rivista anarchica
anno 30 n.268
dicembre 2000 - gennaio 2001


Filippo Pernisa
Anarchico cospiratore
di Roberto Zani

 

Agli inizi del '900 Massa Lombarda è un centro caratterizzato da una forte presenza anarchica, come testimoniano le rumorose sottoscrizioni e gli abbonamenti alla stampa libertaria dell'epoca ("l'Aurora" di Ravenna, il quotidiano nazionale "Umanità Nova" e il settimanale imolese "Sorgiamo!"). Tra le figure di spicco si possono ricordare Giuseppe Bedeschi, Angelo Mirri, Giovanni Zanotti, Luigi Amadei, Ferdinando Bassi (in seguito tutti ferocemente perseguitati dal fascismo). Agitatori irriducibili, gli anarchici di Massa promuovono lotte sindacali e tumulti con un ampio raggio d'azione nella "bassa", da Conselice fino ad Argenta e Molinella. Durante la "Settimana Rossa" (giugno 1914), sulla piazza centrale del paese viene innalzato l'albero della libertà con appese le bandiere nere dell'anarchia e scritte inneggianti la rivoluzione sociale. Durante il "Biennio Rosso", va ricordata la presenza decisiva dei massesi nei tumulti di Bagnara nel maggio '19 per la liberazione dei compagni detenuti nella caserma locale. Nel '20 viene a Massa per un comizio anche Errico Malatesta (leader anarchico, considerato dalle forze dell'ordine come il più pericoloso rivoluzionario italiano), accolto da una folla numerosa e dalla fanfara cittadina.
La presenza degli anarchici, oltre che nella politica, si avverte anche in altre sfere della vita cittadina: nel tempo libero, sono una consuetudine le "Veglie nere", feste danzanti molto frequentate con le quali il gruppo anarchico si finanzia e distribuisce materiale. Inoltre, sempre gli anarchici sono tra i promotori della nascita della Cooperativa Facchini, dove tra i soci-lavoratori troviamo Filippo Pernisa. Nato nel 1878, già alla fine del secolo il suo nome compare sulla stampa anarchica, di cui diventa diffusore e corrispondente. Sindacalista della Lega Facchini (aderente all'Unione Sindacale Italiana, il sindacato rivoluzionario che si contrappone alla riformista C.G.L.), la sua azione si estende fino alla Toscana e alla Liguria. È inoltre amico del famoso dirigente sindacalista Armando Borghi, anarchico di Castelbolognese, tanto da offrirgli rifugio in casa propria nell'11 in quanto ricercato dalla polizia per le agitazioni contro la guerra di Libia. Del resto anche la moglie di Pernisa, Ginevra Dalle Vacche, è anarchica, ed ama ripetere le poesie e le canzoni di Pietro Gori (l'autore tra l'altro di "Addio Lugano bella"). Borghi descrive Pernisa come "un gran bambinone, di testa buona e dal fisico atletico". Si narra che possa reggere per ogni mano un peso da un quintale.
Alla fine del Biennio Rosso l'iniziativa politica passa in mano alla reazione. Pernisa, già segnalato dalla polizia fin dal 17 come elemento pericoloso da imprigionare subito in caso di disordini, è tra quelli cui bisogna rendere la vita impossibile: nel giugno del '21 viene incarcerato insieme con Alfredo Grandi, ma a causa di un tumulto scoppiato nel paese i due sono liberati dopo pochi giorni. I fascisti si concentrano sugli elementi comunisti e anarchici più attivi, che finiscono spesso in carcere o al confino: l'anarchico viene ammonito nel 27, è costretto a darsi alla clandestinità e a nascondersi nelle valli di Comacchio. Poi, per non mettere a repentaglio la sicurezza della famiglia, cessa l'attività politica clandestina; lascia anche il mestiere di facchino (sta diventando claudicante, tipica malattia professionale), e si mette a fare il commerciante di vinacce.
Con la caduta di Mussolini, il luglio '43 e l'armistizio dell'8 settembre i fascisti abbandonano Massa, odiati da una popolazione resa ancora più ostile dai disastri della guerra. Si costituisce il C.L.N. cittadino con la partecipazione degli anarchici. La guerra non è finita e si diffonde così il timore del ritorno dei fascisti: e una cinquantina di questi arriva, il 24 ottobre del '43, materializzandosi nel centro del paese con un camion e una grossa mitragliatrice. Appresa la notizia, Pernisa inforca subito la bicicletta, sordo alle proteste dei parenti e si dirige deciso verso i militi. Nonostante la stazza, l'anziano e claudicante anarchico non può fare paura a quei ragazzi armati fino ai denti; anzi, parla loro in tono pacifico, dicendo che Massa è un paese tranquillo di lavoratori, ha già sofferto abbastanza e non merita altre violenze. Viene allontanato bruscamente, ripete l'esortazione ad un altro gruppetto che però gli risponde in malo modo. Allora si allontana sconsolato verso l'Osteria "Zani", in Corso Vittorio Veneto, dove lo attende il compagno Ferdinando Bassi. I fascisti intanto assumono lo schieramento da rastrellamento, con fucili a tracolla e bombe a mano, e seguendo lo stesso senso di marcia del nostro incontrano un anziano antifascista, Pasquale Ricci, che porta un fazzoletto rossastro al collo, dei birocciai. Circa all'altezza della torre dell'orologio gli viene intimato di togliere il fazzoletto, ed al rifiuto di questi i fascisti sparano con fucili e pistole. Sui gradini dell'osteria, mentre l'amico Bassi gli porge il braccio per aiutarlo ad entrare, Pernisa cade colpito mortalmente. "I ma ciap" (mi hanno colpito), proferisce all'amico, poi cessa di vivere durante il trasporto all'ospedale. Le fotografie qui a fianco si riferiscono ai funerali che si tengono tre giorni dopo l'assassinio, e sono una chiara testimonianza della riconoscenza dei cittadini di Massa Lombarda verso il gesto coraggioso dell'anarchico.
Nel dopoguerra, l'organizzazione degli anarchici di Massa si ricostituisce con il nome "Gruppo anarchico Filippo Pernisa". Viene commemorato a tre anni dalla morte, nell'ottobre '46, con un comizio di Armando Borghi e lo scoprimento di una lapide muraria (dettata dall'anarchico imolese Primo Bassi) posta lungo il Corso Vittorio Veneto nel punto in cui avvenne l'assassinio. Ancora oggi vi possiamo leggere: "Qui cadeva il 24 ottobre 1943 Filippo Pernisa - anarchico - cospiratore- nella lotta e nel martirio - luce di umana redenzione - sempre!".

Roberto Zani
(si ringrazia per la collaborazione Athos Giuliani)