rivista anarchica
anno 29 n.258
novembre 1999


Terminator alla conquista della terra
di Maria Matteo

Boicottare le varie Monsanto, Novartis, Dupont è un primo passo. Il secondo, più importante, è la promozione e la difesa delle biodiversità.

 

A metà ottobre i maggiori quotidiani hanno riportato la notizia che la multinazionale americana Monsanto, leader nel campo della produzione e commercializzazione di sementi transgeniche avrebbe deciso di sospendere la commercializzazione di Terminator in Europa. Suppongo che i più distratti abbiano pensato a qualche nuova trovata dei produttori di film tanto spettacolari quanto stupidi. Infatti, sebbene i commentatori della stampa nostrana mostrino di ignorarlo, nessuno dei responsabili della Monsanto avrebbe mai designato con un nome tanto poco accattivante uno dei fiori all'occhiello dei loro laboratori. Terminator è l'azzeccato nome che gli ambientalisti hanno affibbiato a una tecnica di modificazione genetica utilizzata per rendere improduttiva una semente, bloccandone così il ciclo riproduttivo. Tale tecnica è stata brevettata sia negli Stati Uniti (US 5723765) sia in Europa (EP 775212). L'obiettivo di Monsanto (e delle altre multinazionali impegnate sul terreno della trasformazione genetica di animali e vegetali), al di là della sbandierata maggiore produttività delle coltivazioni transgeniche, è obbligare i contadini ad acquistare ogni volta le sementi, rendendoli del tutto dipendenti da poche multinazionali che agiscono in condizioni di pressoché totale monopolio.
L'utilizzo su scala planetaria di sementi geneticamente modificate sterili, ossia del famigerato Terminator, avrà, come è facile immaginare, conseguenze disastrose per i produttori poveri del terzo mondo.
Infatti da un lato i contadini vengono espropriati di fatto del controllo sul ciclo produttivo, poiché i brevetti portano all'accentramento in poche mani, avide, avidissime, della proprietà delle sementi utilizzate, dall'altro devono sottostare ad un considerevole accrescimento delle spese, perché obbligati ad acquistare ad ogni avvio del ciclo produttivo le sementi rese sterili da Terminator.
I produttori di sementi geneticamente modificate sostengono che tale tecnica consentirebbe di produrre piante inattaccabili da erbicidi, virus, insetti e agenti patogeni in modo da rendere più produttivi i raccolti nel mondo (anche se, ovviamente, il maggior costo di tali sementi compensa quello dell'eventuale trattamento diserbante, ma, ovviamente con minore necessità di braccia...).
In realtà le sementi transgeniche distruggono l'ecospecificità dei terreni e delle acque necessarie per irrigarli: è dimostrato che la distanza tra campi seminati e coltivati tradizionalmente e campi seminati e coltivati, per così dire, "artificialmente" oggi fissata a 40 metri è assolutamente inadeguata a salvaguardare le prime colture, che vengono colpire ugualmente dalla sterilità. Le colture transgeniche sono pervasive al punto di rendere sterili le normali colture ad esse limitrofe. Non a caso viene negata la certificazione per le produzioni biologiche se vicine a coltivazioni transgeniche.

 

Aumento dei tumori

Oltre a alla riduzione della biodiversità e alla sterilità delle sementi transgeniche va considerato che molte ricerche hanno evidenziato il rischio di un aumento dei tumori e di una riduzione delle difese immunologiche. Le indagini sinora effettuate, per quanto parziali, lanciano segnali decisamente preoccupanti. Ma la ricerca, lo sappiamo, costa e le ricerche che possono mettere a repentaglio gli enormi profitti del settore agrochimico non trovano finanziatori o vengono interrotte. E' il caso delle patate transgeniche i cui effetti sull'alimentazione animale sono stati studiati dal microbiologo Arpad Pusztai per conto del governo scozzese: quando le sue ricerche hanno evidenziato che i topi nutriti con tale patata subivano una depressione del sistema immunitario ed alterazioni anche gravi degli organi vitali - il fegato in particolare - il lavoro di Pusztai è stato interrotto ed i risultati non sono mai stati pubblicati.
La decisione annunciata da Monsanto di sospendere la commercializzazione in Europa di Terminator è spiegata dai responsabili del marketing della multinazionale americana con la necessità di far fronte all'ostilità montante in Europa nei confronti degli alimenti geneticamente modificati. In realtà non è difficile prevedere che questa decisione sia momentanea e non rappresenti che una pausa in una partita feroce che ormai da un paio d'anni si sta giocando a livello mondiale.
Quest'anno a Cartagena, in Colombia, alla fine di febbraio si è conclusa con un nulla di fatto la conferenza internazionale che avrebbe dovuto stilare il "Protocollo sulla biosicurezza", un accordo che doveva regolamentare la distribuzione dei prodotti transgenici, ossia sementi, piante o anche animali manipolati geneticamente e commercializzati da poche multinazionali del settore, che hanno tutto l'interesse ad impedire controlli sulle colture e sui prodotti (soprattutto mais, soia, tabacco ma, tendenzialmente, una gamma infinita di varietà vegetali).
A Cartagena si sono ritrovati i rappresentanti degli stati firmatari del trattato sulla biodiversità (oltre agli Stati Uniti, presenti nonostante non avessero sottoscritto il trattato perché "lesivo dei loro interessi nazionali") e sin dalle prime battute si sono affrontati due opposti schieramenti. Da un lato il gruppo di Miami (Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina, Uruguay e Brasile) e dall'altro l'Europa e l'Africa. Il fallimento del tentativo di darsi regole comuni sul commercio di alimenti geneticamente modificati si è infranto contro la volontà dei maggiori produttori di piazzare la propria merce senza né regole né controlli.
Europei ed africani si opponevano all'articolo 31 del Protocollo che prevedeva di subordinare agli altri trattati internazionali - in particolare il WTO - Trattato sul Libero Commercio Internazionale - rendendolo in tal modo nei fatti del tutto inefficace.

 

Interessi enormi

La questione cruciale sulla quale la Conferenza di Cartagena si è definitivamente arenata è stata quella delle valutazioni di rischio, che europei ed africani volevano venissero effettuate in base a criteri precisi e prima dell'importazione. Il gruppo di Miami si è seccamente opposto: regole comuni avrebbero limitato il potere delle multinazionali, interessate ad agire indisturbate specie nei paesi in via di sviluppo in cui le possibilità di controllo in loco sono pressoché inesistenti.
Gli interessi in gioco sono enormi e la battaglia viene condotta senza esclusione di colpi. Alla decisione dell'Unione Europea di vietare l'importazione del mais transgenico e di carne agli ormoni gli Stati Uniti hanno risposto elevando sino al 100% i dazi su alcuni prodotti pregiati europei. E' ad esempio il caso del formaggio francese Roquefort, che ha visto la rivolta dei produttori associati nella Confederazione Contadina, un sindacato di agricoltori francesi, da sempre impegnati nella difesa dell'ambiente e della biodiversità. L'ultimo scorcio dell'estate ha visto il moltiplicarsi di iniziative di lotta dei contadini francesi: l'episodio più eclatante è avvenuto a Millau, dove una manifestazione contadina si è conclusa con lo smontaggio collettivo di un cantiere per la costruzione di un nuovo McDonald. Quest'episodio cui sono seguiti gli arresti di quattro esponenti della Confederazione Contadina ed una vasta mobilitazione ha avuto una vasta eco internazionale ed ha contribuito a conferire visibilità ad una questione che sino ad allora era stata sollevata solo da ristrette minoranze.
Oggi solo la crescita su scala internazionale delle iniziative di lotta contro le multinazionali dell'agrochimica ed i governi che le sostengono può impedire la distruzione dell'ambiente ed una possibilità di sviluppo autonomo del terzo mondo.
Boicottare le varie Monsanto, Novartis, Dupont è un primo passo. Il secondo, più importante, è la promozione e la difesa delle biodiversità, la creazione di reti autogestite e solidali di scambio tra nord e sud del mondo. Questo non significa demonizzare la manipolazione genetica in quanto tale, rifiutandola in blocco acriticamente come è costume di tanto ecologismo integralista; significa però avere ben chiaro che oggi la ricerca è orientata e pagata da un ristretto gruppo di multinazionali, che brevettando neo-patate, neo-grano, neo-mais si accingono a divenire arbitri dei destini di miliardi di persone, cui sarà negata ogni possibilità di autosviluppo e, spesso, della possibilità stessa di sopravvivere.

Maria Matteo

 

“Oggi la ricerca
è orientata e pagata
da un ristretto gruppo
di multinazionali”

 



Vignette di Paolo Pedercini