E.S. Lo striscione che apriva il corteo della vostra
manifestazione del 12 dicembre, a Milano, diceva: "Scuole
private piazza Fontana oggi come ieri Democrazia Cristiana".
Potrebbe sembrare lapalissiano, ma cosa volevate dire? Qual’è
il nesso tra la strage del 12 dicembre 1969 e la querelle odierna
sulla scuola?
Luca Il messaggio era abbastanza chiaro. Nel
‘69 il governo era democristano. Oggi che il governo è
di sinistra, o almeno si definisce tale, c’è stato un
provvedimento per l’autonomia scolastica secondo me indecente.
Democrazia Cristiana era inteso nel senso dei partiti che vengono
fuori da quel periodo storico...
E.S. ... Perché definisci indecente il provvedimento
sull’autonomia scolastica?
Luca Perché l’autonomia rappresenta
un principio di disfacimento della scuola pubblica ed è
completamente antidemocratico pensare di dare dei finanziamenti
pubblici ad un ente privato, come sono appunto le scuole private...
E.S. Il dibattito sulla scuola, così come
viene presentato dalla stampa nazionale, è appiattito
sui finanziamenti pubblici alla scuola privata sì, finanziamenti
pubblici alla scuola privata no.
A parte il fatto che c’è un dettato costituzionale ben
preciso, che non dovrebbe essere aggirato - e su questo c’è
stato un intervento molto interessante di Ernesto Galli della
Loggia sul Corriere della Sera di lunedì scorso
("Laicismo all’attacco di una chiesa insicura", 14.12.1998),
dove l’editorialista mette in rilievo come sulle coscienze cattoliche,
al posto dell’impegno per una grande discussione pubblica per
abrogare o mutare l’art.33 della Costituzione, abbia prevalso
ancora una volta la politica e "il riflesso automatico
del modello concordatario" -, è veramente questo
il problema della scuola in Italia? O soltanto questo?
Alice Alla scuola pubblica mancano proprio le
strutture, gli edifici. Non è giusto che il San Carlo
(scuola privata cattolica milanese n.d.r.) abbia le doppie finestre,
le tende, mentre a noi mancano perfino i gessi per scrivere
alla lavagna. Il dibattito si è appiattito sui finanziamenti
perché questa questione è talmente grossa, è
talmente impressionante che un governo possa pensare di andare
contro la Costituzione... La scuola pubblica finirebbe senz’altro
in secondo piano rispetto a quella privata. Ci sono già
pochi soldi così, se alcuni genitori vogliono mandare
i loro figli alla scuola privata, che paghino!
Diana Uno stato che si definisce laico non può,
comunque, garantire dei fondi a degli enti che per natura non
rispettano le regole della democrazia. La chiesa non è
un’istituzione democratica. Secondo me, che ogni scuola privata,
dalle cattoliche alle steineriane a quelle della Confindustria,
voglia mantenere le proprie peculiarità è giusto.
Però si devono autofinanziare.
E.S. E il discorso, per esempio, dei programmi? In
questo ambito lo stato è più che mai centralista.
È ancora il Ministero della Pubblica Istruzione, sorretto
da un Consiglio di 71 membri - il Consiglio nazionale della
Pubblica Istruzione - a stabilire che cosa, in questo Paese,
si deve studiare. In una società come la nostra, sempre
più multietnica, intere civiltà restano misconosciute
e quello che continua a prevalere è un eurocentrismo,
o comunque una visione fortemente occidentale del mondo, che
non mi pare fornisca adeguati strumenti per capire, interpretare
e affrontare i problemi della nostra epoca.
È vero quello che ha detto Alice, che non ci sono le
strutture. È sotto gli occhi di tutti. Ho anche letto
però che l’incidenza in Italia delle spese per la retribuzione
del personale della scuola pubblica è, sull’insieme delle
spese correnti, tra le più elevate dell’Unione Europea:
il 91,55% (la media Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico, è dell’81,8%).
(Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino, Bologna,1998)
Lasciando per un momento da parte il discorso dei finanziamenti,
che cosa ne pensate del fatto che chi oggigiorno ottiene soldi
dallo stato ed entra a far parte del "sistema pubblico
integrato" deve sottostare al controllo statale non soltanto
per quanto attiene l’accoglimento senza discriminazioni degli
allievi e il trattamento parificato del suo personale docente
con gli insegnanti statali, ma anche per quanto riguarda la
gestione del sapere?
In questo contesto, che cosa significa "libertà
di insegnamento"?
Personalmente mi piacerebbe, per esempio, cominciare a mettere
in discussione seriamente anche questa legge sull’obbligo scolastico...
Selva Per quanto riguarda i programmi, è
un problema grosso. In storia ci sono parti che vengono ritenute
importanti, altre che vengono tralasciate. Io sento proprio
un muro, anche come donna. In filosofia sembra che siano esistiti
soltanto filosofi maschi, le filosofe non vengono assolutamente
considerate.
Lezione
di storia
E.S. Quello che dici è vero. Ed è
molto interessante che tu abbia posto questa questione. La storia,
la filosofia, la letteratura, le scienze, almeno quelle che
si insegnano e si imparano alla scuola dell’obbligo, e oltre,
continuano ad ignorare le figure femminili. Il ruolo delle donne
passa ancora perlopiù come quello di muse ispiratrici.
Selva Siamo sempre di fronte ad un universo
maschile generico. Se quando si parla della società si
dice "gli uomini", la parte femminile viene automaticamente
esclusa...
E.S. ... Nonostante la stragrande maggioranza degli
insegnanti italiani siano donne. Bisognerebbe chiedersi perché.
Alice Il programma di storia prevede una quota
oraria destinata all’"educazione civica". Di solito
in queste ore si va a vedere come è costruito un giornale
ecc., mentre se succede qualcosa... Oggi che avevo lezione di
storia, sono arrivata in classe dicendo: "Prof., l’America
ha bombardato l’Iraq!". La risposta è stata che
non avevamo il tempo di parlarne, dovevamo andare avanti col
programma.
E.S. Quella dei finanziamenti alle scuole private
sì/no è, a mio avviso, né più né
meno che una delle tante partite politiche in gioco. Si sta
mercanteggiando, ben coscienti, a scapito di tutto quello che
di sostanziale c’è dietro. Non a caso il Ministero della
Pubblica Istruzione è stato sempre, negli anni passati,
saldamente nelle mani della Democrazia Cristiana.
Che clima politico si vive, a Milano, tra gli studenti? Voi
fate parte di qualche collettivo?
Selva Io e Diana siamo del collettivo del "Carducci"
(Liceo Classico N.d.R.). Abbiamo dei contatti con la RASC (Rete
autogestita degli studenti e dei collettivi)...
G.G. ... Avete contatti anche con ragazzi che frequentano
le scuole private? Siete in grado di dire, nel rapporto con
gli insegnanti, nella trasmissione del sapere - che di solito
è di tipo cumulativo - nozionistico in vista degli esami
e del diploma, che differenza c’è nella vita concreta
di tutti i giorni, al di là della disputa sui finanziamenti,
tra scuola pubblica e scuola privata?
Selva Nella scuola pubblica gli insegnanti vengono
comunque da esperienze culturali, sociali e politiche diverse
gli uni dagli altri. Sei di fronte a personalità che
ti fanno passare la loro idea, ma si tratta di idee diverse.
G.G. C’è un pluralismo che nella scuola privata
non c’è?
Selva Assolutamente.
Dipende
dagli insegnanti
E.S. Hai detto: "ti fanno passare la loro idea".
Mi è venuto in mente tutto quello che si è scritto
- e che è stato oggetto di una forte contestazione negli
anni Settanta - a proposito della "gerarchia" all’interno
della scuola. Il "far passare la propria idea a scuola"
rispecchia un far passare certe idee in politica, in economia.
Credevo che, anche grazie ad un ricambio generazionale nel corpo
docente, queste modalità si fossero in parte modificate.
Perlomeno nell’ambito superiore e universitario.
Alice Forse adesso lo mascherano meglio. Forse
prima era sempre così ed era normale che fosse così.
Adesso si sa che non è giusto, ma lo fanno lo stesso.
E.S. Che cosa vi aspettate dalla scuola, allora?
Il diploma o che cosa? Che contenuti?
Alice Personalmente mi aspetto degli strumenti
critici, delle basi. Più che nozionistiche, delle basi
di ragionamento.
E.S. E la scuola le può fornire, secondo te?
Alice Dovrebbe. In alcuni casi sì, le
fornisce.
G.G. Questo dipende dai singoli insegnanti oppure
è la scuola stessa, con la sua impostazione attuale,
che lo consente?
Diana Dipende dagli insegnanti. Comunque, per
riallacciarmi al discorso di prima, quello sulle idee che ti
vengono fatte passare, secondo me è impossibile spiegare
una cosa e restare neutrali...
E.S. ... Quando si fa storia, per esempio, l’atteggiamento
dell’insegnante dovrebbe essere quello di porre dei problemi.
Dico storia, ma potrei fare lo stesso discorso per la letteratura
o le scienze. Bisognerebbe essere onesti, oltre che preparati,
dire: le fonti alle quali ci si può rifare sono queste
e queste altre, la storia non è un dato oggettivo, ma
è frutto del lavoro dei singoli che la scrivono. Questo
sarebbe un modo serio di porsi. Dopodiché, ovviamente,
ogni insegnante è libero di pensarla come crede e anche,
in questo contesto, di esplicitarlo ai suoi allievi. Il fatto
che ti dicano che le cose sono andate in un certo modo perché
sta scritto in un testo senza dirti che la storia è fatta
più di problemi che di soluzioni... È diverso,
capisci?
G.G. Provate a raccontare, se volete, come ha inciso
sul vostro vissuto personale la partecipazione alle recenti
lotte studentesche, se queste vi hanno un po’ cambiato...
Selva Hanno cambiato il nostro rapporto all’interno
della scuola, prima di tutto. Nel senso che per esempio adesso
al "Carducci" c’è una tensione molto forte
tra le diverse componenti, probabilmente metà Classico
cambierà scuola. A proposito del collegio docenti, c’è
stata una forte presa di coscienza della struttura gerarchica...
G.G. ... Perché cambieranno scuola?
Selva Proprio per questa atmosfera che si è
venuta a creare.
E.S. Ma siete sotto ricatto?
Selva Sì.
E.S. Quanti siete al "Carducci"?
Diana Siamo più o meno 750.
Selva La situazione tra noi e gli insegnanti
è molto critica...
Diana ... Gli insegnanti fanno scudo al preside.
E.S. Condividono il finanziamento pubblico alle scuole
private?
Selva No, di questo gli insegnanti non parlano.
Non sono d’accordo con le modalità che ci siamo dati...
E.S. ... Che sono quelle di occupare la scuola...
Diana ... Attaccano questa "illegalità",
che ormai è sulla bocca di tutti. Riguardo al finanziamento,
all’autonomia, nessuno, ma proprio nessun professore ha dato
il suo parere. Noi non sappiamo ancora come la pensino. Quando
è finita l’occupazione, abbiamo chiesto delle ore di
discussione in classe. Si è parlato esclusivamente dei
preservativi, delle sigarette non di monopolio, delle bottiglie.
A nessuno è venuto in mente di discutere dei contenuti
dell’occupazione.
Alice Invece da noi, al "Beccaria"
(Liceo Classico N.d.R.), dopo il primo giorno di occupazione
ho scoperto, chiedendo in giro, che molta gente era lì
soltanto per i problemi strutturali della "sua" scuola,
non tanto per gli altri motivi che sono stati detti finora.
È stata una delusione...
E.S. Quindi da parte degli studenti non c’era una
grande chiarezza d’idee...
Alice ... Fatto sta che dopo il primo giorno
di occupazione sono arrivati 80 milioni e il nullaòsta
all’inizio dei lavori di ristrutturazione dell’edificio per
la settimana seguente. Paradossalmente, il fatto che noi non
avessimo puntato troppo alla politica ci ha favorito.
E.S. Alla vostra manifestazione del 12 dicembre erano
presenti diversi licei. Pochi, invece, gli istituti tecnici
e professionali.
Marco È molto deprimente. Anche noi (Marco
frequenta l’Istituto professionale "Settembrini" n.d.r.)
abbiamo fatto l’autogestione e quasi quattro settimane di occupazione,
ma non abbiamo ottenuto niente di concreto. Un dialogo, sì,
ma solo questo. Comunque è vero, c’è poco interesse
da parte degli studenti dei professionali a partecipare ai Movimenti,
alle manifestazioni. A fare l’occupazione ci siamo ritrovati
in cinque. Avevano votato a favore tutti, poi però tutti
in Duomo a festeggiare...
E.S. Per quale ragione, secondo te, succede questo?
Marco Forse perché il liceo, è
vero, aumenta il senso critico, dà modo di acquisire
una coscienza civile. Inutile girarci attorno: al professionale
ci va un certo tipo di gente, gente che di problemi non se ne
fa più di tanti.
E.S. Una volta l’accesso al liceo era riservato a
una élite. Adesso molto meno. Comunque il liceo è
tenuto ancora in grande considerazione. Prima Alice parlava
di "strumenti critici". Ecco, molti sono convinti
che il liceo questi strumenti critici sia in grado di fornirli.
"Futura classe dirigente", veniva detto a chi faceva
il Classico qualche anno fa...
Luca ... Ce lo hanno ripetuto anche oggi, alla
seconda ora...
E.S. ... Non mi sembra vero! Ma si stava parlando
delle vostre esperienze di occupazione...
Luca Io sono al Liceo Scientifico (il "Cremona"
N.d.R.), eppure la situazione non è molto diversa da
quella descritta prima da Marco. Abbiamo organizzato l’occupazione
- tre giorni -, poi ci siamo spaccati come collettivo perché
non si era riusciti a produrre nulla e la gente non si presentava
nemmeno. Io ho votato perché l’occupazione fosse immediatamente
sospesa, vedevo che non c’era riscontro tra gli studenti. In
occupazione eravamo 50: 30 del collettivo e altri 20 che, bene
o male, si riconoscevano in questa iniziativa. Al "Cremona",
però, siamo in 820! L’autogestione, che è venuta
dopo, è riuscita invece benissimo. Anche perché
siamo stati appoggiati da alcuni professori.
E.S. Da quello che state raccontando sembrerebbe
che all’interno della scuola continui ad esserci una divisione
in "classi" sociali. (...)
La scuola superiore è anche un parcheggio. In effetti,
dopo la terza media cosa si può fare oggi come oggi?
Ma anche con un diploma, una laurea, non è detto che
si riesca a trovare automaticamente un lavoro, anzi, tra disoccupazione
e numeri chiusi all’università... La nuova Finanziaria
dovrebbe riservare dei fondi alla "formazione". Leggendo
però un’intervista a Severino Salvemini, docente di organizzazione
del lavoro all’università Bocconi di Milano (Corsera,
16.12.’98), personalmente ho avuto l’impressione che questa
storia della "formazione" sia, più che altro,
l’ennesima copertura per elargire altri fondi a Fiat, Pirelli,
Telecom, Omnitel, Enel, le Ferrovie, vecchi e nuovi "big",
come li definisce Salvemini, dell’attività formativa.
Che, tra l’altro, oggi è considerata un investimento
"spesso ripartito con il dipendente, nel senso che la formazione
è di frequente svolta di sabato".
Come ve lo figurate il vostro futuro, quello che vi aspetta
subito dietro l’angolo, dopo l’esame di maturità?
Alice Preferisco un "parcheggio" del
genere che comunque, insisto, serve a qualcosa, piuttosto che
il nulla. Preferisco veramente essere parcheggiata al liceo
cinque anni piuttosto che non far nulla. In ogni caso oggi ci
vuole il diploma anche per fare lo spazzino.
E.S. E ti sembra giusto?
Alice Sì, penso di sì. Sì,
perché se lo stato riesce a dare la possibilità
a tutti di avere un diploma... Cioè, bisognerebbe dare
a tutti la possibilità di avere un diploma prima di fare
una legge del genere. Ma se tutti potessero ottenere un diploma
si alzerebbe il livello culturale della società, una
cosa, secondo me, positiva.
Selva Io non sono d’accordo. Pretendere che uno
abbia il diploma per cominciare a lavorare, quando ci sono situazioni
economiche per cui non ci si può permettere di continuare
gli studi... Arrivare a 19 anni senza lavorare, al di là
dei costi strettamente scolastici, è una spesa per la
famiglia, e non tutti possono permetterselo.
E.S. ... A parte che anche nelle medie inferiori,
che sono obbligatorie, i libri te li paghi. Per il sussidio
devi dimostrare di essere ridotto quasi all’indigenza!
Luca L’innalzamento dell’obbligo scolastico ai
sedici anni... Non mi sembra un’idea molto brillante. Perché,
per esempio, programmi come quello di storia vanno assolutamente
rifatti al liceo o all’istituto tecnico. E in tre anni il tutto
sarebbe molto riduttivo. La filosofia no, il programma è
già ridotto a tre anni, mentre secondo me andrebbe portato
a cinque.
Diana Nel momento in cui, per fare lo spazzino,
devi avere un diploma vuol dire che il livello di istruzione
di una popolazione è aumentato. Comunque, alla fine,
il diploma è solo un pezzo di carta. Io posso essere
sette volte più intelligente, più adattabile,
più capace, più critico di uno che ha fatto il
liceo.
G.G. E’ interessante il parallelo tra il livello
di istruzione e la capacità di fare esperienze, di muoversi,
di agire nel mondo. Ci si può interrogare sul fatto se
la scuola sia l’unica istanza che consente di fare esperienze,
di acquisire una cultura
E.S. ... Ci si interroga anche sul concetto di "cultura".
Cosa vuol dire "cultura"? Essere una persona colta
vuol dire avere studiato latino e greco, saper ricostruire l’etimo
di una parola, saper utilizzare certi schemi di pensiero o vuol
dire per esempio, come si pretende oggi, essere soprattutto
"adattabili"? O è questo, tutto insieme, e
anche altro? Personalmente credo che quello che diceva il vecchio
Ivan Illich sia ancora valido: i diplomi dovrebbero essere aboliti.
Dovrebbero essere aboliti tutti i titoli rilasciati dallo stato.
Di fronte alla possibilità di un’assunzione, diplomati,
laureati e non dovrebbero essere posti sullo stesso piano, sostenere
una prova per verificare chi sia veramente in grado, perché
ne ha le effettive capacità, di svolgere determinate
mansioni. Faccio un esempio pratico. Un/una laureata in Lettere
può benissimo, in Italia, conseguire la laurea non scrivendo
nulla, proprio nulla, all’infuori della tesi. Se farà
l’insegnante, a questa persona sarà chiesto di correggere
i compiti degli allievi!!
Selva Sono d’accordo.
Alice Anch’io sono d’accordo. La scuola, secondo
me, non è l’unico centro di cultura. Ci sono tante altre
attività fuori da scuola che servono a far riflettere.
Ovviamente io devo fare delle scelte tutti i pomeriggi: studio
e prendo 8 o vado a fare un’altra cosa? Io domani ho il compito
su Dante... Le conferenze? Spesso sono inerenti al programma
scolastico. Io dedico il pomeriggio a queste cose e il giorno
dopo prendo 4 in Dante perché non ho studiato a memoria
il canto. È assurdo!
Pochi
universitari
E.S. Tu mi dicevi che è comunque sempre meglio
questo di niente... Come è assurdo che tu oggi sia entrata
in classe chiedendo di parlare delle bombe su Bagdad e ti sia
stato risposto: va bene, però oggi ci tocca il - che
ne so? - Settecento. Questo non significa, naturalmente, che
Dante e il Settecento vadano tralasciati. Anzi!
Marco Anche le scuole dovrebbero essere messe
sullo stesso piano. Come se fossero tutte uguali. Mi rifaccio
a quanto stavamo dicendo prima sulle occupazioni. Un giorno
di occupazione al "Beccaria": 80 milioni! Quattro
settimane di agitazioni al "Settembrini": dialoghi
col preside! La nostra scuola è distrutta, ma non abbiamo
nessun risalto. Sciopera un liceo, un liceo come il "Beccaria"
o il "Parini", beh!, questo salta all’occhio. Occupa
il "Settembrini", occupa il "Marelli", i
giornalisti preferiscono scrivere del "Parini". Lì
c’è gente che sa parlare, che sa esporre i problemi...
Selva È vero. Noi abbiamo occupato tre
giorni e abbiamo avuto diecimila articoli. Loro, che sono vicini
al nostro istituto, pur avendo occupato per un mese hanno avuto
un solo articolo.
Marco La società classifica la gente in
base alla scuola che frequenta o ha frequentato.
E.S. Se la scuola è così, poi nel mondo
del lavoro sarà ancora così. Chi esce da un "Settembrini",
da un "Marelli" farà un certo tipo di mestiere,
sempre che riesca a trovare un lavoro. Chi invece esce da un
"Beccaria", da un "Carducci", da un "Parini",
nel 99% dei casi andrà all’università. Cosa farete
di fronte ai numeri chiusi?
Selva Riservare la cultura a un ristretto numero
di persone...
E.S. Avete stabilito dei contatti con gli universitari?
C’è un coordinamento tra la scuola media superiore e
l’università?
Luca No.
Diana In effetti sono due mondi molto diversi.
È raro che ci siano gli universitari in corteo.
Selva Ci sono pochissimi contatti.
E.S. Comunque questo fatto che continuate ad identificare
la "cultura" con la scuola, con l’università,
mi colpisce molto. Io non ne sono convinta. All’interno della
scuola viene sempre tutto posticipato: l’informazione a dopo,
il mondo del lavoro a dopo... Si vive come in una grande bolla
di sapone. Attenzione però: io non condivido neppure
l’idea di chi sostiene che bisogna studiare solo quello che
serve. Che poi sarebbe?
Alice Ieri stavamo facendo la guerra di Indipendenza
americana e il Settecento. Nella dichiarazione c’è scritto
che uno dei tre diritti fondamentali è il diritto alla
vita. E io allora ho chiesto: ma come è possibile? Negli
Stati Uniti c’è la pena di morte. Non mi è stata
data risposta.
G.G. Da parte dell’insegnante di...
Alice ... di storia. Che è un grande,
io lo stimo tantissimo. Però lui pensava di penalizzare
la spiegazione, è angosciato dal programma. Eppure è
uno che, se l’avessi preso all’intervallo, mi avrebbe raccontato
tutto. Ma in classe non si può.
G.G. Questo è interessante. Accade anche a
voi del professionale?
Marco È difficile che un alunno, al professionale,
alzi la mano per fare una domanda di questo genere! È
difficile. Però è vero che non c’è dialogo.
E.S. Qual’è l’atteggiamento degli insegnanti
nei vostri confronti? È del tipo: da voi non ci aspettiamo
più di tanto?
Marco Non credo che la preparazione degli insegnanti
degli istituti tecnici e professionali sia diversa da quella
dei loro colleghi dei licei - io sono molto contento dei miei
professori -, diciamo che c’è forse meno disponibilità
all’ascolto, al dialogo. Lo dico perché ho fatto anche
un anno di liceo...
Selva Il dialogo puoi averlo con l’insegnante
che è disposto a sacrificare la sua ora. Però
è una sua iniziativa personale.
E.S. E le vostre famiglie? Si parla della società,
ma le persone che vi sono più vicine vi incoraggiano
in queste vostre iniziative pubbliche?
Diana Dipende dalle situazioni personali. Io,
per esempio, sono fortunata. La mia famiglia ha una tradizione
di sinistra, i miei erano del Movimento e quindi c’è
una grande spinta, un grande incoraggiamento da parte loro.
Ormai con mio padre parlo quasi solo di politica. Ieri sera
è tornato tardi, ma poi siamo usciti insieme per andare
al presidio (contro i bombardamenti americani e inglesi sull’Iraq
N.d.R.)...
E.S. Tuo padre non ti dice: non è cambiato
niente?
Diana Certe volte, è vero, la tentazione
gli viene. Quando gli dico che sabato (si riferisce al 19.12.’98,
giornata nazionale di mobilitazione degli studenti N.d.R.) si
occupa il treno per andare a Roma, lui mi dice: ma allora alla
fine è soltanto una questione di forma e dietro forse
non c’è niente. In effetti la sua generazione è
stata segnata da tutto quello che speravano e che poi...
Alice ... Non è così per tutti.
Il 90% dei discorsi che ho sentito in occupazione, al collettivo,
erano di ragazzi che non erano affatto appoggiati dalle famiglie.
E.S. Il vostro corteo del 12 era un corteo di giovanissimi...
Diana Sì, il Movimento studentesco di
adesso è un Movimento molto giovane. Quando parlo con
i miei, a volte mi dicono che non posso fare niente in questa
maniera perché alle spalle non ho comunque i sindacati,
i lavoratori. Non c’è coscienza politica, mi dicono,
quella che c’è è dei singoli, al mondo in generale
non gliene frega niente. Tu puoi fare le tue lotte, però
tu, quindicenne, non arriverai a nulla. Posso decidere o di
attaccarmi alla coda di un partito e avere così un riflesso
più grande sulla stampa, come fa il Coordinamento (il
Coordinamento è vicino a Rifondazione comunista N.d.R.),
oppure posso fare da me, rischiando di passare comunque in secondo
piano. A meno che non mi butti su delle azioni eclatanti.
Luca Mia madre è abbastanza pessimista
a proposito delle lotte studentesche. Lei le ha vissute in prima
persona e ha visto che non sono andate poi tanto bene...
Cariche
della polizia
E.S. Alla manifestazione nazionale di sabato 19
andrete con le stesse parole d’ordine con le quali siete scesi
in piazza a Milano: no al finanziamento pubblico delle scuole
private. Quanto credete che peserà la vostra volontà
nelle decisioni del governo?
Selva I giornali stanno costruendo tutta un’atmosfera
intorno a questa manifestazione del 19, le scuole si stanno
mobilitando, il corteo milanese del 12 era un assaggio. Sicuramente
un’eco forte sulla stampa ci sarà. Quanto poi questo
inciderà sul governo...
E.S. ... Sarà anche un’occasione per confrontarsi
con le altre realtà studentesche del Paese...
Marco Secondo me servirà più a questo
che al resto - io sono abbastanza pessimista sui risultati di
questa lotta. Non rinunciatario, pessimista.
E.S. Stavo dicendo che forse sarà l’occasione
per confrontarsi anche su contenuti diversi. Perché la
mia impressione è che ci sia una certa strumentalizzazione
di questa vostra lotta...
Marco Le stesse trasmissioni televisive, per
esempio Pinocchio...
Diana ... Sì, un atteggiamento sempre
inutilmente provocatorio, ma molto ligio alle istituzioni.
G.G. Siete d’accordo anche voi con Marco? Ritenete
irraggiungibile l’obiettivo di questa lotta? Anche voi pensate
che è più importante il farsi della lotta, le
conoscenze che potete acquisire, i contatti che riuscite a stabilire?
Selva Se fossi sicura al cento per cento di non
ottenere niente, non starei lì a perdere tempo. Un minimo
di speranza c’è, sennò...
Luca Non sono d’accordo. Secondo me una lotta
va iniziata anche se sei da solo e hai l’assoluta certezza di
perderla, perché comunque poni le basi di un qualcosa
che potrebbe essere continuato nel futuro. Immediato o meno.
Alice Almeno si mostra che c’è qualcuno
che non è d’accordo.
E.S. Al termine della manifestazione del 12, in piazza
Fontana, alcuni studenti sono intervenuti piuttosto duramente
sulle cariche della polizia davanti al San Carlo (la tentata
occupazione del San Carlo risale al 27.11.’98 n.d.r.). Come
sono andate le cose? Come commentate l’intervento delle forze
dell’ordine?
Marco Più che l’intervento della polizia,
io criticherei l’intervento precedente degli studenti, che personalmente
non ho condiviso.
Diana Io ero stata alla RASC il pomeriggio prima
di questa tentata occupazione di una scuola privata. Mi ero
dissociata. Non lo trovavo un obiettivo utile, nel senso che
poi l’occupazione di questa scuola non si sarebbe potuta vivere.
Era l’andare a fare una cosa che fa scalpore. Il che può
anche andar bene, però lo devi mettere in chiaro subito.
La polizia carica - ed è squallido che la polizia carichi
-, ma non è che dopo vai in giro a dire che volevi andare
dentro in quindici persone, perché non è vero,
non è vero. È quasi ridicolo parlarne, però
è diventata molto una lotta politica fra i gruppi. Io
la sento fortissima questa cosa. C’è la RASC, che è
autonoma e sta, diciamo, con i centri sociali. E fa la parte
dei "cattivi" per principio. C’è il CSP (Comitato
di difesa della scuola pubblica n.d.r.), c’è il Coordinamento,
che sta con Rifondazione, c’è UDS, che sta con i diessini...
Per cui anche all’ultima manifestazione è stato squallido,
tra chi si sente legittimato a prendere la testa del corteo
e chi non è d’accordo e tutte le mediazioni che ne conseguono.
Quello che proporrei io è di creare un coordinamento
di tutte queste realtà. In piazza Fontana c’erano tre
furgoncini e tre comizi diversi! È chiaro che quello
della RASC ti dice: io al tavolo con uno che sta con D’Alema
non mi ci metto, quello del CSP ti dice che non sta con uno
del Coordinamento...
Alice ... Però non è costruttivo.
Le basi per portare avanti una lotta comune ci sono e allora
perché? Già siamo pochi, già ci ascoltano
poco.
Diana Questo è quello che ci rimproverano
gli ex-sessantottini che ho sentito. Quella che frega è
la frammentazione.
Selva Al di là dei gruppi politici, la
frammentazione esiste anche tra le diverse scuole, tra i licei
e i professionali per esempio. Abbiamo dei grossi problemi durante
i cortei.
E.S. Poniamo che la lotta contro il finanziamento
pubblico delle scuole private abbia un esito positivo, poi:
da dove si ricomincia a parlare di scuola?
Diana Bisognerebbe parlare dell’autonomia. L’autonomia
finanziaria delle scuole è qualcosa di aberrante.
E.S. Adesso i singoli istituti entrano nel mercato,
devono inventarsi delle peculiarità - a basso costo -
e imparare a pubblicizzarle in modo da attirare il maggior numero
di iscritti. Infatti se perdono iscrizioni vengono accorpati
ad altri istituti o addirittura...
Selva È il discorso che ci fa il preside
quando occupiamo. "Diffamate il nome del ‘Carducci’".
"Ci saranno meno iscritti al ‘Carducci’". "La
scuola verrà accorpata". "Finirà il
‘Carducci’ per colpa vostra che avete occupato". "L’autonomia
prevede che se non facciamo un certo numero di iniziative non
ci danno i soldi"...
G.G. ... E quali sono queste iniziative?
Selva Sono dei corsi al pomeriggio... Cioè
ogni anno bisogna stabilire i corsi o le iniziative che verranno
fatte, poi queste vengono presentate al Provveditorato che decide
se e quanti fondi stanziare...
Alice ... Da me, per esempio, hanno speso 40
milioni per dei computer. Che sono inutilizzati. Perché
se non hai la sperimentazione, il pomeriggio a scuola non ci
puoi andare, e comunque durante i primi due anni i computer
non li usi, usi il programma Pascal. Però il fatto che
ci siano dà lustro all’istituto e aiuta a mantenere alto
il numero degli iscritti. 40 milioni! E intanto abbiamo le finestre
che cadono a pezzi...
Giuseppe Gessa
ed Emanuela Scuccato
GiuseppeGessa
Nessi e presupposti comuni
"Assicurare nelle istituzioni
scolastiche effettive condizioni di pluralismo...",
fornire alla scuola "l’effettiva possibilità
di specifiche proposte educative con riferimento alla
formazione integrale della persona umana" e ancora
"... assicurare la libertà di scelta, anche
qui effettiva, da parte degli utenti del sistema scolastico"
e assicurare "le condizioni di una reale opportunità
formativa e d’istruzione senza alcun condizionamento di
ordine economico". Quando Sergio Mattarella, attuale
vice-presidente del Consiglio dei Ministri e allora commissario
della Democrazia Cristiana a Palermo pronunciava queste
parole, in un’intervista al quotidiano siciliano L’Ora
il 16 gennaio 1987, i partecipanti a questa tavola-rotonda
frequentavano i primi anni delle elementari.
Leggendo le tesi dei sostenitori al finanziamento
pubblico alle scuole private le argomentazioni non sono
cambiate di molto. Non a caso lo striscione di apertura
di una delle manifestazioni milanesi delle ultime settimane
richiamava la vecchia DC che intorno alle tematiche della
scuola ha sempre mantenuto un’attenzione costante, fino
al patto di governo con la sinistra che porterà
molto probabilmente alla tanto sospirata svolta costituzionale
per incrementare le adesioni ai diffusissimi istituti
di ispirazione cattolica presenti nel nostro paese. Nell’incontro
con gli studenti abbiamo però voluto andare a toccare
- e non poteva che essere così - argomenti e temi
che uscivano dalla dicotomia nella quale il dibattito
politico si è arenato.
Come libertari il dettato costituzionale che impedisce
il finanziamento pubblico alle scuole private ci può
interessare fino ad un certo punto. Se i presupposti per
l’analisi sono quelli della possibilità di espletare
la massima autonomia possibile nelle scelte che riguardano
la gestione delle nostre vite potremmo spostare il dibattito
anche su altri aspetti.
Un muro, anche come donna
Anche in campo libertario le opinioni che
abbiamo ascoltato nelle ultime settimane sono state molto
diverse e articolate. Se l’obiettivo è quello di
contrastare l’egemonia clericale nella società,
dicono alcuni, il sostegno alla scuola pubblica - ferme
restando le critiche alla sua gestione e alla sua impostazione
pedagogica - rimane un obiettivo importante, perché
all’interno del pubblico rimane la possibilità
di sperimentare un contesto multi-confessionale e multi-
etnico, che non vincola gli studenti a un dogma religioso
unico che può essere foriero di future spinte intolleranti
e integralistiche. Rimane comunque il fatto che la religione
non è certo l’unico ambito all’interno del quale
si forma l’identità di una persona.
Invitiamo a questo proposito a riflettere su quanto
una delle partecipanti al dibattito dice sull’insegnamento
della filosofia al Liceo, sempre incentrata sullo studio
di filosofi uomini, dove le filosofe donne sono ancora
oggi completamente assenti. Quando Selva ci parla di sentire
"un muro, anche come donna", ci parla di qualcosa
che ha un’importanza formativa reale, forse ancora più
forte verso le studentesse che di questo muro neppure
si accorgono.
Anche questi aspetti dovrebbero a nostro avviso cogliere
quanti con un po’ troppa sicurezza parlano di pluralismo
educativo e culturale garantito solo dalla scuola pubblica.
Rimane inoltre, di fondo, una certa ambiguità
negli stessi termini "pubblico" e "privato",
dove per pubblico spesso si identifica solo un ‘ambito
statuale’ che opera per il consolidamento di ordini sociali
ben determinati.In questo contesto "la trasformazione
dell’apparato scuola - ha scritto Franco Riccio (Segno,
n. 97-98, 1998) - partendo dal fatto che nel sistema formativo
integrato ha una fondamentale importanza, diventa decisivo
perché comporta dei mutamenti sostanziali nell’equilibrio
sociale.
Da qui la vanità speculare di chi vede la soluzione
nel rilancio della scuola pubblica o nella privatizzazione,
senza ulteriori specificazioni, come se si trattasse di
un problema di razionalizzazione, magari da affidare a
tanti bei managers rampanti presi di peso magari dall’industria
privata". Gli interventi da parte confindustriale
(vedi i box), in una fase di dibattito sul riordino dei
cicli scolastici, appaiono quindi decisivi perché
la questione scolastica rimane centrale in relazione agli
attuali processi di riorganizzazione e di sempre maggiore
flessibilità all’interno del mondo del lavoro.
Tornando alla scuola più in generale molto
si è discusso, anche in campo libertario, intorno
ai temi dell’obbligatorietà della scuola presente
nel nostro paese. Si sottolinea come tale obbligo rappresenti
un atto di imperio dello stato sulla società civile,
dove è sempre l’istituzione a definire gli ambiti
in cui la collettività può espletare la
propria sovranità. Pur concordando con questa impostazione
di fondo, altri indicano come attraverso la scuola obbligatoria
sia possibile per i bambini sottrarsi alla tutela esercitata
dalle famiglie e sperimentare ambiti di socializzazione
avulsi dai contesti monolitici rappresentati da famiglie
chiuse in una identità religiosa o ideologica rigida
e immutabile. Se il bambino deve muoversi comunque in
un ambito di libertà limitato dallo status che
la nostra società gli assegna, quello delle famiglie
rischia di essere un sistema più oppressivo di
quello che potrebbe trovare nella scuola di massa pur
con tutti i suoi limiti e i modelli di irregimentazione
delle menti e dei corpi. Altro argomento, questo anche
fulcro delle riflessioni più generali dei teorici
dell’obbligatorietà, è che comunque troppo
forte si presenta il rischio di alimentare nuovi analfabetismi
per i bambini che vivono in famiglie nelle quali non è
presente alcun desiderio di sapere e di istruzione.
Ambiti di socializzazione
Rimane il fatto che l’obbligatorietà
frena solo fino ad un certo punto l’evasione scolastica
e che comunque i fallimenti negli anni di istruzione obbligatori,
come ha sottolineato più volte Ivan Illich, si
trasformano nei bambini in fallimenti di portata esistenziale
più vasti che abbracciano il senso stesso dell’identità
personale. La scuola obbligatoria, lungi da appianare
le divisioni di classe e le difficoltà di partenza,
finirebbe, sempre secondo Illich (cfr. Conversazioni con
Ivan Illich, a cura di David Caley, edizioni Elèuthera)
"per essere un sistema che produce emarginati, anzi
più emarginati che integrati", si rivelerebbe
una lotteria dove chi non ce la fa rimane segnato tutta
la vita come individuo menomato e inferiore.
La conversazione con gli studenti sollecita, anche
se manca lo spazio per affrontarla a fondo, la questione
su un’altra dicotomia tutta da dimostrare, quella tra
istruzione ed educazione. Esiste davvero la possibilità
di istruire in una qualsiasi disciplina senza contemporaneamente
fornire dei modelli di interpretazione del mondo che finiscono
inevitabilmente per educare? Se l’assenza di filosofe
donne nei corsi di filosofia dei licei si presenta come
"presenza" di una parte, quella maschile, che
finisce per essere il tutto, nelle metafore che si usano
per insegnare anche le più asettiche materie "scientifiche"
è impossibile non proporre dei modelli che sono
sempre modelli di mondo. Forse quindi ci sono da cogliere
nessi e presupposti comuni che sottendono alla scuola
statale ed a quella privata e che fanno parte di un immaginario
sociale più vasto nel quale tutti siamo immersi.
Giuseppe
Gessa
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Leggere la scuola
• Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino,
Bologna, 1998
• N. Bottani, Professoressa addio, il Mulino, Bologna,
1994
• B.Brocca, Il futuro della scuola: idee e proposte
per l’istruzione secondaria superiore, Laterza, Bari,
1995
• S.Ventura, La politica scolastica, il Mulino,
Bologna, 1998
Di Ivan Illich sono state pubblicate in Italia diverse
opere. Tra queste vale la pena di segnalare lo storico
saggio Descolarizzare la società (Mondadori,
1972), al quale è seguito, nel 1974, l’altrettanto
importante Descolarizzazione e alternative pedagogiche.
La biografia intellettuale di Illich, autore poliedrico
- si è occupato tra l’altro di genere, medicina,
ambiente, linguaggio - curata dallo studioso canadese
David Cayley, è edita in Italia da Elèuthera
col titolo Conversazioni con Ivan Illich - Un profeta
contro la modernità (1994).
|
Qualche conto...
Riportiamo di seguito l’elenco dei libri di testo adottati
per una sezione delle classi prime in una scuola media
milanese (anno scolastico 1998/99).
A fronte dell’obbligatorietà statale, la spesa
di ingresso alla secondaria inferiore è a carico
delle famiglie - sono previsti sussidi soltanto per i
più indigenti. Come si può vedere, un nuovo
accesso, escluse le spese di cancelleria, supera Lire
450.000.
|
Materia |
Autore |
Titolo |
Editore |
Prezzo |
Religione |
Benazzi |
La porta della speranza |
PIEMME |
18.500 |
Ital./gramm. |
Asnaghi
Manzo Nicolal
|
Grammatica italiana |
CEDAM |
44.700 |
Ital./ant. |
Menegazzo
Rabitti
|
Tante storie, tante idee |
PETRINI |
35.800 |
Storia |
A.A.V.V. |
Storia |
DE AGOSTINI |
29.500 |
Geografia |
Corbellini
Ruffinengo |
Vivere l’Italia |
MARIETTI |
39.600 |
Inglese |
Caravaggi
Maroni
|
Talk to the world |
GHISETTI |
53.900 |
Sc.Matem. |
Linardi
Galbusera
|
Percorsi di aritmetica |
MURSIA |
29.800 |
Sc.Matem. |
Linardi
Galbusera
|
Percorsi di geometria |
MURSIA |
30.800 |
Sc.Matem. |
Linardi
Galbusera
|
Esercizi 1 |
MURSIA |
6.000 |
Sc.Mat.Nat. |
Benedetti
Paganoni
|
Per conoscere |
SEI |
54.000 |
Ed.Artist |
Lazottl |
Immagine e immaginario |
BULGARINI |
41.500 |
Ed.Tecnica |
G.Paci |
Educazione tecnica |
ZANICHELLI |
47.300 |
Ed.Musicale |
Rattazzi
Tammaro
|
Musica maestro |
IL CAPITELLO |
42.000 |
TOTALE LIRE |
479.400 |
Quanto alla scuola?
La finanziaria‘99...
Scuole materne: 236 miliardi
Scuole elementari: 148,9 miliardi
Scuole medie: 16,1 miliardi
Totale: 401 miliardi
Per l’attuazione della legge di parità sono inoltre
in bilancio 347 miliardi per il 2000 e il 2001. Calcoli
abbastanza attendibili indicano inoltre in complessivi
3-4000 miliardi i finanziamenti che vengono erogati a
diverso titolo alle scuole non statali da regioni ed enti
locali.
da: Il Manifesto, "Tutti gli oneri per lo
stato", 19.12.1998
|
L’articolo 33
della Costituzione
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione
e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed
istituti di educazione senza oneri per lo Stato.
|
Il parere
della Confindustria
Analizzando i dati OCSE sulla scuola europea, che ci
vedono ben al di sotto dei nostri partner sia per quanto
riguarda le percentuali di diplomati che di laureati (65%/70%
di diplomati contro l’80%/85%; 7%/10% di laureati contro
il 20%/25%; il 20% degli studenti italiani abbandona la
scuola senza una qualifica contro una media del 5% in
Europa), Attilio Oliva, presidente della Commissione scuola
della Confindustria, propone non di potenziare ulteriormente
le risorse economiche da destinare alla scuola, bensì
di utilizzarle meglio. Come?
Tramite "l’ottima nuova legge sull’Autonomia"
che, scrive, "va presa sul serio".
Tramite "nuovi contratti di lavoro per il personale
scolastico che valorizzino la professionalità...
e trattino meglio chi alla scuola dà di più".
"Ma la riforma importante" sarebbe, secondo
il rappresentante della Confindustria, "la costituzione
di una Authority indipendente per la Valutazione della
Qualità dell’istruzione come esiste nei più
evoluti Paesi europei".
Il rischio per la scuola italiana non è la privatizzazione,
spiega Oliva, quanto piuttosto la sua "statalizzazione
al 100%".
Le scuole private hanno subito in Italia un calo di iscrizioni
di oltre il 30%.
Mentre infatti la scuola statale non ha costi di ingresso,
la privata oscilla tra i 4 e i 7 milioni.
La parola d’ordine di Confindustria è quindi: liberalizzare
il sistema "per favorire confronti competitivi tra
scuole statali, cattoliche e scuole-imprese laiche".
L’obiettivo? "Un sistema pubblico integrato di qualità
certificabile".
Per questo occorrono "aiuti economici non alle scuole
ma alle famiglie (crediti d’imposta), che riducendo il
differenziale di costo consentano una competizione più
equilibrata tra scuole statali e private e una scelta
più libera per le famiglie (soprattutto per le
meno abbienti)".
da: Corriere della Sera, "L’intervento",
17.12.1998
|
Scuole non statali: le cifre
I bambini italiani che hanno frequentato una scuola materna
non statale sono stati nel 1990 il 48,1%.
(Gli istituti religiosi che in Italia si occupano di educazione
prescolare soddisfano attualmente il 21% delle richieste
del mercato).
In Francia, nello stesso anno, la percentuale dell’utenza
della scuola materna non statale era del 12,3%.
I rapporti si invertono nel caso della scuola elementare.
Sempre nel 1990, gli utenti delle private francesi sono
stati il 14,9% contro l’8% italiano. A fronte di un’utenza
del 2% della scuola primaria tedesca, la percentuale più
elevata si è invece registrata in Spagna dove,
per quanto riguarda la scuola materna e quella elementare,
il mercato privato ha coperto il 38,9% delle richieste.
Per quanto riguarda gli altri ordini e gradi della scuola
non statale, l’utenza si attesta nei Paesi considerati,
per il 1990, alle seguenti percentuali:
ITALIA: 4,5%, secondaria inferiore; 9,1%, secondaria
superiore
FRANCIA: 20%, secondaria
GERMANIA: 9%, secondaria
SPAGNA: 34,9%, secondaria inferiore; 29%, secondaria superiore
(80% e 85% sono le percentuali di incidenza degli istituti
confessionali italiani rispettivamente nella scuola elementare
e nella media inferiore).
da: Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino,
Bologna, 1998
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