confuso di trarre le stesse conclusioni da premesse
differenti. La libertà di parola è un pregiudizio borghese, una facciata per occultare problemi
sociali. Nella Repubblica dei Lavoratori il benessere economico è più eloquente delle parole e la
libertà da lui procurate molto più sicura. La dittatura del proletariato sta ottenendo risultati in
questo senso. Attualmente deve affrontare molti grandi ostacoli, il più grande dei quali è
l'opposizione dei contadini. Essi hanno bisogno di chiodi, sale, tessuti, trattori, elettricità.
Quando potremo darglieli saranno con noi e nessun potere controrivoluzionario sarà capace di
farli tornare indietro. Nella situazione attuale della Russia tutte le chiacchiere di libertà sono
solamente cibo per i reazionari che cercano di abbattere la Russia. Solo i criminali sono
colpevoli di questo, e devono essere imprigionati".
Sasha consegnò a Lenin le delibere della conferenza anarchica e sottolineò con enfasi la
dichiarazione dei compagni di Mosca la quale affermava che i compagni imprigionati erano
idealisti e non criminali.
"Il fatto che la nostra gente chiede di essere legalizzata, è la prova che essi sono con la
Rivoluzione e con i sovietici" sostenemmo. Lenin prese il documento promettendo di sottoporlo
alla prossima sessione dell'esecutivo del partito. Saremmo stati messi al corrente della sua
decisione, disse, ma in ogni caso era una sciocchezza, non valeva la pena di disturbare nessun vero
rivoluzionario. C'era altro?
Avevamo lottato in America per i diritti politici, anche dei nostri oppositori, gli dissi; il rifiuto dei
diritti dei nostri compagni non era pertanto una sciocchezza. Io, dal mio canto sentivo, gli dissi,
che non potevo cooperare con un regime che perseguiva gli anarchici ed altri per reati d'opinione.
Inoltre c'erano dei mali anche più spaventosi. Come potevamo conciliarli con il grande obiettivo al
quale egli mirava? Ne citai alcuni. La sua risposta fu che il mio atteggiamento era borghese e
sentimentale. La dittatura del proletariato era occupata in una lotta per la vita e la morte, non si
poteva permettere a piccole considerazioni di bloccarne l'ascesa. La Russia stava facendo passi da
gigante in casa e all'estero. Stava accadendo la rivoluzione mondiale ed io mi stavo lamentando
per un piccolo spargimento di sangue. Era assurdo, e dovevo superarlo. "Fai qualcosa" suggerì
"questo sarà il modo migliore per recuperare il tuo equilibrio rivoluzionario".
non è proprio necessario che le donne tengano sempre la bocca chiusa e la vagina aperta
Emma Goldman
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