rivista anarchica
anno 33 n. 292
estate 2003


scuola

Vivere la democrazia
di Francesco Codello

 

Lavorare per la responsabilizzazione e al contempo per l’autonomia individuale e critica. Ecco l’obiettivo di un direttore didattico e della scuola in cui opera.

Raccontare un’esperienza non è mai semplice, ma diventa ancor più difficile quando, come nel nostro caso, si tratta di comunicare e riassumere delle attività che contemplano anche delle emozioni e dei vissuti.
L’istituto Comprensivo di San Biagio di Callalta (periferia di Treviso) è una grossa realtà: circa 950 alunni divisi in sei scuole elementari e due scuole medie.
Da tre anni il sottoscritto e un gruppo di docenti dei due ordini di scuola abbiamo visitato alcune esperienze scolastiche particolarmente significative (Summerhill School nel Suffolk, Park e Sands School nel Devon, Forsoksgymnaset ad Oslo, Carl Rogers School a Budapest. Di queste esperienze ho scritto su «Libertaria»), accomunate da una impostazione molto particolare e significativa. In queste scuole, e in altre in diverse parti del mondo che seguono la medesima filosofia, la democrazia è il principio su cui si regge tutta l’organizzazione e la vita quotidiana. Ciò significa che, ad esempio, le decisioni sono prese in assemblea alla quale partecipano tutti coloro che vivono la vita della scuola ed ognuno esprime pariteticamente il suo voto, le lezioni sono tutte, o in parte, facoltative e non vi è obbligo di frequenza.

Summerhill School

Alternative percorribili

Da queste visite e dalla volontà di trovare modi più veri e profondi di educare alla vita democratica (vera) abbiamo cominciato ad interrogarci e a cercare delle alternative, percorribili nella nostra realtà di scuole statali, sia all’organizzazione tradizionale che ai contenuti formali della democrazia.
Il primo e più importante concetto sul quale abbiamo riflettuto e discusso è stato questo: si dice che la scuola deve preparare alla vita, ma si può constatare come molto spesso la vita sia espulsa dalla scuola. Il secondo, ma non per questo meno importante, concetto è la constatazione che la scuola, nei suoi programmi, contempla e sottolinea l’importanza di insegnare la democrazia, ma al suo interno, spesso non si vive la democrazia.
Ultima considerazione, che mi sembra giusto sottolineare, è che la scuola sposta tutta la sua attenzione sul dover essere (un bravo ragazzo, uno zelante cittadino, un serio lavoratore, ecc.) e quasi mai si preoccupa dell’essere.
Anche la democrazia ha la tendenza a diventare un dogma mentre, al contrario, essa dovrebbe mettere in evidenza la moltitudine di conflitti taciti o evidenti che essa porta in sé.
Da queste esperienze e da queste considerazioni nasce il nostro modesto progetto di democrazia nella scuola (illustrerò qui in particolare l’esperienza della scuola media).
Lo scopo può essere individuato nella volontà di perseguire due obiettivi principali negli alunni: l’autonomia e la responsabilità.
Sono fenomeni comuni nelle scuole atti di vandalismo, furti, bullismo, ecc., ecco perché cercare risposte nuove anche a questi problemi è importante. Lavorare per la responsabilizzazione e al contempo per l’autonomia individuale e critica, diventa quindi indispensabile.
La nostra scuola è impegnata a riflettere su una concezione della democrazia, e della partecipazione degli alunni alla vita della scuola, che non si risolva in un gioco sterile e formale di ruoli, oppure come una banale tecnica didattica, ma che essa consista veramente in uno stile di vita.
Questo ha comportato ( e comporta continuamente) da parte degli insegnanti, del personale non docente, del sottoscritto, un cambiamento nello stile professionale molto profondo e una sostanziale uscita da un ruolo così codificato e definito. Per quanto riguarda gli alunni il lavoro si concentra sul passaggio da meri fruitori di un servizio a protagonisti consapevoli.

Strumenti

Gli strumenti che abbiamo messo in atto per perseguire questi scopi sono i seguenti:

Progetto «La scuola è ambiente di vita». A questo proposito i muri della scuola, le porte dei bagni, degli uffici e delle aule sono stati e sono tuttora dipinti e colorati da gruppi di ragazzi e insegnanti in modo da far sentire l’ambiente come uno spazio «caldo» e accogliente. Numerosi e vari sono i laboratori pomeridiani. I ragazzi organizzano, nel corso dell’anno, delle feste in palestra (unico spazio disponibile) alla sera e si gestiscono lo spazio e l’organizzazione del tempo. I ragazzi entrano ed escono da scuola non accompagnati e si muovono all’interno, nei vari spostamenti della giornata, da soli senza la presenza dell’insegnante. Tutto questo perché pensiamo che se la scuola viene considerata come uno spazio di vita, uno spazio proprio, maggiore sarà la cura e la condivisione globale di tempi, luoghi e spazi e sempre più sottolineata l’autonomia e la responsabilità.

Consiglio dei ragazzi, assemblee. Ogni classe elegge un rappresentante che, a rotazione per impedire che solo pochi diventino «esperti», partecipa ad una riunione, con il sottoscritto e un rappresentante del personale non docente, nel corso della quale vengono rappresentati tutti i problemi organizzativi, didattici, di comportamento e relazione, che ogni classe si trova ad affrontare. Per le problematiche più rilevanti si convoca l’assemblea, prima di ogni classe, generale poi, per decidere le regole della vita scolastica, come poter migliorare lo studio e l’insegnamento, e le eventuali sanzioni. I problemi affrontati vanno dalle piccole questioni quotidiane ai temi più generali e complessi. Uno dei casi più emblematici è costituito dai casi di bullismo che si evidenziano particolarmente negli autobus del trasporto scolastico. L’assemblea ha designato dei «controllori» rappresentativi delle classi, i quali segnalano comportamenti negativi reiterati al direttore dopodiché nei casi eccezionali, viene inviata una lettera, co-firmata da direttore e controllori, ai genitori interessati per raccontare l’accaduto. Altri rappresentanti degli alunni partecipano alle riunioni dei consigli di classe per discutere, nella parte comune con i genitori, e riferire poi al resto della classe sull’andamento didattico e sulle dinamiche relazionali.

Quinta ora. La quinta ora del mattino di ogni giorno di lezione è tradizionalmente la più difficile e più stancante. Per affrontare questo problema in modo positivo, nella scuola è stato creato uno spazio attrezzato dove i ragazzi che lo desiderano e che si trovano in particolare difficoltà per stanchezza, irrequietezza, indisposizione, possono trascorrere l’ultima ora di lezione in compagnia di un insegnante e leggere, ascoltare musica, dialogare, produrre attività con il computer, ecc., in assoluta autonomia e libertà di scelta.

Porte aperte. La porta del sottoscritto è sempre aperta, non solo materialmente, ma anche di fatto, per ricevere alunni individualmente o in gruppo, che rappresentano particolari problematiche, contestazioni, proposte, rispetto alla vita quotidiana in classe o nelle varie attività laboratoriali, che cercano di risolvere conflitti, che hanno problemi personali, che semplicemente hanno necessità di raccontare episodi e sensazioni individuali.

Naturalmente quanto sopra descritto non rappresenta che la parte più evidente del continuo lavoro che gli insegnanti svolgono sistematicamente, oltre alla normale attività didattica, e che caratterizza la scuola come un luogo nel quale si sta bene, si cresce, spesso anche sbagliando, assieme. Numerose sono ancora le cose da fare (per esempio con i genitori), i problemi non sono stati tutti risolti, ma la strada che abbiamo intrapreso crediamo possa portare, nel tempo (ma in educazione i tempi sono lunghi e non ci sono scorciatoie) ad offrire un contesto di apprendimento che si fonda sul rispetto, la collaborazione, l’assunzione di responsabilità.

Francesco Codello