rivista anarchica
anno 33 n. 289
aprile 2003


anarchia

Lettera a un adolescente
di Francesco Codello

 

È una speranza antica quella che mi porto nel cuore. E voglio provare a spiegartela.

Questa domanda mi frulla per la testa da un po’ di tempo e mi pone immediatamente alcuni problemi. Innanzitutto quello del linguaggio da usare, che non può essere quello piatto e banale, ma neanche quello del politico di professione o dell’intellettuale militante. Poi come dirlo, nel senso di privilegiare un discorso razionale oppure toccare le corde dell’emotività e della fantasia? Ma un anarchico, mi son chiesto, come me, di una generazione così lontana, ha veramente qualche cosa da dire ad un adolescente di oggi?
Infine ho pensato che era giusto provare con questa lettera pubblica a dire quello che io intendo per anarchia e anarchismo pensando sempre a chi mi sto rivolgendo e a raccontarlo senza farne una verità preconfezionata ma cercando di rivisitare, mentre scrivevo, la mia adolescenza per poter empaticamente mettermi sulla giusta lunghezza d’onda.
Ecco il risultato.

Caro adolescente,
come tu mi insegni ogni giorno, non siete tutti uguali anche se cercate di assomigliarvi tra gruppi diversi, o meglio cercate di sentirvi parte di un gruppo piuttosto che di un altro, perché ognuno di voi, per fortuna, nonostante la pubblicità degli abiti che indossate, delle bibite che bevete, della musica che ascoltate, mantiene sempre un suo particolare modo di vestire, bere, ascoltare. Questa diversità, che sentite anche e soprattutto nei confronti dei vostri genitori e degli adulti in genere, è la vostra salvezza. Essere contenti di essere quello che si è, nonostante tutti i difetti che vi vedete, in fondo in fondo è la vostra forza, e come tutte le cose importanti, constatate ogni giorno quanto sia difficile da ottenere e mantenere. Ma anche i vostri scoramenti, le malinconie, le tristezze, gli entusiasmi e le esaltazioni, sono una vostra ricchezza.
Questo alternarsi di gioie e dispiaceri, questo continuo e incessante sentirsi insoddisfatti, che non vi fa mai stare in pace è la vostra caratteristica e può costituire la chiave per entrare nel vostro futuro di esseri sociali.
Penso che questo stato d’animo, così a volte struggente, possa aiutarvi, proprio perché così forte e determinante, a capire prima di tutto tante cose di voi stessi. Avete tutta la vita per continuare a capire chi siete, cosa volete, dove volete andare e con chi.
Credo che il bisogno che manifestate spesso di amare qualcuno e di essere amati, di piacere e di essere ricambiati in questo, sia una tensione che rende la vostra vita così suscettibile di improvvisi cambi di umore e di manifestazioni così improvvisamente diverse. Non siete pazzi, no e neanche gli unici e i soli a vivere queste contraddizioni che così male fanno, molto spesso, dentro il cuore.
Queste sensazioni, questi sentimenti così forti e coinvolgenti, sono una ricchezza che spero non vogliate sprecare ma che possiate invece usare per accostarvi con la vostra finissima sensibilità alle cose del mondo e agli altri esseri umani.
Con questa speranza (si proprio speranza, perché anche noi adulti possiamo avere delle speranze) vorrei adesso raccontarvi quali sono i miei ideali, cioè come vorrei che potessimo vivere, amare, sognare, tra esseri umani così naturalmente diversi ma che decidono liberamente di vivere assieme in pace e in amore.
È una speranza antica quella che porto nel mio cuore, un sogno così coinvolgente che tocca tutti i momenti della mia vita. Quando amo, quando lavoro, quando discuto, quando mi diverto, quando studio, quando sono triste, quando… Questo ideale in altre parole non può esistere fuori di noi se prima non lo abbiamo dentro di noi. E allora ho imparato piano piano a scrutare dentro il mio cuore, a usare il mio cervello senza nessuna imposizione e a confrontarlo con quello di altri, scegliendoli bene questi altri, ma anche avventurandomi fiducioso verso nuovi interlocutori sconosciuti, perché non esiste mai una sola verità, esistono sempre tante possibilità, e il mondo non si può restringere dentro uno schema rigido e precostituito, così come noi siamo spesso ambivalenti e contraddittori. Proprio perché siamo così fragili e indifesi, e riconosciamo tutto ciò come connaturato alla nostra natura di esseri umani, siamo in realtà forti della nostra consapevolezza e delle nostre speranze.
Ho imparato che i cosiddetti “furbi” e i “forti”, coloro che vincono sempre, quelli che sanno sempre tutto, molto spesso hanno paura più di me di essere se stessi, di ridere e di piangere, di stare da soli e di aprirsi fino i fondo agli altri.
Questo sogno antico, che io chiamo anarchia, mi è stato tramandato da uomini e donne di razze diverse, di culture diverse, di modi di vivere diversi da quello attuale, ma incidentalmente si sono trovati accomunati dalla fiducia e dalla speranza di poter costruire un mondo dove non vi siano più guerre, dove non ci sia più inferno e paradiso, non vi sia qualcuno che decide e tanti che obbediscono, dove le regole siano fatte da tutti e liberamente accettate o respinte, dove ciò che è mio lo sia finché serve al mio uso e la maggior parte delle cose siano in comune, dove volontariamente e liberamente gli uomini e le donne si associno e si liberino dalle appartenenze comunque mascherate, dove non vi sia una religione ma solo tanta spiritualità, dove ognuno possa sognare e realizzare i suoi sogni, dove la propria libertà si realizzi attraverso la medesima libertà degli altri, dove…
Ma questo sogno che si nutre di altri continui sogni di tanti esseri umani non è solo una cosa che deve venire quando le ceneri di questo mondo attuale si saranno raffreddate, ma esiste già, in misura ridotta, semplificata, magari contraddittoria, ed io non devo aspettare invano qualche cosa che forse, e per fortuna, non arriverà mai. Esiste nei tanti spazi, momenti, esempi di solidarietà, di amore, di libertà e ottimismo che, seppur tra le maglie strette di un mondo soffocante e autoritario, uomini e donne si sono costruiti e tenacemente difendono. Questa anarchia, questo spazio esistenziale dapprima individuale (come bisogno di rivolta) lo possiamo rintracciare tra le persone che vivono e praticano questa speranza e questo sogno nella loro vita quotidiana, nel loro modo di amare, lavorare, divertirsi, studiare, ecc., negli occhi di un vecchio o di un bambino che hanno trovato qualcuno che si è preso cura di loro senza pretendere nulla in cambio.
L’anarchia non è quindi fuori di noi, o peggio, attributo per super-uomini, ma costume di vita di ognuno di noi, purché lo voglia. Non può essere imposta, né “consigliata”, né tantomeno costruita artificialmente, ma solo praticata giorno dopo giorno, con fatica e tenacia, con ottimismo e fiducia nello sviluppo della storia dell’umanità con la consapevolezza che a far progredire la storia nel senso di innalzare l’umanità e la libertà dell’uomo, non è stata la competizione ma la cooperazione.
E gli anarchici sono proprio degli esseri umani come voi, che vivono dentro questa e altre società, che hanno raccolto questa eredità e la sostengono, la arricchiscono, la vivono ma che non fanno proseliti, non hanno bisogno di seguaci, di qualcuno che presti giuramento alla loro bandiera (nera) ma che sono felici di condividere con altri le loro speranze e le loro passioni, di unire con chi lo desidera le proprie energie e le proprie forze per praticare fin da subito questa anarchia, ogni giorno, in ogni ambito, convinti come siamo che tutto questo renda gli esseri umani più felici e più liberi. Insomma, come diceva Leo Ferré, “non sono l’uno per cento ma credetemi esistono… Han raccolto già tutto di insulti e battute e più hanno gridato più hanno ancora fiato; hanno chiuso nel petto un sogno disperato e le anime corrose da idee favolose… Mille volte son morti come è indifferente con l’amore nel pugno per troppo o per niente han gettato testardi la vita alla malora ma hanno tanto colpito che colpiranno ancora… Hanno bandiere nere sulla loro speranza e la malinconia per compagna di danza… Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi. Sono gli anarchici”.

Questi sono gli anarchici e la loro anarchia, dei sognatori che non nascondono i loro sogni, ma che non possono mai imporli agli altri, che cercano ogni giorno altri sognatori che magari non sanno di essere anarchici, che si chiamano con altri nomi, ma sono disposti ad imbarcarsi in una nave senza servi né padroni, senza guru o fedeli, e viaggiare nei cuori e nelle menti degli altri per cercare di risvegliare in loro il sonno della ragione e la volontà di essere fino in fondo quello che veramente sono.

Caro adolescente,
non ho dimenticato che sei tu che mi ascolti e che avresti tante altre domande da fare a me o a qualcun altro. Non ho risposte e verità da suggerirti, solo la voglia e la speranza che tu non esaurisca mai i tuoi sogni e che quando sogni tu non dimentichi mai che ci sono anche i sogni degli altri.

Francesco Codello