rivista anarchica
anno 31 n. 271
aprile 2001


clericalismo

Dietro al cardinale Sodano
di Massimo Ortalli

A proposito di chiesa, concordato, preti, laicità dello stato e amenità simili

 

Le recenti consultazioni che la Segreteria di Stato vaticana ha avviato con i dirigenti politici dei partiti italiani hanno naturalmente suscitato non solo l'interesse che meritavano ma anche il fiorire di numerosi commenti e interpretazioni.
Fra le tante disquisizioni a ruota libera lette sui giornali, ci è sembrata particolarmente bizzarra, se non provocatoria, l'affermazione del professor Lucio Colletti, già comunista e oggi fervente berlusconiano, che, mentre si lamenta della grevità dell'intervento curiale, si lascia andare ad un melanconico rimpianto di quando ancora esisteva la Democrazia Cristiana. Secondo lui, infatti, la vecchia DC in quanto partito cattolico, in una situazione simile avrebbe saputo proporre una strategia autonoma rispetto alle mene vaticane, agendo da filtro e preservando così la dignità dello stato laico. Penso che di un "nostalgico dei bei tempi andati" quale si dimostra l'egregio professore non se ne sentisse proprio il bisogno, e in ogni caso, fra le tante opportunistiche dimenticanze che caratterizzano i "maestri a pensare" odierni, rientra evidentemente anche quella sulla DC e sugli irreversibili guasti che ha prodotto la sua politica, conservatrice quando non reazionaria, interclassista quando non padronale. O forse, stando al professor Colletti, dovremmo pure pentirci di quando e quanto abbiamo combattuto, tutti noi, per cancellare dalla scena politica del nostro paese la presenza democristiana, e dovremmo di conseguenza ignorare la sconsolata rassegnazione che ci colse allorché capimmo, svaniti i sogni della rivolta, che saremmo morti tutti democristiani? Davvero! se c'è qualcosa da rimpiangere, o meglio, da rivalutare della prima repubblica, non è certo la funzione svolta da quel partito confessionale che tentò di frenare, anche se non sempre con linearità, ogni passo in avanti tentato dalla società civile. Da ricordare, piuttosto, sono le non poche battaglie condotte contro lo strapotere clericale da una sinistra ancora in grado di rappresentare qualcosa che non fossero gli inconfessabili interessi di lobbies e di potentati economici; una sinistra che riusciva a seguire e al tempo stesso promuovere le istanze laiche e di progresso che si andavano esprimendo.
Detto questo, il fatto che il cardinale Sodano abbia platealmente deciso di riaffermare il sacro romano diritto della chiesa a intromettersi nelle vicende politiche del paese, non deve, a mio parere, né sorprendere né scandalizzare. Il cardinale Sodano, da buon Segretario di stato, esercita le sue funzioni e persegue gli interessi dell'istituzione che presiede come meglio può: se è sicuro di potersi permettere di convocare nelle segrete stanze il fior fiore della politica nazionale semplicemente schioccando le dita, ebbene, lo faccia e son fatti suoi! Un po' meno fatti suoi, ma che dovrebbero invece riguardare tutti noi, è che quasi tutti i leaders politici si siano messi ordinatamente in fila in attesa di essere convocati dall'alto prelato, pronti a barattare un altro poco della loro sempre più residuale dignità in cambio di quella che pensano possa essere una bella intruppata di voti.

 

L'influenza del prete

Abbiamo letto da più parti, quasi a esorcizzare la valenza di questa ulteriore mossa clericale, di come il richiamo all'ordine da parte delle gerarchie ecclesiastiche in un contesto ormai ampiamente secolarizzato e sempre meno disposto a cedere alle blandizie della spiritualità cristiana, sia destinato a cadere nel vuoto. Indubbiamente c'è molto di vero in tutto questo, e del resto basta osservare quanto edonistica e materialistica sia ormai questa società, più interessata a privilegiare il valore delle merci che non i valori senza la merce, per comprendere come il dettato religioso possa avere meno influenza e autorità rispetto a un recente passato. Eppure, credo che sia abbastanza riduttivo fermarsi a quelle che ritengo, sostanzialmente, delle apparenze, e credo che si debba invece cercare di capire come la parola del prete abbia tuttora una sua influenza, per nulla trascurabile, nel determinare molte delle scelte di vita di chi, per tradizione secolare, è aduso ad appoggiarsi ai ministri della chiesa.
È indubbio che, se prendiamo in esame i profondissimi mutamenti sociali, culturali e spirituali che si sono prodotti, ad esempio, in regioni tradizionalmente bianche quali quelle del nord est, ci accorgeremo di quanto sia profondamente cambiato il loro panorama umano ed esistenziale. Il benessere ha sconfitto la miseria e, parallelamente, la rassegnazione atavica a una vita di stenti è stata orgogliosamente soppiantata da un pervasivo senso di potenza che sembra contagiare l'intera comunità dei milioni di piccoli imprenditori, in attività o in pectore, del nord italiano. Il povero casotto di campagna è stato abbandonato per trasformarsi nella villetta monofamigliare con dobermann di ordinanza; al piatto di polenta e fagioli si preferisce carpaccio e rucola; il viaggio di nozze non si ferma più a Venezia o a Firenze, ma approda esoticamente sulle spiagge dei Caraibi o delle Maldive, alla ricerca di una perenne e ingombrante abbronzatura. E anche le chiese, quelle cittadine come quelle di paese, sono sempre meno frequentate, e non solo nei giorni feriali ma anche durante la messa di mezzogiorno della domenica.
Eppure, la realtà non è solo questa.
Infatti i caratteri essenziali che più rappresentano l'anima profonda della maggioranza della popolazione sono rimasti fondamentalmente identici: vale a dire un misto di moderatismo ipocrita e pavido accompagnato a un sano forcaiolismo vandeano, una ignoranza culturale che rasenta l'inimmaginabile, incattivita oltretutto dalla presunzione di appartenere al migliore dei mondi possibili, l'attaccamento tenace e insopprimibile a una morale tanto strutturata quanto facile da aggirare, quale è quella derivante dalla tradizione cristiana del nostro paese: una morale buona per tutti gli usi e per nulla sfiorata dal rigore calvinista, capace di assumere in sé qualsiasi tipo di peccato purché al momento opportuno il peccatore sia disposto a riconoscere l'autorevolezza e l'insostituibilità della parola del parroco. Del parroco, del prevosto, del vescovo, del cardinale, ecc.

 

Allo scoperto

Questo è il carattere profondo e immutabile, così almeno credo, di gran parte degli abitanti di questo paese, il segno inconfondibile di una società per secoli abituata a fare riferimento, più che all'autorità dello stato, a quella del prete e della parrocchia. E, a fronte di questa capacità di adattamento della gente alla parola del prete, c'è, speculare, l'adattamento del prete alle esigenze della gente. È vero che i continui richiami papali al rigore dei princìpi, anche quando questi appaiono controproducenti o anacronistici, vorrebbero riportare il gregge nel recinto dell'ortodossia più ferma e tradizionale, ma questo è il papa, un polacco cresciuto in ben altro contesto e reduce da ben altre lotte in difesa della supremazia della propria religione.
Il prete italiano, abituato a controllare da duemila anni senza effettivi ostacoli le proprie pecorelle, non ha bisogno di essere particolarmente rigido, anzi può permettersi di essere flessibile e disponibile al compromesso, conscio che alla fine dei conti, se saprà adattarsi alla adattabilità degli italiani, otterrà sempre e comunque ciò che vuole. Se non si può fermare il mutamento, perché questo mutamento è ormai inarrestabile, almeno che lo si controlli per piegarlo, come conviene, alle proprie esigenze.
Ecco dunque, a mio parere, il vero obiettivo delle consultazioni di Sodano e della chiesa. Ecco la mossa solo apparentemente azzardata (significativi i commenti sottotono di buona parte della curia) del cardinale che ha deciso di venire allo scoperto. Allo scoperto perché convinto di poterselo permettere, giocando addirittura sfrontatamente di anticipo laddove afferma, dall'alto della sua carica, che "è giusto che i cattolici conoscano i programmi politici dei partiti... perché a scatola chiusa nessuno accetta più regali". Appare chiaro dunque, nella sostanza, che non importa se l'interlocutore è un fedifrago divorziato e massone come Berlusconi, (quello che enfaticamente Lerner, sulle pagine del Corriere della Sera, definisce "uno dei protagonisti culturali della scristianizzazione della società italiana") o un ex ateo e neo convertito, per opportunismo e non certo per motivi spirituali, come Rutelli, l'abile coprotagonista, del resto, nella gestione della macchina giubilare.
Non importa che i candidati alla premiership si dimostrino particolarmente credenti, osservanti e soprattutto coerenti: quello che davvero interessa è che entrambi siano duttili e docili e che rispetto ad alcuni temi che per la chiesa sono di primaria importanza garantiscano che gli interessi particolari d'Oltretevere vengano fatti coincidere con gli "interessi" del popolo italiano. In pratica, una cambiale in bianco su temi non proprio insignificanti quali "la difesa della vita contro l'aborto, la promozione della famiglia cristiana, l'educazione dei giovani con un sistema scolastico integrato, il controllo della scienza e della ricerca, il monopolio della solidarietà nazionale e internazionale".

 

Come un topo nel formaggio

Una quindicina di anni orsono, in tempi non sospetti, la Commissione episcopale italiana affermò, fra lo stupore e l'incredulità di molti, che in Italia non c'era più bisogno di un partito dei cattolici. Fiutati in anticipo i tempi che avrebbero registrato il crollo miserando della vecchia DC sommersa nelle aule dei tribunali milanesi dagli scandali di tangentopoli, risultò come sempre lungimirante l'atteggiamento della chiesa che aveva intuito l'esaurimento del modello che aveva caratterizzato la politica italiana per 45 anni. Ma certo che non c'è più bisogno di un partito dei cattolici! Meglio, molto meglio tanti partiti dei cattolici, e non solo quelli che alla vecchia DC esplicitamente si richiamano, ma anche gli altri, affollati da ex democristiani e bigotti di tutte le risme, che nella loro diaspora si sono spalmati come appiccicosa marmellata su tutti i centri decisionali e politici del paese. Quello che era il moderatismo democristiano - il vecchio sano benpensantismo caratteristico di un pensiero pavido e prudente, crudele e feroce - ormai caratterizza tutto lo scenario politico, manifestandosi in un complesso e intricato gioco delle parti che vedrà sfumare i contrasti sulle questioni di fondo quando gli echi della campagna elettorale si saranno spenti. Qui si inserisce, come un topo nel formaggio, il senso dell'iniziativa di Sodano, ossia il progetto di condizionare entrambi gli schieramenti rispetto ai desiderata vaticani, nella consapevolezza che tutti gli interlocutori, nessuno escluso, sono e saranno pronti a dare piena soddisfazione alla curia.
In questa luce appaiono allora davvero ben poco rilevanti le numerose reazioni, di segno positivo o negativo, che hanno riempito le pagine dei quotidiani per alcuni giorni. Lasciando da parte lo scontato richiamo alla separazione dei poteri fatto tempestivamente da Ciampi (che è servito solo a placare le polemiche e far dimenticare la oggettiva gravità del fatto), anche gli appelli alla laicità dello stato o le denuncie dell'indebita ingerenza vaticana sono sembrati più atti d'ufficio indirizzati ai rispettivi elettorati, che non la dissociazione concreta dalla logica che ha ispirato la mossa di Sodano.
In conclusione, la pesante intromissione del Vaticano negli affari interni dello stato italiano va bene a tutti, purché non si esageri o non si passi il segno: del resto c'è questo benedetto concordato (benedetto, è proprio il caso di dirlo, e non è certo casuale che l'iniziativa di Sodano si sia esplicitata durante la celebrazione dei Patti lateranensi) che deve regolare i rapporti; e se nessuno si prende la briga di metterne in discussione l'esistenza, tutto il resto sono patacche. Questo la Chiesa lo sa, lo sa molto bene, e quindi si può permettere, dall'alto di tale certezza, di lasciar parlare chiunque ne abbia voglia.
Tanto i fatti restano quelli.

Massimo Ortalli