Risorse,
profitti, sviluppo
Il mondo come risorsa
Il modello economico corrente è
teso allincremento della quantità delle merci e
per suo mezzo allaumento dei profitti. Lincremento
della quantità delle merci è raggiunto attraverso
laumento dei consumi e lampliamento geografico della
distribuzione delle merci. Per permettere laumento dei
consumi si inventano prodotti non necessari, si inducono bisogni,
si soddisfano desideri indotti. Per permettere lampliamento
del bacino di utilizzatori si occupano, attraverso il controllo
culturale, politico e spesso militare, interi territori in cui
si introducono merci che impegnano parte della disponibilità
economica delle popolazioni interessate anche nei casi in cui
essa sia molto ridotta.
Il mezzo principale dellespansione è comunque quello
di creare merci ed il modello interpreta lintero pianeta
e la popolazione che in esso risiede come la principale potenzialità
di trarre profitti.
Gli oggetti, le persone, i fenomeni sono visti esclusivamente
dallottica merceologica; perdono senso i valori ambientali,
sociali, antropologici, culturali ed assumono valore esclusivamente
nella capacità di produrre profitti.
Così il valore di un albero non è quello di fare
ombra, di trattenere le acque, di produrre ossigeno, di mantenere
il ricordo di persone e fatti, di essere punto di riferimento
del territorio, di costituire segno caratterizzante di una comunità,
di rappresentare il senso e la modalità di relazione
tra comunità e ambiente ma è solo, ed esclusivamente,
connesso alla sua capacità di produrre profitti e quindi
di essere merce.
Con questa premessa tutto il pianeta diviene una risorsa.
La trasformazione della risorsa
Il concetto di risorsa, nel modello economico corrente, esprime
la potenzialità degli oggetti di divenire merce e dunque
di produrre profitto, ma per fare questo essi debbono essere
trasformati.
Una sorgente, ad esempio, ha potenzialità di risorsa
non in quanto è utilizzata autonomamente dalla società
locale, ma in quanto garantisce profitti in una utilizzazione
più estesa e mediata dalla produzione, distribuzione,
commercializzazione.
Nella quasi totalità dei casi lindividuazione della
risorsa è connessa ad una trasformazione delle modalità
di utilizzazione o dello spazio fisico ad essa connesso.
Loggetto sorgente, la presenza delle acque sul territorio,
la capacità di mantenere sistemi naturali e paesaggistici
non hanno alcun valore e non è data la possibilità
di essere alla sorgente se non quella di essere risorsa e quindi
captata attraverso un acquedotto per servire popolazioni distanti,
imbottigliata per essere venduta, utilizzata dallagricoltura.
In un ottica di ricerca di massima utilizzazione di tutti gli
oggetti in forma di merci nel modello economico vigente si trasforma
tutto. Tutto può divenire oggetto di interesse, su tutto
e con tutto si può fare profitto.
Anche nel caso che si volesse conservare la sorgente, il criterio
sarebbe quello di vincolarla: diverrebbe area protetta e quindi
di fatto se ne cambierebbe la percezione: diviene luogo di fruizione
dellambiente naturale, luogo su cui fondare uneconomia,
seppure sostenibile, utilizzando come risorsa la
sua esclusiva presenza e la sua non trasformazione fisica.
Il modello, e quindi le società che lo praticano, è
strutturato per trasformare le risorse: è per questa
ragione che è difficile attuare la conservazione della
natura e delle popolazioni; la conservazione non produce se
non marginali profitti in quanto rallenta, da inevitabilmente
spazio a sistemi produttivi locali e leggeri, è dunque
esattamente il contrario dei sistemi di guadagno in uso.
I materiali, le risorse, sono così importanti allinterno
delleconomia vigente che non sono contabilizzati allinterno
dei bilanci dei paesi.
La quantificazione economica della risorsa
Gran parte dei prelievi avviene senza un reale pagamento da
parte dei concessionari, che sfruttano le risorse nella loro
totalità (solitamente beni comuni) per ottenere benefici
individuali.
Ma non solo non viene considerata questa rapina ai danni della
comunità dellintero pianeta ma non sono considerati
i danni che il prelievo comporta.
Così, allinterno di questo modello, la conservazione
della foresta pluviale potrebbe essere facilitata se di essa
potessero valutarsi in termini economici i benefici connessi
alla sua esistenza mentre diviene assai difficile attuare una
conservazione in ragione di motivazioni specificamente antropologiche,
di autonomia delle popolazioni, ambientali, di diversità
biologica che nulla hanno a che vedere con la mercificazione
imperante.
Studi economici innovativi tentano di connettere al bilancio
degli stati, ed in generale alleconomia, la valutazione
degli effetti che le attività hanno sui sistemi naturali.
Dando valore economico alle risorse ed al loro consumo si ritiene
di poterne ridurre lo sfruttamento mitigando allinterno
del medesimo modello di mercato il peso ambientale ad esso connesso.
Sebbene di grande interesse in quanto inserisce una criticità
allinterno del modello, criticità di cui si vedono
fattivamente le possibili risultanti anche senza destrutturare
il modello stesso, proprio questa condizione limita la capacità
dellazione di ricerca e proposizione.
Questa tendenza innovativa, che ha un interesse proprio nella
sua impostazione critica, involontariamente rafforza il modello
praticato evidenziando le sue capacità ad assorbire variabili,
quali quelle non economiche, estranee alla propria disciplina.
Di fatto si sostiene che il soddisfacimento delle regole di
questa economia sia lunico mezzo per realizzare scenari
sociali ed ambientali.
Questa economia, piuttosto che essere settore e strumento, piega
e governa la società alle sue regole ossia la usa come
oggetto per garantire i massimi profitti.
Limpronta
ecologica
Per
comprendere quanto la ricerca di merci e laumento
dei consumi abbia disequilibrato le condizioni del pianeta,
sono stati elaborati diversi modelli atti alla valutazione.
Tra questi quello che ha una maggiore capacità
sintetica e di comunicazione è la definizione dellimpronta
ecologica.
Attraverso di esso si definiscono le superfici necessarie
per produrre le merci consumate e quelle necessarie per
recuperare gli inquinanti emessi. In tale maniera si può
confrontare la quantità di superfici disponibile
per ogni paese o per ogni individuo di un determinato
paese e quella utilizzata. Dallapplicazione dellimpronta
si evidenzia che lo spazio ecologico disponibile pro capite
è di circa 1,7 ettari mentre limpronta è
del 30% superiore (Chambers N., Simmons C., Wackernagel
M., 2002),. I cittadini degli Stati Uniti hanno unimpronta
pro capite di 6,2 ettari e i cittadini dellIndia
una impronta di 0,4 ettari pro-capite (Wackernagel M.,
Rees W.E., 2000).
In una ulteriore elaborazione definita in termini di unità
di superficie pro capite si mostra che considerando la
popolazione a 5,8 mld di individui il deficit ecologico
è pari a 0,67 unità di superficie pro capite
ovvero che i consumi complessivi e lalterazione
delle risorse è del circa 30% in più di
quanto disponibile (Stati Uniti +118%, Paesi OCSE +111%,
Paesi non OCSE 0,01%) (WWF Internazionale, 2000).
Al di là della enorme differenziazione tra paesi
ricchi e paesi poveri è evidente che si stanno
consumando più risorse di quelle disponibili. Ovvero
si stanno consumando risorse non rinnovabili, risorse
quindi che facevano parte di un patrimonio ecologico del
pianeta e che una volta consumate non possono ricrearsi,
ovvero si stanno consumando risorse rinnovabili con tempi
lunghissimi (tipico il caso delle foreste) e la mancanza
delle quali comunque porta ad un peggioramento delle condizioni
dellambiente planetario e della salute della popolazione,
ovvero si stanno emettendo sostanze inquinanti che non
sono riassorbite allinterno dei cicli naturali e
che permangono nellatmosfera, nelle acque, nei suoli
provocando danni alla salute degli uomini e degli ecosistemi.
Su
questo tema:
Chambers N., Simmons C., Wackernagel M. (2002), Manuale
delle impronte ecologiche, Edizioni Ambiente, Milano
Wackernagel M., Rees W.E. (2000), Limpronta ecologica.
Come ridurre limpatto delluomo sulla terra,
Edizioni Ambiente, Milano
WWF Internazionale (2001), Rapporto Living Planet 2000,
Dossier in Attenzione n. 21, maggio
Bilanzone G., Pietrobelli M. (1999), Unapplicazione
sperimentale dellimpronta ecologica, Attenzione
n. 13
Bologna G., Paolella A. (1999), Limpronta ecologica.
Uno strumento di verifica dei percorsi verso la sostenibilità,
Dossier Attenzione n. 14
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La crescita e lo sviluppo
Tutto il modello è basato sulla continua crescita. Quando
le Borse internazionali non riescono a crescere si parla di
rischio di recessione, e quando uno stato ha un PIL non in progressione
positiva si parla di crisi economica.
Queste crescite non sono immateriali. Nonostante molte operazioni
finanziarie non comportino più una effettiva trasformazione
delle risorse, alla base del PIL e degli scambi del mercato
vi sono le risorse e la loro trasformazione.
La materia ha unimportanza fondamentale nella vita economica.
Il prodotto mondiale lordo è di circa 20.000 miliardi
di dollari, ad ogni milione di euro di prodotto corrisponde
la movimentazione di circa 1.500 tonnellate di materia, escluse
aria ed acqua.
La crescita del benessere è, in questo modello, connessa
direttamente alla crescita della quantità delle merci
e dei servizi acquisiti e acquisibili. Limpronta ecologica
della popolazione mondiale dal 1961 al 1996 è aumentata
del 50% (alla media di 1,5% annuo).
Il modello praticato mostra tutti i limiti nella meccanicità
della connessione tra consumo e benessere, nella incapacità
di produrre benessere diffuso, non solo nei paesi poveri ma
anche nei ricchi, nella insostenibilità degli effetti
ambientali prodotti.
Ma è stato capace di promuoversi in maniera molto efficiente.
Oggi la valutazione di un paese sviluppato è direttamente
connessa alla quantità di consumi e di merci relativa
a quel paese, e la penetrazione del rapporto diretto tra merci
e benessere è così capillare che il positivo giudizio
rispetto a questa artefatta connessione è esteso ad ampi
settori della popolazione.
Il modello fondato sulle merci, sui consumi e sulla crescita
ha unassoluta inefficacia rispetto al fine che ne motiverebbe
lesistenza (il benessere degli uomini) ma possiede una
assoluta efficacia nella capacità di autosostenersi e
autogarantirsi.
Il raggiungimento del benessere è rimandato al futuro,
e il mezzo per questo raggiungimento è lo sviluppo.
Lo sviluppo è collegato alla crescita degli indicatori
economici e quindi allaumento delle merci e dei consumi.
Tutto questo meccanismo, evidente finalizzato esclusivamente
alla creazione dei profitti, diviene obiettivo sociale e culturale
di intere collettività. In questa maniera si conferisce
allaccumulo di ricchezze, strumento per acquisire le merci
e il benessere ed esito della vendita delle merci, una centralità
così disequilibrata da annullare qualsiasi altra variabile
e qualsiasi altra ipotesi tendente al miglioramento della qualità
della vita.
I
limiti della crescita
Nel
1972 fu pubblicato in italiano il libro di Meadows D.H.,
Meadows D.L., Randers J., Behrens III W.W., I limiti
dello sviluppo, Mondadori Editore, Milano. Lo studio
valutava la disponibilità delle risorse in relazione
alla crescita della popolazione e dei consumi e tracciava
uno scenario futuro caratterizzato dalla modificazione
coatta del modello in ragione della mancanza di risorse.
Quel futuro ipotizzato nel 72 è il nostro
presente. Quanto previsto non si è realizzato nelle
forme ipotizzate; il petrolio non è finito né
la produzione è calata, anzi. E come per il petrolio
molte sono le risorse il cui uso ha subito una continua
crescita nonostante siano tutti consapevoli dei limiti
di disponibilità della stessa.
Gli stessi autori (senza Behrens III) nel 1992 hanno elaborato
un altro studio in cui, partendo dallaffinamento
di un modello, definiscono scenari differenti e individuano
le carenze della precedente ricerca. In questo sono inserite
diverse precisazioni utili a comprendere come e perché
le risorse non si siano già esaurite. Questi sono
i principali fattori:
la quantificazione delle risorse utilizzabili varia (scoperta
di nuovi giacimenti);
i sistemi di prelievo si ottimizzano (maggiore produttività);
le tecniche di utilizzazione migliorano (minori consumi
di risorse a parità di prodotti);
alcuni prodotti danno origine a materie seconde (ad esempio
dalla depurazione si genera compost);
alcune merci possono essere riciclate (carta, alluminio,
vetro, etc);
è aumentata una attenzione verso la produzione
energetica da fonti rinnovabili (eolica, idroelettrica,
biomasse, etc).
Sulla considerazione della possibilità di ottimizzare
luso delle risorse, e quindi di garantire livelli
di utilizzazione non solo uguali a quelli attuali ma anche
incrementati, si è mossa la Commissione delle Comunità
Europee attraverso il libro bianco di J.Delors Crescita
competitività occupazione. In questo documento
si sono posti i fondamenti per la politica occupazionale
e ambientale europea di tutti gli anni novanta. In esso
risultava evidente linteresse verso il miglioramento
dellefficienza tecnologica come mezzo atto a permettere
la massima utilizzazione delle risorse e quindi come unico
mezzo atto a fare aumentare i consumi e quindi la produzione.
Sulla stessa linea di ottimizzazione del sistema produttivo
come principale strumento per ridurre limpatto ambientale
ed aumentare lefficienza della produzione si è
mossa la ricerca del Wuppertal Institut pubblicato con
il titolo Fattore 4 allinterno del quale
risulta evidente come sia possibile una riduzione dei
consumi di materiali e di energia a parità di unità
di merce.
Il problema dei limiti delle risorse è un problema
qualitativo e quantitativo. Luso sconsiderato di
materiali ha già oggi peggiorato le condizioni
del pianeta, peggiorando direttamente le condizioni di
vita della popolazione e, nonostante le risorse non si
siano esaurite, ha prelevato una quantità di materiale
non più riformabile o riformabile solo in tempi
lunghissimi che era patrimonio comune e componeva il benessere
delle persone.
Il problema non è dunque la fine delle risorse
che diviene limite della crescita, ma la fine della crescita,
perché il consumo delle risorse ha già peggiorato
le condizioni del pianeta.
Luso delle tecnologie è condizione necessaria
ma non è sufficiente. Obiettivo è luso
delle tecnologie appropriate socialmente ed ambientalmente
e finalizzate alla riduzione dei consumi.
Su
questo tema:
Meadows D.H., Meadows D.L., Randers J., Behrens III W.W.
(1972), I limiti dello sviluppo, Mondadori Editore,
Milano
Meadows D.H., Meadows D.L., Randers J. (1993), Oltre
i limiti dello sviluppo, Il Saggiatore, Milano
Commissione delle Comunità Europee (1994), Crescita,
Competitività, Occupazione (Il Libro bianco di
Jacques Delors), Il Saggiatore, Milano
Von Weizsacker, Lovins A.B., Lovins L.H. (1998), Fattore
4, Edizioni Ambiente, Milano
Bologna G. (a cura) (2000), Italia capace di futuro,
EMI, Bologna
Wuppertal Institut (1997), Futuro sostenibile,
EMI, Bologna
UNEP, IUCN, WWF (1991), Prendersi cura della terra.
Strategie per un vivere sostenibile, Gland, Svizzera
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La
crescita della popolazione
La
crescita della popolazione
1.000.000.000 di individui nel 1804 dopo 123 anni
2.000.000.000 di individui nel 1927 dopo 33 anni
3.000.000.000 di individui nel 1960 dopo 14 anni
4.000.000.000 di individui nel 1974 dopo 13 anni
5.000.000.000 di individui nel 1987 dopo 12 anni
6.000.000.000 di individui nel 1999
Gli scenari futuri delle Nazioni Unite prevedono il raggiungimento
del nono miliardo nel 2043 con un incremento medio di
un miliardo ogni 14,5 anni.
Essendosi la popolazione mantenuta sotto il miliardo per
la decina di millenni della sua presenza sulla terra è
evidente che qualche meccanismo ha fatto saltare lautoregolazione
della presenza della specie facendo così intraprendere
una crescita esponenziale.
Questo meccanismo è stato lallontanamento
delle comunità dal controllo e dalla gestione delle
risorse al quale ha significativamente contribuito lindustrializzazione
delle risorse.
Attraverso di esso infatti si concentrano grandi quantità
di richiesta di materie e grandi quantità di merci
il cui controllo è al di fuori della comunità
insediata.
In questo bisogna stare attenti a non connettere laumento
delle merci, e quindi i processi di industrializzazione,
con il benessere delle persone. Per millenni vi sono stati
popoli felici e nel benessere senza consumi di merci e
il consumo di merci non garantisce il benessere, come
è evidente dallo stato di salute degli abitanti
dei paesi ricchi.
È facilmente ipotizzabile che tale allontanamento
aumenterà nel prossimo futuro e questo non solo
in ragione dellaumento della popolazione in assoluto
ma principalmente in ragione dellaumento della popolazione
urbana passata dal 30% del totale nel 1950, al 47% del
2000, al previsto 50% del 2007.
La popolazione urbana è quella in assoluto più
dipendente dal mercato non avendo la possibilità
di autonomia alimentare né di gestione di qualsivoglia
risorsa.
Laumento della popolazione urbana aumenta di fatto
la concentrazione della gestione delle risorse nelle mani
di pochi, lindustrializzazione della loro utilizzazione
e quindi il peggioramento delle condizioni complessive
ambientali e sociali.
In generale, laumento di 500.000.000 di persone
ogni 7 anni è una manna per il mercato che attraverso
di essi si garantisce comunque, al di là del loro
livello economico, la continua crescita.
Se non si definisce una effettiva riduzione nel numero
della popolazione e nel consumo non è possibile
ipotizzare un futuro se non allinterno di rigidi
schemi produttivi che consentiranno maggiori favori ad
alcuni e maggiore miseria ai molti.
Su
questo tema:
UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) (2002),
Popolazione e cambiamenti ambientali. Lo stato della
popolazione nel mondo 2001, AIDOS, Roma
|
Le risorse
La globalizzazione internazionalizza i beni ambientali. I beni
comuni (acqua, terra, mare ecc.) e i prodotti che ne derivano
naturalmente sono commercializzati: cresce a dismisura il commercio
delle risorse e il profitto che ne deriva conferisce agli investitori
internazionali poteri crescenti in ogni parte del globo. Mentre
i governi nazionali non sono in grado di gestire il problema,
che trascende i loro confini, le strutture economiche hanno
trovato il canale della internazionalizzazione del profitto
e organizzato il sistema del saccheggio delle risorse.
A titolo esemplificativo si percorrono alcuni dati utili a definire
il livello di saccheggio in corso.
La risorsa foresta
Ogni anno vengono abbattuti 14 milioni di ettari di foreste
tropicali pari a 3 volte la superficie del Costarica. Il 42%
delle foreste vengono distrutte per produrre legno e cellulosa
(dal 1980 il settore cartiero è cresciuto del 700%) quasi
completamente assorbito dai paesi occidentali.
Il taglio e lutilizzazione del legno dei paesi tropicali
è frequentemente connesso a filiere produttive controllate
da soggetti occidentali che praticano modalità produttive
spesso illegali. La cartiera Indah Kiat a Sumatra, ad esempio,
è finanziata da investitori scandinavi, spagnoli e canadesi;
essa distrugge ogni anno 200 Kmq di foresta pluviale vergine,
negli ultimi dodici anni una superficie pari al territorio del
Lussemburgo. Nel 1993 è stata multata per essersi appropriata
illegalmente di almeno 3000 ettari di foreste appartenenti al
popolo indigeno Sakai, averla rasa al suolo e aver lasciato
i Sakai senza cibo né mezzi di sostentamento. Anche lagenzia
italiana per il credito allesportazione, SACE, ha dato
garanzie per ulteriori finanziamenti a tale cartiera.
Il valore globale dei prodotti forestali commercializzati a
livello mondiale è continuato a crescere negli ultimi
decenni, passando da 47 miliardi di dollari nel 70 a 139
miliardi nel 98. Particolarmente rapida è stata
la crescita del commercio di prodotti forestali semilavorati,
come compensato, pasta di legno e carta. E la tendenza è
in continua crescita.
Rispetto agli anni sessanta il commercio di pasta di legno e
di carta è più che quintuplicato in volume. I
prodotti del settore cartario rappresentano circa il 45% del
valore totale dellesportazione dei prodotti forestali.
Solo il 10% della carta finisce in prodotti di lunga durata,
come i libri. Il restante 90% viene impiegato una sola volta
e quindi gettato. Nel 1997 pressoché la metà della
carta prodotta è stata utilizzata per imballaggi.
Il legname utilizzato per la produzione della carta rappresenta
quasi un quinto del raccolto mondiale di legno vergine. Circa
il 54% del legno impiegato per la fabbricazione della carta
proviene da foreste secondarie, circa il 17% da foreste primarie,
principalmente quelle delle regioni boreali di Russia e Canada.
Alluso per la produzione della carta si aggiunge quello
agricolo. Ogni anno decine di migliaia di ettari di foreste
vengono abbattute per fare posto a coltivazioni ed a pascoli.
Anche in questo caso il motore principale di tale azione è
lesportazione della risorsa verso i paesi ricchi consumatori
di carni, a cui si affiancano gli interessi dei latifondisti
che ampliano le loro proprietà o indirizzano su questi
terreni forestati le aspettative dei senza terra.
Anche le estrazioni minerarie e di combustibili hanno uninfluenza
sulla salute delle foreste, oltreché sullo stato delle
montagne, delle acque ecc. Spesso accade che interi territori
vengano devastati per estrarne scarsissime quantità di
prodotto prezioso. Ad esempio, ogni chilogrammo
di oro prodotto negli Stati Uniti comporta una produzione di
3 milioni di chilogrammi di detriti di roccia. Spesso i siti
di estrazione primaria sono allinterno di foreste o aree
vergini. Lestrazione mineraria, lo sviluppo energetico
e le attività ad essi connesse rappresentano dopo
il taglio degli alberi- la più grave minaccia al sistema
forestale, e riguardano circa il 40% delle foreste oggi in pericolo.
Queste attività hanno spesso anche effetti drammatici
per le popolazioni indigene: non solo le operazioni estrattive
distruggono la foresta di cui le popolazioni vivono, ma i prodotti
tossici utilizzati nel corso dellestrazione e delle lavorazioni
in loco avvelenano i fiumi.
La risorsa acqua
Nonostante nel pianeta si utilizzi solo il 7% dellacqua
dolce disponibile il sistema idrico planetario è gravemente
alterato.
Ciò dipende dal fatto che lacqua non è omogeneamente
distribuita né geograficamente (vi sono luoghi in cui
vi è molto meno acqua e luoghi in cui vi è molto
più acqua di quella necessaria) né temporalmente
(vi sono periodi in cui vi è più acqua e periodi
in cui vi è molto meno acqua del necessario). Al dato
globale di abbondanza si riscontra una situazione locale molto
problematica.
Secondo le stime dellOrganizzazione Mondiale della Sanità,
nel 2000 un miliardo e 100 milioni di persone non disponevano
di sufficienti risorse di acqua potabile. Queste persone si
potrebbero definire come deprivate del diritto fondamentale
allacqua
Nella maggior parte dei casi la scarsità dacqua
è un fenomeno che si manifesta quando la siccità
e la diversione delle risorse idriche per lagricoltura
e lindustria limitano la quantità di acqua disponibile
per rispondere ai bisogni primari della popolazione.
Il 70% dei consumi di acqua mondiale è per lagricoltura
ed è per gran parte connesso alla volontà di aumentare
la produzione attraverso lirrigazione (il 40% del cibo
globale è prodotto con il 17% dei terreni coltivati,
tutti irrigui e per gran parte situati nei paesi ricchi).
Lassenza di fonti disponibili e accessibili di acqua potabile
e di servizi igienici è strettamente collegata allelevato
tasso di malattie e di mortalità.
In alcune regioni (India p. es.) lo sfruttamento eccessivo dellacqua
di falda sta aggravando le disuguaglianze sociali legate al
reddito. Via via che le falde freatiche si abbassano, i coltivatori
devono scavare pozzi più profondi e comprare pompe più
potenti per portare lacqua in superficie: e i più
poveri non possono permetterselo, cosicché spesso lasciano
le loro terre agli agricoltori più abbienti e diventano
braccianti di questi.
Finora è stata la scarsità di terre a determinare
il modello del commercio dei cereali: ora anche la scarsità
di risorse idriche sta diventando un fattore decisivo. Per un
paese con gravi carenze di acqua importare una tonnellata di
frumento significa importare 1000 tonnellate di acqua. Nel 1997,
lacqua necessaria per produrre cereali e altri prodotti
agricoli in nord Africa e Medio Oriente è stata circa
pari al flusso annuale del Nilo. È evidente come questo
induca una dipendenza sempre più stretta di questi paesi
dallimportazione da paesi terzi.
A livello mondiale, circa il 70% delle acque deviate dai fiumi
o pompate dal sottosuolo viene utilizzato per lirrigazione,
il 20% per lindustria e il 10% per usi residenziali.
Mille tonnellate dacqua possono essere utilizzate in agricoltura
per produrre una tonnellata di frumento, che vale 200 dollari,
oppure possono essere usate per scopi industriali per un valore
produttivo di 14.000 dollari. È evidente che la tentazione
del guadagno industriale ha quasi sempre la meglio, e nel tempo
potrebbe averne sempre di più. Ma non sarà facile
imparare a digerire uno spinterogeno.
A causa dei prelievi dacqua molti grandi fiumi si prosciugano
prima di raggiungere il mare, e alcuni sono spariti del tutto.
Nel sud-est degli Stati Uniti il fiume Colorado solo raramente
riesce a raggiungere il golfo di California; lAmu Darja,
immissario del lago dAral, viene completamente prosciugato
dai coltivatori di cotone uzbeki e turkmeni molto prima di raggiungere
il lago, le cui acque sono in forte ritiro fino a farne temere
la scomparsa.
Limmenso Fiume Giallo è andato in secca per la
prima volta in tremila anni di storia della Cina
nel 1972 e non ha raggiunto il mare per circa quindici giorni.
In seguito la situazione è verticalmente peggiorata e,
a fronte dei progetti che prevedono lulteriore utilizzo
delle sue acque per scopi agricoli, industriali e urbani, è
possibile che il Fiume Giallo diventi un fiume interno, che
non raggiunge mai il mare.
Situazioni simili si hanno per il Nilo e per il Gange. La battaglia
per accaparrarsi le residue acque di questi fiumi potrebbe diventare
intensissima nei prossimi anni, a fronte della prospettiva di
incremento demografico dei paesi che insistono su questi bacini.
I fenomeni di deforestazione vanno a contribuire allaggravamento
della siccità, anche nei periodi di maggiori precipitazioni,
perché favoriscono i processi di inaridimento del terreno
e quindi una difficoltà maggiore per la captazione delle
acque. Questi stessi fenomeni hanno facilitato il propagarsi
dei terribili incendi che nel 1997/98 hanno colpito Indonesia
e Brasile.
Infine si deve considerare anche il degrado della qualità
delle acque. A livello globale meno del 10% della massa totale
dei rifiuti (scarichi industriali, residui di produzione agricola
e rifiuti umani) viene trattato prima di essere scaricato nei
fiumi; gli stessi fiumi la cui acqua viene utilizzata per bere,
per lirrigazione e per lindustria. In tutti i continenti
le acque sotterranee sono a rischio di contaminazione.
Che
cosa e chi spinge al consumo di risorse
Quanto
consuma il cittadino italiano nella vita |
Consumi
alimentari |
|
100.000,00
|
Consumi
non alimentari |
|
400.000,00
|
Abitazione
|
90.000,00 |
|
Trasporti/auto
|
70.000,00 |
|
Totale
consumi |
|
500.000,00
|
In
Italia si consuma ogni anno |
Importo
di merci |
|
430.000.000.000,00
|
Come
è diviso limporto per diverse fasi
|
Ditte
produttrici |
40%
|
|
Pubblicità |
5%
|
|
Grossisti |
10%
|
|
Dettaglio |
35%
|
|
Trasporti |
10%
|
|
Come
è diviso limporto tra i diversi soggetti
(1) |
Imprenditori
(2) |
70%
|
10%
speso in merci
|
|
|
90%
accumulato (investimenti e proprietà)
|
Manodopera |
30%
(3)
|
80%
speso in merci
|
|
|
20%
risparmi (4)
|
Note
(1) Nel mondo 200 aziende gestiscono il 40% del totale
di questo importo.
(2) Produttori, grossisti, imprese di pubblicità,
di trasporto, negozianti, etc. Il costo dei materiali
di fatto è divisibile tra imprenditori, che ne
gestiscono il prelievo, e la trasformazione e la manodopera
che lavora per essi.
(3) Nel mondo circa il 20% di tale 30% è distribuito
tra 2 miliardi di persone.
(4) Gestiti da imprenditori (banche, istituti, assicurazioni,
etc).
Lelaborazione dei dati è del tutto indicativa.
La fonte dei dati dei consumi pro-capite in Italia è:
ISTAT (2001), I consumi delle famiglie anno 1999,
Roma.
|
Le risorse minerarie
I combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) forniscono
oltre il 90% dellenergia nella maggior parte dei paesi
industrializzati e il 75% dellenergia su scala mondiale.
Il 30% è petrolio, il combustibile fossile più
conveniente e più diffuso.
Nel 2000 sono stati utilizzati 3.200 milioni di tonnellate di
petrolio con una crescita media nei consumi per tutti gli anni
novanta dello 0,8% annuo (USA nel 1999 crescita del 2%).
Nei principali ambiti estrattivi si sono organizzati dei veri
monopoli: ad esempio in Arabia Saudita vi è una sola
società che gestisce il 95% dei prelievi, la Saudi Aramco,
la compagnia che produce la maggiore quantità di barili
al giorno 9.000.000 bb/g saldamente controllata dagli Stati
Uniti dAmerica.
Il sistema energetico, così come è organizzato
oggi, lascia completamente fuori circa due miliardi di persone
che non hanno combustibili ed elettricità, e serve in
maniera inadeguata altri due miliardi di persone che non possono
permettersi la maggior parte dei comfort derivanti dal consumo
di energia del modello occidentale. Ma anche in questa situazione,
in cui i consumi energetici sono così malamente distribuiti
e senza ipotizzarne una eventuale e disastrosa estensione (disastrosa
per via, per esempio, delle emissioni, già a livello
di guardia), laffidamento allimpoverimento di risorse
non rinnovabili fa sì che si sia costruito un modello
il cui andamento non è sostenibile nemmeno per un altro
secolo.
Se si dovessero soddisfare le crescenti necessità della
Cina (ed è possibile che questa lo esigerà presto),
dellIndia e degli altri paesi in via di sviluppo nello
stesso modo in cui vengono soddisfatte oggi quelle dei paesi
industrializzati, sarebbe necessario triplicare la produzione
petrolifera mondiale, anche in assenza di aumenti dei consumi
nei paesi industrializzati. Questo, ovviamente, comporterebbe
che le risorse durerebbero tre volte meno.
Ma oltre ai danni allecosistema planetario la ricerca
e lo sfruttamento del petrolio, come di tutte le risorse minerarie,
comporta la destrutturazione dellambiente naturale e sociale
in cui le attività di prelievo si svolgono. La sconvolgente
entità dei profitti che si ottengono su questi materiali
e la possibilità di concentrarne i ricavi sconvolge le
comunità, ne annulla i caratteri produttivi e insediativi,
li sottomette a enormi interessi non gestiti localmente.
I paesi industrializzati sono grandi consumatori di minerali:
utilizzano più del 90% delle importazioni di bauxite,
circa il 100% delle importazioni di nichel, l80% dello
zinco, il 70% del rame, del ferro, del piombo e del manganese.
I paesi in via di sviluppo possiedono gran parte delle risorse
minerarie del mondo e si tengono gran parte dei guasti ambientali.
Per ciascuna delle risorse minerarie di interesse dei paesi
industrializzati sussistono delle condizioni specifiche di conflittualità.
Un esempio tra i molti il settore della gioielleria. Cresciuto
negli ultimi 15 anni del 250%, è per gran parte fondato
sul commercio dei diamanti alla cui estrazione lavorano decine
di migliaia di poveri sottopagati. Per comprendere lentità
della forza destrutturante dello sfruttamento delle risorse:
larea dellAngola dove si raccolgono ufficialmente
circa 600 milioni di dollari lanno di diamanti è
una delle più povere del mondo ed è teatro di
un conflitto trentennale.
Altre risorse naturali
Gli oceani forniscono più della metà dei beni
e dei servizi necessari allequilibrio del pianeta. Più
della metà delle minacce che mettono in pericolo la loro
sopravvivenza sono addebitabili alluomo. Con il loro volume
e la loro densità assorbono, immagazzinano e trasportano
grandi quantità di calore, acqua e sostanze nutritive.
Possono assorbire calore ben 1000 volte di più che non
latmosfera. Attraverso la fotosintesi e levaporazione,
i sistemi e le specie marine aiutano a regolare il clima, mantengono
vivibile lambiente, convertono lenergia solare in
cibo e contribuiscono a limitare le catastrofi naturali. Il
valore economico di questi servizi gratuiti supera
di gran lunga quello delle industrie che hanno fatto degli oceani
la fonte della loro ricchezza.
Il valore di tutti i beni e servizi provenienti dal mare è
stimato in 21.000 miliardi di dollari allanno (1999);
il 70% in più rispetto agli ecosistemi terrestri.
Dal 1950 la pesca è quintuplicata; la disponibilità
pro capite è aumentata da 8 a 15 chili nel 96;
200 milioni di persone dipendono dalla pesca per la sopravvivenza;
l83%, in valore, del pesce viene importato dai paesi industrializzati.
Lindustria della pesca non fa eccezione al processo di
globalizzazione dei mercati. Dal 1970 al 98 le esportazioni
di pesce sono cresciute di circa cinque volte; le nazioni industrializzate
dominano il consumo globale di pesce, con l80% delle importazioni
in termini di valore. I paesi in via di sviluppo contribuiscono
per circa la metà di tutte le esportazioni ittiche. Ma
laumento costante della pesca, insieme allinquinamento
e alla distruzione degli habitat, stanno mettendo a repentaglio
gli stock ittici mondiali: la FAO stima che 11 delle 15 maggiori
aree di pesca e il 70% delle principali specie ittiche sono
sovrasfruttate o sfruttate al limite del biologico. Già
nel 1998 il pescato totale è fortemente diminuito (7,5%),
in parte per effetto di condizioni meteorologiche eccezionali,
ma anche per effetto delle forme di pesca selvaggia che sono
alimentate dalla richiesta. In un oceano impoverito il livello
di pesca viene in parte mantenuto pescando specie sempre più
piccole, lazione delle reti procura un pescato involontario
di grandi quantità di pesci non selezionati che vengono
restituiti allacqua morti o moribondi. Ogni anno la pesca
involontaria ammonta a circa 20 milioni di tonnellate, un quarto
del pescato totale.
Ma questa spinta allesportazione nel terzo mondo, che
è più redditizia, rende la vita dei pescatori
autonomi sempre più dura e i prezzi del prodotto per
uso interno crescono al di là delle possibilità
delle popolazioni locali. In Senegal, ad esempio, molte specie
tradizionalmente consumate da tutta la popolazione vengono oggi
esportate o acquistate solo dai benestanti. Si tratta di una
tendenza con implicazioni gravi per la sicurezza alimentare,
poiché per circa un miliardo di persone soprattutto
in Asia il pesce è la fonte primaria di proteine.
A parità di sforzo in molte zone la quantità del
pescato si è ridotta dell80% rispetto a dieci-quindici
anni fa. Ciò comporta che vi sia maggiore attività,
più costi e quindi meno benefici locali . Un patrimoni
distrutto a vantaggio di pochi commercianti.
Gli
accordi con le comunità locali
Il
prelievo di risorse minerarie avviene anche in zone abitate.
In questo caso le compagnie che hanno le concessioni provvedono
a definire accordi con le comunità insediate.
È il caso dellAccordo di mutua cooperazione
definito tra AGIP e lorganizzazione degli Huaorani,
popolazione indigena dellEcuador. Laccordo
impegna gli indigeni a non opporsi alla costruzione ed
al funzionamento di un impianto che produrrà circa
30.000 barili di petrolio al giorno mentre lAGIP:
si impegna a fornire un quintale di zucchero, burro e
sale per la colazione dei bambini della scuola ma
solo una volta e unicamente nei mesi maggio, agosto e
novembre dellanno 2001, 15 piatti, 15 tazze,
15 cucchiai, una pentola e due secchi; fornirà
per le attività sportive un fischietto per larbitro,
un cronometro e due palloni, una lavagna, una bandiera
dellEcuador; pagherà 40 dollari al mese per
sei insegnanti ma solo da maggio a dicembre; finanzierà
la costruzione di unaula scolastica che non deve
costare più di 3.500 dollari; doterà ogni
comunità (sono sei) di un armadio farmaceutico
più un massimo di 200 dollari di medicine; formerà
dei promotori della salute che riceveranno
25 dollari al mese ma solo per il 2001; inoltre ha rifatto
le tubature dellacqua potabile di una delle comunità
(costo 2.500 dollari).
Un buon accordo per sfruttare le risorse comuni, distruggere
parti di foresta, inquinare, ignorare gli effetti che
tale attività avrà sugli abitanti dellarea.
Un buon accordo per lAGIP.
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Il
controllo militare delle risorse
Alcune
risorse risultano essere fondamentali sia per la loro
centralità nei processi produttivi sia per la capacità
di produrre profitti.
Tra esse in questo momento il petrolio è la prima.
Lenorme facilità del prelievo, gli elevati
consumi, i bassi costi di produzione e lelevato
prezzo di vendita delle merci, la centralità come
combustibile per la maggior parte dei processi produttivi
fanno del petrolio la risorsa che in questo momento produce
il maggiore movimento di denaro.
Il sistema di controllo non si pone in atto solo per il
petrolio ma per la quasi totalità delle risorse
concentrate il cui uso è globale.
Tale controllo è stato richiesto da parte delle
grandi compagnie e si attua prima attraverso accordi commerciali,
poi con la creazione di concessioni monopolistiche alle
compagnie, poi con la costituzione di governi asserviti,
infine con loccupazione militare ed i governi fantoccio.
Gran parte di queste operazioni di controllo sono attuate
da Stati Uniti & C., in quanto gran parte delle compagnie
e quindi degli interessi risiede in quei paesi.
Linstabilità dellarea del Caspio dipende
dalla presenza del 5% delle risorse petrolifere e di gas
mondiali che dopo divisione dellURSS non hanno avuto
padrone e dalla necessità di trovare tracciati
controllabili per oleodotti.
Se si verifica la localizzazione delle basi inglesi e
statunitensi nel Golfo Persico si noterà che esse
sono situate tutte in corrispondenza dellarea di
maggiore sfruttamento del petrolio e del gas (circa il
40% della produzione mondiale).
Linteresse per lAfghanistan, oltre ad essere
di strategia militare, è connesso con la presenza
di petrolio, di pietre preziose, ed alla necessità
del passaggio di oleodotti.
Ma forse è necessario considerare altri elementi.
Loppio dellAfghanistan soddisfaceva circa
l80% della domanda mondiale. Un affare che lascia
pochi soldi ai coltivatori ma moltissimi soldi ai gestori
del mercato (gli Stati Uniti sono il maggiore mercato
mondiale per uso personale e farmaceutico).
Centinaia di miliardi di dollari di guadagno che improvvisamente,
nel luglio 2000, è stato interrotto dai talebani.
Nel luglio 2001 non cè stato raccolto. A
luglio 2002 ci sarà un nuovo raccolto.
Dietro ogni conflitto vi è una risorsa: in Angola
e Sierra Leone i diamanti, nella Repubblica Democratica
del Congo il rame e i diamanti, nel Sud Est asiatico (Timor,
Malesia, Indonesia, etc) il legname, nel Golfo Persico,
nel Mar Caspio, in Algeria, Angola, Ciad, Columbia, Indonesia,
Nigeria, Sudan e Venezuela il petrolio e il gas, etc
In alcuni casi si tratta di interventi degli Stati Uniti
& C. per il controllo diretto, in altri casi di guerre
infinite nellambito della medesima economia tra
gruppi imprenditoriali che finanziano soggetti locali.
Dove cè stabilità ci sono governi
feudali e monopolio di potenze occidentali, come in Arabia
Saudita dove il 95% del petrolio estratto è controllato
da società statunitensi.
Per ora si tratta di guerre per i minerali e i combustibili,
ovvero risorse locali controllate da pochi e usate globalmente.
Cosa succederà quando si controlleranno globalmente,
localmente già avviene, acqua e suoli?
La prima guerra moderna in cui luso dellacqua
è uno dei fattori propulsivi è il conflitto
mediorientale.
Intanto gli Stati Uniti impegnano circa il 5% del loro
bilancio per spese militari: 675.775,00 Euro al minuto
(350.000.000.000 dollari lanno) pari al 40% delle
spese militari dellintero pianeta.
Su
questo tema:
AA.VV. (2201), No Global. Gli inganni della globalizzazione
sulla povertà, sullambiente, sul debito,
Zelig Editore, Milano
Brisard J.C., Dasquié G. (2002), La verità
negata, Marco Tropea Editore, Milano
Blum W. (2002), Con la scusa della libertà,
Marco Tropea Editore, Milano
Cheterian V. (2001), Dal golfo alla Cina. Conflitti
ad alto rischio, in Le Monde Diplomatique -
Il Manifesto, 10.11.01
Gouverneur C. (2002), Teheran alla guerra delloppio,
in Le Monde Diplomatique - Il Manifesto,
10.3.02
Klare M.T. (2001), Nuova geografia dei conflitti,
in Guerra e Pace, novembre 2001
Kennedy P. (2002), Larsenale dellimpero,
in Internazionale n. 426, anno 9, marzo 2002
|
Di
necessità, risorsa
Le
modificazioni climatiche, linstabilità del
clima e le mutazioni registrate nelle quantità
e nella frequenza dei periodi di pioggia hanno fatto insorgere
il problema acqua anche in zone in cui tale emergenza
non era storicamente presente. Una delle cause principale
del collasso idrico di molti territori è lenorme
uso, spesso motivato solo da ragioni di profitto, delle
acque in agricoltura. In molte regioni, anche del nostro
paese, invece di controllare ladeguata utilizzazione
delle acque, si è iniziato a ipotizzare la realizzazione
di impianti di potabilizzazione. Così facendo non
si rende compatibile luso con la quantità
di acque, in quanto luso incompatibile è
parte di un sistema produttivo e di profitto, ma si aggiunge
un altro strumento che produce profitti, la vendita delle
acque potabilizzate, ed aumenta la dipendenza della comunità
dal gestore o proprietario degli impianti che definirà
costi e quantità distribuite.
In un sistema di mercato ogni necessità diviene
risorsa.
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Gli esiti
Lentità del prelievo indiscriminato di risorse,
a cui si è appena accennato ha comportato un danno irreparabile
nellambiente e nella popolazione. La connessione infatti
tra prelievo, alterazione dellambiente e delle comunità
e danni alla salute è strettissima e diretta.
Gli ecosistemi di acque dolci sono stati profondamente trasformati:
le zone umide sono state ridotte in quantità e dimensione
(il 60% in meno in Europa nellultimo secolo, il 50% circa
nel mondo) per bonifiche agricole e insediamenti; i fiumi sono
stati rettificati e artificializzati (nel 1950 nel mondo vi
erano 5.750 dighe sopra i 15 metri di altezza, oggi ve ne sono
41.000); i fiumi che in alcune stagioni dellanno non riescono
ad arrivare alla foce per la quantità dei prelievi sono
in aumento (Colorado, Fiume Giallo si sono prosciugati negli
anni passati fino a 600 km dalla foce), interi serbatoi dacque
superficiali, quali il lago di Aral sono in via di prosciugamento
lasciando migliaia di kmq di deserto.
Il 90% del totale mondiale degli scarichi urbani vengono immessi
non trattati nei fiumi, nei laghi, nelle acque costiere. Ogni
anno 5.000.000 di persone muoiono per avere bevuto acqua inquinata
e il 28% della popolazione mondiale non ha facile accesso allacqua
potabile.
Come visto gli ecosistemi forestali si riducono ogni anno di
una superficie enorme; il 30% delle aree potenzialmente interessate
da foreste è stato convertito in agricoltura in parte
irrigua (la superficie delle aree irrigue pari al 17% del totale
è aumentata dal 72% dal 1966 al 1996).
I suoli sono continuamente utilizzati per insediamenti (471
milioni di ettari il 4% della superficie delle terre emerse
è occupata da insediamenti), il 26% è utilizzato
ad agricoltura intensiva. Il 24% dei suoli agricoli presenta
moderati fenomeni di degrado, il 40% gravi fenomeni di degrado
(che comporta la perdita di capacità produttiva); ogni
anno 5 ml di ettari di terreni si desertifica.
La superficie degli ambiti naturali è in continua riduzione
(in tutti i continenti è molto al di sotto del 50%),
come è in riduzione la loro qualità.
Gli incendi dei sistemi naturali (foreste, praterie, etc), quasi
tutti dolosi, colpiscono milioni di ettari lanno. La biodiversità
è in riduzione con la perdita annuale di centinaia di
specie animali e vegetali. Ghiacciai in scioglimento, innalzamento
dei mari e aumento delle temperature, inquinamento dellatmosfera,
etc, etc.
Questo è molto sinteticamente il risultato di unazione
di sfruttamento che non ha confronti con nulla di quanto avvenuto
in passato. Uno sfruttamento inutile, evitabile, insensato,
tragico, che colpisce non solo lambiente ma le comunità
in esso insediate.
Dal 1978 il commercio mondiale è aumentato di 18 volte
eppure dal 1997 la povertà è aumentata del 50%.
Al benessere raggiunto localmente dalle comunità in presenza
di limiti ambientali è stato sostituito un benessere
di merci che ha aumentato le distanze tra le società
e allinterno del società del pianeta: chi era ricco
è diventato più ricco vendendo, chi era povero
è diventato più povero comprando merci.
Indicatori della enorme distanza incrementatasi con il modello
economico è ad esempio il confronto tra il consumo medio
pro-capite degli Stati Uniti dAmerica con quello del Zambia:
rispettivamente un cittadino americano ed uno dello Zambia consuma
ogni anno: 21 Kg e 8,2 Kg di pesce; 122 kg e 12 kg di carne;
975 kg e 144 kg di cereali; 293 kg e 1,6 kg di carta; 6.902
kg e 77 kg di petrolio equivalente; e dispone di 489 e 17 auto
ogni mille abitanti. Sempre a titolo esemplificativo il più
pagato giocatore di pallacanestro USA ha un ingaggio di 20 milioni
di dollari annui; un lavoratore indonesiano dovrebbe per essere
pagato con lo stesso importo 23.000 anni; con lo stesso importo
si raddoppierebbero gli stipendi annuali di 55.000 persone,
cambiandone significativamente le condizioni di vita; con lo
stesso importo 20.000.000 di persone raddoppierebbero il loro
budget quotidiano.
Circa un miliardo di persone vive con un reddito inferiore al
dollaro giornaliero ma due sono i miliardi che vivono sotto
una soglia (definita internazionalmente) di povertà;
27.000.000 di persone lavora a costo zero (schiavi); centinaia
di milioni sono i minorenni sfruttati lavorando per una miseria
dieci e più ore al giorno, milioni i bambini violati
(1.000.000 di minorenni prostitute in Thailandia, 500.000 in
Brasile, 300.000 negli USA)
A Manaus in Brasile il 90% delle bambine che è nel giro
della prostituzione sono state prima violentate a casa, la prestazione
di una ragazza molto al di sotto dei 17 anni (già considerata
matura) viene valutata 4,5.
Ma il Brasile è il 4° produttore mondiale di alimenti
e ogni giorno lì muoiono circa 800 bambini con meno di
un anno e il 15% di quelli sotto i 5 anni soffrono di denutrizione;
e il Brasile è lo stesso paese della depredazione della
foresta, dei giacimenti di minerali, della coltivazione di cereali
per gli allevamenti stranieri.
Ogni anno nel mondo 13.000.000 di bambini muoiono di fame; 140.000.000
sono i bambini tra i 6 e i 14 anni che non vanno a scuola; se
andassero a giocare ci starebbe anche bene ma essi compongono
un aparte dei 250.000.000 di bambini che forniscono manodopera
a basso prezzo per le multinazionali.).
Ad un ambiente destrutturato corrisponde una società
destrutturata, volontariamente così da lasciare spazio,
senza controllo, al mercato ed ai mercanti, ovvero per produrre
ricchezza e per fare divertire (sic) pochi.
Come visto per il controllo delle risorse che sono ritenute
strategiche si strutturano dinamiche in cui gli interessi economici
originano quelli politico-militari I conflitti hanno una genesi
mercantile ed al di là delle cause artatamente costruite
è sempre più evidente e leggibile la strategia
delle multinazionali tesa ad una gestione diretta delle risorse
ritenute primarie.
A ciò corrisponde lesproprio operato ai danni delle
comunità locali della gestione delle risorse che afferisce
a soggetti forti lontani dalle situazioni e dagli interessi
locali. Così per molte comunità avere delle risorse
nel proprio territorio è stata una vera tragedia.
Lo sfruttamento delle risorse privatizza lambiente natura
e divide le comunità eliminando i beni comuni e portando
enormi profitti proprio in ragione della razzia, seppure concessa,
allambiente ed alle comunità.
Attraverso questo meccanismo i poveri diventano più poveri
e più dipendenti e i ricchi diventano più ricchi
attraverso lespoliazione delle comunità locali.
Gli scenari
futuri
Le ipotesi sul futuro sono connesse al tipo di rapporto con
le risorse che si vorrà instaurare. Nella figura si è
schematizzato il ragionamento svolto.
Le risorse del nostro pianeta sono limitate. In questo momento
luso delle risorse supera in quantità la disponibilità
delle risorse stesse. Questa quantità di consumo eccedente
si riscontra nel prelievo di risorse rinnovabili solo nel lungo
periodo (foreste etc), di risorse non rinnovabili (desertificazione
dei suoli, prelievo di risorse minerarie) e nellimmissione
di sostanze alteranti nellambiente (inquinamento dellaria,
delle acque etc)
Questo superamento dipende in alcuni paesi dalla quantità
troppo elevati dei consumi, in altri paesi dalla quantità
della popolazione assai più numerosa di quanto la disponibilità
di risorse consentirebbe e in altri della compresenza dei due
fattori.
Per permettere il mantenimento di questa situazione di disequilibrio
si potrebbe intervenire sui consumi e sulla crescita demografica
riducendo entrambi.
La scelta fatta è invece quella di permettere la continua
crescita di popolazione e di consumi sia nei paesi ricchi che
nei paesi poveri attraverso luso di tecniche che permettano
un migliore funzionamento del sistema produttivo e commerciale
esistente.
La tecnica in questa accezione permette di fare aumentare i
consumi e la popolazione ma non la crescita complessiva del
consumo di risorse.
In questo fare la tecnica diviene motore di ulteriore artificializzazione
del sistema. Ovvero per permettere laumento dei consumi
e della popolazione i processi produttivi e insediativi sono
industrializzati, estranei allambiente, lontani dal controllo
della comunità insediata.
Il modello della industrializzazione globalizzata concentra
le attività e la produzione di merci nelle mani di pochi
creando una sudditanza nella gran parte della popolazione planetaria
a cui è tolta lautonomia ed il controllo della
propria esistenza.
In tale maniera si assiste alla realizzazione di una infelicità
programmata dove la libertà degli individui è
uno slogan e dove la dipendenza dal sistema e da chi lo gestisce
non è un astrattezza ma una concreta limitazione nella
vita delle persone.
In questa politica dellinfelicità programmata le
risorse hanno unimportanza centrale in quanto sono sicuramente
sottodimensionate rispetto alle seppur fittizie necessità
ed alla quantità di popolazione presente nel pianeta.
Per cui il controllo da parte di chi produce delle risorse che
trasforma è inalienabile. E come è concentrata
la produzione e commercializzazione delle merci così
è concentrata la gestione delle risorse. Presente e futuro
di guerre di sofferenze di violenza sui deboli di sfacciata
tracotanza dei forti sono i caratteri di questo scenario.
La soluzione diversa e alla portata di tutti è quella
di ridurre lincremento demografico e ridurre i consumi.
Questa è condizione necessaria ma non è sufficiente.
Il disequilibrio ha creato unalterazione profonda nellambiente
naturale che se sottoposto a seppur ridotta pressione da parte
delluomo avrebbe tempi di recupero così lunghi
da rendere difficile ipotizzarne un completo ripristino.
Ma il disequilibrio ha creato una profonda alterazione culturale
e sociale.
In questo la tecnica può essere utile a ristabilire una
relazione con lambiente e gli individui.
Una tecnica volta al recupero ed alla riduzione delluso
delle risorse; soluzioni appropriate connesse con i luoghi e
le persone, che aiutino a consolidare o ricreare lautonomia
delle popolazione e rendano possibile la gestione diretta dei
mezzi di sostentamento da parte delle comunità ed il
controllo che in esse avviene per luso comune di sistemi
quali quelli naturali che sono indivisibili.
A questa ipotesi riduttiva si oppone il modello vigente paventando
una continua minaccia di un catastrofico peggioramento delle
condizioni di vita.
In una società in continua crescita la riduzione dei
mercati, o anche la sola stagnazione, è vista come un
enorme rischio sociale, sia per la riduzione occupazionale che
comporta sia per la riduzione della circolazione del denaro.
Ma nella società contemporanea le quantità di
merci prodotte non sono collegate direttamente con la quantità
degli addetti. In quasi tutti i settori le nuove soluzioni tecniche
hanno ridotto gli oneri connessi con limpiego di personale,
sia per la riduzione degli addetti necessari a mantenere i processi
produttivi sia per la qualifica richiesta agli addetti. Pochi
addetti non specializzati riescono a produrre enormi quantità
di merci. La minaccia riduzione del mercato aumento
della disoccupazione oggi più che mai ha poca ragione
di esistere e le condizioni di effettiva, seppur non formale,
schiavitù in cui la maggior parte dei lavoratori del
mondo è costretta ad operare conferma tale interpretazione.
Sicuramente la mancanza di aumento delle merci e quindi la riduzione
del mercato avrebbe degli effetti e questi avranno ripercussioni
maggiori per coloro i quali hanno condizioni di vita già
al limite. Ma la minaccia paventata è superiore agli
effetti. Se si costituiscono sistemi di solidarietà e
si ricompongono le relazioni interne alla comunità e
si gestiscono direttamente le produzioni la minaccia potrebbe
rivelarsi un enorme bluff.
In ogni caso non vi è scelta. Il sistema attuale non
è perseguibile per i danni che porta alla popolazione
e nellambiente.
Come intervenire
Azioni dirette
Le risorse minerarie
La riduzione dei consumi è il primo sistema per ridurre
il mercato. La riduzione del mercato riduce direttamente i profitti
e dunque riduce il potere di chi gestisce il mercato.
La riduzione dei consumi si rivolge evidentemente ai paesi occidentali
dove luso di merci inutili interessa la gran parte della
popolazione e non soltanto i ricchi.
Ridurre i consumi è dunque soluzione semplice che porta
benessere diretto (risparmi, meno angosce, meno nevrosi), indiretto
(meno inquinamento, meno problemi sullo smaltimento) e anche
un sensazione di soddisfazione (uscire dalla condizione di pollo
gestito anche nei desideri di acquisto).
Controllare le merci
Acquisire ed utilizzare merci di cui si conoscono le origini.
In particolare delle merci verificare le modalità produttive
(uso della manodopera) e i comportamenti utilizzati nel trattamento
delle risorse e gli effetti nellambiente.
Attraverso questa verifica e privilegiando merci che abbiano
una qualità ambientale e sociale superiore si indirizza
il mercato stimolando i produttori a perseguire una maggiore
qualità.
Tale ambito operativo si sviluppa allinterno delle regole
del mercato attuando esclusivamente un consumo critico e dunque
orientando il mercato stesso.
Relazionarsi direttamente con i produttori
Se possibile è fondamentale acquisire le merci direttamente
dalle comunità che producono scavalcando in questa maniera
tutti gli intermediari del commercio e quindi direttamente favorendo
lautonomia delle comunità produttrici. Ciò
diviene di particolare importanza per tutti le merci che provengono
da paesi in cui lo sfruttamento delle risorse naturali è
molto elevato e dove solitamente si accompagna ad un enorme
sfruttamento sociale.
Favorire soggetti che producono localmente e con i quali si
attua un rapporto diretto consolida le relazioni tra gli individui
ed aumenta di fatto la qualità delle merci. Il produttore
infatti conoscendo il consumatore è interessato a mantenere
tale relazione e quindi a garantire una qualità della
merce. Il consumatore da parte sua potendo verificare tutte
le variabili potrà dare un giudizio complessivo sulla
merce ossia un giudizio in cui fattori sociali, ambientali e
di qualità siano pariteticamente considerati.
Utilizare il dono e uso libero
Le società autonome per millenni hanno rafforzato le
relazione tra gli individui attraverso il dono. Ovvero lomaggio
di oggetti e di favori anche utili alla vita quotidiana. In
questo fare, oltre ad uscire dalle logiche sia di scambio sia
di compravendita, si innestano meccanismi di gratuità
tipici delle società con un uso marginale del denaro.
In questo molte sono state le esperienze attuate anche in tempi
più recenti.
Uso
libero
Da
metà degli anni sessanta fino a metà degli
anni settanta furono condotti esperimenti di Uso libero
da parte del Gruppo Dioniso. Ispiratore e fondatore del
gruppo, anarchico, era Giancarlo Celli. Il gruppo operò
in diversi luoghi ed ebbe sede nel quartiere Tiburtino
a Roma.
Luso libero era fondato sul principio della messa
a disposizione di oggetti (vestiario, libri etc ) ed in
alcuni periodi anche alimenti. Le persone portavano nella
sede materiali e si rifornivano di materiali a loro utili
portati da altri, ciascuno secondo le proprie esigenze
e la disponibilità presente. Lesperimento
interessò anche il lavoro: numerosi artigiani ed
alcuni professionisti misero a disposizione del loro tempo
lavoro.
Per ulteriori informazioni: antiglo@email.it
|
Azioni di denuncia e proposta
Boicottare
Non credere troppo nei regolamenti, inclusi quelli di qualità,
e nella capacità da parte dei grandi produttori di esservi
ossequiosi. Le norme si modificano a seconda dei desideri dei
potenti.
Anche nelle relazioni con il mercato vi è la possibilità
di attuare una strategia di azione diretta. Boicottare le ditte
che inquinano, che sfruttano oltre misura gli addetti, che controllano
le comunità locali, che impongono i loro prodotti sostituendoli
a quelli locali.
Boicottare i prodotti inutili: quelli che sono levoluzione
di una merce ancora funzionante (il campo dei computer e delle
tecnologie domestiche e delle automobili sono quelli a maggiore
rinnovamento finalizzato solo alla vendita).
Boicottare le merci che per essere prodotte prelevano risorse
non rinnovabili, o prelevano risorse rinnovabili in maniera
incongrua (la distruzione della foresta pluviale).
Ridurre al minimo luso dei prodotti monopolizzati. Primo
tra tutti il petrolio, le droghe, gli autoveicoli, bevande ed
alimenti globali.
Mantenere sistemi
di produzione diretta
Cercare di non essere parte del mercato. La condizione rurale
facilita ma non è indispensabile: orti urbani, piccole
coltivazioni sui terrazzi, forme di conduzione congiunta facilitano
lautoproduzione alimentare.
Per limitare la propria presenza sul mercato è fondamentale
riparare quello che si ha, recuperare quello che viene buttato
da altri, riutilizzare più volte ed in forme diverse
le merci che si acquistano.
Non sostenere finanziariamente
Non affidare i risparmi ad assicurazioni, banche, investitori
che non ne dichiarino luso. I risparmi, per quanto singolarmente
piccoli, sono una delle maggiori fonti di sostegno del sistema
dopo laggressione compiuta ai danni del welfare (aggressione
compiuta appunto per potere gestire in privato queste disponibilità).
Prestare i soldi eccedenti ad amici che ne facciano richiesta
o affidarli a soggetti che li investano in azioni socialmente
e ambientalmente corrette.
Ridistribuire
le risorse
Uno dei maggiori sprechi di risorse è quello derivato
dal loro accumulo.
Laccumulo viene realizzato per ottenere maggiori profitti.
Si accumulano concessioni, materiali, merci. Vi è una
diretta corrispondenza tra ricchezze e risorse. Anche le situazioni
apparentemente meno connesse quali i mercati finanziari sono
fondate sulluso o sulle potenzialità duso
di spazi fisici, di risorse di materiali.
Un soggetto che ha accumulato denaro ha di fatto utilizzato
una quantità di risorse direttamente proporzionata. Maggiore
è laccumulo e maggiore è la quantità
di danni provocati allambiente ed ai beni comuni.
È dunque necessario agire su coloro i quali hanno accumulato
per riportare quellenergia al sistema ovvero per ritrasformare
quei capitali in recupero di condizioni di qualità ambientale
e sociale, qualità che hanno ridotto privandola delle
risorse attraverso le quali hanno accumulato.
Accanto al sempre troppo esteso gruppo dei grandi accumulatori
vi sono centinaia di milioni di persone che hanno accumulato
piccole ricchezze. Una casa in più, oggetti, terreni
sottoutilizzati, soldi. Ognuna di queste cose ha comportato
un uso di energia e una trasformazione dellambiente. Questo
tipo di accumulo non è necessariamente speculativo. Esso
spesso è motivato dalla necessità di avere garanzie
per il futuro. Ma queste garanzie non possono essere ricercate
a livello individuale a meno di enormi sprechi di materiali
ed energia. Queste garanzie debbono essere trovate nelle relazioni
sociali e le risorse accumulate debbono essere redistribuite
nella comunità al fine di ridurre la continua richiesta
di materiale e raggiungere un benessere che se comune è
meno energivoro e più soddisfacente.
Le risorse debbono rimanere disponibili e quindi non possono
essere trasformate solo per essere accumulate.
Denunciare
Denunciare le imprese, le attività e le merci che non
pongono attenzione allambiente ed alle comunità.
In questo è necessario porre attenzione a dividere tra
ciò che non è corretti anche rispetto ai valori
diffusi di questa società (ad esempio lavoro minorile,
inquinamento, sfruttamento oltre i limiti sindacali) e ciò
che non è corretto in quanto attua le regole istituzionalizzate
dellattuale modello.
I primi, in questo momento, hanno una maggiore potenzialità
nella capacità di evidenziare i limiti del modello vigente;
ad esempio la vastità della loro presenza, ritenuta una
aberrazione, in realtà dimostra la congenicità
rispetto alle pratiche di globalizzazione, colonizzazione e
industrializzazione praticate
Riaccomunare
i beni
Mantenere i beni comuni e indivisibili. Acque, terreni etc.
Ricomporre un patrimonio indiviso (con amici, parenti, piccole
comunità) Attraverso di esso si aumenta la sicurezza
personale nel futuro, si rende meno necessario attuare degli
accumuli per garantire leventualità di situazioni
di improduttività e quindi in questa società di
benessere individuale.
Gestire
i beni
Il fine della gestione non è quello di ottimizzare i
profitti che scaturiscono dalluso delle risorse ma quello
di conservare i caratteri delloggetto di uso onde garantirne
una qualificata utilizzazione nel tempo.
Linteresse deve essere rivolto non alla trasformazione
ed alla commercializzazione ma al mantenimento di una potenzialità
ed al suo usufrutto nel tempo.
Il soggetto a cui può essere demandata la gestione non
può che essere la comunità insediata che riesce
a distribuire direttamente i benefici ottenibili dalla conservazione
delle risorse tra i propri componenti.
La comunità è interessata al mantenimento delle
proprie condizioni di benessere e dunque alla possibilità
di mantenere o migliorare le condizioni ambientali in cui essa
è insediata. Tale mantenimento prevede una utilizzazione
non alterante e non distruttiva dei caratteri dei luoghi e degli
elementi usufruiti dalla società insediata.
Ciò non implica la costituzione di comunità chiuse,
autistiche, isolate. Implica esclusivamente la possibilità
di consapevolezza da parte della singola persona della disponibilità
dei beni e delle interazioni che esistono tra i propri comportamenti
e le condizioni dellambiente.
Alcune
iniziative in corso
Di
seguito si illustrano molto sinteticamente alcune recenti
iniziative che promuovono delle soluzioni per ridurre
il gli effetti negativi del sistema. Nonostante la loro
efficacia in alcuni casi sia piuttosto discutibile sono
iniziative che sostengono pratiche alternative a quelle
perseguite dal modello vigente.
Il
controllo del prezzo delle materie prime
Il caffè di qualità arabica
aveva un prezzo per cento libre di 180 dollari nel 1998
e di 55 dollari nel 2001. Attraverso la riduzione del
prezzo da parte degli importatori si attua una politica
di controllo del mercato, si sottomettono ed impoveriscono
interi paesi, si producono enormi danni alle persone e
allambiente.
Unazione richiesta è quella di un controllo
politico dei prezzi delle materie prime da parte dei paesi
importatori. Acquisti trasparenti che influenzino
positivamente le condizioni sociali e ambientali di produzione,
che favoriscano le merci che usano materie prime correttamente
pagate, che permettano ai paesi importatori di vigilare
sul proprio mercato.
Annullamento
del debito estero
I paesi in via di sviluppo (PVS) pagano ogni anno tra
i 250 e i 300 Mld di dollari di interessi per i prestiti
ricevuti ovvero circa cinque volte quanto ricevono in
aiuti.
Attività volte a favore della eliminazione del
debito dei paesi in via di sviluppo nei confronti dei
paesi ricchi. Gran parte del prodotto dei paesi poveri
è dedicato al pagamento degli interessi dei prestiti
ricevuti. Il fare prestiti ai paesi è il meccanismo
di massima destabilizzazione dei governi ed il maggiore
strumento di controllo delle popolazioni.
È evidente che la riduzione o eliminazione di tale
debito permetterebbe ai paesi oggi sottoposti ad una vera
vessazione economica a potere investire in settori finalizzati
al benessere della popolazione. È altrettanto evidente
che è una battaglia perseguibile solo considerando
lemergenza della situazione in quanto non cambia
assolutamente i rapporti tra i paesi né costituisce
alcun percorso verso situazioni future diverse.
Revisione
delle politiche di cooperazione
I paesi industrializzati trasferiscono una quota minima
del Prodotto nazionale lordo ai PVS; meno dello 0,22%
(50 Mld di dollari) con una riduzione continua degli importi
(ad esempio solo dal 1999 al 2000 sono stati ridotti del
6%). Le risorse private volte alla speculazione stanziano
circa 250 Mld di dollari in alcuni di questi paesi.
Vi è un movimento che tende al rilancio della cooperazione
pubblica, con l'obiettivo preciso dellaumento del
benessere delle popolazioni (e quindi non al sostegno
di azioni imprenditoriali), e con la richiesta ai paesi
di finanziamenti con un elemento di dono almeno del 25%
del totale degli importi.
Tobin
tax
Lipotesi è che siano tassati tutti i movimenti
finanziari. Attualmente il reddito di una persona è
definito al di là di quelle che sono le transazioni
e i capitali investiti in borsa. Questo avviene anche
per le società. Ipotizzando che gran parte dei
profitti negli ultimi sono stati ottenuti attraverso operazioni
di borsa e che a queste azioni hanno corrisposto effetti
in campo sociale e ambientale di portata enorme tassarle
sembra essere un sistema per controllare e per avere una
significativa disponibilità economica (riducendo
di poco i profitti) da utilizzare per linteresse
comune.
La Tobin tax è stata ed è elemento di caratterizzazione
della politica fiscale di alcuni partiti della sinistra
in Europa. Fieramente osteggiata delleconomia liberista,
ha un carattere di palliativo nei confronti di un meccanismo
molto più destrutturante di quello che si riesce
a controllare attraverso limposizione di questa
tassa.
Bilanci
di giustizia
Iniziativa a cui aderiscono singoli individui che vogliono
ridurre i propri consumi. Il valore è quello di
tenere in relazione persone che hanno fatto scelte di
vita autonome e che di fatto aumentano lautonomia
personale rispetto al sistema.
Sostegno
diretto a comunità
Il sostegno diretto alle comunità dei paesi in
via di sviluppo è stato per anni monopolio delle
organizzazioni missionarie. Oggi il quadro si è
sufficientemente allargato sia in ambito cattolico dove
sono molto numerosi i gruppi di base direttamente connessi
a comunità locali sia nel mondo laico dove si sono
strutturati gruppi ed associazioni con il medesimo fine.
La
grande acquisizione culturale effettuata negli ultimi
anni è che il rapporto con le comunità locali
non è fondato solo sullinvio di materiali
ma nel tentativo di comporre una relazione paritetica
basata sullo scambio culturale e di merci.
Il
commercio equo e solidale
Una delle attività più innovative realizzate
nel corso degli ultimi anni. Le associazioni che partecipano
a tale rete distribuiscono nei paesi ricchi merci prodotte
direttamente dalle comunità locali.
In questa maniera non si utilizzano intermediari, si riesce
a valutare in maniera significativamente più consistente
il lavoro degli operatori locali, si garantisce nel corso
degli anni una continuità nella quantità
di merci e una stabilità nel prezzo che le forme
di sfruttamento attuate dalle grandi compagnie ed in genere
dal mercato non solo non garantiscono ma ostacolano.
Gli esiti di tale azione sono la maggiore autonomia delle
comunità locali, il maggiore benessere economico
da parte degli operatori locali, la possibilità
di indirizzare la produzione verso forme di minore impatto
ambientale, il controllo di qualità delle merci,
la ricomposizione di una relazione quasi diretta tra produttore
e consumatore.
Le botteghe del mondo in Europa sono circa
3.000 sostenute da circa 96.000 volontari per un giro
di affari di prodotti equo solidali di circa 400 milioni
di euro.
Caricare
la produzione di tutti gli oneri
Il prezzo delle merci non considera appieno il valore
del prelievo ambientale e degli effetti negativi che la
loro produzione, il loro consumo ed il loro smaltimento
comportano nellambiente e nella società.
Introdurre allinterno della definizione del prezzo
tali variabili potrebbe modificare integralmente il valore
delle merci e potrebbe consentire il recupero di una parte
di tali importi al fine del recupero ambientale e alla
riduzione degli effetti negativi sociali comportati dalle
merci.
Tale considerazione dovrebbe essere estesa ai bilanci
degli stati. Il essi le quantità sono considerate
in termini di Prodotto interno lordo; anche in questo
non sono valutati i costi relativi allimpoverimento
sociale ed ai danni ambientali connessi.
Le ipotesi di recuperare allinterno dei costi di
produzione le variabili ambientali e sociali sono alla
base della posizione di alcune associazione ed in parte
di alcuni organizzazione politiche.
Finanza
etica
È stato calcolato, dalla stessa Banca Mondiale,
che i paesi ricchi investendo un dollaro nei paesi poveri
ne otterranno 13 di guadagno; questo dato unito a quello
dellimporto dei 50 Mld di dollari annui di interessi
sui prestiti dimostra come siano i paesi poveri a finanziare
quelli ricchi. E ciò è ottenuto attraverso
la distruzione dellambiente e delle società
locali.
Alcune organizzazioni hanno lanciato lipotesi di
una finanza etica ovvero investimenti privati o pubblici
socialmente e ambientalmente responsabili, volte alla
gestione trasparente del risparmio, al rifiuto della logica
speculativa, alla valorizzazione delle persone e non delle
attività.
Nellambito di questa azione da una parte si è
avviato un controllo degli investimenti attuati dai paesi
e dagli investitori e dallaltro si è promossa
lorganizzazione di banche etiche.
Sono soggetti, molto diffusi nellEuropa centro-settentrionale
finalizzati alla gestione dei risparmi in maniera corretta
socialmente ed ambientalmente. Aderire a tale iniziative
è garanzia che i propri risparmi non finiscano
in armi, al finanziamento di guerre, al sostegno di operazioni
commerciali socialmente e ambientalmente dannose, di interessi
contenuti, di prestiti ad iniziative di persone e comunità
volte al recupero dellautonomia alimentare, produttiva,
culturale, politica.
Su questo tema:
Pianta M. (2001), Globalizzazione dal basso. Economia
mondiale e movimenti sociali, Manifestolibri, Roma
AA.VV. (2001), Sbilanciamoci! Come usare la spesa pubblica
per la società, lambiente, la pace, Manifestolibri,
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Gesualdi F. (1999), Manuale per un consumo responsabile.
Dal boicottaggio al commercio equo e solidale, Feltrinelli,
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Chiappero Martinetti E., Semplici A. (2001), Umanizzare
lo sviluppo, Rosemberg & Sellier, Torino
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la terra, Editori Riuniti, Roma |
Bibliografia
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globale, Feltrinelli, Milano
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Clò A. (1997), Economia e politica del petrolio,
Editrice Compositori, Bologna
Demichelis D., Ferrari A., Masto R., Scalettari L. (2001),
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ecologica al capitalismo, Jaca Book, Milano
Radio Gap (2002), Le parole di Genova. Idee e proposte
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World Resources 2000-2001. People and Ecosystems,
World Resources Institut, Washington
Worldwatch Institut (2001), I trend globali 2001 (Vital
Signs 2001), Edizioni ambiente, Milano
WWF (2001), Rapporto Living Planet 2000, in Attenzione
n. 21, Editrice Edicomp
|
/
Questo
volantone
è
stato realizzato da Adriano Paolella e Zelinda Carloni.
Per contattarli via e-mail, scrivete a antiglo@email.it
Questo
volantone è il quarto di una serie tutta
curata da Adriano e Zelinda iniziata con Globalizzazione
- Idee per capire, vivere ed opporsi al nuovo modello
di profitto, uscito nel n. 274 (estate 2001) in versione
bilingue (italiano ed inglese) in coincidenza con la mobilitazione
a Genova contro il G8.
Nel novembre 2001 è poi seguito Le strategie
della fame, supplemento al n. 276, realizzato in vista
del vertice di Roma (poi rimandato) della FAO.
Nel marzo del 2002 è stato pubblicato il terzo,
Riscaldamento globale e controllo sociale, come
supplemento al n. 279.
Ne sono previsti altri, in un prossimo futuro.
Chi volesse ricevere copie singole e/o per la diffusione,
ci contatti per conoscerne disponibilità e prezzi.
Questo volantone esce come supplemento al n. 283 (estate
2002) della rivista mensile anarchica “A”, direttrice
responsabile Fausta Bizzozzero, registrazione al tribunale
di Milano n. 72 in data 24.2.1971, stampa e legatoria
Sap s.n.c. (Vigano di Gaggiano - Mi).
“A” esce regolarmente 9 volte l’anno dal febbraio 1971.
Non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre. È
in vendita per abbonamento postale, in numerose librerie
e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe ecc..
Se ne vuoi una copia/saggio, chiedicela. Siamo alla ricerca
di nuovi diffusori.
Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa
dei nostri “prodotti” (volantone antifascista, Letture
di Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Proudhon, volantoni
della serie anti-globalizzazione, maglietta “Segno Libero”,
poster di Malatesta 1921, cd+libretto di Fabrizio De André
“ed avevamo gli occhi troppo belli”, dossier “Signora
libertà, signorina anarchia” dedicato a De André, dossier
su Franco Serantini, lista di oltre cento cd, mc, ecc.
della ‘Musica per “A”’, ecc.) contattaci. Se ci fai avere
per fax, e-mail o in segreteria telefonica il tuo indirizzo
completo, ti spediamo a casa tutte le info necessarie
per poter ordinare quello che vuoi.
Una copia di “A” costa 3,00 euro, l’abbonamento annuo
30,00 euro, quello estero 40,00 euro, l’abbonamento sostenitore
da 100,00 euro in su.
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tel. (+ 39) 02 28 96 627,
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conto corrente bancario n. 6.81 presso ag. Milano 11
del Monte dei Paschi di Siena (Abi 01030, Cab 01612)
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