rivista anarchica
anno 34 n. 296
febbraio 2004


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

Generazioni di un personaggio

 

La «bellissima studentessa, intrigante, vogliosa», che «cerca uomo per sesso sfrenato» e la «supermaggiorata, studentessa di giorno, calda, disinibita piccante la sera» che hanno messo, a pagamento, un annuncio sulle pagine de «La Gazzetta dello Sport» di martedì 16 dicembre 2003 hanno scelto entrambe di chiamarsi «Alice».
Da quel 1865 in cui Lewis Carroll (pseudonimo, arrangiamento dei due nomi propri di Clarles Lutwidge Dodgson) pubblica Alice nel paese delle meraviglie dopo aver rielaborato un racconto estemporaneo – improvvisato durante una gita in barca – fatto a tre ragazzine, figlie di H. G. Liddell (quello del dizionario di greco antico «Liddell-Scott»), Lorina Charlotte, Edith e, per l’appunto, l’Alice «in oggetto», il nome del personaggio ha riscosso il plauso popolare e si sono moltiplicate le persone e le cose – nel senso più ampio e più vago – meritevoli di portarlo.
Da una rapida scorsa, fra Internet ed enciclopedie varie, infatti, risulta che, oggi, il nome è assegnato a: un’offerta di «banda larga» della Telecom, una cantante, un sito di notizie editoriali, un sito della Columbia University sulle questioni di cuore, una fondazione sull’intelligenza artificiale, un programma di grafica 3D interattivo, una società per l’Arte Elettronica, una società per la vendita on line di oggetti «romantici», un personaggio di un fumetto, un servizio della Federazione svizzera per l’educazione degli adulti, una o più radio, un canale satellitare sul buon gusto dell’abitare e del mangiare, un sito per il turismo in Australia, una lettrice di tarocchi, una sperimentazione didattica, un servizio di consulenza per i lavori atipici (chi sa cosa siano), una canzone di Tom Waits (su cui torneremo), siti vari, giornali e romanzi (fra cui una «Alice cibernetica») e quattro toponimi italici, Alice Bel Colle, comune in provincia di Alessandrina, Alice Superiore, comune in provincia di Torino, Alice Castello, comune in provincia di Vicenza e Punta Alice, che dovrebbe designare la località di un campeggio sulla costa ionica, presso Cirò Marina.
Il cinema, ovviamente, non si è tirato indietro. All’Alice disneyana, se ne sono aggiunte molte altre: Woody Allen, Wim Wenders, Arthur Penn e Martin Scorsese, per citare esempi di prestigio, hanno utilizzato il nome nel titolo di un loro film.
Allorquando ci si trova di fronte a processi di replicazione, tuttavia, occorrerebbe sempre ricordarsi di ciò che accade alle fotocopie. Se si prosegue a fotocopiare il risultato della fotocopia medesima, si arriva, prima o poi, ad un risultato che soltanto alla lontana ricorderà l’originale – alla fine, anzi, lo perderà del tutto.
Nel caso di un personaggio romanzesco, le cose vanno in modo leggermente diverso, perché, bene o male, l’autore farà sempre in modo, consapevolmente o meno, che qualcosa rimanga.
Un’analisi anche superficiale del personaggio di Lewis Carroll non fatica a mettere in evidenza alcuni caratteri che, per così dire, ne costituiscono il paradigma: il sesso, l’età, la curiosità, la disposizione d’animo ad accettare il meraviglioso, lo strampalato e l’apparentemente illogico o il contraddittorio, la fiduciosa prontezza all’esperienza diretta (Alice mangia torte o beve liquori di dubbia provenienza, per esempio), l’anticonvenzionalità, la spregiudicatezza, la trasgressività.
L’etimo, d’altronde, misterioso come tutti gli etimi che si rispettino – «aletheia», in greco – vorrebbe che fosse «sincera» (o «aliké», nel senso poco opportuno in questo caso di «creatura del mare», come un’alice; d’altronde Alice è una ninfa marina, una delle cinquanta figlie di Dori, sorella e – anche qui, alla faccia della morale più corrente – al contempo moglie del dio marino Nereo – da cui, per l’appunto, le Nereidi).
Potremmo dunque concluderne che sono questi singoli costituenti, presi uno ad uno o associati variamente fra loro, a venir manipolati nei successivi processi di clonazione. Il personaggio «madre» figlia così. Il che, in certi casi, può anche costituire una spiegazione esauriente.
Non, a mio avviso, nel caso di Alice – dove non si spiegherebbe tutta l’insistenza odierna sulla malizia di ordine sessuale.
Una breve indagine storica può condurre ad un meccanismo ulteriore. Qualche anno prima di scrivere Alice, lo scrittore, logico e matematico, Lewis Carroll, piuttosto sorprendentemente, prima prende i voti e, poi, si fa ordinare sacerdote. Con qualche mania non propriamente innocente. Fotografa bambine. Anche nude. Non solo: arriva al punto di chiedere in moglie l’Alice che gli ispira il racconto. Ovvio che venga cacciato a male parole dai genitori e che le voci circolino. Non a caso, Carroll, nel 1867, parte per un viaggio in Russia. Quando Tom Waits canta di Alice, non a caso, sta parlando di Alice Liddell, che, come bambina in carne ed ossa, resta in credito perenne nei confronti del suo personaggio.
Sulle Alici successive, dunque, piovono parecchi residui che, più che al personaggio, pertengono al suo autore, il cui stato «sessuale» non poteva essere socialmente accetto. Ai caratteri del «prototipo» si aggiunge qualcosa che del prototipo non fa parte, ma fa parte, invece, della considerazione morale assegnata collettivamente al suo inventore. La parte più cospicua della malizia rimasta appiccicata sulla sua eroina, proviene in realtà da investimenti ideologici che, in quanto personaggio, la riguardano poco o nulla.

Felice Accame

P.s.: L’ultima Alice ambulante è quella di Gianni Pettenati (Alice se ne va, Asefi editore, Milano 2003), che, ripiegata per una volta la sua «bandiera gialla» (una canzone che lo ha contrassegnato come personaggio più di quanto la prima Alice abbia contrassegnato tutte le successive), scrive una commedia in versi. Nel suo caso, i tratti salvati di Alice sono quelli essenzialmente simbolici di uno scontro frontale fra un sistema di valori aperto, come quello di un’infanzia non ingenua ma desiderosa di sincerità, e un sistema di valori chiuso, come quello di un’età adulta, gravida di contraddizioni e incapace di assumersene le responsabilità. Il risultato è un sorriso scettico che non promette nulla di buono per le prossime generazioni di Alici.