rivista anarchica
anno 30 n.266
ottobre 2000


dibattito

Agitazione comunale o municipalismo libertario?
di Marianne Enckell

Nel dossier Australia, sullo scorso numero di "A", si è parlato di una "lista lib ertaria" presente alle elezioni in un quartiere di Brisbane. Altre esperienze analoghe sono avvenute recentemente. Ma non tutti sono d'accordo.

 

 

Il congresso [della Fédération jurassienne] non vede una grande partecipazione (i delegati sono otto), ma vi si affrontano questioni nuove e, proprio come avevo suggerito, saremo indubbiamente presenti all'agitazione nei comuni.

Lettera di Piotr Kropotkin a Paul Robin; agosto 1878 (1)

L'idea del municipalismo libertario sviluppata da Murray Bookchin comporta due elementi: la costituzione di assemblee autonome di cittadini (2), di gruppi d'azione diretta o di rivendicazione, ovvero di "zone liberate", e l'eventuale partecipazione alle elezioni municipali. Da Montreal a Merlieu; da Burlington a Brisbane, magari passando per la Croce Rossa e per Ixelles, sembra che quest'ultima possibilità attragga un certo numero di compagni. È una discussione in corso ormai da tempo.
Al congresso della Fédération jurassienne del 1878, il dibattito verteva principalmente, come Kropotkin aveva previsto, sull'azione nei comuni (3). Pochi anni dopo la Comune di Parigi, i militanti riflettono seriamente sulla società futura e sui mezzi per raggiungerla.
Paul Brousse, che di lì a poco sarebbe passato nel campo della socialdemocrazia riformista, comincia difendendo con vigore il principio di autonomia "per far sparire quasi del tutto il ricorso al voto". Adhémar Schwitzguébel ritiene che l'autonomia comunale "potrebbe diventare il punto di partenza di un'agitazione popolare generale e aprirci una strada concreta per la realizzazione dei nostri principi". Secondo lui si tratta del terreno loro più favorevole per la sperimentazione. Kropotkin va ancora più in là: "Gli Stati sono fatalmente destinati a cadere e a lasciare il posto a comuni liberi e liberamente federati... Nel comune, nelle innumerevoli questioni d'interesse comunale noi troveremo il campo più favorevole alla propaganda teorica e alla realizzazione insurrezionale delle nostre idee collettiviste e anarchiche." Egli sottolinea inoltre "la netta distinzione da fare tra il preoccuparsi dei dettagli della vita comunale per realizzare legalmente qualche miglioramento inconsistente da un lato, e dall'altro cogliere queste opportunità per agitare gli spiriti a favore del socialismo rivoluzionario", basandosi in particolare sui recenti moti locali in Spagna.
Rodolphe Kahn, un veterano della Comune di Parigi, si preoccupa per i rischi che comporta la partecipazione alla politica comunale. Infatti Brousse ha difeso il principio del voto in certe situazioni, un voto di protesta nel caso in cui possa favorire un'amnistia, un espediente utilizzato per tentare di far scarcerare Blanqui o Cipriani nell'Ottocento e, più tardi, nel 1936, i militanti della CNT in occasione delle elezioni per il Fronte Popolare in Spagna. Ma Brousse pensa che la partecipazione alle elezioni possa servire provvisoriamente, quanto meno a livello comunale: "Quando non è ancora possibile rovesciare uno Stato nel suo insieme, se per il momento non esistono le condizioni per saggiare la propria forza contro di esso, è meglio danneggiare anche con il voto, gli ingranaggi che lo compongono, cercare di bloccarli piuttosto che restarsene lì a braccia conserte a guardarli girare tranquillamente." Kahn non è d'accordo con questo cambiamento, che non è solo di tattica. Nel comune, sostiene, il voto "non può servire a niente: o la maggioranza è rivoluzionaria e allora può semplicemente fare ciò per cui si vuole che voti, o non lo è, e allora non eleggerà mai degli amici della rivoluzione."
Non c'era più James Guillaume, che dieci anni prima aveva fatto l'esperienza della partecipazione delle sezioni dell'Internazionale alle elezioni locali della regione montana di Neuchâtel e, su questo argomento, aveva scritto: "La calotta di consigliere comunale, di consigliere di Stato o di consigliere federale, posta sulla testa del socialista più intelligente e più sincero, è qualcosa che spegne immediatamente la fiamma della rivoluzione (4)."
Per fare fronte alle critiche i nostri compagni municipalisti-libertari oggi ricordano i principi che regolano la modalità di delega anarchica: mandato imperativo e revocabile in qualsiasi momento. A parte il fatto che quasi tutte (o tutte?) le costituzioni vietano esplicitamente il mandato imperativo, la cosa non è praticabile quando le elezioni sono a scrutinio segreto: gli elettori sono individui atomizzati, non un collettivo, e l'eletto animato dalle migliori intenzioni non può rendere conto del proprio operato davanti a mandanti anonimi e irreperibili. La specificità dell'istituzione politica, della democrazia rappresentativa, non è semplicemente un prolungamento della democrazia diretta che è possibile praticare nell'ambito di associazioni, sindacati o raggruppamenti organici (5). Le regole del gioco in politica non sono un riflesso delle regole del gioco tra persone uguali: il diritto privato non è il diritto pubblico.
Altra confusione: quella tra voto e delega di poteri. I voti su un referendum o su iniziative popolari, a livello locale o nazionale, si basano su temi, su principi, su leggi. Possono perfino, ironia del sistema, abrogare leggi o istituzioni, basti pensare alle recenti iniziative svizzere che proponevano l'abolizione dell'esercito o la depenalizzazione dell'aborto. Si può immaginare che gli anarchici se ne avvantaggino, anche se le questioni non sono poste con chiarezza o se i risultati sono tutt'altro che probanti. Un articolo della rivista "Noir et Rouge" del 1956 (6), al quale m'ispiro per queste osservazioni, precisa: "Dare un segnale con una scheda elettorale: niente di più normale. Ma nelle elezioni il voto non serve a dare un segnale, serve a conferire un mandato."
Opporsi alla partecipazione alle elezioni comunali non vuol dire astenersi da qualsiasi attività. "Noir et Rouge" proponeva "l'incoraggiamento e la partecipazione... all'attività sociale quotidiana, soprattutto quella in cui la presenza dello Stato è meno forte, per far nascere, incoraggiare le iniziative, le aspirazioni, i bisogni che vengono dalla base. L'organizzazione libertaria della vita sociale non è altro che l'espressione della democratizzazione spinta ed effettiva: una molteplicità di organizzazioni locali il più possibile autonome, riunite per agglomerazione, per regione, per unità territoriale, riunite anche per affinità e analogia d'interessi e di lavoro, sulla base della solidarietà, del federalismo, dell'autogestione." Kropotkin, molto tempo prima, ammoniva che non è possibile trascurare la dimensione economica: la comune del futuro "non sarà unicamente comunalista, sarà comunista: rivoluzionaria in politica, lo sarà anche nelle questioni di produzione e di scambio. Non sopprimerà lo Stato per ricostituirlo e tante comuni sapranno darne l'esempio, abolendo il governo delle deleghe, stando attente a non affidare la sovranità all'alea dello scrutinio (7)."
La pratica libertaria si svolge sul luogo di lavoro, nel quartiere, nei mercati, da sempre. È davvero necessario privilegiare un terreno rispetto agli altri, l'intervento in un quartiere a danno delle attività sindacali? La città e le sue strutture possono essere alienanti come la fabbrica o l'ufficio. I rischi d'integrazione alle istituzioni, di sconfitte che portano alla smobilitazione, di mascheramenti sono altrettanto grandi in ogni campo, come lo sono la forza degli scioperi dei lavoratori o dei consumatori, il piacere dell'occupazione di stabili o di luoghi pubblici, le vittorie dell'azione diretta. Invece un sindaco o qualche consigliere municipale libertario, come sognano Manuel Cárdenas a Barcellona o Brian Laver a Brisbane (8) non farà avanzare la nostra causa più di quanto potrebbe un padrone o un alto funzionario libertario: dove ci sarebbero dei compagni per sognarselo?

Marianne Enckell
(traduzione di Guido Lagomarsino)

1- Citato da Max Nettlau, Der Anarchismus von Proudhon zu Kropotkin, Berlin 1927 (ristampa 1972), p. 276.
2- In altra sede cercherò di affrontare la questione dei comuni e dei regimi politici. All'interno di Stati federali i comuni hanno un'autonomia nettamente più forte rispetto a quella di cui godono negli Stati centralisti: in Bolivia ci sono 311 comuni, meno di quelli esistenti del cantone di Vaud, e solo da una dozzina d'anni dispongono di un proprio bilancio di spesa. L'autonomia comunale è un fattore di sviluppo, ma anche d'integrazione? Si veda, per esempio il testo pubblicato dalla Direction du développement et de la coopération, Décentralisation et développement, Berne 1999.
3- I verbali del congresso furono pubblicati su l'Avant-Garde, Le Chaux-de-Fonds, n° 32-34, agosto-settembre 1878. Sembra difficile attribuire a Bookchin il titolo di "primo teorico del municipalismo libertario", se non vedendo in questa teoria l'antitesi dei progetti d'insurrezione delle comuni....
4- James Guillaume, L'Internationale, documents et souvenirs, Paris 1905, tome III, p. 281.
5- Ne è consapevole Bookchin, che in una delle prime esposizioni della propria teoria (IRL66, marzo-aprile 1986) riteneva che "una tale politica organica, basata su forme radicali di associazione civica partecipativa, comprende per gli anarchici il diritto di modificare le costituzioni, organizzando città e centri urbani in modo da rendere possibile l'esistenza di istituzioni di democrazia diretta." Trovate l'errore!
6- P.J. Vidal, Les élections, "Noir et Rouge", 29 marzo 1965; ripreso in Les anarchistes et les élections, "Volonté anarchiste", 3, 1878.
7- Piotr Kropotkin, La Commune, "Le Révolté", maggio 1880.
8- Vedi "Polémica 67", Barcelona, dicembre 1998 e "A", 265, Milano, estate 2000.