Rivista Anarchica Online
Il ritorno di dio
di Piero Flecchia
Un settimanale a grande tiratura, Panorama, ha sentito la necessità di avviare una inchiesta
sullo
stato della religione in Italia. La forma è quella solita dell'inchiesta demoscopica: una sorta di
quantificazione del sentimento, per cui si scopre che la fede in qualche Dio è diffusissima e tende
a farsi più radicata e fondata quanto più basso è il grado di scolarità. Sembrerebbe
ragionevole
dedurre che si avvicinano tempi tristi per gli dei, vista la ferma intenzione statale di incrementare
la scolarità di massa. Altro dato desumibile dall'inchiesta demoscopica è che nei giovani
l'ateismo è molto più diffuso, anche se ancora fortemente minoritario ma, come ben sappiamo, i
giovani sono il volto del futuro, per cui, collegando sviluppo della scolarità e affermazione di una
generazione fortemente irreligiosa, in prospettiva: un paio di generazioni, per i vari giovampaoli
saranno tempi acidi. Ma le cose stanno veramente così? Nell'inchiesta demografica i negatori di Dio,
gli atei, sono opposti alla religione, ma l'ateo è uno
spirito a-religioso o non piuttosto un particolare gruppo o setta religiosa? Abbiamo motivata
ragione di credere che non si supera un problema attraverso la sua pura negazione, come
dovrebbe insegnare la nuda negazione della filosofia fatta da Marx, che ha portato alla
fondazione di una filosofia marxista. L'ateismo è, nei fatti, una religione: che delle religioni
tramanda l'intolleranza, la virulenza propagandistica, il messianesimo, l'aspirazione a spiegare
tutto. Una religione il cui Dio è la Materia. Se noi trattiamo gli atei come hanno da essere trattati, una
setta entro l'universo del religioso,
scopriamo che la religione sta trionfando in tutta la nazione. La religione fa problema, attrae,
avvince, domina. Perché questo accade? E che cosa sta a significare? Perché grandi giornali
nazionali inaugurano rubriche di tipo "Religione e Società" (La Stampa di Torino)?
Perché libri
mediocri e triviali come "La vita di Gesù" di Messori raggiungono tirature da Liala battendo
addirittura "Il padrino", e non solo in Italia, e sono tradotti in molte lingue? Che cosa promuove
questo sviluppo del sentimento religioso? Un padre della chiesa, se ben ricordo il bilioso Tertuliano, afferma:
"Solo nella religione è la
libertà". Qui è la chiave per decifrare l'enigma della rinascita religiosa contemporanea.
L'affermazione appare in sé contraddittoria perché ogni religione pretende di affermare la regola
giusta e santa, vera e immodificabile: che predica esattamente al micron la verità. Come
può
esserci, a discendere da tali premesse, libertà nella religione? Ritorniamo a Tertuliano: prima pagano,
che ha fatto studi in medicina, poi è passato alla
giurisprudenza e ha studiato a fondo la retorica. Spirito irrequieto, egli, nello sviluppo della sua
personalità, viene a contatto con le istituzioni politiche del suo tempo: l'impero romano, ormai
chiuso a ogni istanza di libertà, fondato sulla forza delle legioni e su una gigantesca e
disfunzionante macchina di esazione fiscale, capace di tutti i peggiori crimini. La macchina
politica vive ormai in una sfera separata, mostruoso organismo parassitario che succhia il sangue
della gente. Questa macchina divide il mondo in servi della macchina imperiale e schiavi sfruttati
dalla macchina. I servi, servendo la macchina, ingrassano sulle fatiche di chi lavora. La società
civile appare come nuda società del dominio: non suscettibile di alcuna modificazione, se non
nella direzione di un ulteriore accrescimento del dominio. Partecipare alla vita pubblica
significava arruolarsi dalla parte degli sfruttatori. L'essere che aderiva all'esistente sociale, essere
per l'impero, era un essere per il dominio. Contro questa situazione nella società della Roma
imperiale si svilupparono delle controsocietà marginali dove la libertà si affermava come
fantasticazione circa l'universo del religioso. Un uomo come Tertuliano poteva ancora dare il
proprio contributo e sperimentare uno spazio di fratellanza entro l'universo del religioso. Storicamente, tutte le
religioni misteriche, a cominciare dall'orfismo (su questo argomento si
veda il bel libro di Carchia: Orfismo e tragedia, il mito trasfigurato, ed. Celuc, lire 2.200)
provengono dall'area degli imperi mediorientali, dove si afferma, contro la libertà selvaggia, la
prima forma storica di dominazione statalista. Queste religioni acquistano spazio come momento
di libertà e sola forma di libertà possibile: l'invenzione religiosa, entro i sistemi della
dominazione, ma si rivelano incapaci di convertire e trovare masse di neofiti in occidente,
malgrado i vari tentativi fatti a partire dal VI secolo prima di Cristo, fino a quando rimarrà uno
spazio di contributi creativi alla libertà della polis per il cittadino. L'impero, crollo della libertà
greco-romana, è celebrato dal suo fondatore storico: Augusto sotto
l'insegna della pace, ma è una pace ottenuta attraverso l'introduzione della censura, del
conformismo, nel delitto di lesa maestà. La pace attraverso l'oppressione. Contro questa pace la
tradizione classica sviluppò una linea di resistenza laica, attraverso lo stoicismo, e una serie di
congiure, che però non giunsero a restaurare le libertà comunali del mondo
greco-romano. Davanti a un potere politico che appariva onnipotente e irresistibile, aderire al quale significava
farsi partecipi a un sistema di nuda rapina; come era già accaduto in oriente, anche in occidente si
sviluppò un ripiegamento verso le libertà fantastiche ed illusorie del religioso. Libertà
fantastiche
ed illusorie perché nulla ha più altrettanto necessità di ordine rigoroso e unanimismo
dell'universo religioso, in quanto nulla è più esiziale che fraintendere la parola del dio che si
venera. Infatti Tertuliano morì in sospetto di eresia (montanismo) e forse non divenne eretico
bruciato sul rogo solo perché non esisteva ancora un potere cristiano. Ma già all'origine anche il
cristianesimo, come tutte le sette religiose, si distingue per la ferocia delle sue beghe interne, per
gli implacabili odi che lo lacerano, come oggi lacerano le varie sette-chiese marxiste. Non solo,
questa religione di libertà redenzione e pace, arrivata al potere nel II secolo dopo Cristo nel
piccolo stato di Edessa, immediatamente fece chiudere tutti i templi degli altri dei e perseguitò le
altre religioni, come avrebbe fatto, diventata padrona della macchina imperiale romana, dopo
Costantino. Davanti allo sballo della società civile (un buon esempio ci è dato dalla Russia
bolscevica, dove
il triviale Islam si rivela impermeabile e prospera nelle regioni asiatiche, mentre la chiesa
ortodossa, per secoli complice della barbarie zarista ritrova masse credenti, e conquista adesioni
nei ceti intellettuali) là dove un sistema di dominazione riduce l'essere nel sociale a essere
integrato nell'autonomia del dominio, nell'impossibilità di partecipare e contribuire allo sviluppo
della propria società, gruppi di persone ritrovano una libertà fantastica nell'universo del
religioso. La radice della crescita dei sentimenti religiosi è dunque intimamente connessa con
l'affermarsi
di un sistema di dominazione: problema già chiaramente formulato da Machiavelli, soprattutto
nei "Discorsi sulla prima deca di Tito Livio". La religione, e segnatamente la sua esperienza
mistica, garantisce una sorta di fantasma o parodia della libertà, esattamente come il sogno per il
prigioniero gettato nel fondo di una segreta putrida. Prodotto del mondo della dominazione, la
religione non potrà non rivelarsi parte coerente di tale sistema, per cui contribuirà, in un
prosieguo di tempo, a mantenere e perfezionare il dominio: come la paradossale vicenda del
cristianesimo insegna (1). Dobbiamo quindi concludere che la presente rinascita religiosa è in diretta
connessione con il
progressivo imporsi di un sistema di dominazione sempre più totalitario e rapace: mediante il
quale una parte degli uomini, servi del dominio, ingrassano militando nella dominazione.
Combattere l'effetto: la religione, è come fare cataplasmi su una gamba di legno. Solo eliminando
la causa, si potrà eliminare l'effetto. Se poi l'uomo non potesse vivere senza religione, tale
esperienza dell'anima umana, che è fenomeno vasto, complesso e affascinante, sarebbe
comunque ritrovata la libertà politica, ricondotta entro forme e dimensioni non nocive alla
società, come fu il paganesimo greco-romano, o il culto dei santi nei comuni medioevali (2). Una
posizione autenticamente libertaria davanti al fenomeno religioso esclude quindi ogni
atteggiamento intollerante, polemico: non ha senso far polemiche col burattino: chi dice le cose è
il burattinaio: la dominazione. Bisogna resistere alla dimensione istituzionale, politica, delle
religioni, e non dibattere circa i dogmi, ricordando sempre l'aureo ammonimento di Errico
Malatesta: "Se qualcuno ha bisogno di Dio, lasciateglielo". Nella coscienza però che la crescita
del sentimento religioso è la spia di una crescita del peso della dominazione politica, contro la
quale va orientata tutta la lotta.
(1) Vicenda paradossale perché tutto il cristianesimo delle origini è rivolta netta e radicale
contro l'impero e predicazione della fine di Roma, mentre poi storicamente, con il papato, il
cristianesimo sarà l'ultima forma della dominazione storica di Roma, che ancora dura virulenta
e attiva. Fondamentali sono su questo punto i contributi del filosofo Pietro Martinetti "Gesù
Cristo e il cristianesimo" ed. Il Saggiatore. (2) I comuni medioevali furono sconfitti perché
non ruppero il cordone ombelicale con il papato
che, dopo essersi servito di loro nella lotta contro l'impero, li tradì e consegnò ai nascenti stati
nazionali dinastici. Esemplare è la vicenda Firenze-Medici. Chiarificatore l'odio implacabile del
Vaticano per Venezia, che i papi abbandonarono sola contro il Turco, e contro la quale
promossero autentiche crociate, mobilitando re di Francia e imperatori.
|