Rivista Anarchica Online
Cina - L'altra metà del cielo è ancora buia
di F. L.
La donna è sempre stata soggetta, in Cina, all'autorità dell'uomo. Il confucianesimo le ha
sempre negato il diritto a prendere parte alla vita politica. Nell'ambito della famiglia il ruolo
dominante è sempre stato ricoperto dal maschio e la donna, oberata dal peso dei lavori
domestici, è sempre stata considerata poco più che una serva. Persino i matrimoni, organizzati
arbitrariamente dai genitori, non sono mai stati altro che operazioni mercantili, di
compravendita, nel corso delle quali si scambiavano le donne come oggetti. Oggi, in Cina, si
dice che le donne "reggono l'altra metà del cielo", ma nella realtà il clima oppressivo di un
tempo è mutato ben poco. Salvo poche, trascurabili, innovazioni, non si sono fatti passi avanti:
la donna cinese non ha mai acquisito uno stato di reale uguaglianza ed emancipazione. La
seguente analisi, che considera la posizione della donna cinese oggi nei suoi aspetti politici,
economici e sessuali, servirà a farci comprendere fino a che punto essa sia tuttora soggetta a
discriminazione ed evidenzierà la necessità di considerare in modo nuovo, e più
rivoluzionario,
il problema della liberazione femminile e dei mezzi per poterla realizzare.
La costituzione cinese assegna esplicitamente alla donna il "diritto di voto e il diritto ad essere
eletta in assoluta parità rispetto agli uomini". Tuttavia, è evidente che il potere politico è
per la
stragrande maggioranza in mano ai rappresentanti di sesso maschile. Nel 1973, ad esempio, solo
il 20% dei delegati al decimo Congresso nazionale del partito erano donne, mentre nel Comitato
centrale la rappresentanza femminile raggiungeva solo il 10%. Le cifre dimostrano con
sufficiente chiarezza la condizione di relativa inferiorità delle donne rispetto agli uomini per ciò
che concerne il reale controllo del potere politico. Ciò si potrebbe in parte imputare al fatto che il
livello d'istruzione delle donne cinesi è generalmente inferiore a quello degli uomini
(all'università di Pechino, ad esempio, il 70% degli studenti sono di sesso maschile). Non si può
tuttavia pensare che anche la concezione assai diffuse in Cina, secondo cui "le donne non devono
occuparsi di politica", non vi abbia il suo peso. Alcuni hanno persino avanzato l'ipotesi che la
caduta di Chiang Ching sia, in una certa misura, dovuta al fatto che, essendo donna, le sue
ambizioni politiche siano parse eccessive e che di conseguenza la si sia identificata, per analogia,
con personaggi quali le antiche imperatrici della Cina - Wu Chek-tien e l'imperatrice Bowager. Con questo non
vogliamo dire che, se Chiang Ching fosse al posto di Hua Kuo-feng o di Deng
Xiao-ping, o se le rappresentanti femminili al governo fossero più numerose, la condizione della
donna in Cina sarebbe migliore e più libera. I governanti e i burocrati, uomini o donne che siano,
praticano l'oppressione in ugual misura. La liberazione della donna non passa, e non deve
passare, attraverso la creazione di nuovi dittatori e di nuovi capi, seppure donne - ne abbiamo già
abbastanza di sesso maschile , bensì attraverso l'abolizione della dittatura stessa e dell'autorità dei
capi. Diremo addirittura che, fino a quando l'attuale sistema politico gerarchico resterà in vita,
non vi potrà essere alcuna vera liberazione per la donna. Ed è esattamente questo il caso della
Cina. In Cina, dove vige la dittatura di un partito, le leve del potere sono concentrate per la stragrande
maggioranza nelle mani di un pugno di burocrati che governano in nome del popolo, ma che in
realtà mirano esclusivamente a mantenere intatte la propria autorità e i propri privilegi. In un
sistema autoritario e repressivo di tal fatta non può esservi vera democrazia e qualsiasi forma di
elezione si traduce in una farsa. I cosidetti delegati, "eletti" dal popolo, sono in realtà nominati
dal partito e non rappresentano in alcun modo, uomini o donne che siano, gli interessi della
gente. Per quanto riguarda le masse, poi, si può dire che tutti, uomini e donne, sono depauperati
in pari grado (!) dei diritti politici più elementari, quali il diritto di parola, di associazione, di
stampa, e così via. In questo senso, perciò, né gli uomini, né le donne sono riusciti
ad acquisire
una reale emancipazione politica e sono conseguentemente soggetti in misura notevole
all'autorità dello stato.
Indipendenza economica o sfruttamento?
Il regime cinese ha sempre mostrato di considerare la liberazione della donna come una
liberazione dagli angusti vincoli della vita domestica e della partecipazione all'attività produttiva.
Perciò il governo ha sempre cercato di coinvolgere la donna nell'opera di ricostruzione
economica del paese, presentando quest'ultima come una tappa fondamentale sulla via della
liberazione. E in effetti, contrariamente a quanto era avvenuto in passato, dal 1949 in poi si è
verificato un massiccio incremento della manodopera femminile; tanto straordinario che la
stampa ufficiale si sentì in dovere di evidenziarlo, a dimostrazione del grado di "liberazione"
raggiunto dalla donna cinese. Nessuno, certo, può negare che l'indipendenza economica sia un
obiettivo importante nella lotta della donna per l'emancipazione; tuttavia è altrettanto ovvio che il
problema non si pone soltanto in termini economici. Sarebbe utile, anzi, valutare più
attentamente la natura di questa partecipazione della donna alla vita economica, per verificare se
essa consente realmente lo sviluppo di un maggior grado di autonomia e di individualità e se
realmente porti ad una maggiore capacità e possibilità di gestire liberamente la propria esistenza.
Per ciò che riguarda la Cina, bisogna dire purtroppo che la partecipazione delle donne al processo
produttivo ha poco o nulla a che vedere con la liberazione economica, e che significa soltanto un
maggiore e più efficiente sfruttamento della popolazione femminile ad opera dello stato. La conquista
del potere da parte del Partito comunista cinese non ha favorito lo sviluppo di una
società veramente socialista, libera da ogni forma di sfruttamento e di oppressione. Il singolo
capitalista del passato è stato soppiantato da una nuova classe di burocrati, che ha assunto la
proprietà e il controllo delle risorse economiche e dei mezzi di produzione del paese in nome del
popolo, accumulando ingenti ricchezze. I lavoratori, uomini o donne, non hanno diritto a
prendere parte alla gestione delle aziende agricole e delle fabbriche. I piani per l'economia del
paese sono studiati in alto loco e imposti al popolo, che non può opporvisi né protestare in alcun
modo. I lavoratori ricevono, come compenso di ore e ore della loro fatica giornaliera, una parte
esigua di quello che producono, poiché il resto viene fagocitato dallo stato. In condizioni come
queste lo sfruttamento è pesante per entrambi i sessi, ma forse per le donne ancora più che per gli
uomini. In alcune località della Cina, ad esempio, il salario che viene corrisposto alle donne, a
parità di
lavoro, è ancora inferiore a quello degli uomini. Un tazebao affisso recentemente da un'operaia
ha rilevato che nella provincia Shansi le donne sono pagate meno degli uomini in ragione della
loro presunta inferiorità fisica. Altrove, dove vige la regola della parità di salario a parità
di
lavoro, le donne spesso finiscono per guadagnare lo stesso meno degli uomini perché a un certo
punto della giornata devono smettere di lavorare (accumulando perciò un punteggio di
produzione minore) per correre a casa a preparare da mangiare o per accudire ai figli. In casa,
infatti, la responsabilità dei lavori domestici e della cura della prole è ancora tutta a carico della
donna. Ecco perciò che, come le loro consorelle dei paesi capitalistici, anche le donne cinesi sono
vittime di un duplice sfruttamento - in casa e sul posto di lavoro - e sono ben lontane dalla
conquista di una reale indipendenza economica.
Amore, matrimonio e sesso
Per ciò che concerne il matrimonio, l'amore e il sesso, le donne cinesi sono ancora più lontane
da
una vera condizione di libertà e di emancipazione. La legge sul matrimonio promulgata nel 1950
ha fatto piazza pulita di tutte le usanze feudali circa il matrimonio, così come ha abolito la
poligamia, ed ha proclamato per questo istituto, e per l'amore in genere, la piena libertà. In realtà,
tuttavia, la libertà è ancora ben lontana a venire. In primo luogo, per potersi sposare le coppie
devono non solo chiedere il consenso dei genitori,
ma, soprattutto, quello del funzionario di partito che dirige l'unità produttiva in cui lavorano.
Spesso costui nega il proprio consenso per ragioni di età. Benché l'età legale per contrarre
matrimonio sia fissata a 18 anni per le donne e a 20 per gli uomini, nella pratica si tende a
favorire (o addirittura ad imporre) i matrimoni in età più matura, in ossequio alla politica del
governo mirante al controllo dell'incremento demografico, così come alla massima
concentrazione della popolazione giovanile nelle attività produttive. Di conseguenza, in genere, i
giovani devono aspettare di avere rispettivamente 27 e 25 anni prima di potersi sposare. A volte il partito
può negare il consenso al matrimonio adducendo il motivo della differenza di
classe. Fu questo, ad esempio, il caso di una ragazza, proveniente da una famiglia capitalista, che
conobbe un "vecchio operaio" delle acciaierie Shao Kwan, quarantenne e scapolo. L'operaio
venne promosso e trasferito alla sezione propagandistica del Comitato rivoluzionario di fabbrica
e i due decisero di sposarsi. L'operaio sapeva che la giovane proveniva da una cattiva famiglia,
ma accettò l'offerta di matrimonio per paura di non riuscire a trovare una ragazza migliore. La
ragazza, dal canto suo, era ben contenta di essersi trovata un protettore "rosso". Fu stabilito il
giorno delle nozze e si avvertirono amici e parenti. Ma i due fidanzati avevano fatto i conti senza
l'oste: la notizia giunse all'orecchio dei funzionari di partito che dirigevano il granaio, i quali
scrissero immediatamente ai responsabili della fabbrica, informandoli dell'origine della ragazza.
Il comitato chiese al "vecchio operaio" di ripensarci, di riflettere, e il matrimonio andò in fumo. In
secondo luogo, il matrimonio è sempre meno dettato dall'amore reciproco, e sempre più da
considerazioni di carattere politico o da motivi di convenienza economica. Per scegliere la
persona giusta con cui sposarsi ci si basa sempre meno sui sentimenti. Più spesso i giovani si
sposano per motivi politici o economici. Come dimostra l'esempio sopra citato, molti
contraggono matrimonio con chi sia abbastanza "rosso" da assicurare una copertura politica
sufficientemente sicura. Lo dimostra un altro esempio: quello di una bella ragazza, proveniente
da una famiglia clericale, che andò a lavorare in fabbrica dopo il liceo e conobbe un giovani
figlio di indocinesi, ovvero di "amici capitalisti". La loro storia d'amore durò due anni, poi la
ragazza entrò nella Lega giovanile comunista e divenne funzionaria di partito. Prima che entrasse
nella lega, il ragazzo le era solo leggermente inferiore in quanto a status sociale, ma l'amore
bastava a cancellare la differenza. Ora però era diventata una funzionaria, era cresciuta di grado e
di condizione, e l'amore se ne andò come neve al sole. In breve i due si separarono e la bella,
ambiziosa giovinetta sposò un colonnello dell'esercito popolare di liberazione, che avrebbe
potuto esserle padre. Poiché le sue origini non erano "proletarie", di regola il matrimonio non
sarebbe stato possibile; ma fortunatamente ricopriva la carica di funzionaria di partito, e questo le
fu di aiuto. I compagni di lavoro in fabbrica l'ammiravano per la posizione che era riuscita a
raggiungere e per l'abilità e la fortuna con cui era riuscita ad accalappiare un così buon partito.
Anche lei se ne compiaceva, ma non amava affatto il povero colonnello. La gente, dunque, si sposa per motivi
politici, e per gli stessi motivi divorzia. Il 14 febbraio 1979,
ad esempio, un giornale maoista di Hong Kong riportò tra i fatti di cronaca una "riconciliazione
dopo 17 anni di separazione". Protagonista della vicenda era un medico specialista, un certo
Cheng Ji-cheng, che si era laureato negli Stati Uniti ed era poi tornato in Cina. Nel 1941 sposò
una certa Iwitlj Chan Pi-tai, che aveva conosciuto in America. Nel 1957 Cheng fu accusato di
"destrismo" e, per il bene dei figli, i due coniugi divorziarono, pur essendo stati sposati per quasi
20 anni. E solo l'anno scorso, quando Cheng fu riabilitato, poterono finalmente tornare insieme.
Gli esempi di questo genere sono numerosi. Il celebre scrittore cinese Hai Hou fu oggetto di
persecuzioni per ben tre volte, e per ben tre volte divorziò. Tuttavia, siccome fu sempre
riabilitato, si risposò anche tre volte. Quando, alla fine, fu di nuovo accusato e rovinato dalla
Rivoluzione culturale, non ce la fece più e si suicidò. Oltre alla politica, però, anche
i fattori economici giocano un ruolo assai importante nei
matrimoni in Cina. Dopo la caduta della Banda dei Quattro, si sono avute ampie e sconcertanti
rivelazioni sulle pratiche mercantilistiche e sugli interessi economici che condizionavano i
matrimoni. La scarsità di donne rispetto agli uomini consentiva ai genitori di avanzare pesanti
richieste nei confronti dei pretendenti delle figlie. Le più frequenti consistevano in: "3 girelle e 1
portatile", dove per 3 girelle si intendevano orologi, macchine per cucire e biciclette e per la
portatile si intendeva una macchina fotografica o una radio. Inoltre, lo sposo doveva procacciare
un guardaroba ben fornito e una serie di pezzi di arredamento che comprendessero tavoli e sedie.
Sono richieste, queste, che agli occhi di un occidentale possono apparire meschine e ridicole, ma
che in Cina possono equivalere ad anni di sudati risparmi! Così il matrimonio torna ad essere un
commercio e la donna un oggetto di consumo da scambiare sul mercato. Sessualmente parlando, i cinesi (sia
uomini che donne) possono ben dire di avere frustrazioni da
vendere. Per evitare intoppi e brusche scosse alla macchina sociale, infatti, il governo cinese ha
pensato bene di trasformare la gente fin nel profondo dell'animo, creando una sorta di "carattere
autoritario" (per maggiori ragguagli sul problema del Modello di personalità e del carattere
autoritario si potrà utilmente leggere il saggio Mass Psychology in China,, pubblicato in:
Three
Essays on The New Mandarins, a cura di Lee Yu See), ovvero un carattere che accetti di buon
grado un dominio di tipo autoritario e che divenga perciò docile strumento nelle mani dello stato.
Come già è stato ampiamente rilevato da Wilhelm Reich, uno degli elementi chiave per la
creazione di un carattere autoritario simile a quello sopra descritto è appunto la repressione
sessuale. Ciò spiega perché il governo comunista cinese ha assunto nei riguardi del sesso un
atteggiamento improntato al massimo conservatorismo e ad un accentuato puritanesimo. Il sesso, in Cina, ben
lungi dall'essere considerato una delle esigenze primarie dell'uomo, è invece
visto come qualcosa di laido, come una sorta di deviazione misticista, suscettibile perciò di
intaccare e corrodere lo spirito rivoluzionario e di portare al collasso sia fisico che intellettuale e
morale. Ai giovani si insegna che il sesso è inutile e dannoso e li si incoraggia a reprimere ogni
desiderio in questo campo, per rivolgere più utilmente le energie a fini produttivi. Anche la
masturbazione (per non parlare poi dei rapporti intimi con l'altro sesso) è considerata riprovevole.
In uno scritto su questo argomento, pubblicato nel 1975, le conseguenze "nocive" della
masturbazione erano così descritte: 1) affaticamento cerebrale; 2) insonnia; 3) indebolimento e
prostrazione fisica generale; 4) sgretolamento dello spirito rivoluzionario. I rimedi consigliati
erano i seguenti: 1) agopuntura; 2) ginnastica; 3) esercizio fisico e, soprattutto, intenso studio
delle opere di Marx, Lenin e Mao! Ecco, cosa dicono in proposito Wu Man e Yu Shuet: "L'inibizione
della Cina nei confronti del sesso è anormale quanto la licenziosità dell'Occidente.
La politica dittatoriale ha soffocato il bisogno di un rapporto emotivo tra i due sessi. Per
un'intera generazione, il sesso è divenuto sinonimo di paura e di sensi di colpa.... Gli stimoli
sessuali che accompagnano l'ingresso nell'età matura generalmente provocano nei giovani dei
sensi di colpa. Chi è abituato a un forte senso di auto-disciplina ne esce mentalmente sconvolto e
abbrutito; chi ha un carattere sensibile e nervoso resta prigioniero dei sensi di colpa e non
riesce più a liberarsene" (The Social Personality In Chinese Communist Society, in:
Minus 8,
settembre-ottobre 1976). Questa repressione sessuale, come ovvio, pesa più alle donne che agli uomini.
Visto che i
rapporti sono considerati antisociali e immorali, la verginità non può non avere ancora grande
valore per una ragazza, tanto che, se resta incinta prima del matrimonio, viene svergognata e fatta
oggetto di critiche severe. Se è fortunata, potrà sposarsi lo stesso: altrimenti, sarà costretta
ad
abortire e, in alcuni casi, arriverà persino al suicidio. A Canton, per esempio, una ragazza si era
innamorata di un giovane che lavorava in un'altra unità produttiva e aveva avuto rapporti sessuali
con lui. Quando lei scoprì di essere incinta, i due decisero di sposarsi. Tuttavia, quando chiesero
il consenso alle autorità, i funzionari lo rifiutarono per la giovane età della ragazza (nonostante
avesse decisamente superato l'età legale di 18 anni). Fu perciò necessario che abortisse e,
sperduta e indifesa com'era la giovane subì questa decisione con grave angoscia e molte lacrime.
Dopo l'aborto, non fu più la stessa. Prima era una ragazza attiva, piena di vita, "convinta seguace
del pensiero di Mao Tse-tung"; ora era sempre silenziosa, triste, prostrata. Dovunque andasse,
veniva additata al pubblico disprezzo, come una puttana. Fortunatamente il fidanzato non l'aveva
abbandonata e fu il solo ad aiutarla e a darle conforto. Un anno dopo, rimase di nuovo incinta e
questa volta, senza curarsi di quello che ne avrebbe detto il partito, invitò amici e parenti e
annunciò il proprio matrimonio. Quando il funzionario del partito lo seppe, si infuriò e le
piombò
in casa per fare una scenata. E fu solo grazie all'intervento di alcuni vicini di casa della ragazza,
accorsi con scope e spazzoloni e con aria bellicosa, che il burocrate fu infine costretto a darsela a
gambe. Vista l'ottima organizzazione, la capillarità e la diffusione del controllo delle nascite in Cina,
ci si
potrebbe aspettare che una ragazza si procuri la pillola prima di avere rapporti sessuali, o che
decida da sola di abortire se rimane incinta. L'aborto, in Cina, è assolutamente libero, gratuito,
sicuro e facilmente accessibile. Tuttavia, se la ragazza che chiede di abortire non è sposata,
l'intervento viene effettuato lo stesso, ma l'unità in cui la ragazza lavora ne viene
immediatamente informata e l'infelice deve sottostare ad ogni sorta di umiliazioni, di sanzioni e
di interrogatori. Lo stesso vale per chi chiede la pillola anticoncezionale. Di conseguenza,
piuttosto che farsi dare i contraccettivi dal medico, legalmente, le ragazze preferiscono
acquistarli alla borsa nera, da donne sposate che hanno pillole in avanzo o in sovrappiù. Le
devono pagare di più, ma non hanno altra scelta. Generalmente si crede che, dai tempi della Rivoluzione
culturale, i rapporti prematrimoniali
siano aumentati; e tuttavia, anche se ciò è vero, le giovani coppie non maritate devono pur
sempre fare i conti con un problema pratico non indifferente: dove andare a fare l'amore. Per
quelli che vogliono sposarsi, ma non hanno ricevuto il permesso, la coabitazione è assolutamente
impensabile. Per procurarsi una casa, infatti, devono dimostrare senza possibilità di dubbio di
essere marito e moglie. In queste condizioni, i giovani fidanzati devono accontentarsi di farsi
prestare di tanto in tanto la casa da qualche amico, oppure sono costretti ad andare nei boschi o
nei campi. Non stupisce, dunque, che in ossequio alle direttive del partito la repressione sessuale imperi
sovrana fra i giovani, uomini e donne. Quelli che osano infrangere le regole corrono il rischio di
essere sottoposti al biasimo ed alle critiche più severe da parte della società. Ma anche molte
coppie sposate non riescono ad avere una vita sessuale normale. Troppo spesso
moglie e marito vengono assegnati ad unità di lavoro assai distanti l'una dall'altra e devono
restare separati per molto tempo. Si calcola che i coniugi forzatamente separati per un periodo
superiore ai dieci anni siano circa 8 milioni! In questo calcolo, tuttavia, non sono compresi
coloro la cui separazione è stata di più breve durata, come ad esempio i quadri ed i funzionari di
partito, spediti nelle campagne a riformare il proprio atteggiamento mentale. A tutte queste
coppie è concesso di fare vita in comune per soli 12 giorni all'anno. Un massimo di 12 giorni di
rapporti sessuali all'anno non bastano certo a soddisfare le esigenze di due coniugi innamorati; di
conseguenza, il resto dell'anno trascorre inevitabilmente in uno stato di profonda insoddisfazione
e frustrazione sessuale, non stupisce che alcuni ripieghino sulla valvola di sfogo dei rapporti
extraconiugali. Una delle conseguenze della repressione sessuale è la ricomparsa della prostituzione,
della
pornografia e l'aumento dei crimini sessuali.
Prostituzione, pornografia e crimini sessuali
In Cina la prostituzione è illegale e viene per lo più esercitata clandestinamente: nei pressi delle
miniere, nei porti e nelle grandi città. Se il matrimonio è ridotto ad una operazione commerciale,
i poveri lavoratori che non possono permettersi il lusso di comprarsi una moglie devono ripiegare
sull'alternativa della prostituzione. In quanto alle donne, se si dedicano al meretricio è per
necessità di denaro. Molte di loro sono istruite, studentesse mandate a lavorare nelle campagne e
rientrate clandestinamente in città. Impossibilitate a trovare lavoro, possono guadagnarsi il pane
solo con la prostituzione. Si è ha anche parlato, recentemente, di "donne cinesi che sono andate a letto
con stranieri per
denaro". Una volta 18 donne vennero arrestate davanti al Palazzo delle Nazioni, dov'era in corso
una festa danzante, perché adescavano gli stranieri. La comparsa della pornografia si deve imputare
principalmente alla necessità di soddisfare in
qualche modo le esigenze di un popolo sessualmente frustrato. Una delle più celebri novelle a
sfondo erotico che circolano clandestinamente in Cina ha per titolo "Cuore di ragazza" e narra
delle esperienze sessuali di una giovane con due uomini diversi. A rigore, bisogna dire che il
contenuto è ben poca cosa rispetto a ciò che si pubblica in Occidente, e tuttavia l'interesse che ha
destato in Cina è stato enorme. Non sono che 30 pagine ciclostilate, eppure si vendono a prezzo
di s50 RMB, cioè più di quanto guadagna in un mese un lavoratore medio! Quelli che se ne fanno
copie di nascosto perdono il sonno e saltano i pasti, pur di non perderne una sola parola! Molte
delle novelle a sfondo sessuale sono scritte da ex guardie rosse e spesso, oltre che essere
stimolanti alla riflessione, hanno anche un notevole valore artistico. In queste opere, infatti, non
c'è solo sesso, ma anche una buona dose di critiche al regime autoritario maoista e il germe di
una coscienza politica di notevole importanza. Negli ultimi anni i crimini a sfondo sessuale sono aumentati. Le
cronache hanno riportato più
volte casi di stupro, un delitto punibile con la pena di morte. Responsabili di molti di questi atti
delittuosi sono uomini sessualmente frustrati, ma è opinione diffusa che la maggior parte di essi
sia opera di funzionari di partito che occupano posizioni di potere. Le giovani studentesse e
laureate mandate alle campagne a lavorare sono spesso vittime di violenze sessuali perpetrate dai
funzionari locali e nella maggior parte dei casi, per timore di rappresaglie e ricatti, preferiscono
tacere, garantendo l'impunità all'aggressore. In Cina, dunque, dove ciò che conta è il potere
politico, le donne sono violentate e brutalizzate né più né meno che nella Cina
feudale. Recentemente, in seguito alla liberalizzazione del controllo sull'importazione di film stranieri, si
è verificata una notevole crescita d'interesse nella compravendita di star cinematografiche
disponibili al nudo. Questa è un'altra dimostrazione di come la gente consideri il sesso in maniera
distorta.
Un tazebao femminista
Se crediamo che la liberazione della donna debba significare il suo ritorno alla condizione di
essere umano autonomo, indipendente, libero dal giogo dello sfruttamento e dell'oppressione
politica, economica, sociale e sessuale, dobbiamo ammettere che in Cina essa e ben lontana
dall'aver raggiunto questo obiettivo. Finché la Cina rimarrà uno stato autoritario, dedito allo
sfruttamento e alla repressione, governato da classi di burocrati saldamente insediate al potere, né
le donne, né gli uomini riusciranno mai ad essere liberi. La liberazione della donna non è altro,
per sua stessa definizione, che un aspetto di un fine più ampio: la liberazione di tutta l'umanità;
ed è verso questo obiettivo che il movimento delle donne deve indirizzare i suoi sforzi. È vero
che finora non è emerso, in Cina, nessun movimento femminista rivoluzionario organizzato, ma
è anche troppo presto per affermare che non potrà esservene uno in un prossimo futuro. Il 3
gennaio 1979, per esempio, un tazebao affisso sul Muro della Democrazia a Pechino ha
coraggiosamente criticato, con parole di fuoco, la politica sessuale repressiva del regime,
invocando l'abolizione dell'istituto del matrimonio e la liberazione del sesso. Il manifesto è stato
subito strappato, ma le idee progressiste di cui si è fatto bandiera testimoniano dell'inizio di una
presa di coscienza da parte dei giovani cinesi e di una volontà di modificare la società non solo
nei suoi aspetti politici ed economici, ma anche sotto il profilo della morale sessuale. Per far
questo, sarà necessario formulare un'alternativa rivoluzionaria tale da mutare radicalmente
l'assetto politico-economico dell'odierna società cinese.
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