rivista anarchica
anno 32 n. 284
ottobre 2002


 

Ancora una volta a San Benedetto

Eccoci ancora una volta a S. Benedetto del Tronto in questo magico scorcio di maggio affacciato sull’estate, prima che esploda il rito balneare, prima che la torma dei vacanzieri formato famiglia invada il placido interminabile lungomare orlato di palme, prima che la parola d’ordine, “divertimento obbligatorio”, metta a ferro e a fuoco, insieme a ogni anfratto costiero dello stivale, questo minuscolo scrigno, custode della preziosa irripetibile gemma che è il “Ferré”.
Un festival giunto alla sua VIII edizione – je vous en prie, che non manchi la IX! – solo grazie al tenace amore e alla pervicace volontà del suo irresistibile patron, Giuseppe Gennari, e della fedele compagna di Léo, presidente onoraria del festival Maria-Cristina Diaz, un’VIII volta che non tradisce le attese nate e cresciute con le precedenti edizioni, ed anzi arricchisce di nuove pennellate l’affresco a più mani, mani colme d’amore e poesia, che colora le strade libere e ribelli della canzone d’autore.
La sorprendente entrée fuori programma è un dono estemporaneo di Gino Paoli, catturato come per malia poche ore prima dell’inizio in un autogrill dal grande amico di Léo, il poeta anarchico Mauro Macario, appassionata, imprescindibile presenza al Festival sul palco, dietro le quinte, in platea. Due soli capolavori di Umberto Bindi, cantati con la disadorna sommessa malinconia, che è propria di Paoli, ed il soffio di un saluto finale a lui, “ad Umberto”, che qui avrebbe quest’anno ritirato la targa “Léo Ferré” per la canzone poetica, un premio e un invito che lo avevano commosso e rallegrato, se solo pochi giorni prima non ci avesse lasciati per seguire quella vela che “un mattino ti ha portato via/la stessa che prima o poi ci farà incontrare/io e te, francesi e italiani senza patria/incapaci di vivere un progetto/capaci solo di interpretare il tempo” (così nel saluto-dedica dello stesso Bindi a Ferré).
Mauro Macario, impareggiabile dicitore, la prima sera del finale dell’“Opéra du Pauvre” e la seconda, sulle note di Léo eseguite al piano da Lucio Matricardi, della struggente “Pepée”, ha svolto con grazia e maestria, come sempre, il ruolo del padrone di casa, presentando gli artisti, numerosi e valenti.
Matricardi, ormai fedelissimo del festival, ci ha proposto alcune delle sue interpretazioni di Ferré in italiano con la consueta passione e perizia.
Alessio Lega, alla sua seconda presenza sul palco del glorioso teatro Calabresi – accompagnato al pianoforte da quell’autentica sorpresa musicale che è Marco Spiccio, splendido genius loci genovese, veterano del Club Tenco e di mill’altre performances strumentali in proprio o al fianco di cantori del calibro di Bindi o Max Manfredi – ha prepotentemente riempito la scena con il suo canto tenero e appassionato e con la sua teatrale gestualità, interpretando tre meravigliosi brani del nostro (tradotti in italiano dallo stesso Alessio) tra i quali vogliamo ricordare almeno la travolgente “Sul Palco”, mai eseguita fin’ora al Ferré, oltre alla sua “Dall’ultima galleria”, resoconto poetico, doloroso, rivoluzionario, del famigerato e tragico G8 del 2001. Grande forza evocativa nel racconto, dilagante potenza espressiva nel canto, ammalianti suggestioni musicali nell’incipit e nel finale, coro “a bocca chiusa” che intreccia le voci inespresse del mondo.
Segue, come da programma, Pippo Pollina, cantautore siciliano, da molti anni attivo all’estero, emigrante di pregio, autore con Georges Moustaki di un omaggio a Léo, che qui ha cantato, insieme ad una scelta di canzoni sue e di Ferré, pur rivelando confidenza col palco e con lo strumento pianistico, non ha del tutto convinto la sottoscritta, per via di una certa piattezza creativa/interpretativa, alla quale non sfugge la stessa “Léo”, nonostante le autorevoli mani che hanno contribuito a comporla.
Il “Trio per Umberto Bindi”, che avrebbe dovuto accompagnare il grande scomparso, ha eseguito con eroico impegno l’intero recital previsto, seguito dal pubblico con commossa partecipazione, ma la mancanza di Umberto era assai tangibile, mentre il rimpianto per la sua ineguagliabile arte ha trovato catarsi nella standing ovation, alla consegna della targa premio dalle deliziose mani della sua creatrice, Manu Ferré, vera figlia d’arte, anche se nel campo della scultura, a quelle del compagno di una vita di Bindi, il dolcemente emozionato Massimo...
Da segnalare la ieratica interpretazione di Enrico Medail, grande amico, grande traduttore di Ferré, della straordinaria “Col tempo”, intrisa di una tristezza che Medail ci ha reso con la grandezza di un classico fuori dal tempo.
La seconda serata, tutta all’insegna della reinterpretazione in chiave jazz di Léo, ha visto due veri e propri concerti, il primo, tratto dall’originalissimo CD “Ferré, l’amore e la rivolta”, a portata di ogni tasca ed orecchio che non sia sordo, nelle edicole di tutta Italia per le edizioni musicali del “Manifesto”, ci è stato offerto da quella incredibile miscela di ironia, passione e afflato musicale che sono i Têtes de Bois, ricchissimo sestetto capeggiato dall’ottimo Andrea Satta, folletto senza pace e senza riposo, marionetta che tira i fili della sua stessa voce, vero Peter Pan della scena musicale altra. Andrea, ti amo!
Sorpresa nella sorpresa, Francesco di Giacomo, voce del mitico “Banco del Mutuo Soccorso”, imponente ineludibile presenza sul palco con una sola interpretazione, “Il tuo stile”, per la quale non dispongo di lodi a sufficienza. Chi è grande non ha bisogno di troppo tempo per farcelo sapere.
Per il secondo trattasi di un vero e proprio fuoco d’artificio finale, quello che a Lecce nomiamo “Li fuechi te Santu ’Ronzu” degna conclusione di una festa affollata, lunga e golosa. Il trio E.S.P. (Cipelli-Zanchi-Cazzola) famoso in Italia e all’estero, collabora da secoli con altri grandi del jazz, ma non riposa mai sugli allori. I tre “ragazzi irresistibili”, accomunati da un lirismo di matrice jazzistica europea, tenuti sempre all’erta dalla travolgente vivacità “drumming” di Cazzola, continuano a sperimentare strade nuove e ad aprirsi a collaborazioni diversificate, come in quest’ultima avventura che li ha portati a S. Benedetto, in efficacissima compagnia di Gian Maria Testa, qui anche in veste di “lettore”, oltre che di cantore, nel suo consueto stile dei testi ferréiani, sull’onda dei dispettosi arrangiamenti del trio, ma soprattutto di quel genio della tromba che è Paolo Fresu, vincitore a man bassa di premi, incisore di oltre 120 dischi, inesauribile Eolo di ogni fiato.
Compagni... avreste dovuto esserci a cena nel dopo-festival, tutti stretti ad un lungo tavolo, su al caffè dei poeti, a scherzare, suonare e cantare con loro fino all’alba! Ho contato sul mio orologio tre-minuti-tre, senza che Fresu staccasse le labbra dallo strumento. Ed erano le cinque del mattino!
Arrivederci a maggio 2003.

Maria Teresa Crispini

Alessio Lega (a sinistra) e Enrico Medail

 

G8 un anno dopo

Ad un anno dal G8 di Genova si sono svolte numerose iniziative per ricordare e ripensare ai fatti dell’anno scorso. A Reggio Emilia tale ricorrenza è stata occasione di un convegno promosso dal mensile Pollicino Gnus ed elaborato da un gruppo di lavoro emerso dall’ambiente dei forum sociali.
Di per sé i fatti di Genova dell’anno scorso sarebbero stati sufficienti per sollevare questioni pesanti come macigni: sia per la tragicomicità delle perizie tecniche sull’uccisione di Carlo Giuliani, sia per gli sviluppi delle indagini della magistratura sull’assalto alla Diaz, sia infine per la relazione che le lega all’esito dell’inchiesta sugli abusi commessi dalle forze dell’ordine al Global Forum di Napoli.
Tuttavia al convegno non si è parlato solo di Genova; era infatti intenzione dichiarata degli organizzatori creare un’occasione di riflessione seria e severa su alcuni problemi fondamentali per il movimento di contrasto alla globalizzazione liberista.
Soprattutto dopo l’11 settembre infatti la rapida evoluzione della crisi internazionale ha moltiplicato le emergenze da fronteggiare, e nel movimento sembra spesso di recitare la parte a memoria. Nella locandina di presentazione del convegno si legge: “...conosciamo chi è con noi e chi ci sta contro, non ci asteniamo dall’entrare in un cieco azionismo tipo «botta e risposta», dimentichiamo di sottoporre a vaglio critico i nostri schemi mentali...”.
Il convegno ha cercato di rispondere al bisogno di coloro che stanno nel “movimento” e nei forum sociali di riflettere senza riserve sulla coerenza tra mezzi utilizzati e fini perseguiti. Il nodo è questo: se si crede davvero in quello per cui ci si batte (ovvero se non è pura retorica finalizzata a ritagliarsi il ruolo formale di “arrabbiati” che il potere concede) quanto serve continuare a ripeterlo nei modi tradizionali?
Il rischio per il movimento contro la globalizzazione liberista è quello di isterilirsi ripercorrendo strade già viste e di scivolare verso la politica ordinaria. Uno dei dubbi che si è cercato di investigare riguarda la possibilità di trasformare i nostri stili di vita e rimettere in discussione principi e pratiche troppo scontati.
Il progetto, ambizioso, ha spinto alcune centinaia di persone a sfidare la canicola di metà giugno per ragionare dell’evoluzione dell’economia militare globale, del progressivo logorio dello stato di diritto in Italia e nel mondo, e delle possibilità di ripristinare efficacemente una democrazia non virtuale.
Del resto la necessità di riflessioni del genere è sempre più urgente oggi che l’uso della forza da parte dei forti non è più sottoposto a nessuna regola, e i diritti e la vita degli ultimi sono sempre più compromessi.
Secondo i promotori del convegno non si può non riconoscere che, oggi, il dissenso non viene represso perché non è più rilevante. Si può dire qualunque cosa perché nessuno ascolta o perché non dà più fastidio. E soltanto qualora capiti di dare fastidio, la repressione è dura (sempre più dura).
L’intenzione dei promotori non era di ridurre la complessità dei temi da trattare con un’eventuale formulazione di “tesi” (che peraltro abbondano se pensiamo agli imperi negriani) bensì di instillare dubbi, confrontare esperienze, immaginare nuove idee.
Le intuizioni dei relatori e la discussione aperta hanno condotto il convegno su un percorso che nemmeno gli organizzatori potevano prevedere. Anziché ideare od analizzare strategie di manifestazione o azioni di disobbedienza civile, i contenuti emersi si sono rivolti principalmente alle singole persone, alla loro identità, a modi autogestiti ed indipendenti di vivere la resistenza al liberismo.
Ne è risultato un interessante esperimento in cui la competenza dei relatori e la disponibilità del pubblico hanno consentito ai presenti di sentirsi “rimessi in gioco”, di uscire con qualcosa in più rispetto all’inizio e di sentirsi parte di una partita non ancora persa.
Tra i vari spunti di discussione grande interesse ha suscitato la questione di come il movimento dovrebbe cercare di sottrarsi alle dinamiche istituzionali dei partiti e delle altre forme di opposizione organizzate. Ripercorrendo l’evoluzione storica subita da altri movimenti, come quello femminista, si è discusso dell’importanza di pratiche come il “partire da sé” o della prevalenza delle “relazioni” sulle “azioni”. È emerso quindi che la dimensione del movimento dovrebbe essere quella creativa oltre e più che quella critica. È emerso che è necessario riconoscere la parzialità delle nostre posizioni, ma anche che la radicalità con cui le rivendichiamo non impedisce la collaborazione tra persone o gruppi diversi. Per non perdere la ricchezza del movimento, che sta nella sua varietà ed eterogeneità, è però necessaria una reciproca fiducia. E qui non ci si può esimere dal riconoscere quante difficoltà ci sono, anche all’interno degli stessi forum sociali, a cogliere il nuovo, a farsi contaminare ed emendare da ciò che è inaspettato.
...prima e mentre si cerca di cambiare il mondo, dobbiamo essere noi stessi a cambiare, a pensarci diversi, a “costruirci” diversi, aperti, curiosi, disponibili alla contaminazione...
...la costruzione di un nuovo mondo possibile cammina di pari passo con la costruzione di una nostra nuova identità...” (dagli interventi del convegno).
Molti pensieri forse sono rimasti inespressi, altri sono stati soltanto abbozzati, tuttavia il convegno ha certamente lasciato qualcosa ai presenti: qualche dubbio, qualche speranza, qualche “arma” in più.
Chi se lo è perso potrà leggersi gli atti che verranno pubblicati a novembre da Pollicino Gnus. Redazione: via Vittorangeli 7/d, 42100 Reggio Emilia. Tel/fax 0522.454832. E-mail: pollicino@comune.re.it; sito: www.pollicinognus.it.

Roberto Galantini

 

Un convegno su Leonida Mastrodicasa

Foto segnaletica di Leonida Mastrodicasa

Organizzato dall’Associazione Insieme di Villa Pitignano (Pg), con la collaborazione del Comune di Perugia, dell’ISUC, del Circolo anarchico umbro sana utopia, l’1 e 2 giugno scorsi a Ponte Felcino (frazione di Perugia) si è svolto il convegno sul tema “Leonida Mastrodicasa, un anarchico per la libertà dei popoli d’Europa”. La conferenza-dibattito sul tema proposto ha caratterizzato la prima giornata. Eros Francescangeli e Luigi Di Lembo hanno aperto la discussione con le rispettive relazioni. Il primo ha esposto in modo discorsivo, rigoroso ed appassionante insieme, aspetti particolarmente significativi della vita e della personalità dell’anarchico perugino, il secondo ha tracciato a grandi linee la storia del movimento anarchico italiano fra le due guerre mondiali, le vicende degli anarchici fuoriusciti in Francia durante la dittatura fascista, gli avvenimenti legati alla Rivoluzione spagnola del 1936, evidenziando nell’ampio contesto la presenza e l’operato di Mastrodicasa. Durante la seconda giornata sono stati proiettati i film Spagna 1936 e Terra e libertà di Ken Loach. In mostra durante tutta la manifestazione fotografie, schede esplicative, documenti d’archivio, inerenti i temi espressi dal convegno.
È emersa in tal modo nella sua complessità l’interessante figura di Leonida Mastrodicasa, poco conosciuto ai più, anche agli stessi abitanti di Ponte Felcino, nonostante la strada principale del luogo sia intitolata a lui. Tenace sostenitore e diffusore degli ideali anarchici, fu arrestato per la prima volta in seguito ad agitazioni popolari a Perugia nel 1906. Fu più volte disertore per sfuggire al servizio di leva, alla guerra di Libia ed alla prima guerra mondiale. Sostenne questo tipo di scelta nell’ambito dell’antimilitarismo anarchico insieme a Bruno Misefari e Renzo Novatore. Si rifugiò in Svizzera nel 1911. Trasferitosi dopo qualche anno a Ginevra, militò nel gruppo animato da Luigi Bertoni, iniziando una collaborazione al Risveglio che durò per più di quindici anni.
Espulso dalla Svizzera nel 1919 in seguito ai “fatti di Zurigo”, tornò a Perugia, dove si distinse nella lotta al fascismo fin dalle prime incursioni squadriste. Fu costretto nel 1921 a lasciare ancora il paese natio, per sottrarsi alle persecuzioni poliziesche. Nel 1927 si trasferì clandestinamente in Francia, dove partecipò al movimento degli anarchici fuoriusciti, risultando “uno dei cardini di tutte le strutture organizzative libertarie”. Collaborò a Lotta Umana, a Fede, diretto da Gozzoli; diresse Lotta Anarchica, poi Lotte Sociali, quale esponente della tendenza organizzatrice. Collaborò anche a Studi Sociali di Montevideo. I suoi articoli, a volte di carattere polemico, altre volte teorico, spesso costituivano veri e propri documenti politici con analisi sulla situazione sociale e politica del momento, sull’orientamento degli altri raggruppamenti politici, con indicazioni sulle scelte ritenute opportune in campo anarchico. Usava firmare i suoi articoli con vari pseudonimi: Numitore, Felcino, Maniconi, Leo… Partecipò, durante la sua permanenza a tutti i più importanti convegni anarchici tenuti in terra francese. Fu fra gli organizzatori del “Convegno d’Intesa” nel 1935 tenuto a Sartrouville; nell’occasione fu scelto come membro del “Comitato Anarchico d’Azione Rivoluzionaria”.

Gruppo di anarchici a Fontenay-sous-Bois, negli anni ’30. Mastrodicasa è il secondo in basso, seduto, con la cravatta (dall'Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa)


Accorse in Spagna a Barcellona allo scoppio della Rivoluzione, aderendo alla CNT-FAI della città catalana, collaborando a Guerra di Classe. Con Camillo Berneri, condivise l’abitazione in Plaza del Angel. Tornò in Francia nell’autunno del 1937, riprendendo l’attività nel movimento e di collaborazione alla stampa anarchica. Assunse la direzione del Momento con Gozzoli ed il compito di realizzare il bollettino dell’UAI, nonostante fosse ammalato di tubercolosi e ricercato dalla polizia francese per l’espulsione. L’assegnazione da parte del governo francese della Legion d’Onore alla memoria in quanto “eroe partigiano”, è prova della sua partecipazione alla organizzazione della Resistenza parigina contro il nazismo. Su segnalazione della polizia italiana, fu preso da quella tedesca e deportato in Germania, insieme a Giovanna Berneri e ad altri compagni anarchici. Morì in un campo di concentramento a Treviri; fu sepolto nel cimitero della stessa città. Poco prima di morire scriveva al fratello Maro: “A cosa vale farsi coraggio quando senti che tutti i giorni la vita ti sfugge? Ho ancora qualche speranza, ma, se dovrò morire, morirò col ricordo dei miei cari…, e porterò con me il mio chiodo”. Il suo chiodo era l’anarchia. Di Mastrodicasa Luce Fabbri scrisse su Studi Sociali: “…faceva il lavoro meno appariscente e più necessario, perché aveva l’eroismo oscuro della costanza e della serenità nel pericolo”. Pio Turroni su L’Aurora: “fu sempre uguale a se stesso e all’anarchia”.

Antonio Pedone

Ponte Felcino, 1-2 giugno 2002, immagine dal convegno su Mastrodicasa

Ponte Felcino, 1-2 giugno 2002, immagine dal convegno su Mastrodicasa: la bandiera è dei primi anni del Novecento

 

L’acido giullare del terzo millennio

Il 14 luglio a Carrara pioveva. Dense e minacciose nuvole avevano provocato nel pomeriggio tali rovesci che l’annunciato spettacolo di Beppe Grillo pareva inevitabilmente compromesso. Grazie al cielo – in senso meteorologico – potemmo assistere ad un ben altro temporale dagli effetti devastanti sulle coscienze degli astanti: quello che usciva, torrentizio e carico di tuoni, dalla bocca urlante di quest’autore – interprete da anni escluso dalla RAI per i suoi monologhi di veemenza libertaria che non risparmiano nessuno. All’inizio della serata ha rivolto un saluto affettuoso e fraterno agli anarchici definendoli “gli ultimi che sono veramente contro”. I compagni della FAI, che stavano alla finestra hanno applaudito calorosamente e anche noi lo ringraziamo con altrettanta fraternità. In quella circostanza, Grillo ha rivisitato con forza iconoclastica e ironia dissacrante tutte le nefandezze sociali e politiche che attraversano la nostra epoca. Per due ore ininterrotte, il grande comico satirico, imbevuto di succhi anatemici, ha sbeffeggiato tutto ciò che si muove sopra le nostre teste rivelando le strategie criminali dei poteri politici e industriali. Con particolare ferocia ha attaccato la Chiesa, Padre Pio, le multinazionali del profitto e della guerra, i capi di stato, il nostro governo, la sinistra annacquata, Putin, Bush e tutti i paggi di codesti poteri forti.
Un momento molto interessante è stato quello che riguardava l’attentato alle due torri gemelle di cui Grillo ha dato una versione inquietante anche derivata dalla lettura del libro “L’incredibile menzogna” (edizione Fandango) e invitando il pubblico a leggerlo.
Dagli anni Sessanta a oggi il teatro politico-popolare non ha conosciuto un personaggio così coraggioso e che sovente paga di persona con una miriade di cause in tribunale. Prima di lui, solo il grande Dario Fo seppe dare uno scossone violento e terapeutico al teatro digestivo di stampo borghese in uso in Italia. Ora abbiamo lui, Grillo, il giullare del terzo mllennio. Il 14 luglio ha preso la Bastiglia.

Mauro Macario

 

Finlandia: nonsottomissione

Antti Suniala è un anarchico condannato a sei mesi di carcere per aver rifiutato il servizio militare e quello civile. È conosciuto come performer hip hop e per aver partecipato in questa veste alle numerose azioni di Reclaim the streets in Finlandia.
Incarcerato in giugno, verrà rilasciato a dicembre.
Per messaggi di solidarietà:
Antti Suniala
Helsingin tyosiirtola
PL 36
01531 Vantaa Finland

Ha richiesto un trasferimento di carcere, quindi dopo settembre è meglio scrivere attraverso l’Anarchist Black Cross di Turku:
AMR-Turku
PL 994
20101 Turku Finland
Potete anche visitare il suo sito personale:
http://personal.inet.fi/musiikki/casino/jusaname/

(fonte: a-infos)
a cura della Cassa di solidarietà antimilitarista