Rivista Anarchica Online
La dea Tiamat
di Elaine Leeder
Negli ultimi quattro anni mi sono definita "anarco-femminista", ho fatto parte di gruppi anarco-femministi, ho
partecipato a incontri, convegni ed ho tenuto corsi sulla dinamica dei piccoli
gruppi. Attraverso la mia esperienza sono arrivata alla convinzione che l'interazione nei gruppi
esclusivamente femminili ha un sapore ed uno stile unici e che questo è particolarmente vero nei
gruppi femministi. Alcuni scrittori l'hanno definito il "processo a mosaico", in contrasto con il
tradizionale pensiero "lineare" che ha permeato l'interazione umana in questa società. La
competitività e la gerarchia sono caratteristiche proprie del sistema capitalistico. Nelle
discussioni, le argomentazioni lineari, logiche vengono usate per perpetuare valori di questo
sistema. Il pensiero lineare serve a dimostrare o a discutere un'ipotesi. Ai valori femminili della
cooperazione, dell'emotività, dell'intuitività ben poco credito è stato all'interno di questa
forma di
pensiero. Il modello a mosaico usato dalle donne comporta invece una struttura notevolmente
meno competitiva. Utilizza il materiale aneddotico, favorisce l'intromissione dei commenti nella
conversazione, accetta i dati emozionali come parte legittima del confronto intellettuale, usa la
narrativa, la parafrasi, cambia direzione e spinge l'intero gruppo alla ricerca di una reciproca
comprensione. È un processo organico, non gerarchico e non competitivo che potrebbe in effetti essere
definito
anarchico, in quanto i valori di assenza di leadership, mancanza di gerarchia, non competitività e
spontaneità sono stati storicamente associati al termine anarchismo. Ma sono anche
valori
femministi. Da ciò che ho potuto verificare, questo modo di agire è meno frequente nei
gruppi
misti di donne e uomini. La letteratura anarchica è piena di episodi di oppressione maschile sulle
donne nella vita privata. La mia stessa esperienza recente tra vecchi anarchici, e persino tra le
giovani leve, conferma questa dichiarazione. Vi è conflitto anche tra i principi anarchici e la loro
pratica corrente. Vi è sessismo nell'anarchismo. È perciò importante per gli anarchici
incorporare
questo "processo femminista" nella loro pratica, così che i principi e la pratica dell'anarchismo
possano infine diventare una cosa sola. Vi è un certo numero di femministe, me inclusa, che si sono rese
conto dell'anarchismo
immanente nel nostro sviluppo ed hanno iniziato a lavorare in gruppi per studiare e per crescere
insieme come anarco-femministe: questo ibrido venne fuori negli ultimi anni '60, quando molte
di noi erano coinvolte in organizzazioni di massa dominate dai maschi, competitive e
gerarchiche. A quel tempo (ed ancor oggi in certa pubblicistica anarchica) fu detto alle donne di
agire all'interno di un più ampio movimento. Invece molte di noi formarono piccoli gruppi "di
presa di coscienza" che si occupavano dei problemi personali della nostra vita. Erano gruppi
d'azione diretta spontanei, organizzati per noi stesse, molto simili ai gruppi organizzati in Spagna
prima del 1936 e che potrebbero essere definiti gruppi d'affinità. Questi gruppi erano basati su
una similarità di interessi e avevano una democrazia interna tale che tutte le donne
condividevano le informazioni e la conoscenza. Generalmente questi gruppi erano formati da
donne bianche della classe media che spesso si trovavano per la prima volta in una situazione che
non le poneva in competizione. In genere non erano invece coinvolte in questi gruppi di presa di
coscienza le donne originarie del Terzo Mondo o provenienti dalla classe lavoratrice, il che è
ancor oggi vero nei gruppi anarco-femministi.
Un modello di pensiero femminista
Da questi primi inizi comincia lentamente ad evolversi una teoria femminista. Alcune di noi
iniziarono a studiare teoria politica in questi piccoli gruppi, scoprendo l'anarchismo immanente
del nostro femminismo. Nel nostro procedere verso una teoria e strategia del mutamento sociale,
cominciammo ad utilizzare un'analisi anarchica. Alcune arrivarono alla convinzione che il
patriarcato è una gerarchia dominata dal maschio e che la famiglia nucleare perpetua tale
gerarchia. La famiglia, scoprimmo, ci insegna ad obbedire al Padre, a Dio, all'Insegnante, al
Padrone e a chiunque ci stia sopra. Ci insegna la competitività, il consumismo e l'isolamento così
come il comportamento reciproco basato su una relazione soggetto-oggetto. Vidi questo in
maniera chiara soprattutto nel mio lavoro di terapia familiare. La famiglia nucleare è la base di
tutti i sistemi gerarchici e autoritari. Ne consegue che se si lotta contro il patriarcato, si lotta
contro tutte le gerarchie. Se riusciamo a modificare la natura della famiglia nucleare abbiamo la
possibilità di cambiare tutte le forme del comando, della dominazione, del potere. In seguito a questa
struttura di pensiero, alcune di noi hanno ora una differente scala di valori nel
porsi di fronte alle cose. Dobbiamo smetterla di guardare il mondo solamente attraverso i modelli
del pensiero lineare: la ragione contro i sensi, la mente contro il corpo, la logica contro
l'intuizione. Abbiamo cominciato a guardare le cose in un continuum piuttosto che in termini
dualistici, competitivi. Siamo giunti alla conclusione che ci deve essere posto per tutti e due i
modelli, lineare e a mosaico, e che entrambi sono metodi validi per pensare e per funzionare. Se si continua a
guardare al mondo in questi termini, ne segue che le anarco-femministe non
dicono che le donne dovrebbero avere un eguale parte di potere. Al contrario diciamo che ci deve
essere l'abolizione di tutti i rapporti di dominazione. Noi non vogliamo una donna presidente.
Non vogliamo affatto presidenti. Per noi, parità di salario a parità di lavoro non è un punto
cruciale: la gerarchia e la distribuzione del potere lo è. Spesso i gruppi femministi seguono i principi
anarchici. Alcune tra noi hanno evidenziato il
collegamento; altre non l'hanno fatto, ma la forma è là, che sia conscia o no. Generalmente i
nostri gruppi sono piccoli e a volte formano alleanze per agire insieme agli altri su particolari
tematiche. Al loro interno tendiamo a far ruotare gli incarichi e a mettere in comune le capacità,
in modo che il potere non risieda sempre nelle stesse persone. In accordo con i principi anarchici,
c'è un eguale accesso a tutte le informazioni. I gruppi non sono gerarchici e l'autodisciplina è
quindi essenziale. (...) Lavoriamo in questi gruppi praticando la rivoluzione oggi, nella nostra
vita quotidiana. Prendiamo in esame l'esperienza diretta dell'oppressione del potere tra noi e le
persone con cui viviamo. Lavoriamo sui problemi che ci opprimono ogni giorno e non solo sulle
teorie, astratte idee di rivoluzione. Avendovi fatto parte, ho scoperto che nei piccoli gruppi il problema della
soluzione dei conflitti è
cruciale per lo sviluppo della coesione. Quando il conflitto sorge al nostro interno c'è la tendenza
ad autodisciplinarci, a porci nella posizione dell'altra persona: il dissenso è accettato, ascoltato ed
anzi se ne traggono insegnamenti. (...) C'è spazio per il dissenso, perché è nata al nostro
interno
una fiducia ed un rispetto reciproci. E questa fiducia è una qualità che difficilmente si sviluppa in
gruppi più numerosi, il che potrebbe spiegare perché gravitiamo continuamente verso il piccolo
gruppo. Abbiamo imparato che la comunicazione è cruciale e che attraverso questa possiamo
superare le nostre diversità. Il conflitto quindi può e deve occorrere regolarmente, proprio
perché
abbiamo visto di essere capaci di superarlo. Poiché abbiamo l'esigenza di affrontare il sessismo nella
nostra vita quotidiana, alcune di noi
hanno dovuto confrontarsi con uomini (anarchici o no) che non vivono nella loro vita privata
quello che predicano nella loro vita politica. È stato detto che spesso le donne praticano
l'anarchismo senza conoscerlo, mentre alcuni uomini si dicono anarchici ma non lo praticano.
Alcune fra noi si sono occupate di ricostituire organizzazioni politiche miste, in modo che
persone estranee all'area femminista possano sperimentare l'intuitività, l'emotività, la
spontaneità.
In alcuni di questi gruppi misti, abbiamo provato ad introdurre il processo decisionale
consensuale che fa normalmente parte dei gruppi femministi. Nella maggioranza dei casi questi
sforzi hanno ottenuto successi limitati. In genere, la competitività, l'aggressività e una leadership
dominante si sono affermate anche in gruppi misti che si ponevano in una prospettiva anarchica.
I conflitti non si risolvono così facilmente come nei gruppi esclusivamente femminili.
L'esperienza del gruppo Tiamat
Gruppi anarco-femministi dovrebbero essere oggi fondati in tutto il mondo. Uno di questi gruppi
è stato Tiamat, gruppo d'affinità anarco-femminista attivato ad Ithaca (New York) tra
il giugno
del 1975 ed il giugno 1978. Io sono stata membro di quel gruppo e penso che Tiamat sia un
eccellente esempio di anarco-femminismo in azione. Abbiamo preso il nome Tiamat dal libro di
Z. Budapest nel quale è descritto questo mito: "Quando Tiamat creò il mondo essa lo creò
intero
e senza divisioni così che la vita potesse influire spontaneamente tra luce e buio, tra stagione e
stagione, tra vita e morte e tutte le facce del sole e della luna splendevano sopra il popolo
pensante, gli umani, senza che essi fossero divisi, posti in categorie, analizzati, posseduti. Quindi
il figlio di Tiamat divenne potente e spodestò sua madre, la tagliò in piccoli pezzi che disperse
per ogni dove. Dai pezzi della madre egli costruì il suo nuovo mondo dove ogni cosa aveva il
proprio posto, il proprio numero. Per questo gli uomini lo chiamano il creatore. Il nome di
Tiamat continuò ad essere conosciuto ed essa fu venerata dalle donne, ma gli uomini la temevano
come la dea del Caos, della distruzione, dell'anarchia". Il nostro scopo iniziale era di studiare e per il primo anno
e mezzo leggemmo insieme teoria
anarchica. Successivamente facemmo uscire un bollettino (Anarca-feminist Notes),
organizzammo una conferenza anarco-femminista e fummo coinvolte in azioni di politica locale.
Ad esempio, ci battemmo contro la costruzione di un mega-magazzino e raccogliemmo denaro
per un centro di aiuto ai dissidenti politici in Cile. Volevamo una crescita politica, rieducarci,
criticare, discutere e agire e tutto questo lo realizzammo: l'evoluzione dei membri del gruppo era
un momento centrale della nostra attività. Usavamo una procedura che chiamavamo check-in
durante la quale ognuna di noi parlava della propria vita in quel momento, dei problemi con i
quali eravamo personalmente impegnate, e di come ci sentivamo coinvolte con quanto si stava
discutendo quella sera. Alcune volte occupavamo intere sessioni con questa procedura, o
discutendo il check-in di una persona od anche un problema che poteva saltar fuori da un
check-in. Altre volte ci occupavamo invece di discussioni teoriche. Attraverso la pratica del
check-in
ciascuna di noi si responsabilizzò verso le altre e al nostro interno cominciammo a conoscerci
abbastanza bene. Spesso venivano assunte posizioni da "avvocato del diavolo" per permetterci di
scavare in profondità intorno ad un dissidio politico. Tutto questo veniva però fatto in una
continua atmosfera di fiducia. Date le diversità nel nostro modo di vedere le cose e nel tipo di
vita potevamo imparare molto l'una dall'altra. Ma tali diversità erano anche fonte di molti
conflitti. Metà del gruppo era eterosessuale, mentre l'altra metà era lesbico. Ne conseguiva che
spesso le nostre vite personali erano fonte di tensioni, ma la similarità della nostra prospettiva e
l'accordo politico spesso ci aiutarono a superare le diversità. Eravamo un gruppo centrato sulla
problematica femminista, con una prospettiva teorica e pratica. Alcune volte nei nostri studi
eravamo logiche e lineari, anche se c'era sempre spazio per le emozioni e la solidarietà. Noi tutte
sentivamo che c'era qualcosa d'inesplicabile che ci teneva insieme al di là delle nostre differenze
in quei tre anni. I nostri studi inclusero l'anarchismo russo, l'anarchismo spagnolo, l'anarco-sindacalismo e
l'anarco-comunismo. Ci interessammo della Cina, dei primi anarchici americani e di come, in
quanto anarchiche, possiamo mettere in pratica questi principi nella nostra vita di tutti i giorni.
Abbiamo discusso il vivere insieme agli uomini, lo sposarsi e l'avere figli. Abbiamo discusso il
separatismo ed i suoi effetti sul movimento delle donne. Ci siamo occupate del salario alle
casalinghe e del problema dell'energia nucleare in relazione alle donne. Abbiamo organizzato
feste di compleanno, gite e azioni contro la celebrazione del 4 luglio (festa nazionale U.S.A.,
n.d.r.); abbiamo marciato insieme in manifestazioni, abbiamo cercato di aiutare altri gruppi
anarco-femministi a nascere. Ci siamo realmente prese cura l'una dell'altra e quando ci
incontravamo in altri posti sentivamo un forte sentimento di unità e solidarietà.
Verso nuove direzioni
Alla fine dei tre anni due dei nove membri uscirono dal gruppo. Un altro membro lentamente si
ritirò poiché sentiva a quel tempo l'esigenza di un maggior coinvolgimento nella comunità
lesbica. In seguito a ciò, rimaste in sei, sentimmo che non sarebbe stato appropriato ricostituire
un gruppo che era stato una entità così particolare. Affrontammo invece creativamente lo
scioglimento poiché sentivamo che era giunto il tempo per ciascuna di noi d'incamminarsi verso
nuove direzioni. Alcune di noi si unirono ad un gruppo d'affinità antinucleare composto da donne, altre
entrarono
nella Lesbian Alliance (Lega lesbica), altre lavorarono in gruppo misto su tematiche ecologiche.
Prima che il gruppo si sciogliesse, organizzammo un convegno anarco-femminista a cui
parteciparono 85 donne provenienti dall'Italia, Toronto, Boston, New York, Baltimora e
Filadelfia. Nonostante Tiamat ed alcune sue amiche fossero le organizzatrici, una volta che le
partecipanti arrivarono la responsabilità fu divisa tra tutte le presenti. Vi furono diversi seminari
come quelli su anarco-femminismo ed ecologia, teoria anarco-femminista, i sindacati, la visione
del futuro, le donne del Terzo Mondo, lavorare con i maschi e costituire una rete anarco-femminista, solo per citarne
alcuni. La sistemazione era idilliaca. Ci incontrammo in una riserva naturale che sovrasta il lago Cayuga.
L'alloggio rustico, il cibo sano e gustoso e un tempo caldo e soleggiato resero ideale l'incontro.
Durante il giorno ci riunivamo in gruppi e la sera suonavamo musica, ascoltavamo poesie e
danzavamo con musiche composte da donne. Kathy Fire cantò delle canzoni dal suo album
"Songs from a Lesbian Anarchist" (canzoni di una lesbica anarchica). Nei gruppi di discussione scoprimmo la
necessità di mantenere limitato il nostro numero. Nei
gruppi superiori alle dieci persone la conversazione è inibita. (...) A un certo punto del convegno
le partecipanti decisero che il programma dei seminari era troppo febbrile, e attraverso il
processo decisionale consensuale si realizzò uno schema diverso. Ci scontrammo, la tensione
crebbe e tutte insieme raggiungemmo un nuovo livello. Non c'erano posizioni di potere, le
decisioni venivano prese da tutte, il fare insieme le cose era spontaneo, sofferto, ma aperto, la
leadership rotava. Questo è stato un esempio di anarchismo in pratica. Più tardi, alla fine
dell'incontro, riunite in cerchio, 85 donne si tennero per mano, guadagnando forza dal loro
numero. Eravamo legate insieme dalla nostra visione di una nuova società e dalle esperienze che
avevamo fatto insieme. Avevamo preso contatti per il lavoro futuro, non eravamo più individui
isolati o gruppi: ci sentivamo parte di una più vasta rete di donne che si potrebbero incontrare
dovunque nel mondo e che hanno idee e speranze affini. Ideammo giornali che ruotassero,
programmammo di continuare la pubblicazione del nostro bollettino e molte di noi progettarono
di incontrarsi a Seabrook ed in altre manifestazioni antinucleari. Tiamat e il convegno anarco-femminista sono
solo due esempi dello sviluppo anarco-femminista.
Spesso alcuni gruppi assorbono questi principi senza rendersi conto dell'anarchismo che vi è
implicito. Recentemente ho insegnato dinamica del piccolo gruppo a livello universitario. In
queste classi ho cercato di trasmettere tutti quei principi di cui ho parlato sopra, cercando di
gestire i corsi in modo simile agli incontri anarco-femministi. Lentamente gli studenti
cominciano ad aprirsi sia intellettualmente che personalmente. Alla fine del semestre si sono resi
conto che possono imparare molto l'uno dall'altro e anche guardando in se stessi invece di
rivolgersi ad un esperto esterno nella gerarchia che impartisca loro nozioni. Attraverso questo processo
guadagnano potere sulla propria vita e infine dissolvono il rapporto di
dominazione all'interno della classe. Ho qui potuto sperimentare come degli studenti privilegiati
hanno avuto una presa di coscienza che li ha fatti passare da ferventi capitalisti a collettivisti,
senza essere passati attraverso la sinistra rivoluzionaria. È possibile giungere a conclusioni
anarchiche anche attraverso esperienze come queste. Mi è dunque chiaro, per la mia esperienza in vari
gruppi di donne, che è giunto il momento per le
femministe di chiarire ed evidenziare l'anarchismo che sta nel nostro femminismo. Bisogna
chiamarlo per nome e cominciare a realizzarlo come concreta alternativa di vita. La parola
anarchismo non deve più essere bisbigliata. Noi lo stiamo vivendo ora nei nostri piccoli gruppi.
Il prossimo passo è che sia noi che gli altri si sappia chi siamo e qual è la nostra visione per l'oggi
e per il futuro.
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